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2 Gennaio 2015

Il cardinale: "Genova città vecchia, per la famiglia si fa troppo poco"

"Siamo ultimi per natalità in Italia. Non passiamo mantenere questo primato"

 
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«PER la famiglia non si fa abbastanza». Il monito del cardinale Angelo  Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova, arriva dalla basilica della Nunziata, dove parte la Marcia della pace che ogni anno la Comunità di Sant'Egidio organizza il primo gennaio. «Servono politiche che valorizzino la famiglia - dice il cardinale  - si deve favorire la natalità, Genova è la città più vecchia d'Italia e più vecchia d'Europa: non possiamo continuare a mantenere questo tristissimo primato».
«Si sono fatti timidi passi - è la spiegazione dell'arcivescovo - meglio che niente, ma totalmente insufficienti rispetto ad una valorizzazione pratica concreta nonchè culturale dell'istituzione famiglia basata sul matrimonio che resta la base fondamentale della società». Di qui l'invito a politiche che favoriscano la natalità perché «le famiglie sono, tra l'altro, anche il luogo di welfare, di stabilità sociale per moltissime situazioni, basti pensare agli anziani, ai malati, ai bambini.
Bagnasco è anche tornato sul tema della pressione fiscale, che aveva affrontato già durante il  Te Deum. «Non si può pensare che i problemi si risolvano aumentando le tasse - dice - che vanno a colpire prevalentemente il lavoro e le persone a reddito fisso e a basso reddito. Soprattutto, poi, se il risultato di queste forti e pesanti imposte dovesse andare solo a ripianare dei buchi, delle voragini di debito e non venisse impiegato, invece, per sviluppo e crescita e quindi per creare nuovo lavoro».
In occasione della Marcia della Pace il cardinale ricorda anche il messaggio di papa Francesco e invita a creare maggiori occasioni di integrazione per gli immigrati, che partecipano in gran numero alla marcia organizzata dalla comunità di Sant'Egidio.
«Non possiamo pensare che l'integrazione avvenga soltanto assicurando un pasto caldo o un  posto letto - è il monito dell'arcivescovo - è qualcosa di importante ma non è sufficiente in prospettiva. E' necessario che oltre a questa prima accoglienza si pensino percorsi molto più concreti per una reale integrazione che vuol dire casa, lavoro e cultura».
Un pensiero va infine alla chiusura del mandato di Giorgio Napolitano, al quale il cardinale esprime «tanta gratitudine e riconoscenza». «L'auspicio - dice - è che chi verrà, il più possibile condiviso dal Parlamento, trovi nel popolo italiano quell'accoglienza, quella simpatia che ha trovato e avuto il presidente Napolitano e che con la sua personalità e sapienza possa continuare ad essere per tutto il paese e per tutti i governi che si succederanno il punto di riferimento di stabilità e di certezza».