BARNABEI,
CHIESA CATTOLICA CHIEDE REPERTI PER DNA
-
NEW YORK, 22 GEN - La Diocesi cattolica di Richmond,in Virginia, ha
chiesto alla magistratura americana i reperti relativi al caso di
Derek Rocco Barnabei, il detenuto di origini italiane giustiziato
lo scorso settembre nonostante unabattaglia internazionale per la
sua salvezza.
La Chiesa cattolica, d'intesa con gli avvocati di Barnabei,intende
far eseguire nuovi test del Dna sui reperti sulla basedei quali e'
stata decisa la condanna a morte di Barnabei. Per cercare di
fermare l'esecuzione del detenuto italo-americano la scorsa estate
era intervenuto anche Papa Giovanni Paolo II.
Barnabei e' stato giustiziato con l'accusa di aver ucciso
nel 1993 una studentessa universitaria,Sarah Wisnosky, con la quale
aveva una relazione. Alcuni test del Dna compiuti dagli
investigatori sono stati usati a sostegno della tesi della sua
colpevolezza. Barnabei e i suoi legali hanno sempre sostenuto che
altri esami, anche su reperti non testati durante l'inchiesta,
avrebbero permesso di dimostrare l'innocenza del giovane
italo-americano, morto il 14 settembre nel carcere di Jarrat per
un'iniezione letale.
Barnabei, 33 anni, ha sostenuto fino alla fine di essere
vittima di un errore giudiziario. Le sue ultime parole sono state:
''Sono veramente innocente e alla fine la verita' verra'alla luce''.
Il vescovo di Richmond, monsignor Walter F. Sullivan, ha
spiegato di aver preso la decisione alla luce della vastacampagna
''a livello locale e internazionale, affinche' Barnabei non fosse
giustiziato per la sua possibile innocenza''.
''Credo che dovremmo perseguire - ha detto il vescovo
Sullivan - il metodo della ricerca dei fatti per rispondere
all'interrogativo sulla colpevolezza o innocenza. Per questo ho
presentato una petizione alla Corte di Norfolk, in Virginia,
perche' consegni tutte le fonti di prova disponibili in questo
caso''.
Una legge della Virginia permette ai tribunali di donare i
reperti dopo la conclusione di un caso. La Diocesi punta in
particolare ad ottenere un asciugamano, uno strofinaccio con tracce
di sangue, un paio di calzini, alcuni capelli ed altre fibre
raccolti durante le indagini e mai testati.
''Se qualcuno di questi oggetti contiene un Dna che non
corrisponde a quello di Barnabei o a quello della ragazza,sarebbe
una forte indicazione del fatto che il vero killer e' un altro'',
sostiene Seth Tucker, l'ex avvocato di Barnabei che ora assiste la
Diocesi nel tentativo di riaprire il caso. Per Linda Goldstein,
l'altro legale che ha assistito il detenuto italo-americano, ''il
test del Dna potrebbe far entrare qualcun altro sulla scena di
questo crimine''.
I legali vorrebbero eseguire nuovi test anche sul tampone
vaginale eseguito sul cadavere della vittima, al centro di molte
controversie durante la vicenda giudiziaria.
La Diocesi di Richmond nel 1997 fu protagonista di
un'analoga iniziativa per ottenere le prove del processo contro
Joseph O'Dell, un altro detenuto per il quale il Papa chiese
clemenza al governatore della Virginia, senza risultato. La Corte
in quel caso respinse la richiesta e le prove sono state distrutte
un anno fa.
|