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La Difesa del Popolo

19 Maggio 2016

Padova domani. La Comunità di Sant'Egidio continua la sua riflessione sulla città

«Costruiamo la felicità a partire dai valori»

 
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A un anno e quattro mesi di distanza, Padova torna a riflettere sulla sua essenza urbana e sul suo futuro. L'impulso, ancora una volta, è venuto dalla Comunità di Sant'Egidio che venerdì 13 maggio ha riunito sociologi, demografi, filosofi, giornalisti e volontari all'auditorium dell'Orto botanico in Prato della valle per un convegno dal titolo significativo, "Padova, città aperta e accogliente", che fa il paio con "Quale idea per Padova" organizzato a gennaio 2015 nelle sale del caffè Pedrocchi.
Ed è una città, Padova, a cui è necessario guardare dalla periferia, come ha sottolineato la responsabile della Comunità, Alessandra Coin, perché «solo dalle periferie possono nascere nuove visioni per il futuro». Se è vero, infatti, che qui si trova «l'esclusione, mancano relazioni culturali e sociali, proliferano povertà e disagio sociale», è altrettanto vero che molto spesso le periferie - indipendentemente dal luogo geografico in cui sorgono, fosse anche nel «centro periferizzato» - sanno trasformarsi in laboratori sociali all'avanguardia dove le generazioni e le culture possono iniziare a dialogare. È il caso di Mortise, dove la scuola di lingua e cultura di San'Egidio ha dato nuova linfa a questo rione popoloso staccato dalla città dalla cesura netta costituita dalla ferrovia. Ma, al contrario, è il caso anche del centralissimo Portello, dove anziani e universitari bazzicano universi paralleli (a volte conflittuali) che sottraggono a entrambe le parti opportunità uniche di conoscenza e scambio. «Le sfide comuni in Veneto - ha sottolineato Coin - sono un'area metropolitana espansa, i centri storici svuotati e le comunità di destino che si creano in certi quartieri sconnessi, privi di veri poli di aggregazione».
A nutrire la riflessione, in apertura, i dati di Daniele Marini, sociologo dell'università cittadina, preceduti da un concetto inoppugnabile: esiste una città reale e poi c'è la rappresentazione della città, non sempre veritiera, tracciata dai media. «Ebbene, il pensiero sulla città spesso si basa proprio su queste rappresentazioni e dunque viene fuorviato in partenza».
Padova, ha sottolineato Marini, è una realtà locale e globale insieme, in una parola "giocale". Vive nel grande condominio globalizzato e risente degli effetti di grandi eventi internazionali come l'innovazione tecnologica che ha abbattuto le distanze spaziotemporali, il riordino istituzionale locale ma anche continentale, e poi gli assetti economici mondiali: in 16 anni la crescita si è spostata dall'emisfero nord a sud.
«L'infrastruttura sociale città si basa sulla fiducia, la reciprocità e la coesione e l'identità». La fiducia in particolare è un bene immateriale indispensabile alla vita quotidiana, dalla spesa alla finanza. Ebbene, Marini ha dimostrato come tutte le istituzioni, parrocchie comprese, vedano la loro fiducia presso i cittadini in picchiata. Tengono solo le piccole medie imprese, le forze dell'ordine e il presidente della repubblica, che «rimandano all'idea di sviluppo economico, all'idea di sicurezza (in crisi nonostante il Viminale offra dati certi sul calo dei reati) e la figura di garanzia del sistema paese». È quindi necessario costruire la felicità progettando con i valori, «e per questo è necessaria una visione», progettare con la complessità, «mantenendo insieme dimensioni interdipendenti», e riformare per approssimazione, «non fare riforme approssimative ma cercare il bene possibile».
Gianpiero Dalla Zuanna ha smesso per l'arco della mattinata i panni del senatore per tornare a fare il suo mestiere di demografo: «Se blindassimo Padova per 20 anni - è stata una delle sue suggestioni - la popolazione produttiva passerebbe dalle attuali 125 mila unità a 95 mila», e questo per dare l'idea dell'apporto anche in termini economici offerto dal 16 per cento di stranieri che vivono in città. «Non ci sono ghetti come in altre città europee, per effetto della casa di proprietà». Case sempre più spesso abitate però da famiglie unipersonali, come conseguenza dell'invecchiamento della popolazione in atto dal 1995. «Da qui al 2035 - altro colpo a effetto del demografo - avremo dieci novantenni al mese in più».
E proprio sugli anziani si è soffermata Monica Mazzuccato di Sant'Egidio per contrapporre il programma "Viva gli anziani" - in atto a Roma e basato su una attività che va alla ricerca di quel continente diffuso di over 65 per combinare reti formali e informali di prossimità - alla realtà delle città "separate" dedicate a chi vuole rimanere giovane per sempre che spopolano in Usa e in Giappone.


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