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21 Июня 2012

Il ministro Riccardi visita Tor De Cenci. I volontari: questo campo rom va salvato

Il titolare dell'Integrazione nell'insediamento sulla Pontina: alla vigilia di un osteggiatotrasferimento dei bosniaci. «A La Barbuta ci farebbero la guerra»

 
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ROMA - Arriva all'attenzione del Governo il caso del campo nomadi di Tor de Cenci. Nel giorno in cui nel nuovo campo de La Barbuta iniziano i nuovi trasferimenti e mentre i nomadi del vecchio campo sulla Pontina ribadiscono il no a futuri traslochi, il ministro per la cooperazione internazionale e per l'integrazione, Andrea Riccardi, ha visitato mercoledì pomeriggio il campo nomadi a ridosso della Pontina. Il ministro è stato il primo rappresentante dell'esecutivo a raccogliere l'invito fatto dalle associazioni di volontari che si occupano della scolarizzazione dei minori del campo. «Non sono il sindaco, non posso decidere - ha detto Riccardi - non posso assumermi responsabilità che non sono le mie. Qui ci sono vari problemi da risolvere ma c'è anche un buon livello di integrazione e questa è una ricchezza».
 
LA LETTERA DEl VOLONTARI- Riccardi ha aggiunto di essere venuto in visita perchè pochi giorni fa una serie di associazioni e onlus - fra cui Arci Solidarietà e Agesci - avevano inviato una lettera aperta a lui e ai ministri dell'Interno e dell'Istruzione, spiegando i disagi a cui potrebbero andare incontro i ragazzi se il campo dovesse chiudere. Fra i firmatari dell'appello figura anche la Comunità di Sant'Egidio, fondata nel 1968 proprio da Riccardi. Con il ministro, al campo è giunto anche monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, il quale ha affermato di aver parlato con il sindaco Alemanno una ventina di giorni fa chiedendogli di tenere il campo aperto e di ripulirlo: «Mi ha detto che prenderà in considerazione questa richiesta e che mi farà sapere».
 
DUE ANNI DI ABBANDONO - Nei piani del Campidoglio, il campo nomadi di Tor de Cenci - un fazzoletto di terra a ridosso della Pontina in cui vivono più di 400 persone, in maggioranza bosniache - doveva chiudere già due anni fa. Ora invece è tornato al centro di un braccio di ferro tra istituzioni, residenti e associazioni. Con una lettera aperta, Arei, Comunità di Sant'Egidio e Agesci hanno chiesto ai tre ministri di intervenire «per non mandare a monte il lavoro fatto negli anni per scolarizzare i circa 200 minori che vivono nel campo». «BISOGNA TUTELARE l BAMBINI» - «Oggi si prospetta un trasferimento in un altro quadrante di Roma - si legge nella lettera - che andrebbe a rompere la faticosa integrazione creata negli anni. Tutti i bambini e gli adolescenti frequentano la scuola e parte dei ragazzi dai 14 ai 18 anni le superiori. Il loro trasferimento sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione». Nel campo ormai si respira l'aria di fine scuola. In tanti hanno chiuso l'anno con una promozione. C'è chi sta facendo gli esami di terza media e chi quelli delle superiori. Qualcuno studierà anche quest'estate ma tutti vivono con l'incognita del prossimo anno scolastico.
 
UN'ORA E 30' PER ANDARE A SCUOLA - «Ci hanno garantito che se questa comunità sarà spostata - spiega Paolo Perrini, da anni punto di riferimento del progetto di scolarizzazione dell'Arci - i minori potranno continuare a frequentare le scuole vicine a Tor de Cenci. Ma questo creerebbe gravi disagi, innanzitutto negli spostamenti, con viaggi di almeno un ora e mezza per raggiungere i vari istituti. Inoltre si strapperebbero i ragazzi dal tessuto sociale in cui sono nati e cresciuti».
 
LA STORIA DELL'INSEDIAMENTO - La maggior parte degli abitanti di Tor de Cenci non vuole abbandonare questo campo. Molti di loro sono arrivati qui nel 1995. Nel 2000 il villaggio fu inaugurato ufficialmente e vennero realizzate fognature, rete elettrica e idrica. A ogni nucleo familiare fu assegnato un modulo abitativo. «Il campo fino al 2004 era in ottime condizioni - ricorda Federica Mancinelli, della Scuola della Pace della Comunità di Sant'Egidio -. Una volta c'era un presidio sanitario permanente, il controllo dei vigili urbani e anche un servizio di ludoteca. Negli anni, però, è stato progressivamente abbandonato dalle istituzioni». Quello che era un villaggio attrezzato e funzionale, «Costruito dal Campidoglio su un terreno del Comune di Roma, raggiungibile con tanto di indicazioni stradali - ricorda Perrini - è diventato un campo tollerato da chiudere».
 
CHIUSURA E TRASFERIMENTO - Come confermato dalla lettera inviata il 1° aprile 2010 ai residenti dei quartieri limitrofi dal vicesindaco Sveva Belviso, «il piano nomadi del Comune di Roma prosegue con la chiusura del campo rom di Tor de Cenci, come da impegni assunti dalla Giunta Alemanno.[ ... ] Attraverso questo processo potremo dare soluzione, in termini di legalità e di inclusione sociale, ai problemi causati dalla presenza sul territorio dei campi nomadi non autorizzati». «Sappiamo che il trasferimento di questa comunità a La Barbuta costerebbe al Comune circa 1 milione di euro - spiega Perrini -. Ma per rendere Tor de Cenci pienamente vivibile ne basterebbero solo 500mila, visto che i servizi idrici ed elettrici già ci sono e dovrebbero essere solo sostituiti gli alloggi».
 
«NON VOGLIAMO UNA GUERRA» - Tra le ragioni di chi non vuole abbandonare questo luogo non c'è solo il problema della frequenza scolastica o dell'integrazione. La maggioranza degli abitanti di Tor de Cenci ha paura del possibile confitto che potrebbe scatenarsi con gli altri nomadi che verranno trasferiti a La Barbuta. «Da pochi anni siamo fuggiti da una guerra nei nostri paesi di origine - racconta Mario - non abbiamo nessuna intenzione di farne un'altra. Piuttosto preferisco dormire in un furgoncino qui vicino». «Quel campo è una prima linea di guerra - dice esasperato Fuad - non ci possono trattare come palloni da calcio e farci rotolare da un posto all'altro» .
 
AL CENTRO DI UNA FUTURA FAIDA-«Qui mi conoscono tutti -confessa Serbo -lì non saprei come integrarmi. Chi ci garantisce che se venissimo spostati non saremmo al centro di una nuova faida?». «lo non voglio lasciare questo campo - spiega Romina, diventata cittadina italiana da un anno e mezzo - Qui ho fatto tutte le scuole e qui voglio crescere la mia bambina». «Non vogliamo andare a La Barbuta perché saremmo in troppi e quel posto potrebbe trasformarsi in una polveriera. Se ci lasciano in pace nel nostro campo inviteremo il sindaco Alemanno e suoneremo per lui tutta la notte», sorride Asco.

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