-
14.03.01
Pakistan,
condanna a morte per il predicatore blasfemo Aveva negato il primo
comandamento dell'Islam, dura sentenza del tribunale islamico
-
di GUIDO RAMPOLDI - ISLAMABAD - Ieri una corte di giustizia
pachistana ha condannato a morte un predicatore islamico per un
reato per il quale anche la cristianit� ha bruciato preti, ma
secoli fa: eresia. Secondo il giudice, l'imputato, un quarantenne
di nome Haq, aveva stampato e distribuito ai suoi seguaci un
opuscolo che negava il primo comandamento islamico, peraltro
uguale all'omologo cristiano: non avrai altro dio all'infuori di
me. Cos� la giustizia pachistana ha applicato la legge sulla
blasfemia, che commina la morte a chi attenta alla religione
islamica, intesa come l'ortodossia. La stampa locale oggi ne
riferir� con la flemma abituale, o almeno senza il frastuono che
susciterebbe, per esempio, la condanna al rogo di un teologo della
liberazione da parte di un tribunale di un Paese cristiano. A
parziale giustificazione di questo distacco c'� il fatto
inopinabile che mai una sola condanna a morte per blasfemia, tra
le dozzine emesse negli ultimi anni, � stata eseguita. Le
sentenze vengono tutte riformate nei successivi gradi di giudizio.
Nulla per� eviter� al predicatore una lunga prigionia. Quanto
alla stampa occidentale, i lettori faticheranno a trovare la
notizia. Le persecuzioni delle sette mussulmane non hanno mai
suscitato alcun interesse in Occidente. Come dimostra, tra
l'altro, il silenzio che circonda le impiccagioni di presunti
eretici mussulmani in Iran. Va da s� che se a finire sulla forca
fossero i cristiani, le reazioni in Europa sarebbero diverse. Il
doppio standard occidentale sembra essere stato di recente
recepito dalle corti di giustizia pachistane, che al momento si
disinteressano ai cristiani, malgrado fossero uno dei loro
bersagli preferiti fino a pochi anni fa. La persecuzione veniva
condotta a termini di legge, in base al comma C dell'articolo 295,
dove � scritto: "Chiunque... direttamente o indirettamente
oltraggia il sacro nome del Santo Profeta sar� punito con la
morte". Un Corano bruciacchiato nel cortile di un cristiano
era considerata prova sufficiente. L'unico giudice che aveva osato
assolvere due imputati fu ucciso, per la soddisfazione dei gruppi
dell'islam radicale, una decina, ciascuno con una propria
milizia.Da quel momento le corti presero a condannare
sistematicamente, anche nella previsione che i giudici di secondo
grado avrebbero commutato le sentenze capitali in lunghe pene
detentive. Accusare un cristiano o un villaggio cristiano era
diventata la scorciatoia legale per organizzare saccheggi,
risolvere rivalit� d'affari, rubare campi e vacche, vendicarsi. I
pi� esposti erano quanti, pochi, avevano terreni, commerci o
impieghi appetiti. Ma i poveri rischiavano ugualmente. I cristiani
provengono infatti da comunit� ind� che si convertirono durante
l'occupazione britannica, in genere per sfuggire alla loro
condizione di intoccabili. Ma parte dell'islam pachistano ha
mutuato il sistema delle caste dall'induismo, e in quelle zone i
cristiani sono ancora i pariah, gli impuri, al punto che non pochi
mullah consigliano di evitarne il contatto fisico. Cos� quando in
alcune zone i cristiani cercarono di rialzare la testa, la
reazione fu furibonda.Quattro anni fa, al culmine di queste
persecuzioni, il vescovo cattolico di Feisalabad, padre John
Joseph, si uccise. Era un 6 maggio, anniversario dell'introduzione
della Sharia nel codice penale. Il vescovo s'incammin� nel
traffico serale fino alla piazza di un tribunale dove poche
settimane prima un cristiano era stato condannato. L� davanti,
estrasse la rivoltella e la punt� alla testa. L'eco dello sparo
arriv� fino in Occidente, e la modifica della legge sulla
blasfemia entr� nell'agenda della diplomazia europea e americana.
Nel frattempo i cristiani si sono armati. A Feisalabad e a Lahore
controllano due quartieri malfamati, entrambi conosciuti come
"Christian town", dove i mussulmani esitano ad entrare.
Per non imbarazzare la polizia, le milizie dell'islam radicale al
momento preferiscono evitare lo scontro, e da tempo sparano
unicamente agli sciiti del Pakistan.In sintonia, le corti di
giustizia mirano soltanto sull'islam eterodosso, in particolare su
una setta, gli Ahmedi, per la quale Ges� sopravvisse alla
crocifissione e mor� in Kashmir. Per accontentare gli
occidentali, la giunta militare pachistana ha proposto modifiche
alla legge sulla blasfemia, non per abrogarla ma per sottrarla ad
applicazioni arbitrarie. Ma ha rinunciato perfino a questi
ritocchi modesti davanti alle proteste dei partiti islamici, i
quali contano neppure per il 10% dell'elettorato ma hanno
simpatizzanti e alleati nei ranghi delle Forze armate.Vent'anni fa
il Pakistan era considerato dagli orientalisti la terra promessa
della sospirata Riforma islamica. Oggi � un Paese che condanna a
morte per eresia. Tra l'uno e l'altro Pakistan corre la guerra
santa contro l'Urss in Afganistan, e il fiume di petrodollari che
i governi americani, britannici, sauditi e pachistani
convogliarono verso le scuole coraniche pi� fanatiche del Paese,
affinch� motivassero e addestrassero migliaia di mujahiddin.
Tanto denaro, tanta influenza, hanno cambiato gli equilibri
interni all'islam pakistano. Al declino del sufismo, un misticismo
mussulmano che � tra i credi pi� tolleranti, � corrisposta
l'ascesa del radicalismo islamico, con le sue milizie, le sue
scuole coraniche, i suoi traffici misteriosi e le altrettanto
misteriose ricchezze. Forse non � un processo irreversibile, ma
certo lo diventer� se quell'islam mite e oggi perdente non
trover�, soprattutto in Occidente, considerazione e alleati
|