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5 Marzo 2009

Una conferenza internazionale organizzata a Roma presso il ministero degli Affari Esteri

In Indonesia il coraggio del dialogo

 
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«Le comunità religiose devono diventare protagoniste della tolleranza e dell'armonia nelle società»: lo ha detto, questa mattina, il presidente della Conferenza episcopale dell'Indonesia, il vescovo di Padang, Martinus Dogma Situmorang, parlando durante la conferenza internazionale sul tema «Unità nella diversità. Il modello indonesiano per una società del convivere», svoltasi presso la sede del ministero degli Affari Esteri a Roma. L'incontro è stato promosso in collaborazione con la Comunità di Sant'Egidio.
Per monsignor Situmorang, il fermento religioso in atto in alcune zone del mondo, pur costituendo una spinta al rafforzamento dell'identità delle comunità, che reclamano i loro diritti, comporta al contempo preoccupazione per quanto concerne la tendenza delle stesse comunità a essere elitarie, impositive e a non accogliere le ragioni e le esigenze degli «altri».
Il vescovo ha ricordato che la religione è in grado di unire, ma può anche essere strumentalizzata per creare forti  divisioni nella popolazione. Per questo motivo — ha affermato «i leader religiosi sono la "chiave" per mantenere la pacifica convivenza tra le etnie e per rafforzare il dialogo». Monsignor Situmorang ha spiegato che «gli insegnamenti dei leader religiosi devono essere indirizzati al significato autentico delle religioni e delle loro missioni».
Illustrando nello specifico la situazione in Indonesia, il presule non ha mancato di porre in luce che, nel con-testo mondiale, il Paese asiatico rappresenta comunque un «modello di dialogo interreligioso», grazie al suo consolidato sistema sociale eretto sui cinque principi (Pancasila) che ispirano la Costituzione. Monsignor Situmorang, a tale proposito, ha affermato: «Dobbiamo essere grati a .Dio, perché nella nostra società c'è tolleranza e una vita comunitaria tra persone di culture, etnie e religioni diverse».
All'intervento del presidente della Conferenza episcopale in Indonesia, ha fatto eco quello del presidente della Commissione episcopale per l'ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana, il vescovo di Terni-Narni-Amelia, Vincenzo Paglia. Monsignor Paglia ha osservato come il dialogo richieda agli uomini e alle donne «di essere credenti davvero, profonda-mente credenti». Il vescovo ha aggiunto che «questo permette loro di avere il coraggio nell'abbattere con la forza morale, con la pietà, con la preghiera e con il dialogo, i muri che giorno dopo giorno gli uomini innalzano tra loro». E ha aggiunto: «I credenti, scoprendo il volto di Dio, scopriranno il valore della pace. Per questo c'è bisogno di un avvicinamento amichevole dei diversi mondi religiosi. Il dialogo non è perdita di identità».
Secondo monsignor Paglia quindi, «il cristianesimo e l'islam hanno una grande responsabilità: il loro dialogo aiuta a tessere una trama pacifica, a respingere le tentazioni di lacerare il tessuto civile e a liberare dalla strumentalizzazione delle differenze religiose a fini politici». Ma — ha specificato — «questo richiede audacia e fede. Richiede coraggio. E spinge ad abbattere con la forza morale, con la pietà, con il dialogo, tutti i muri che separano gli uni dagli altri». Il vescovo ha ribadito, in conclusione del suo intervento, che «la sfida del futuro è racchiusa nelle capacità che i popoli hanno di vivere assieme pur restando diversi. Il dialogo tra uomini di religione diversa è come un'opera di tessitura di una trama pacifica. Il dialogo, infatti, respinge le tentazioni di lacerare il tessuto civile e allontana la strumentalizzazione delle differenze religiose a fini politici».
Sul contributo al dialogo tra fedi differenti fornito dalla comunità musulmana, si è soffermata Siti Musdah Mulia, che dirige la Indonesian Conference on Religion and Peace. La donna, che ha un rapporto consolidato con la comunità cristiana locale, ha detto che «quando i media in Occidente parlano di islam e di cultura, la discussione tende sempre a essere trascinata sul piano dell'estremismo religioso e del terrorismo globale». La scelta invece di introdurre i principi democratici del Pancasila nella Costituzione indonesiana, ha detto Mulia, «testimonia la vittoria dei musulmani moderati in Indonesia». La donna ha sottolineato che «gli sforzi fatti dalla comunità musulmana e dalle altre comunità religiose per costruire una solida società, mediante la democrazia, il rafforzamento dei diritti umani e la promozione della giustizia, sono diventati nel tempo sempre più evidenti».
Il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, ha osservato che «a partire dal Pancasila, l'Indonesia ha difeso la libertà religiosa, accettando la pluralità in una prospettiva di tolleranza e di valorizzazione della spiritualità. «Il Pancasila — ha aggiunto — rappresenta una visione del mondo integrata, capace di unire nella diversità». Riccardi ha concluso che «le religioni hanno un compito storico di far crescere nella coscienza dei fedeli e nel dialogo tra di loro quel senso di vincolo comune che lega le donne e gli uomini nella pace».


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