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Let us help Rohingya refugees in Bangladesh

The Community of Sant'Egidio launches a fundraising campaign to send humanitarian aid to the refugee camps in Bangladesh, in collaboration with the local Church

Christmas Lunch with the poor: let's prepare a table table that reaches the whole world

The book "The Christmas Lunch" available online for free. DOWNLOAD! And prepare Christmas with the poor


 
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September 7 2009 09:30 | Dominican Convent

Intervento



Daniela Pompei


Community of Sant’Egidio, Italy

All’inizio di agosto di quest’anno a Kisléta in Ungheria è stata uccisa nella notte con un colpo di fucile da caccia una donna di 45 anni, Maria, ed è stata ferita gravemente sua figlia di 13 anni. Un omicidio dovuto al fatto che si trattava di zingari. Si calcola che in questo paese europeo, bello e importante, che è l’Ungheria nello scorso anno si siano verificati qualcosa come 16 attacchi a zingari, con fucili, granate e molotov. Non stiamo parlando di un problema ungherese ma di una vera e propria emergenza europea: non la filoxenia ma la xenofobia sembra essere il male oscuro che in Europa sta rialzando la testa in modo pericoloso. Giovanni Paolo II già nel 1996, 14 anni fa, in occasione della Giornata Mondiale dei migranti chiedeva ai cristiani e a tutti i responsabili dei paesi europei di "Vigilare contro l'insorgere di forme di neorazzismo o di comportamento xenofobo, che tentano di fare di questi nostri fratelli (i migranti) dei capri espiatori di eventuali difficili situazioni locali". Le parole profetiche del papa sono un monito quanto mai attuale, particolarmente oggi quando molti paesi sono attanagliati da una grave crisi economica e si cercano facili capri espiatori cui addossare la responsabilità di difficoltà profonde che hanno ben altre origini.

Gli zingari e gli stranieri rappresentano il bersaglio ideale sui cui proiettare il disagio di difficili situazioni locali. Episodi violenti di antigitanismo e di razzismo verso i rom e gli immigrati sono aumentati in tutti i paesi europei. Dall’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea sui diritti fondamentali emerge che tra il 2000 e il 2007, gli stati membri che registrano i dati di giustizia penale di crimini a sfondo razzista hanno evidenziato un notevole aumento di incidenti e delitti razzisti (1). Tra i paesi dell’Unione che hanno avuto il numero maggiore di attacchi violenti contro gli immigrati si segnalano la Germania, la Gran Bretagna, l’Irlanda, l’Austria, la Polonia.

La sola Gran Bretagna nel 2007 ha avuto 65.736 incidenti e delitti di matrice razzista. Inoltre, in più della metà dei 27 paesi europei si registra una totale assenza di dati ufficiali sui crimini e violenze razziste commessi nei loro territori. Tra gli stati che non forniscono dati ufficiali ci sono l’Italia, Malta, la Spagna, il Portogallo, la Grecia e la Romania. L’Agenzia dell’Europa sottolinea questo dato nel suo rapporto come il sintomo di una mancanza di "attenzione politica" al problema e di conseguenza anche di una scarsità di risorse culturali, economiche e sociali per individuarlo. Spesso la reazione dei responsabili politico- istituzionali davanti a tristi episodi di cronaca è quella di affrettarsi a dire " non si tratta di razzismo, ma di violenza generica".

In un’altra grave vicenda che vede l’Italia coinvolta in primo piano- quello dei respingimenti e delle morti in mare- l’Avvenire, il giornale dei vescovi italiani pochi giorni fa riportava l’ennesimo e accorato appello di alcuni vescovi: una "tragedia che deve farci riflettere, interrogare e soprattutto farci sentire colpevoli"- le parole sono state motivate da un gravissimo e non certo isolato episodio nel quale hanno perso la vita più di 70 persone, eritrei, che tentavano di raggiungere le coste italiane. - Molti rifugiati cercano di venire in Italia anche per il legame storico che c’è con questo paese. Secondo gli stessi vescovi: " non c’è attenzione verso l’altro, verso gente in fuga dalla guerra, dalla miseria, dalla povertà, in cerca di serenità e di pace" (2).

Si è iniziato a parlare dell’indifferenza europea e dell’abitudine a vivere con gli occhi chiusi verso i profughi che bussano alle porte dell’Europa, come qualcosa , un campanello d’allarme che ci segnala un male profondo e non sconosciuto alla storia europea. In un editoriale di qualche giorno fa, su un quotidiano italiano, Marina Corradi scrive commentando le morti in mare e parla della " nuova legge del non vedere. Come in un’abitudine, in un’assuefazione. Quando, oggi, leggiamo delle deportazioni degli ebrei sotto il nazismo, ci chiediamo: certo, le popolazioni non sapevano; ma quei convogli piombati, le voci, le grida, nelle stazioni di transito nessuno li vedeva e sentiva? Allora erano il totalitarismo e il terrore, a far chiudere gli occhi. Oggi no. Una quieta, rassegnata indifferenza, se non anche una infastidita avversione, sul Mediterraneo. L’Occidente a occhi chiusi. Cinque naufraghi sono arrivati a dirci di figli e mariti morti di sete dopo giorni di agonia. Nello stesso mare delle nostre vacanze. Una tomba in fondo al nostro lieto mare. E una legge antica violata, che minaccia le stesse nostre radici. Le fondamenta. L’idea di cos’è un uomo, e di quanto infinitamente vale." (3) Le reazioni a questi episodi dei paesi europei sono spesso scomposte: l’Italia e Malta litigano per capire di chi sia la competenza delle acque territoriali per il soccorso dei rifugiati; l’Unione Europea nel suo complesso non vuole prendersi la responsabilità di condividere un problema che è comune, come l’accoglienza dei rifugiati, tutti i paesi europei anche quelli che non affacciano sul Mediterraneo dovrebbero accettare di ospitare i richiedenti asilo che arrivano a Malta, in Italia, in Spagna o in Grecia. Insomma, non si riesce a ragionare con serietà e pacatezza del tema dell’immigrazione e del futuro dell’Europa.

Le politiche che prevalgono nei confronti dell’immigrazione sono quelle improntate sulla sicurezza. Indicativo a questo proposito è il fatto che il commissario europeo che ha la competenza sul tema dell’immigrazione è quello che si occupa della sicurezza. L’immigrazione viene vista e trattata essenzialmente come un problema di sicurezza.

Immigrazione è anche ricchezza. Alcuni dati significativi che sono stati forniti da due enti autorevoli come l’ufficio statistico dell’Unione Europea ( Eurostat) e uno studio della Banca d’Italia. Negli ultimi anni i dati a disposizione ci segnalano un declino demografico in Europa. Il rischio è quello di una diminuzione della popolazione attiva e un rapido invecchiamento della popolazione. Alla fine del 2008 le stime demografiche ci forniscono invece una buona notizia e ci dicono che la popolazione europea aumenta e che siamo arrivati a circa 500 milioni di abitanti. Aumentano le nascite particolarmente in alcuni paesi europei e Eurostat ci dice che i tre quarti dell’aumento della popolazione nei 27 paesi dell’ Unione è dovuto all’immigrazione e in parte anche ai nuovi nati da genitori immigrati. (4) L’Europa cresce anche grazie agli immigrati. (5)

Gli immigrati rappresentano una opportunità non solo dal punto di vista demografico, ma anche sociale ed economico per l’Unione europea. In Italia, ad esempio, la Banca d’Italia afferma in un recentissimo studio "che l’incremento del numero di stranieri non si è associato a un peggioramento delle opportunità occupazionali degli italiani anzi si evidenzia in particolare l’esistenza di complementarietà tra gli stranieri e gli italiani più istruiti e le donne. Per queste ultime, la crescente presenza straniera attenuerebbe i vincoli legati alla presenza dei figli e all’assistenza dei familiari più anziani, permettendo di aumentare l’offerta di lavoro" (6). Le colf e le assistenti straniere per gli anziani sostengono fortemente il sistema di welfare con un livello qualitativo di vita migliore, per gli anziani e per le famiglie e permettono alle donne italiane ed europee di lavorare.

Sottolineare alcuni aspetti positivi non significa minimizzare i problemi o addirittura non vederli. Chi invoca i muri e forme di apartheid più o meno soft, chi vede la soluzione solo e soltanto nei termini dei respingimenti e nei provvedimenti draconiani e punitivi non è più realista e non lavora per il bene delle popolazioni che sembra volere difendere. Anzi. C’è invece una massiccia dose di buon senso e di realismo nel vedere nella filoxenia, nell’accoglienza allo straniero, la via irrinunciabile per dare prospettiva ai nostri paesi europei, e respiro alle nostre economie e società europee in affanno. C’è una lungimiranza, un investimento sul futuro che viene da una saggia politica di accoglienza.

Collocare questa riflessione qui a Cracovia, in Polonia, dove la presenza e lo spirito di Giovanni Paolo II è così vivo, credo possa aiutarci a trovare non solo i termini e le dimensioni di un problema, di un grave problema, ma anche a recuperare le dimensioni di questa visione di speranza. Papa Giovanni Paolo II, in contesti e momenti diversi, ha rivolto spesso l’esortazione ai cristiani e ai credenti a non avere paura e ha sempre invitato a leggere i segni di speranza.

Nella sua riflessione sulla Chiesa in Europa del 2003, Giovani Paolo II, parla del fenomeno migratorio collocando la sfida non sulla prospettiva stretta e angusta che troviamo oggi nel dibattito su questi temi, ma collocandolo nell’orizzonte di una visione per l’Europa: "Di fronte al fenomeno migratorio, - diceva Giovanni Paolo II- è in gioco la capacità, per l'Europa, di dare spazio a forme di intelligente accoglienza e ospitalità. È la visione « universalistica » del bene comune ad esigerlo: occorre dilatare lo sguardo sino ad abbracciare le esigenze dell'intera famiglia umana."(7)

"Occorre pure impegnarsi - continua il Papa- per individuare forme possibili di genuina integrazione degli immigrati legittimamente accolti nel tessuto sociale e culturale delle diverse nazioni europee. Essa esige che non si abbia a cedere all'indifferentismo circa i valori umani universali e che si abbia a salvaguardare il patrimonio culturale proprio di ogni nazione. Una convivenza pacifica e uno scambio delle reciproche ricchezze interiori renderà possibile l'edificazione di un'Europa che sappia essere casa comune, nella quale ciascuno possa essere accolto, nessuno venga discriminato, tutti siano trattati e vivano responsabilmente come membri di una sola grande famiglia." (8)

Concludo il mio intervento con queste parole di Giovanni Paolo II che bene esprimono l’impegno che ci attende, come cristiani e come credenti.


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NOTE
(1) European Union Agency for Fundamental Rights, ANNUAL REPORT 2009 http://www.fra.europa.eu/fraWebsite/attachments/FRA-AnnualReport09_en.pdf
(2) Avvenire, 22 agosto 2009, I vescovi: “Grave offesa all’umanità e alla vita”, interventi di Schettino, Montenegro e Mogavero . Pag. 9
(3) Avvenire, 21 agosto 2009 editoriale di Marina Corradi.
(4) Eurostat Communique de presse 15 décembre 2008 “ Premières estimations démographiques »
(5) Eurostat Communiquè de presse 10 décembre 2008 “Acquisition de nationalitè dans l’UE”
(6) Banca d’Italia Economie regionali –L’economia delle Regioni italiane nell’anno 2008, pag.66
(7) Giovanni Paolo II Ecclesia in Europa esortazione apostolica il 28 giugno, vigilia della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo dell'anno 2003, venticinquesimo di Pontificato
(8) Giovanni Paolo II Ecclesia in Europa esortazione apostolica il 28 giugno, vigilia della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo dell'anno 2003, venticinquesimo di Pontificato

Cracow 2009

Greeting of pope Benedict XVI



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