Comunit�
di Sant'Egidio |
Amnesty
International |
La
pena di morte in Giappone
A
Roma, Sakae Menda, dichiarato innocente dopo quasi 35 anni passati
nel braccio della morte e una importante delegazione giapponese di
esponenti abolizionisti.
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Sakae Menda |
Il
18 giugno alle ore 16.00 per iniziativa della Comunit� di Sant�Egidio
ed in collaborazione con Amnesty International, si � svolta presso
la Sala del Refettorio in Via del Seminario un incontro per
accogliere e presentare al pubblico italiano ed ai giornalisti una
importante delegazione giapponese di esponenti abolizionisti.
In
Giappone la pena di morte viene applicata regolarmente (39
esecuzioni dal 1993 al 2000), in particolare nei periodi di festa
e di chiusura parlamentare. I condannati a morte, attualmente 52,
trascorrono anni, se non decenni, in isolamento pressoche' totale
e non vengono informati in anticipo sulla data di esecuzione. I
loro parenti vengono a saperlo solo a impiccagione avvenuta.
La
delegazione giapponese, inizia con Roma un tour europeo che si
concluder� il 21 e 22 giugno con la partecipazione all�importante
incontro internazionale contro la pena di morte che si svolger� a
Strasburgo, sar� composta dai Signori:
-
Sakae Menda, condannato a morte la cui innocenza � stata provata
nel luglio 1983 grazie alla revisione del processo, dopo 34 anni e
6 mesi trascorsi nel braccio della morte.
-
Masaharu Harada, il primo familiare di una vittima di omicidio che
si batte per l�abolizione della pena di morte; ha perso un
fratello per omicidio e i responsabili sono stati condannati a
morte.
-
Koichi Kikuta, giurista, autore di numerosi saggi sulla pena
capitale e sui diritti umani. Maiko Tagusari, avvocatessa, segue
numerosi casi di condannati a morte.
-
Satomi Suzuki, coordinatrice delle iniziative sulla pena di morte
della Sezione Giapponese di Amnesty Intemational.
-
Junji Egashera, esponente di Forum �90, la coalizione
abolizionista giapponese che conta oltre 5000 aderenti.
20/06/2001
"Ho
aspettato il boia 34 anni, la polizia mi sapeva innocente"
Parla
Sakae Menda, condannato a morte in Giappone e liberato dopo sei
appelli
GIAMPAOLO
CADALANU
ROMA
- Sakae Menda � uno solo, ma � come se fosse due persone. La
prima � un condannato a morte, seppellito nel meccanismo della
giustizia giapponese, di cui si sono perse le tracce. La seconda �
un uomo di 76 anni, che racconta con toni pacati la sua discesa
nell'abisso, tirando fuori da chiss� dove l'energia per
testimoniare. Dopo 34 anni i giudici hanno dovuto riconoscere la
sua innocenza. Ma nessuno ha pronunciato le parole attese per tre
decenni: l'ordine di scarcerazione � passato solo su un foglietto,
che ha cambiato mano dai giudici all'avvocato all'imputato
incredulo. Visto che l'apparato giudiziario non ha ammesso
formalmente l'errore, Menda � libero ma risulta condannato, senza
correzioni, scuse o tanto meno risarcimenti.
Menda
� il simbolo della lotta contro la pena di morte in Giappone. Era
un giovane di una zona rurale, che campava trafficando al mercato
nero: condannato per un duplice omicidio, ha sempre respinto le
accuse, senza mai cedere, nemmeno quando le autorit� gli hanno
spedito in cella un monaco buddhista, perch� lo convincesse a
rinunciare agli appelli.
Signor
Menda, dove ha trovato la forza di resistere fino a sei appelli?
�Mi
sono aggrappato alla verit�. Sapevo di non aver ucciso. In questo
ho trovato la forza, almeno fino a quando non avessi capito come
funzionava il sistema giudiziario�.
Perch�,
l'avvocato non le aveva spiegato tutto?
�Macch�
avvocato. Quello d'ufficio ha assistito a un solo interrogatorio.
All'inizio ero talmente sperduto da non capire nemmeno che cosa era
successo. Ho scoperto che avrei potuto fare appello solo dopo
diversi anni, parlando con un prete canadese venuto a visitare i
detenuti�.
Invece
il monaco che le avevano spedito le autorit�...
�Mi
disse: Quello che viviamo � legato a ci� che abbiamo fatto nelle
vite precedenti. Non � giusto che tu resisti a ci� che sta
accadendo. La tua irragionevolezza potrebbe ricadere sulla tua
famiglia. Ma io non l'ho ascoltato�.
Lei
� stato "incastrato" dalla polizia di Kumamoto. Ma perch�
gli agenti l'hanno presa di mira?
�Perch�
ero venuto a sapere che uno di loro prendeva le mazzette dalle
prostitute. Una sera ero ubriaco, e non so come, mi sono svegliato
in una pensione che era anche una casa chiusa. Accanto a me c'era
una giovane donna. Avevo paura che la polizia mi arrestasse per
mercato nero, lei mi ha rassicurato dicendo: Mia madre � amica del
poliziotto, gli passa i soldi. Ma la madre ha riferito tutto, e
sono stato arrestato�.
Con
quali prove?
�L'unico
indizio era una macchia di sangue su un falcetto, di gruppo 0 come
quello dei due assassinati. Ho scoperto pi� tardi che era sangue
di mia madre�.
Ma
come hanno potuto farla franca?
�La
polizia era come una mafia, tutti si coprivano a vicenda. Hanno
persino manipolato i registri della pensione, per distruggere il
mio alibi. Mi hanno pestato a sangue, mi hanno torturato
appendendomi a testa in gi�, perch� confessassi�.
Questa
violenza era abituale?
�Guardi,
era il �49. Un poliziotto mi disse: Anche se abbiamo perduto, noi
restiamo poliziotti nominati dall'Imperatore. Non provare nemmeno a
trattarci come se fossimo pezzenti del tuo stampo. Poi riprese a
picchiarmi�.
Perch�?
�L'onore
dell'incarico ufficiale li aveva convinti che avevano "il
diritto dei prescelti: onore, fama, e morte sul campo del
dovere". Non pensavano nemmeno di svolgere un servizio
pubblico�.
Come
passava il tempo in cella? Ha fatto amicizia con qualche
animaletto, come fanno gli ergastolani?
Sobbalza
un poco, poi sorride: �Nella mia cella c'erano solo scarafaggi.
Lavoravo, trascrivevo testi in scrittura per ciechi. E poi leggevo,
scrivevo, c'era sempre qualcosa da fare. Dovevo aiutare gli altri
detenuti per i loro appelli, e naturalmente seguivo il mio processo�.
Come
giudica il sistema giudiziario giapponese?
�Il
nostro paese � molto sviluppato economicamente. Ma da altri punti
di vista � rimasto feudale. E soprattutto c'� questa mentalit�
della rassegnazione. Senza un aiuto dagli altri paesi, non cambier�.
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