NO alla Pena di Morte
Campagna Internazionale 

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prima pagina 18/12/01

 Il diritto di ingerenza nel caso della nigeriana condannata a morte per lapidazione 

 Quelle pietre contro la donna 

 STEFANO RODOT� 

L'Occidente ha invocato e impugnato il nuovissimo diritto d'ingerenza umanitaria per condurre azioni militari, e da qui � nata un'espressione inquietante come �guerra umanitaria�. E' possibile riscattare quel diritto dall'immagine sanguinosa che l'accompagna dai giorni della guerra del Kosovo? L'occasione c'�, purtroppo. Dico purtroppo, perch� si tratta di un caso drammatico. E' quello, ormai abbastanza noto, della donna nigeriana condannata a morte per lapidazione, perch� ha avuto un figlio da un rapporto fuori dal matrimonio. L'esecuzione � stata rinviata per consentirle di dare al figlio il primo allattamento. E questo apparente tratto di piet� umana rende tutta la vicenda ancora pi� crudele, perch� il rinvio nel tempo acuir� ogni giorno di pi� il dolore del distacco da un bambino verso il quale l'affetto verr� rinsaldato proprio dalla pratica prima e pi� antica della maternit�.

Se siamo sinceri quando parliamo di globalizzazione attraverso i diritti, questa � una occasione per mostrare che si vuol fare sul serio, da singoli cittadini o come gruppi 

In casi come quello della giovane nigeriana Safya l'intervento ritroverebbe la sua ragione profonda: quella d'essere strumento di tutela dell'"umanit�" in tutte le su forme  Non � forse questo un caso nel quale ricorrere, in qualche modo, all'ingerenza umanitaria? Cos� quel diritto, apparso odioso agli occhi di molti perch� esercitato con violenza e procurando la morte, ritroverebbe la sua ragione profonda: quella d'essere strumento di tutela dell' �umanit�, in tutte le sue forme. Non solo per proteggere un gruppo, una minoranza, ma per renderci conto che l'umanit� � ferita anche quando si negano i diritti fondamentali ad una sola persona. Il caso � esemplare, e dovrebbe obbligarci a non girare la testa dall'altra parte perch� chiama in causa valori fondativi dei quali, a parole almeno, tutti chiedono il rispetto. Vi � la sacralit� della vita, mille volte invocata e che qui, al di l� d'ogni possibile polemica, viene negata alla radice. Vi � il diritto della donna a non essere discriminata, a non dover vivere la propria diversit� come una pena: quanti tab� culturali si sono dovuti infrangere prima che in Italia cadesse la discriminazione odiosa che penalizzava solo la donna in caso di adulterio? Vi � il diritto del figlio ad avere i genitori.

Ma le nostre societ� non protestano pi�, ci ha ricordato Ilvo Diamanti. E' dunque da escludere ogni forma di �mobilitazione� come si diceva una volta? Vogliamo tuttavia provare, con un piglio illuministico che non guasta e che penso troverebbe pi� echi di quanto non si pensi, a scuoterci dalla pigrizia e dalla rassegnazione, ricominciando con petulanza a segnalare casi forti e reali, di fronte ai quali la coscienza civile non pu� restare inerte o silenziosa?

E' difficile dare indicazioni sul che fare, ma ci provo. Parto dal sistema della comunicazione e dalla sua reale capacit� di �creare� i fatti rilevanti come c'insegna una lunga storia. Un ministro della Difesa americano usava dire che gli Stati Uniti non avevano tante truppe quant'erano le "troupe" della Cnn che, con i loro servizi televisivi, imponevano una vicenda all'attenzione del mondo. I casi dei diritti umani violati sono troppi: come selezionare gli interventi umanitari? Questa domanda pu� essere paralizzante. Scegliamo di scegliere, allora, e parliamo di un caso alla volta, ma parliamone. I grandi conduttori di talk show che, sia detto senza polemica, hanno dedicato ore e ore al caso di Erika e Omar, non potrebbero aprire questa finestra sul mondo? I giornali non potrebbero avere tutti i giorni, nella stessa pagina e con la stessa collocazione, un piccolo riquadro nel quale, con una terribile contabilit�, segnalano quanti giorni mancano all'esecuzione di Safya?

Passo al sistema politico. Non potrebbe il Governo (su iniziativa del ministro per le Pari Opportunit�?) indirizzare una nota ufficiale al governo della Nigeria, invitando gli altri paesi dell'Unione europea a fare altrettanto? E una parola dei presidenti delle Camere, dei segretari dei partiti? E i deputati europei non dovrebbero muoversi perch� le istituzioni dell'Unione non siano indifferenti di fronte a questa vicenda? L'Europa ha una specifica responsabilit�. Anzi, un dovere. Un anno fa, proprio in questi giorni, a Nizza � stata �solennemente� proclamata la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che si apre affermando che �la dignit� umana � inviolabile� e prosegue: �Nessuno pu� essere condannato alla pena di morte, n� giustiziato�. Lontana dall'Europa, la Nigeria non � certo un paese al quale possano applicarsi direttamente questi principi. Ma l'Unione europea, proclamando quella Carta, non ha pensato solo a se stessa, visto che nel Preambolo si parla di �responsabilit� e doveri� nei confronti della �comunit� umana�.

Qui un intervento europeo trova il suo fondamento politico ed etico. L'Europa non pu� guardare vero il resto del mondo solo cercando di avviare una politica estera comune e di costruire una propria forza militare. Essa, oggi, rappresenta l'unica regione del pianeta dove sia stata avviata, gi� con l'azione della Corte di giustizia, la costituzione d'una area sovranazionale dei diritti. Proprio usando il linguaggio dei diritti, la voce europea pu� essere pi� ascoltata. Non si tratta di imporre un modello. Ma neppure si pu� cedere ad un multiculturalismo regressivo, che giustificherebbe ogni cosa in nome di tradizioni e norme locali e stipulerebbe cos� una perversa alleanza con quell'idea ormai regressiva di sovranit� che pretende l'impunit� per tutto quel che gli Stati fanno al riparo delle loro frontiere. Non dobbiamo vergognarci di una pretesa universalistica, di una appello ai diritti fondamentali, quando sono in gioco vita e dignit� delle persone.

Proprio in questi giorni l'Europa sta manifestando la sua consolidata avversione alla pena di morte anche nella difficile situazione creata dalla nuova emergenza terroristica. Gi� alcuni Stati hanno fatto sapere che non concederanno estradizioni verso gli Stati Uniti anche di sospetti terroristi, proprio perch� in quel paese � prevista la condanna a morte. E il ministro francese della Giustizia ha offerto la protezione consolare ad un arabo di cittadinanza francese che verr� processato da una corte statunitense con l'accusa d'essere coinvolto negli attacchi dell'11 settembre. Ma l'Unione europea non pu� rimanere legata ad una versione anacronistica ed odiosa della cittadinanza, che attribuisce diritti solo sulla base del legame con uno Stato. Essa � gi� oltre, poich� quasi tutta la Carta dei diritti si applicher� indipendentemente dall'essere cittadini europei o stranieri entrati legalmente o no. La cittadinanza, ormai, � un fascio di diritti che ci appartengono come persone e che, quindi, ci obbliga a tenere gli occhi ben aperti su tutto il mondo.

Vi �, quindi, anche un ruolo diretto dei cittadini, che gi� vengono invitati a scrivere all'ambasciata di Nigeria chiedendo la grazia per Safya. E' ottima cosa, e lo diventa ancora di pi� se a scrivere sono anche gruppi e associazioni, e se cittadini comprano spazi sui giornali, ampliando cos� conoscenza e consapevolezza di quel che sta accadendo. Troppa enfasi su una storia individuale? Non lo credo. La lenta conquista dei diritti e la loro concreta protezione sono passate anche attraverso l'esperienza dei �casi pilota�, vicende singole che hanno mostrato la realt� dei problemi e la possibilit� di risolverli. Se siamo sinceri quando parliamo di globalizzazione attraverso i diritti, questa � un'occasione concreta per mostrare che si vuol fare sul serio.