NO alla Pena di Morte
Campagna Internazionale 

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10.03.01

BECCARIA - E� ancora attuale il piccolo libro che infiamm� l�Europa

- una giornata contro la pena di morte

 ï¿½ DI LUCIO VILLARI

Non fu un'estate come le altre quella del 1764: a giugno, in due citt� europee particolarmente curiose e vivaci, Londra e Livorno, comparvero nelle librerie due piccoli libri, senza il nome dell'autore e dal formato �tascabile�. Uno dichiarato tale fin nel titolo, Dictionnaire philosophique portatif, l'altro un prontuario, in apparenza, per studenti di legge, Dei delitti e delle pene. Ma i primi lettori furono investiti da una tale esplosione di idee, di giudizi taglienti, di contestazione totale di statuti religiosi, etici, giuridici, politici da lasciarli forse sbalorditi.

Da tempo l'Europa era attraversata da libri che saettavano contro le ingiustizie, le ineguaglianze, l'arbitrio delle leggi, la protervia dei metafisici, dei teologi e la prepotenza del potere ecclesiastico (gli anni Sessanta si erano aperti con il Contratto sociale di Rousseau e con il Trattato sulla tolleranza di Voltaire), ma per i due tascabili anonimi vi fu una risonanza particolare. Il Dictionnaire (autore era Voltaire) ebbe in pochi mesi sei edizioni; Dei delitti e delle pene (attribuito a un Cesare Beccaria, il cui nome non diceva molto) divenne in brevissimo tempo il manifesto di tutti i riformatori d'Europa, sovrani compresi: dal regno di Napoli alla Russia di Caterina II. Ma la peculiarit� del successo di Dei delitti e delle pene � che fu accolto con entusiasmo proprio da coloro che avevano in quegli anni contribuito al fermento innovatore dal quale in fondo l'opera scaturiva intellettualmente, cio� Voltaire, Diderot, Rousseau, Morellet, Helvetius e gli altri protagonisti della stagione illuminista.

Il libro coglieva infatti un punto nevralgico della vita civile, quel fondamento regolatore delle azioni umane che � la legge, l'insieme delle leggi (non soltanto i codici criminali) dello Stato considerate, � detto nell'introduzione, come �patti di uomini liberi�. Dalla legge cos� definita l'anonimo autore faceva discendere necessariamente la certezza e l'umanit� della giustizia, il rispetto e la sicurezza della persona intesa come tale e non una proiezione di astratti modelli o l'indifeso oggetto di concrete barriere e diseguaglianze sociali. Dunque veniva messa in discussione e sottoposta a penetrante analisi critica tutta la tradizione giuridica punitiva e discriminante e l'irrazionale amministrazione della giustizia, dando un ordine logico e misurabile al rapporto tra il delitto e la pena e separando il reato dal peccato.

Si comprende quindi quanto sia stata immediata l'adesione di Voltaire (il suo Trattato sulla tolleranza del 1763 era stato la denuncia appassionata di un arbitrio della giustizia) che, conosciuto il testo di Dei delitti e delle pene che � appena di cento pagine, se ne fece editore in Francia con una postfazione, un �commentario� di cinquanta pagine che ora la Biblioteca europea della Fondazione Feltrinelli ripropone in stampa anastatica nell'edizione italiana del 1774, con allusivo luogo di edizione Londra. Dei delitti e delle pene, come si sa, era maturato nel gruppo raccolto a Milano intorno al conte Pietro Verri e al fratello Alessandro che nel 1764 aveva fondato il giornale Il Caff�; la bevanda alla moda, molto stimolante e, come la definiva un altro illuminista autorevole, Antonio Genovesi, �irritantissima�. Del gruppo facevano parte altri giovani: Beccaria, Carli, Lambertenghi, Biffi; una cr�me che storicamente � chiamata l'"illuminismo lombardo". Nel gruppo emergeva Pietro Verri la cui sensibilit� "europea" e il cui crescente radicalismo intellettuale furono un ponte tra Milano e l'illuminismo francese e la cui febbrile attenzione era per i cambiamenti politici e legislativi che stavano avvenendo nella maggior parte degli stati europei.

Stava emergendo una sorta di assolutismo illuminato dei sovrani, un tempo di riforme e di modernit� da non sottovalutare sia perch� con esso si accentuava la secolarizzazione dello Stato nei confronti di una Chiesa cattolica ossessiva e invadente, sia perch� i giovani, seppur moderni e conservatori, si aprivano al consiglio e alla competenza degli intellettuali per avviare riforme economiche e amministrative. Era il momento giusto dunque per entrare prepotentemente nel territorio di cui il potere politico era pi� geloso: la giustizia, i tribunali, la definizione dei reati e le pene relative, per lo pi� arbitrarie e crudeli come la tortura e la pena di morte. Di qui l'idea di Verri di scrivere un saggio che affrontasse senza alcuna remora il problema. Lo scritto non poteva che essere pubblicato anonimo data la novit� e pericolosit� delle tesi sostenute. La preoccupazione di Verri era anche d'ordine personale: il padre era un alto magistrato della Lombardia austriaca e sar� presidente del Senato di Milano. In verit�, la reazione pi� immediata al Dei delitti e delle pene non venne dal governo austriaco ma dalla Chiesa: appena due anni dopo la pubblicazione, nel 1766, fu messo all'Indice. Tuttavia, l'opera ebbe un effetto sconvolgente: tutte le procedure correnti nei tribunali vi erano messe in discussione, dalla richiesta di un codice ben chiaro e definito di leggi che impedisse l'arbitrio dei giudici, alla pubblicit� dei giudizi, all'eliminazione delle accuse segrete, alla prontezza della pena per ben stabilire nella mente dei cittadini la nozione della consequenzialit� tra delitto e castigo; dall'idea della pena proporzionata al reato e non inutilmente spietata e feroce, a quella che �ogni pena che non derivi dall'assoluta necessit� � tirannica�.

Insomma, una visione razionale, obiettiva, umana sia degli errori che gli uomini commettono violando il contratto sociale nel quale vivono, sia della legge che questo contratto deve proteggere e legittimare senza �questa inutile prodigalit� di supplizi che non ha mai reso migliori gli uomini�. Ecco allora il punto culminante dei Delitti e delle pene, il capitolo XVI dedicato alla pena di morte. Qui Verri, e poi il timido Beccaria che si assunse la paternit� dell'opera, hanno reso immortale il loro nome dando un contributo, come � detto nel capitolo, di �Cittadini illuminati� per l'estirpazione anzitutto concettuale di una pena allora (e in molti paesi ancora oggi) considerata un diritto: �Una guerra di una nazione con un cittadino� (�Chi � mai colui che abbia voluto lasciare ad altri uomini l'arbitrio di ucciderlo?�). Non a caso Voltaire inizia il suo commentario parlando con sgomento della condanna a morte per impiccagione di una �ragazza di diciotto anni, bella e ben fatta, colpevole per esser rimasta incinta�, costretta a fuggire e a perdere il figlio nel timore della riprovazione sociale e invece di essere protetta da leggi umane e giuste, mandata al patibolo da una legge �ingiusta, disumana e perniciosa�.


Mercoled� a milano Un dibattito sulle regole

La pubblicazione in edizione anastatica dell'opera di Cesare Beccaria Dei delitti e delle pene � l'occasione per una Giornata contro la pena di morte indetta dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. La manifestazione si terr� alle 17,30 di mercoled� prossimo presso la Libreria Feltrinelli di Piazza del Duomo a Milano. Parteciperanno Salvatore Carrubba, Carlo Feltrinelli, Emanuele Fiano e Salvatore Veca. Interverr� anche il ministro della Giustizia Piero Fassino.

Il testo di Beccaria � affiancato da un commento di Voltaire, che affronta capitolo per capitolo tutti i temi discussi dal giovane aristocratico milanese. Quell'edizione, che risale al 1774, � posseduta dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli insieme a molte altre prime edizioni di celebri opere appartenenti al dibattito filosofico che si svolse fra i primi del Cinquecento e il Settecento, con particolare attenzione al pensiero illuminista. (�)