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1 Ottobre 2013 09:30 | Casa di Dante

La necessità del dialogo tra religioni e culture



Ivo Komšić


Sindaco di Sarajevo, Bosnia e Erzegovina
La società globalizzata si trova oggi ad un punto di svolta, come fu per la società antica, nel passaggio dal principio del “mithos” a quello del “logos”. Questa tappa fondamentale ha permesso uno sviluppo complessivo del vecchio modello di società e di civiltà, con la svolta costituita dalla filosofia, le scienze naturali, l’arte e la cultura in generale.
Siamo noi in grado, oggi, di intraprendere un cammino tale da rendere la società globale più armoniosa e stabile e le persone più vicine tra loro, malgrado le differenze?
Siamo in grado di stabilire quell'unità globale dei valori che Hansk Küng chiama “etica globale” ?
La risposta a questa domanda ci spinge a un'analisi approfondita delle condizioni sociali in cui ci troviamo. Non si tratta solo di uno sforzo cognitivo, ma anche della capacità di comprendere. 
Oggigiorno, nel campo delle scienze sociali è ampiamente accettata la tesi che la società sia una “comunità comunicativa”. Questa comunità si fonda su una più alta forma di azione in cui si plasmano sia la realtà sociale che i suoi protagonisti. Ciò significa che le identità degli attori sociali e delle società si costruiscono solo attraverso l'interazione con l'altro. Per rendere possibile questa interazione non basta solo la comprensione linguistica. Se si intraprende una comunicazione sociale con presunte identità, per esempio valori culturali e sociali chiusi e inamovibili, la comunicazione è difficile,  a volte impossibile. 
In filosofia il concetto di identità è connesso a quello di autocoscienza: nell’esperienza della conoscenza di sé l’Io resta sempre identico a se stesso. È l’esperienza nella quale il soggetto astrae il mondo degli oggetti e si relaziona a se stesso come unico oggetto. Questa unità del soggetto con se stesso è l’autocoscienza. Nell’opera di Kant è definita come “unità sintetica originale dell’appercezione”, cioè l’“io penso” deve essere in grado di accompagnare tutte le mie rappresentazioni. 
Tuttavia, questa esperienza di autocoscienza secondo la quale l’Io è riconosciuto come soggetto, secondo Hegel non è più un atto originario e fondativo, ma deriva dall’esperienza di interazione con l’inter-soggettività dello spirito. In questo modo la coscienza di sé si realizza nel rapportarsi dialettico ed è plasmata nel riconoscimento reciproco. Dunque gli interrogativi sull’essenza dell’identità fondativa dell’Io trovano risposta nella teoria dello spirito – lo spirito va inteso come mezzo di comunicazione attraverso cui si forma il soggetto, cioè le identità si acquisiscono. 
 
L’identità non è predefinita, ma si costruisce con l’intersoggettività (confronto). Questo processo di costruzione dell’identità si attua attraverso la relazione etica di lotta per il proprio riconoscimento. Nel processo e nella relazione dialettica di presa di coscienza del servo e del padrone, si raggiunge un più alto livello di coscienza e si stabilisce una nuova relazione - una coscienza di cittadinanza e una relazione di cittadinanza attraverso le quali si superano la violenza e l’incomunicabilità. 
 La società civile è una comunità di persone libere che si riconoscono nell’altro attraverso una comunicazione spontanea.
La cittadinanza è una conquista storica che malgrado la repressione, è riuscita a stabilire una intersoggettività spontanea. La comunicazione basata su un presupposto etnico-religioso o ideologico conduce sempre all'oppressione dell’uno sull’altro.
 
Questa conclusione è uno dei risultati più importanti della filosofia moderna e della teoria sociale, e tuttora ci influenza. Ci permette infatti di avere un diverso approccio al concetto di identità, non più inteso come risultato dell'interazione tra individui autosufficienti e isolati (monadi) ma come  risultato di un processo di formazione plasmato nella comunicazione e nella comprensione. In questa nuova prospettiva, non è il riflesso ad essere percepito come cruciale, ma il mezzo, il "tramite" attraverso cui le identità sono stabilite.
È il mezzo attraverso cui la coscienza è portata nel vissuto. In altre parole, si tratta di una comunità primaria dove vivono persone - familiari, parenti, tribù – uniti dalla lingua e dal lavoro. È attraverso la comunicazione simbolica, il lavoro ( compresa la creatività) e una comunità autentica e viva che lo spirito è portato nel vissuto. Detto questo, l'identità dell’Io si costruisce attraverso il lavoro creativo, il linguaggio (simboli) e l’ interazione sociale o più semplicemente, attraverso la cultura.
Si può dire che la cultura è forgiata dallo spirito nel linguaggio, nel lavoro e nell’interazione, cioè la società. Inoltre, la cultura non è solo la loro forma esteriore, ma essi sono anche alla base dell’atto formativo. In altre parole, la cultura è modellata dai principi del linguaggio, del lavoro e dell'interazione, che sono principi simbolici, concreti e preziosi.
Oggi, la società globale o le società globali sono in ricerca di un modello di convivenza sociale. Il problema sta nel fatto che queste società hanno costruito la loro identità attraverso la cultura e la religione, e quindi il processo di convivenza con gli altri appare solo come un processo di assimilazione. La soluzione di questo problema si trova di solito in un compromesso che è plausibile solo se abbandoniamo punti di vista essenzialisti. Tuttavia, abbandonare questo punto di vista comporta la perdita di identità. Per superare questo problema, il primo passo è arrivare a conoscere e capire le altre culture e religioni, e riconoscere le loro differenze, piuttosto che evitarle, ignorarle o sopprimerle.
L'esempio della Bosnia-Erzegovina è, a questo proposito, istruttivo. Lì, una unica forma di comunicazione sociale e di valori in essa presenti ha avuto una influenza determinante nella formazione della cultura, della tradizione religiosa e dei valori etici. Possiamo affermare che la società bosniaca è stata modellata attraverso una sorta di interazione sociale originale. 
Ciò significa che la società della Bosnia-Erzegovina ha rappresentato un modello originale di comunità comunicativa. Le identità culturali in Bosnia-Erzegovina, come base per le identità etnico-nazionali, si sono formate in modelli di azione comunicativa, vale a dire attraverso la comprensione e la conoscenza reciproca. L’azione comunicativa o il processo di intersoggettività sono in realtà basati sulla comprensione (che implica un linguaggio comune) e sulle aspettative corrisposte, presumendo il riconoscimento reciproco degli attori sociali e la loro mutua conoscenza. L’azione comunicativa cioè il processo sociale si svolgeva all'interno di queste strutture linguistiche e di riconoscimento. Le identità degli attori sociali hanno acquisito valore e si sono preservate in questo tipo di comunicazione.
La società bosniaca si è formata in una comunicazione interetnica originale, con una tipologia peculiare d’identità. 
L'unicità sta nel fatto che l'identità di ogni comunità etnica si è formata attraverso una lingua comune che ha permesso la comprensione, e attraverso un comune mezzo (topos), che ha permesso di riconoscersi, cioè la coesistenza. 
L’identità di ogni gruppo etnico è costituita anche da quella delle altre comunità etniche . In poche parole, i popoli della Bosnia-Erzegovina non hanno vissuto l’uno accanto all'altro mediante relazioni meccaniche, ma insieme, l’uno con l'altro. L'altro era parte della loro identità , l'altro che si sa essere diverso e distinto . 
Ma sono proprio questa alterità e differenza che hanno permesso loro di affermare e conservare la propria identità - coltivare la propria identità ha voluto dire,  preservare l' identità dell'altro. 
Così non è stato per nessun altro gruppo etnico in Europa. Le società europee sono state fondate sulla base di un’unica comunità etnica e l’accettazione degli altri è avvenuta per interesse. 
È per questo che i rapporti non sono mai stati solidi, né vitali e la loro storia è in gran parte la storia delle lotte reciproche per ottenere prestigio e potere, lotte in cui sono stati utilizzati i mezzi peggiori - come persecuzioni e genocidi .
 
L’identità, quindi, non è un’auto-relazione astratta di un soggetto individuale o collettivo che deve essere riconosciuto, ma il risultato del riconoscimento dell'altro e la risposta alle sue aspettative. 
Noi diventiamo ciò che siamo come individui e come nazioni gradualmente, vivendo con gli altri, in una interazione pulsante. Solo quando il comportamento previsto dell'altro ritorna a noi, possiamo generare noi stessi come individui o collettività razionali. Quindi, le strutture identitarie non appartengono solo a noi, non possiamo preservarle da soli, hanno una forma pulsante ed un nucleo intersoggettivo. Gli individui o le nazioni che si realizzano attraverso l'auto-relazione, rimangono isolati e soprattutto si atrofizzano e si deteriorano.
I processi identitari si formano attraverso le reti di relazioni sociali mediati dal linguaggio, dal lavoro e dal vivere insieme.
Il carattere multi-etnico della società della Bosnia Erzegovina ha anche acquisito un aspetto ideologico nella coscienza dei singoli e delle rispettive comunità etniche .
In realtà, il punto è che gli elementi di mediazione della collettività – la  lingua, il vivere insieme e le abitudini, la cultura e i valori sociali che ne derivano, hanno coperto le differenze etniche e religiose formando un'unica entità culturale. La consapevolezza delle differenze non è stata un elemento distruttivo per la società, ma è stata integrata nella idea di un comune tessuto culturale come completamento di una unica civiltà bosniaca.
L’Identità che si è formata attraverso l'auto-comprensione e il riconoscimento dell'altro, ha, purtroppo, perso il suo fondamento durante la guerra in Bosnia-Erzegovina. Le varie comunità etnico-religiose che avevano costruito la loro identità sulle diversità di cui erano consapevoli , ora invece le definiscono sulla base delle proprie peculiarità come comunità singole. La comprensione di sé si trasforma in una conoscenza che può essere suddivisa in un numero finito di proposizioni. Queste identità sono diventate auto-relazioni astratte di soggetti cognitivi senza conoscenza dell’altro. Il riconoscimento dell’altro è carente in tutte le comunità, comunità che però  ancora si capiscono anche se non soddisfano le aspettative l’una dell’altra.
Inoltre, la guerra e la nuova retorica che ha smarrito la sua capacità comunicativa, hanno rovinato il fondamento dell'identità culturale nazionale di tutte le comunità, cioè il vivere insieme. A quanto pare, gli architetti della guerra sapevano che il topos stava fornendo l’elemento più importante per poter vivere insieme nella diversità, così hanno cercato in ogni modo di strappare le comunità dai loro contesti. Nel farlo, hanno usato i mezzi più brutali - persecuzioni, incendi e distruzione di proprietà, pulizia etnica e genocidio. Con la distruzione del vivere insieme, è andata distrutta anche l'identità di ogni singola comunità della Bosnia-Erzegovina nonché il loro essere una comunità tutte insieme ( le comunità in esilio sono ancora alla ricerca della loro identità ) .
Purtroppo, questa situazione perdura fino ad oggi ed è diventato una questione sociale. Nel cuore dell'Europa è andato perso, con suo grande biasimo, un mondo unico e speciale che aveva una particolare forma di identità (quella che l'Europa sta ancora cercando). Oggi si stanno compiendo sforzi per costruire questo mondo attraverso la solidarietà, la tutela dei diritti umani e delle libertà, la tolleranza e "una nuova etica globale”. Questi sforzi si basano sulle cosiddette esperienze comparative, anche se esistono solo nella sfera pragmatica e nelle strategie propositivo-razionali. In questo modo, si sta cercando di preservare uno "scenario del multiculturalismo " .
Con la liberalizzazione dello spazio, identità transnazionali derivanti da tali scenari stanno cercando di imitare il topos del modo di vivere insieme originale della Bosnia-Erzegovina. Questo spazio, costruito artificialmente non è nient’altro che un tentativo di comprimere l'ambiente in modo di ottenere relazioni fluide e fruttuose. Questo non è il modello Bosniaco, modello in cui invece le diverse comunità, nel vivere insieme, mantengono le loro differenze. All'interno di questa identità transnazionale prodotta artificialmente permangono ostacoli insormontabili di lingua, cultura, religione e tradizione. Questi ostacoli, anche se attenuati da nuove forme di democrazia europea o dalle  strategie delle agenzie turistiche, spesso affiorano in superficie sotto forma di aggressioni, piccole sommosse o crimini aperti contro membri di altri gruppi etnici e religiosi.
 In Bosnia-Erzegovina l'Europa ha perso se stessa.
 

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