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Liturgia di ringraziamento per il 50mo anniversario della Comunità di Sant'Egidio

10 febbraio, ore 17,30 Basilica di San Giovanni in Laterano

 
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7 Settembre 2009 09:30 | Convento dei Francescani – Sala A

Contributo



Thero Gnanarama


Rettore del collegio buddista e pali di Singapore

Ven. Dr. P.Gnanarama Thero

Le religioni ed il valore della vita

In quanto fenomeno globale, la religione viene concepita come un’istituzione sociale tenace, che esercita un’influenza straordinaria sulla società e sugli individui. Persino gli uomini primitivi, che vivevano centinaia di migliaia di anni fa, avevano propri sistemi di credenze, di rituali e di pratiche cultuali che esercitavano nella vita quotidiana. Nei loro scavi, gli antropologi hanno rinvenuto, insieme ai resti fossili degli abitanti delle caverne, alcuni artefatti sepolti insieme a loro, che dovevano essere usati nel viaggio verso l’aldilà; ciò rivela il fatto che, in qualche maniera, la sopravvivenza dopo la morte, o dopo il ciclo di nascite e morti, era un aspetto fondamentale della loro religione. Come è evidente, ancora oggi tutte le religioni del mondo contengono questo elemento di fede, con aspetti diversi secondo il punto di vista dottrinale di ogni religione. Esiste un altro aspetto legato alla fede religiosa: questa si è evoluta nella ricerca di protezione e di realizzazione dei desideri all’interno della vita presente. In questo senso, chi pratica una particolare religione potrà venerare Dio o più dei, antenati, spiriti, mediante la meditazione, preghiere, riti e rituali, appartenenti alla rete delle sue credenze religiose.

Emile Durkheim (1858- 1917), il sociologo che, con spirito critico, ha compiuto ricerche sul fondamento sociale della religione, osservò che le religioni del mondo possono essere divise in due categorie disgiunte, chiamate il ‘profano’ ed il ‘sacro’. Osservò che queste due categorie sono l’una l’opposto dell’altra e che sono profondamente diverse l’una dall’altra. Con il termine ‘profano’ egli intendeva gli oggetti empiricamente osservabili nella nostra esperienza quotidiana. Il ‘sacro’ è ciò che va oltre la nostra esperienza quotidiana, ma che può essere conosciuto soltanto attraverso un’esperienza straordinaria. Talvolta, anche un oggetto che ispira timore reverenziale, un animale oppure un luogo possono essere sacri.

Queste considerazioni mettono in evidenza il fatto che l’uomo è intimamente legato alla religione, e che, in un modo o nell’altro, essa è parte e frammento della sua vita e di ciò di cui egli necessita per vivere. Tutte le religioni mondiali continueranno ad esistere, fino a quando ci saranno ancora divisioni nella società umana. Parlando dal punto di vista sociologico, la religione è un sistema di credenze, tradizioni e riti condiviso da una comunità, orientati verso una entità sacra o santa che si trova al di là della sfera empirica. Essendo la religione punto focale delle preoccupazioni dell’umanità, essa pone, allo scopo di elevare sulla terra e nell’aldilà la condizione dell’uomo, in alta considerazione la vita umana. Perciò, ogni religione del mondo definisce con termini profondi la posizione e le difficoltà dell’uomo.

C’è un altro aspetto che può essere menzionato a riguardo. E’ l’influenza reciproca tra religione e cultura. Religioni diverse nel mondo sono il prodotto di tradizioni culturali diverse. Ma, a causa dello stretto contatto tra culture diverse, possono esserci aspetti simili tra alcune delle religioni del mondo. Esseri umani che vivono in posti diversi del globo affrontano problemi psicologici, fisici ed ambientali simili. Calamità e disastri naturali sono esperienza comune dell’uomo. Perciò, la religione, secondo i sociologi, si è evoluta fino a svolgere una funzione sociale che comprende quattro aspetti: a) apportare soddisfazione agli individui, b) promuovere la coesione sociale, c) fornire una visione del mondo e d) agire come forma di controllo sociale. Perciò la religione è parte integrale della vita dell’uomo. Persino i cosiddetti liberi pensatori hanno un loro sistema di credenze individuali. Nonostante lo psicoterapeuta Sigmund Freud (1918- 1928)(??) sostenesse che la religione è un fenomeno irrazionale, egli è arrivato al punto di suggerire che la essa è utile all’uomo per poter affrontare l’ansietà, i sensi di colpa ed altri impulsi negativi.
Quando andiamo ad analizzare gli aspetti del ‘profano’ e la funzione sociale della religione, osserviamo che tutti noi, che professiamo religioni diverse, siano esse l’ebraismo, l’induismo, il giainismo, il buddismo, il cristianesimo o l’islam, ci troviamo su un solido terreno di fraternità.

Vorrei limitare la mia analisi al buddismo, la religione che professo e della quale penso di essere più qualificato a parlare. Mi accingo ad illustrare la valutazione che il buddismo da della vita umana, affinché possa far vivere meglio questa vita e quella che verrà dopo.

I buddisti credono in un’esistenza ciclica, e sottolineano il fatto che nascere come essere umano sia un’opportunità molto rara. Per mettere in evidenza ciò, il Buddha espose la parabola della tartaruga cieca e del giogo. Rivolgendosi ai monaci, il Buddha dice:
“Supponiamo che un uomo getti in mare un giogo con un foro in esso, e che il vento dell’est lo porti verso l’ovest, il vento dell’ovest lo porti verso l’est, il vento del nord lo porti verso il sud ed il vento del sud lo porti verso il nord. E supponiamo che ci sia una tartaruga cieca che appaia alla fine di ogni secolo. Che ne pensate, o monaci? Quella tartaruga sarà in grado di infilare il collo nel foro del giogo?”

“Potrebbe riuscirci, Signore, prima o poi, dopo un periodo molto lungo”, risposero i monaci.

Così prosegue il Buddha:
“O monaci, io vi dico: a quella tartaruga cieca ci vorrebbe meno tempo per infilare la sua testa in quel foro di quanto ne occorrerebbe ad uno stolto per riacquistare lo stato di essere umano, una volta andato in perdizione. E questo perché? Perché non vi è chi pratichi il bene, chi pratichi la giustizia, chi faccia ciò che è buono, chi pratichi le sane virtù. Vi è soltanto chi si divora a vicenda e chi massacra i deboli.”

Come il buddismo mette in evidenza, il nascere come essere umano è un evento estremamente raro per due motivi. In primo luogo, così ci si rende conto dell’enorme sofferenza che una persona deve subire durante il suo tragitto all’interno dell’esistenza ciclica di nascite e morti, e perciò ci si sforza di sfuggire da questo ciclo di nascite e morti. In secondo luogo, affinché venga inculcato il senso di urgenza nelle menti degli esseri umani, affinché pratichino ciò che è giusto, retto e salutare, il che porta alla liberazione dal ciclo di nascite e morti. In altre parole, bisogna essere buoni e fare il bene durante la propria vita, traendo il meglio dal fatto di vivere una vita umana.

Essendo il buddismo una religione etico-filosofica, il suo aspetto etico lo domina interamente. La via per giungere alla meta è chiamata “la Via di Mezzo”, caratterizzata da otto elementi, qualificati come “giusti” o “retti”. Tutte le attività dell’individuo, siano esse verbali, corporali o mentali dovrebbero essere “rette”, nel senso che non devono recare danno, né all’individuo stesso, né agli altri. Per esempio, pensieri retti sono pensieri di tolleranza, amore benevolo e non-violenza. Uno stile di vita retto è trarre il proprio sostentamento in maniera salutare. Al contrario, si conduce uno stile di vita erroneo quando il proprio benessere è ottenuto con mezzi e strumenti tali da recare danno ad altri esseri viventi, e tali da essere considerati una trasgressione di norme etiche e sociali.

In lingua Pali, la parola “uomo” si traduce con “manussa” (in Sanscrito “manusya”, in lingua gotica “manna”). L’induismo collega questa parola ad un mitico antenato chiamato “Manu”, e ne spiega il significato come “discendenza di Manu”. Tuttavia, fin dal quinto secolo gli studiosi buddisti hanno dato un interpretazione etica alla parola dandole un significato conforme all’etica buddista: “l’uomo è chiamato manussa a causa della pienezza della mente”. Nel Dhammapada Budda dice che davanti al bastone ognuno trema, la vita è cara ad ognuno, perciò non bisogna uccidere né far sì che altri uccidano (Dhammapada 197).

Per mettere in evidenza quanto il buddismo valuti la vita umana con amore e compassione vorrei esporre un episodio riportato dalle scritture buddiste:

Un giorno scoppiò una battaglia tra i clan Sakya e Koliya a causa delle acque del fiume Rohini. I due clan vivevano sui lati opposti di una diga sul fiume. La diga era stata costruita sul fiume, e costoro usavano irrigare i loro campi con le acque del fiume Rovini. Quando ci fu una grave siccità, sorse una violenta lite tra i due popoli, che gradualmente si trasformò in una battaglia, finché il Buddha apparve al momento opportuno e convinse costoro di quanto fosse folle uccidersi a vicenda a causa di un po’ di acqua. Il Buddha chiese ai due popoli contendenti:

“Perché voi, uomini dei due clan, vi state dando battaglia?”

“A causa delle acque del fiume Rohini, Signore.”

“Ditemi cosa sia più prezioso: l’acqua o le vite umane?” chiese loro Buddha.

“Le vite umane”, gli risposero.

A questo punto il Buddha chiese loro se fosse giusto uccidersi a vicenda a causa dell’acqua, che ha un valore minore della vita. Essendo stati pienamente convinti dalla mediazione del Buddha, giunta al momento opportuno, e della sua spiegazione appropriata del valore della vita, essi desistettero dalla battaglia, si riconciliarono e ristabilirono relazioni amichevoli.


Ven. Dr. P.Gnanarama Thero
Presidente del Collegio Buddista e Pali di Singapore
30 Jalan Eunos
Singapore 419495
 


Cracovia 2009

Il saluto di papa Benedetto XVI all'Angelus


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