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10 febbraio, ore 17,30 Basilica di San Giovanni in Laterano

 
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30 Aprile 2015 16:30 | Provincia di Bari - Sala Consigliare

Sui cristiani in Medio Oriente


Antonio Spadaro


Direttore de La Civiltà Cattolica

Nella situazione attuale quali possono e devono essere la posizione e il ruolo dei cristiani di Oriente? Bisogna inannzitutto comprendere il loro smarrimento davanti a ogni sorta di abusi e pratiche indegne dell’essere umano. I regimi dittatoriali a cui essi erano soggetti in questi decenni hanno cercato di limitare o anche di reprimere le tendenze dell’islàm estremista, come nel caso dei regimi di Saddām Husayn, di Hosnī Mubārak o di Baššar al-Asad. Inoltre avevano consentito di salvaguardare più o meno la presenza cristiana, concedendole talvolta qualche privilegio.

L’analisi della situazione attuale richiede una considerazione che superi la congiuntura e le grandi tensioni che essa genera, per fondarsi su una posizione ispirata al Vangelo e alla tradizione storica della presenza dei cristiani in Oriente.
I cristiani d’Oriente appartengono fin dall’origine al tessuto sociale che forma il mondo arabo. Coabitando fin dall’inizio con l’islàm, i cristiani si sono sempre considerati «a casa loro» in questa terra. Oggi, mentre cresce nel mondo arabo la richiesta di un diritto di cittadinanza piena – ad esempio, la rivendicazione del diritto di voto per le donne, riconosciuto recentemente in alcuni Paesi del Golfo –, nei cristiani si fa sempre di più strada la consapevolezza di voler partecipare pienamente al processo di democratizzazione del Paese in cui vivono.

La costruzione della società civile nel mondo arabo non è certo un’impresa facile, e in ogni caso non a breve termine. È molto importante che i cristiani non rinuncino a solidarizzare con la maggioranza dei loro concittadini, per non rischiare di rinchiudersi in ghetti ed essere costretti a stare sempre sulla difensiva e a sviluppare problematiche aggressive fondate sul rifiuto o sul rigetto dell’altro. Il Medio Oriente è, in fondo, una grande «Terra santa» che fa appello a una comune visione della terra dei Padri che ci rende – in un modo o nell’altro – tutti fratelli di Isacco e di Ismaele. Ed è la terra di Gesù, sia che egli sia considerato come Profeta, dai musulmani, sia come Messia, dai cristiani.

L’islàm oggi è attraversato da correnti fanatiche estremiste. Tuttavia è anche vero che la maggioranza della popolazione musulmana non condivide queste tendenze. I cristiani di Oriente non devono rinnegare i loro valori e le loro tradizioni scegliendo la difesa di un campo contro un altro alleandosi, ad esempio, con i regimi al potere, o con altre minoranze contro la maggioranza. Entrerebbero allora in un gioco di potere e di forza che molto probabilmente sarebbe loro sfavorevole. Sappiamo bene che la loro fragilità ci dice qualcosa di essenziale del Cristianesimo stesso: la vulnerabilità fa parte della nostra vocazione. I cristiani in questo caso sembrano vivere una chiamata ad essere all’altezza della testimonianza eroica nel contesto della vita quotidiana. Inoltre continuare a dialogare con tutti mentre si fa l’esperienza della persecuzione, è un segno di speranza.
Oggi assistiamo a una vera e propria riconfigurazione etnico-religiosa della regione medio-orientale, una sorta di pulizia etnica a danno di tutte le minoranze, dove il fattore religioso è spesso utilizzato dall’islamismo radicale come un  pretesto per la mobilitazione politica e la conquista del potere. La religione, insomma, diventa una «narrativa» politicamente mirata, uno strumento utile per alimentare il cosiddetto «scontro di civiltà». Occorre non cadere nella trappola.
Intervistato per La Civiltà Cattolica Omar Abboud, leader islamico amico di Papa Francesco, ha dichiarato: «Possiamo parlare di interessi di vario genere, di mercato ammantato di fanatismo religioso, ma non si parli di guerra religiosa perché questo sarebbe fare il loro gioco. Non possiamo definirli islamici, ma solo criminali».

Del resto, il numero maggiore di vittime della violenza musulmana attuale in Medio Oriente non è costituito da cristiani, ma da altri musulmani. La solidarietà nell’emergenza sta affratellando molti profughi, indipendentemente dal loro credo religioso. La sofferenza a volte rivela il senso profondo della comune umanità e fratellanza. Questa collaborazione è un «segno del Regno di Dio», ha detto il Papa.
In questa via crucis dell’antica cristianità araba i cristiani tengano memoria della loro storia nei Paesi mediorientali. Spesso hanno svolto un ruolo di avanguardia, che ha consentito loro di essere operatori di progresso e di civilizzazione all’interno di questo mondo. Dal tempo degli Omayyadi a Damasco, o degli Abbasidi a Baghdad, essi hanno contribuito largamente al progresso della filosofia e delle scienze. Più recentemente, nel XIX secolo, sono stati tra i fautori del cosiddetto «rinascimento arabo», contribuendo a ridare nuova dignità alla lingua araba e facilitando l’accesso del mondo mediorientali nel suo insieme nella modernità. Le istituzioni educative o sociali gestite dalla Chiesa hanno svolto un ruolo importante nell’educazione dei cittadini di quei Paesi e delle loro élites, sia cristiane sia musulmane.
La diminuzione numerica degli arabi cristiani restringe anche le possibilità per la società di evolversi in maniera aperta, democratica e plurale. Senza cristiani il mondo arabo non sarebbe più lo stesso. «Non ci rassegniamo a pensare il Medio Oriente senza i cristiani, inseriti quali cittadini a pieno titolo nella vita sociale, culturale e religiosa delle nazioni a cui appartengono» (Papa Francesco).

http://antoniospadaro.tumblr.com/post/117775103647/christians4middleast


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