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10 Novembre 2016 | ROMA, ITALIA

Soluzioni concrete e umane per le persone con disagio mentale: il successo del "modello familiare"

In un convegno a Roma presentate da esperti proposte alternative all'istituzionalizzazione e per prevenire l'isolamento sociale.

 
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Il disagio mentale non è una condanna per chi ne è affetto e per i suoi familiari. Perché esistono nuovi percorsi che aiutano non solo a convivere con questa malattia, che colpisce un numero non indifferente della popolazione, ma anche ad aprire nuovi orizzonti di inclusione sociale. Soluzioni che comporterebbero anche un notevole risparmio economico per i cittadini.

Se ne è parlato oggi a Roma nel convegno: “Nuovi percorsi e soluzioni abitative per le persone con disagio mentale”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, che ha coinvolto l’Azienda Sanitaria Locale Roma 4, da tempo impegnata in iniziative comuni sul territorio, e il Dipartimento di Salute Mentale di Trieste.

Il disagio mentale è una condizione trasversale nella società ed i dati epidemiologici lo riportano in costante aumento in tutto il mondo. Lo ha spiegato Mario Marazziti, Presidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, che aprendo i lavori del convegno ha detto: "Il disagio mentale è in aumento e fa paura, ma la risposta è ricostruire un tessuto umano attorno a queste persone".

La Comunità di Sant’Egidio fin dalle sue origini crede in un modello familiare di residenza e di assistenza per le persone più fragili. Nelle città dove opera, specie a Roma, ha da tempo avviato alcune case famiglia per le persone disabili con grandi vantaggi sociali ed economici. Ne ha parlato nel suo intervento Francesca Zuccari, della Comunità di Sant'Egidio: "La convivenza di persone fragili diventa luogo di aggregazione sociale importante non solo per gli ospiti ma per il quartiere e per coloro che la frequentano, operatori, volontari ecc. Il segreto della riuscita di queste esperienze sta proprio nella solidarietà, nel legame e nel clima affettivo che si crea tra tutti coloro che ruotano attorno alla vita familiare della casa, siano essi operatori volontari o personale dei servizi pubblici. E' un lavoro paziente che richiede tempo e che non è fatto solo da una buona organizazione, quanto piuttosto dalla capacità di valorizzare il ruolo di ciascuno".

"Si tratta di interventi più leggeri dal punto di vista del carico assistenziale e meno onerosi dal punto di vista economico, capaci di raggiungere più persone e di coinvolgere i contesti sociali in cui queste vivono. - spiega Francesca Zuccari - Per questo bisogna avere il coraggio di ripensare gli investimenti nel settore socio-sanitario incentivando modelli innovativi di intervento, che facciano della domiciliarità il punto di forza, valorizzando anche le reti sociali informali come il vicinato e le realtà di quartiere".

Un esempio del successo di questo "modello familiare" lo si ritrova anche a Civitavecchia, dove Sant'Egidio, in collaborazione con la ASL Roma 4, ha avviato una rete di “convivenze protette” che ospitano pazienti psichiatrici. Abitazioni che permettono agli ospiti di svolgere il percorso di riabilitazione in un contesto familiare, nel tessuto urbano della città con il sostegno dei volontari di Sant’Egidio, dei servizi sanitari e sociali e della rete territoriale. La dimensione familiare offre alle persone una alta qualità di vita dal punto di vista relazionale, in appartamenti  sentiti come “casa propria”.

Tra i relatori del convegno anche altri esperti come i medici di Trieste Roberto Mezzina, Franco Rotelli e Giuseppe Dell’acqua, eredi del pensiero di Franco Basaglia, il neo presidente dell’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA),  Mario  Melazzini, insieme a responsabili dei presidi sanitari. "Un giorno di confronto e di ricerca per aiutare le persone più deboli” ha spiegato Massimo Magnano San Lio,  responsabile scientifico del convegno.

Al termine dei lavori segue alle 18 nella Sala Benedetto XIII in via di San Gallicano 25 a Roma la presentazione del libro “L’istituzione inventata / Almanacco Trieste 1971-2010”, con il giornalista Gian Antonio Stella, insieme agli autori Franco Rotelli e Piero Cipriano.

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