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1 Ottobre 2013

«Il grido dei poveri, nuova rivoluzione»

L`accoglienza agli emarginati e agli esclusi sarà il nuovo impegno comune delle religioni

 
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La scelta per i poveri è uno dei principali pilastri, se non il più importante, della Comunità di Sant`Egidio. Una riflessione approfondita sul tema non poteva mancare nell`edizione 2013 dell`Incontro internazionale per la pace, e Sant`Egidio ha interpellato, nel suo stile dialogante, i rappresentanti di altre fedi. «Dio ama i poveri», è questa l`asserzione, ma noi uomini li amiamo allo stesso modo? Il problema, forse, è tutto qui. E non è di poco conto.

«La povertà raccontata nella Bibbia - suggerisce il vescovo di Frosinone, Ambrogio Spreafico - non
è diversa da quella attuale. Dio ascolta sempre la voce dei poveri, il loro grido». Chi oggi si china e ascolta non solo i poveri, ma tutti gli emarginati, gli esclusi, che si chiamino profughi o clandestini, o etnie (come quella rom) alla quali sono negati diritti fondamentali? Il pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese d`Italia, ricorda la scelta di povertà del loro fondatore,Valdo di Lione, e lo paragona a San Francesco che poco più di una generazione dopo fece le stesse rinunce. «Una svolta della povertà - dice - è l`impulso che sta dando Papa Francesco che così delinea un volto nuovo della cristianità». Il pastore valdese è mosso dallo stesso dubbio: Dio ama i poveri perché nel loro volto vede il volto di Cristo, ma questo volto non lo scorge la moderna società. «Se amassimo i poveri, come fecero Gesù, Valdo e Francesco - spiega- costruiremmo una Chiesa improntata a un ecumenismo nella giustizia».

Abuna Markos che interviene nel dibattito è arcivescovo ortodosso, a Roma in rappresentanza del patriarca d`Etiopia Abuna Mathias. «Siamo testimoni - dice - di sofferenze dovute alle guerre civili e alla fame, ma una parte del mondo ignora queste povertà perché la vita comoda non porta a porsi certe domande.»
Il suo è un appello accorato. Gli viene quasi un anatema
«Chi chiude il suo orecchio al grido dei poveri, quando
egli stesso griderà non avrà risposta». E' il vescovo di Aquisgrana a dare una lettura sociale e politica della parabola del Buon Samaritano. La conosciamo: sulla strada che va da Gerusalemme a Gerico un uomo incappò nelle mani di briganti che lo lasciarono mezzo morto. Non si fermò il sacerdote né il levita, ma un uomo della Samaria mosso a compassione. Gli fasciò le ferite e lo portò in una locanda dove l`oste si prese cura di lui.
Ebbe due denari e la promessa di ricevere dell`altro per compenso. «Questo episodio - dice il prelato - vuol significare che è necessario che ci siano infrastrutture, che si creino cioè le condizioni. Il buon samaritano oggi può fare il bene se ci sono gli ospedali che si prendono cura dell`ammalato, se esistono ostelli, centri di ascolto e quant`altro che possa aiutare il povero».
In tutte le altre fedi è posto l`obbligo di ascoltare il grido del povero. Uno dei cinque doveri per l`Islam è l`elemosina: «Il paradiso - dice Mohammed Achaibi, del consiglio islamico belga Allah lo riserva a chi dona cibo la notte mentre le persone dormono». Sri Swami Agnivesh, avvocato di fama in India che si è
fatto monaco induista scegliendo la povertà, prega di non definirlo "comunista" anche se dice che ognuno deve lavorare con la mano destra ed esigere il compenso con la sinistra. La povertà - sostiene - va affrontata nelle cause che la generano, ed enumera: «l`industria militare, quella del tabacco, i leader corrotti
e le religioni che dicono ai poveri di non ribellarsi». Il rabbino americano Israel Singer corregge quasi il titolo dell`incontro: «Dio vuole che i poveri siano amati da noi». Aggiunge: «Molti amano l`idea di amare i poveri, ed amano le leggi sull amare i poveri». Giochi di parole a parte, è un`amara realtà, perché è più dei santi che degli uomini abbracciare un povero e portarselo a casa.


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