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Liturgia di ringraziamento per il 50mo anniversario della Comunità di Sant'Egidio

10 febbraio, ore 17,30 Basilica di San Giovanni in Laterano

 
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6 Settembre 2009 10:00 | Santuario della Divina Misericordia

Omelia



Serafim


Metropolita ortodosso, Patriarcato di Romania

Omelia del metropolita Serafim della Chiesa Ortodossa di Romania alla Liturgia Eucaristica in occasione dell’Incontro Internazionale per la Pace. Cracovia 6 settembre 2009
(Giovanni 20, 19-31)


Eminenze,
caro Card. Dziwisz,
cari amici della Comunità di Sant’Egidio,
cari fratelli e sorelle in Cristo

E’ per me una grande gioia essere con voi, uniti nella preghiera, in questo luogo di pellegrinaggio, dove molti credenti pregano e affidano le loro domande alla misericordia divina. Qui noi cominciamo il nostro grande incontro ed affidiamo al Signore misericordioso la nostra preghiera per la pace, 70 anni dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale che ha provocato tante sofferenze ai popoli, alle culture e alle religioni dell’Europa e del mondo intero e che cominciò proprio qui in Polonia.
Come cristiani noi sappiamo che la pace è sempre un dono di Dio, che senza il Signore noi non possiamo né costruire né conservare. Nel Vangelo che abbiamo ascoltato le prime parole del Cristo Risorto rivolte ai discepoli sono state proprio il dono della pace:”Pace a voi!” Il Cristo stesso è per noi la fonte della pace. Senza l’incontro con Lui, i discepoli non potevano avere la pace, né trasmetterla agli altri o costruirla loro stessi. Questo è il motivo per cui per noi, cristiani, l’incontro con  il Risorto nella liturgia eucaristica ha un importanza capitale.

Il Vangelo illumina un altro aspetto di questa apparizione: il Risorto mostra ai discepoli le sue mani e il costato. Dopo avere parlato con loro, attira la loro attenzione sulle sue piaghe e quindi sulla sua sofferenza. Invita Tommaso, che non poteva credere alla Resurrezione e alla potenza dell’amore divino che trae anche dalla morte una nuova vita, a toccare le sue piaghe. La fede nella resurrezione nasce e si fortifica proprio toccando le piaghe del Signore. La fede non è una teoria, nasce dall’incontro con la sofferenza e con i poveri nei quali noi tocchiamo le piaghe del Signore. Questa è l’esperienza che noi facciamo da Assisi nei nostri pellegrinaggi di preghiera per la pace. Perché noi non abbiamo inventato una teoria sulla pace. Al contrario, nell’incontro con la sofferenza e le piaghe della violenza, del terrorismo e della guerra noi abbiamo capito che il Risorto ci ha dato una nuova forza, la forza dello Spirito Santo, spirito di pace, per fare di noi degli operatori di pace al di là di ogni frontiera di popoli, religioni e culture e per trasfigurare con la potenza della Resurrezione ogni sofferenza e ogni miseria del mondo.

Qui io vorrei ringraziare la Comunità di Sant’Egidio per la sua fedeltà e la perseveranza con la quale, da molti anni, ci aiuta a toccare e a curare per quanto possibile le piaghe dei poveri e a sollevarli dalle loro sofferenze. La Comunità ci insegna che i poveri e coloro che soffrono sono per noi dei maestri di pace perché ci aiutano ad essere uomini di pace. Con un atteggiamento misericordioso verso i poveri, con l’attenzione alla sofferenza degli uomini e dei popoli noi stessi diveniamo misericordiosi, pacifici e pieni di bontà. Sì, la pace nel mondo non può mai essere imposta con la forza, come il venerabile Papa Giovanni Paolo II, che in questa bella città è cresciuto e ha lavorato come arcivescovo, ha sempre sottolineato. La pace è il frutto della misericordia divina, un dono di Cristo risorto e si acquisisce con la preghiera e l’ascesi personale e con l’amore e il servizio ai poveri e a coloro che soffrono. Per questo il ricordo della sofferenza costituisce una parte importante dei nostri incontri per la pace, dopo quello di Assisi del 1986.

Oggi noi siamo venuti qui insieme da molti paesi del mondo, da molte Chiese e confessioni cristiane. Noi possiamo rivolgere il nostro sguardo con riconoscenza verso il passato recente e ringraziare il Signore per questi decenni di pace in Europa, e per la scomparsa dei sistemi politici che credevano di poter vivere senza Dio e senza la sua misericordia. Dopo gli anni terribili della guerra e della dittatura comunista che hanno devastato molti paesi e fatto morire milioni di persone, Dio ci ha fatto il dono dei miracoli della pace e di un’Europa unita. E’una vera esperienza di resurrezione che noi viviamo rispetto ai tempi passati in cui il Male ha dominato molti cuori e ha portato la morte nel mondo. Come vescovo di un paese europeo di tradizione ortodossa, vorrei rendere grazie al Signore con voi per il dono della pace e della liberazione dalla dittatura comunista che egli ci ha concesso nella sua  divina misericordia. Ma oggi altri demoni ci assediano: quello della secolarizzazione, del consumo sfrenato, dei piaceri della carne, del desiderio di denaro… Andrea Riccardi dice giustamente che noi viviamo oggi in una “ dittatura senza dittatore”.

Noi possiamo dunque gridare con Tommaso: “ Mio Signore e mio Dio!” Noi diciamo questo con la convinzione profonda che il Cristo risorto dai morti è la fonte della pace grazie alla quale noi possiamo vincere ogni male in noi e intorno a noi! A Lui, Signore e Dio dell’universo, noi affidiamo oggi il nostro continente, l’Europa e il mondo intero nel quale ci sono ancora troppi conflitti, troppe guerre e troppa violenza. Noi lo preghiamo ora che riempia in questi giorni, a Cracovia e ad Auschwitz, i nostri cuori con la sua pace e il suo amore, perché noi diveniamo nei nostri paesi e nelle nostre Chiese veri discepoli e operatori sempre più ferventi della pace e della riconciliazione.

Noi siamo coscienti che la pace non è qualcosa che si acquisisce una volta per tutte, ma che essa deve essere sempre conquistata nei nostri cuori con la preghiera , il digiuno, il perdono, l’amore per i poveri e per quelli che soffrono. Noi abbiamo ricevuto in Europa il grande dono della pace, ma noi non dobbiamo tenerla per noi e chiuderci egoisticamente nel consumo e nel benessere personale. Il dono della pace è un dovere e una  missione; deve essere trasmesso al mondo, specialmente dove gli uomini soffrono e là dove incontriamo le piaghe del Risorto.

Preghiamo il Signore che soffi anche su di noi, come sui discepoli il giorno della Resurrezione, per riempirci del suo Spirito Santo, spirito di pace, di perdono e di misericordia. Amen


Cracovia 2009

Il saluto di papa Benedetto XVI all'Angelus


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