NO alla Pena di Morte
Campagna Internazionale 

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    13 giugno

MCVEIGH,  GIUSTIZIA COME VENDETTA

L�esecuzione spettacolo dell�assassino di Oklahoma City � stato un tentativo di schierare la collettivit� con le vittime

Ma non � attraverso questi atti di contrapposizione che si combattono i guerriglieri dell�ideologia

 

di Carole Beebe Tarantelli

 

Sembra terribilmente macabra l�idea di centinaia di persone raccolte per guardare la messa a morte di un altro essere umano. Dopotutto non � storia remota il periodo in cui le impiccagioni avvenivano in pubblica piazza e migliaia di curiosi si radunavano per vedere le ultime convulsioni de] criminale. Sarebbe facile pensare che questa America, che predispone una morte pi� asettica possibile e poi offre alle vittime del criminale lo spettacolo in diretta del suo ultimo respiro, sia in preda ad una regressione verso tempi pi� feroci. Sarebbe facile, perch� dopotutto non siamo noi a dover vivere una vita impregnata di quel momento, voluto e rivendicato da McVeigh, di distruzione, di sangue, di morte - della madre, del padre, della moglie, del marito, della sorella, del fratello, del figlio adulto, del figlio o il nipote di appena pochi anni o addirittura di pochi mesi.

La condanna dello �spettacolo� � facile ma se ci fermiamo alla condanna non potremo vedere la terribile complessit� del dilemma di quelle persone che non sono morte nell�esplosione ma non sanno vivere con i postumi di quell�attimo di distruzione voluta da McVeigh.

Dopo l�evento le vittime hanno comunicato alcune delle motivazioni che le hanno portate nella sala di visione della morte. Non pensate, ha detto una donna che ha perso la madre e la figlia di quattro anni nell� esplosione, che questo � il primo giorno del resto della mia vita, l� mio-vivere-nel dolore per mia figlia finir� soltanto quando sar� sepolta anche io. La morte di McVeigh, ha detto, � soltanto un punto alla fine di una fase della storia della mia vita: sono stata liberata, lui non potr� pi� sconvolgermi ancora, come ha fasto quando ha definito i piccoli ammazzati un �effetto collaterale� in un azione di guerra. Questa donna ha dato il senso, ripetuto da molti, di un dolore vissuto come infinito, un dolore per la morte voluta e procurata che � ingestibile dalla psiche umana. Allo stesso modo, altri hanno segnalato il senso di sollievo dato dalla fine dell�ingiustizia pi� crudele: � stato McVeigh ad essere visibile dopo l�evento, con la amplificazione dei media di ogni sua comunicazione, mentre i loro parenti, essendo morti, rischiavano l�oblio.

11 fatto che lui subir� lo stesso destino � anche questo, hanno detto, giustizia. Altre vittime hanno espresso quella dipendenza dell�odio che � una reazione frequente delle vittime di violenza, � come se la vita da sopravvissuto fosse talmente terribile che l�unica emozione che le pu� dare forma e senso sia l�odio. Per loro, la morte di McVeigh era il segno che il loro tormento � stato condiviso. Ancora altre vittime avrebbero voluto un�indicazione, anche piccola, che McVeigh fosse consapevole degli effetti umani delle sue azioni, che avesse riconosciuto, anche per un attimo, il loro-vivere-nel-dolore, questo sarebbe stato un segno che McVeigh appartenesse alla comunit� umana. Hanno aspettato invano. Tutti hanno sottolineato l�atmosfera di rispetto nella sala dei testimoni Ma il senso di tutti era: i nostri cari sono morti mentre noi siamo vivi e lui � condannato a morire mentre noi siamo condannati a vivere. E� giusto che muoia chi ha causato tanta morte.

Penso che queste reazioni danno il senso del perch� dello spettacolo�- � stato un tentativo di schierare il peso della collettivit� dalla parte delle vittime in modo inequivocabile e ufficiale. E�anche stato un tentativo di isolare e contenere quell�identificazione con l�aggressore che sta in agguato in ogni societ� -basti pensare, in casa nostra, al messaggio di ammirazione e solidariet� arrivati alla, ragazzina che ha sgozzato la madre e squartato il fragile corpo di suo fratellino. Non � vuota retorica dire che pu� servire un impegno collettivo in questo senso. Perch� � un fatto che la capacit� degli esseri umani come singoli e come collettivit� a conservare sempre l�immagine dell�Altro come possessore di una vita da rispettare � fragile. Questo � esattamente quello che McVeigh non ha fatto quando ha messo in atto il suo delirio paranoico e ha dichiarato guerra contro il governo degli Stati Uniti, in combutta, secondo lui (e secondo quelli come lui), con una Nazioni unite    in procinto di invadere il Paese per sopprimere le libert� di quelli come lui. McVeigh ha vissuto nella morte, invaso da una fantasia mortifera della necessit� di difendersi con mezzi  estremi una vita in procinto di essere soppressa. Ha dato la morte, ed ha ricevuto la morte (la supera, secondo lui, un suicidio di stato), convinto che questo era l�unico modo in cui lui potesse essere padrone del proprio destino. Uno scambio di vita fisica e la vita simbolica fin troppo comune nella storia umana. Insomma, da un certo punto di vista � naturale, persino umano condividere il senso che questa  � giustizia. Per� �   Questa non � la giustizia pi� giusta. Perch� quando la collettivit� d� la morte si mette sullo stesso piano del criminale e commette la stessa atrocit� che lui ha commesso: nega alla vittima/criminale la qualit� di essere umano con il diritto alla sua vita. Anzi mette un mostro al posto di un essere umano � non vede che ha di fronte una persona, non l�idea � fin troppo umana � di voler imporre attraverso atti di violenza il proprio senso di giustizia e i propri valori. Perch� il paradosso  � che McVeigh ha agito in nome della giustizia -la sua giustizia � come quei guerrieri dell�ideologia, di cui la storia umana  � costellata, che danno la morte in nome della giustizia. Non � attraverso un atto di contrapposizione mortifera che si combatte la �giustizia� dei guerrieri deIl�ideologia, ma cercando un�altra giustizia, pi� alta, che riconosce come valore  massimo il diritto alla vita. Anche a chi non lo ha riconosciuto ad altri.