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14 Marzo 2013

Andrea Riccardi: «Così la Chiesa riparte dal Vangelo e ritrova il coraggio»

 
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ROMA - «L'ho visto pregare, da solo, in una chiesa di Roma prima del conclave del 2005, quello che portò all’elezione di Benedetto XVI. L'ho visto di nuovo pregare, da solo, nella stessa chiesa, dopo quel conclave, nel quale aveva ricevuto un alto numero di voti. Ricordo il suo sorriso e le parole che mi disse: "Non è tempo per un Papa non europeo"».

Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione e l’Integrazione, cuore della comunità di Sant'Egidio, dice che i cardinali «hanno voluto scegliere un Papa santo». Non hanno prevalso, continua, questioni di dottrina, né si è tenuto conto di opportunità politiche: «E' la Chiesa che riparte dal Vangelo, ritrova il coraggio». Sabato scorso il cardinal Bergoglio era stato in Santa Maria in Trastevere, basilica di riferimento della comunità di Sant'Egidio. Riccardi, senza esagerare, afferma che lo conosce «abbastanza bene».

Quindi, ora è venuto il tempo per un Papa non europeo?

«La Chiesa in questo momento storico, in questa sua condizione faticosa, difficile, ha chiamato un vescovo da un estremo lembo del mondo».

Se dovesse dire la sua qualità particolare?

«Una grande libertà spirituale. Una profonda spiritualità».

Non era in prima fila fra i «papabili» identificati in questi giorni.

«Mi aspettavo una sorpresa, avevo questa forte sensazione. Ed è arrivata una sorpresa, che paragono a quella del 1978, quando fu eletto Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II».

Bergoglio nella sua diocesi di Buenos Aires si poteva incontrare in autobus o in metropolitana.

«E’ famoso per questo. E si poteva incontrare nelle "villas" di Buenos Aires, dove migliaia di persone vivono in baracche con i muri di cartone e di materassi».

E’ stato scritto che è un amico dei poveri.

«Sì, Bergoglio crede nella Chiesa della misericordia, senza esibizionismo pauperista. E’ un pastore fermo, ma simpatetico con la gente».

Dove si può pensare che porterà la Chiesa?

«Credo che si dimostrerà un uomo di governo. Avrà la capacità di riformare la Curia. Ma non sarà un Papa solo: non crede nel leaderismo e ha profonda fiducia nella collegialità».

Quali segnali l’hanno colpita nelle prime manifestazioni da Papa?

«La richiesta al popolo in piazza di pregare per lui. Questo chinarsi di fronte alla persone in festa. E la sottolineatura della figura del Papa come vescovo di Roma».

Aveva accanto il cardinal vicario Vallini.

«Lo ha tenuto presso di sé, lo ha nominato. Tutti gesti che non sono consueti e non sono previsti».

Che significato ha la scelta del nome Francesco?

«Si tratta di un nome che indica il primato dello spirito. Chiamarsi Francesco vuol dire collegarsi all’ecclesiologia, alla storia della Chiesa. Significa dare il senso della Chiesa evangelica».

Perché il nuovo Papa ha voluto recitare il Padre Nostro e l’Ave Maria?

«Per dare un tono familiare, pastorale al suo primo affacciarsi sulla folla di piazza San Pietro. Credo che abbia la visione di una chiesa giovannea, nella scia di Giovanni XXIII. Bergoglio è un uomo del Concilio. Semplicità e forza».

Sarà un Papa aperto alle altre Chiese?

«Sono sicuro che sarà un Papa ecumenico. Lo so per i colloqui avuti con lui. Tutto diverso da ciò che si pensa dei latino-americani, concentrati sulla Chiesa cattolica. Lui ha, per esempio, un senso spiccato dell’ebraismo, maturato grazie anche alla rilevante comunità ebraica di Buenos Aires».

E’ importante l’appartenenza alla Compagnia di Gesù?

«Meno del fatto che il nuovo Papa è soprattutto un libero spirito».

Cambierà la Chiesa con Francesco?

«Io credo che questo Papa riserverà notevoli sorprese».


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