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Documento dei
Vescovi toscani: Un decalogo contro la pena di morte
(pubblicato
su Toscanaoggi)
Pubblichiamo
il testo integrale del messaggio dei vescovi toscani in occasione
dell�anniversario dell�abolizione della pena di morte in
Toscana.
Il
giorno 30 novembre ricorre l�anniversario dell�abolizione
della pena di morte in Toscana, prima abolizione della pena di
morte in Toscana, prima abolizione della pena di morte in Europa e
nel mondo.
Noi
vescovi della Toscana riteniamo importante ricordare e celebrare
tale momento, significativo di una profonda svolta nella storia
della legislazione penale, momento che onora la nostra Toscana.Per
questo accogliamo l�invito del Presidente del Consiglio
regionale di far suonare le campane della Regione alle ore 17,00
del giorno 30 novembre e ne diamo mandato a tutti i parroci e
rettori delle nostre Chiese. Intendiamo motivare questa nostra
scelta con la seguente dichiarazione
1.
Per il cristiano ogni vita umana � un progetto di Dio che crea e
che salva, un progetto che � dal suo accendersi nel seno materno
al suo temine naturale � mai � dato all�uomo di interrompere.
Riteniamo
pertanto che la pena di morte sia moralmente inaccettabile in
qualunque caso e in qualunque situazione e ci sentiamo cos� uniti
a tutti coloro che in ogni parte del mondo si dichiarano
sinceramente difensori dei diritti dell�uomo � come sanciti
nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell�uomo delle
Nazioni Unite (1948) � e riconoscono nella tutela della vita il
primo e supremo diritto di ogni essere umano.
2.
Sappiamo bene che nei secoli scorsi la Chiesa si � spesso trovata
a esercitare un potere temporale, lasciandosi anche coinvolgere in
una logica sociale e giuridica talvolta contrastante con la
lettera e con lo spirito del Vangelo: di questo il santo Padre ha
solennemente chiesto perdono nel corso dell�attuale Giubileo e
noi vescovi della Toscana vogliamo associarci a questa richiesta
di perdono, nella speranza che il prossimo millennio possa vedere
nuovi traguardi per una sempre pi� autentica convivenza umana.
3.
Una pi� profonda comprensione del Vangelo nella Chiesa, e una pi�
matura esperienza umana forgiata dalle tante tragedie del secolo
scorso, ci spingono oggi, insieme a tutti gli uomini di buona
volont�, a considerare inaccettabili sia sul piano morale che su
quello giuridico tutte le ragioni che hanno sostenuto la pena di
morte e che ancora in molti Paesi della terra vengono addotte per
giustificarla.
Il Papa Giovanni Paolo II, nell�Enciclica Evangelium
Vitae, ha chiesto non solo un�applicazione assai
limitata ma anzi una totale abolizione della pena di morte.
4.
La pena di morte non � di per s� una pena: � pena invece il
periodo angoscioso in cui il presunto reo attende l�esecuzione e
spesso anche la macabra sceneggiatura che lo caratterizza; poche
altre realt� sono altrettanto disumane e disumanizzanti per chi
le subisce come per chi vi assiste.
5.
La pena di morte non pu� essere assimilata alla
legittima difesa della societ�. In tutta la tradizione etica di
ispirazione o di radice cristiana si pu� parlare di uccisione per
legittima difesa, del singolo o della comunit�, solo quando vi
sia un�aggressione in atto e non solo in progetto. Lo Stato pu�
uccidere un reo solo dopo averlo catturato, e quindi nel momento
in cui egli non � pi� in grado di aggredire.
6.
La pena di morte non pu� essere considerata una difesa della
societ� da potenziali delinquenti, non � un deterrente: non
esiste alcuna indicazione statistica che colleghi la pena di morte
con una diminuzione di reati gravi, mentre esistono evidenze
statistiche che indicano l�irrilevanza della pena di morte sul
numero dei reati gravi: alcuni studi comparativi poi rilevano che
tale pena sembra costituire un incitamento all�omicidio, in
quanto lo Stato omicida pu� costituire una giustificazione
psicologica dell�omicidio privato.
7.
La pena giudiziale ha sempre avuto nella tradizione
etico-giuridica occidentale, sia civile che canonica, una primaria
finalit� medicinale: si � sempre considerato, insomma, che una
societ� si difende proprio nella misura in cui � capace mediante
una pena, di restituire il reo a quell�ordine giuridico e morale
che egli ha violato. Il sistema penale attuale ovunque nel mondo
ha ben poco di medicinale, ma la pena di morte ne esclude ogni
possibilit�.
8.
La pena di morte ha dunque solamente un carattere vendicativo, in
contrasto per� con la grande tradizione giuridica che attribuisce
alla �vindicatio� una rilevante funzione sociale, quella cio�
del ripristino nella sensibilit� collettiva di un ordine
giuridico-morale violato; tale funzione viene per� completamente
negata dalla pena di morte.
9.
La pena di morte � l�unica pena irreversibile e non appare in
nessun modo giustificabile: la giustizia umana infatti, anche nei
sistemi giuridici pi� avanzati, presenta sempre un margine di
incertezza, o circa la responsabilit� del condannato o sulle
condizioni oggettive e soggettive in cui il reo ha agito. Solo Dio
conosce il cuore dell�uomo, e pu� esserne il giudice ultimo e
infallibile. Il cristiano, per quanto offeso possa sentirsi, non
potr� mai invocare l�uccisione per chi ha ucciso e, ricordando
che il Signore ha duramente rifiutato la legge del taglione, dovr�
sempre perdonare sinceramente. Potr� desiderare e anche chiedere
alla pubblica autorit� una giusta pena per chi si rende colpevole
di un reato, ma tale pena, proprio per essere giusta, non dovr�
mai violare i diritti essenziali del reo, il quale resta comunque
una persona umana che in ogni caso ha diritto alla sopravvivenza,
magari nella speranza di un futuro umanamente accettabile, forse
anche in grado di risarcire almeno in parte il male compiuto.
Firenze
21 novembre 2000
�
Silvano Card. Piovanelli - Arcivescovo di Firenze
�
Gaetano Bonicelli - Arcivescovo
di Siena - Colle V.E. - Montalcino
�
Alessandro
Plotti - Arcivescovo di Pisa
�
Bruno Tommasi � Arcivescovo
di Lucca
�
Alberto Ablondi - Vescovo
di Livorno
�
Simone Scatizzi - Vescovo
di Pistoia
�
Luciano Giovannetti - Vescovo
di Fiesole
�
Eugenio Binini - Vescovo
di Massa Carrara � Pontremoli
�
Edoardo Ricci - Vescovo
di San Miniato
�
Giacomo
Babini - Vescovo di Grosseto
�
Gastone Simoni - Vescovo
di Prato
�
Vincenzo
Savio - Vescovo ausiliare di
Livorno
�
Giovanni De
Vivo - Vescovo di Pescia
�
Gualtiero
Bassetti - Vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro
�
Mario Meini
- Vescovo di Pitigliano -
Sovana � Orbetello
�
Giovanni Santucci - Vescovo
di Massa Marittima - Piombino
�
Mansueto Bianchi - Vescovo
di Volterra
�
Rodolfo
Cetoloni - Vescovo di Montepulciano - Chiusi � Pienza
>Michelangelo
Tiribilli - Abate di Monte
Oliveto Maggiore
AVVENIRE del
24/11/00
Un documento dei
vescovi: per un cristiano non � in nessun modo giustificabile -
Toscana, �mai pi�� pena di morte
Di Andrea Fagioli
FIRENZE. Il 30
novembre 1786 il Granducato di Toscana, primo Stato al mondo, abol�
la pena di morte. A distanza di oltre due secoli, i presidenti di
Consiglio e Giunta regionale hanno deciso di trasformare
l'anniversario in "Festa della Toscana". Una decisione
su cui politici ed enti locali hanno espresso pareri contrastanti,
anche perch� la pena di morte fu poi reintrodotta dopo pochi
anni, sia pure dalla reggenza e non da Pietro Leopoldo, in quel
tempo a Vienna.
Comunque sia,
senza entrare nel merito della "Festa", i vescovi
toscani hanno approfittato dell'anniversario per diffondere un
documento contro la pena di morte. Si tratta di un vero e proprio
decalogo il cui testo integrale, con i suoi dieci punti, esce
questa mattina su Toscanaoggi, il settimanale delle diocesi della
regione.
Il "no"
della Conferenza episcopale toscana � deciso, non ammette
scappatoie, considera �inaccettabili sia sul piano morale che su
quello giuridico tutte le ragioni che hanno sostenuto la pena di
morte e che ancora in molti Paesi della terra vengono adottate per
giustificarla�.
I 19 firmatari
(17 titolari delle diocesi, pi� l'abate di Monte Oliveto Maggiore
e l'ausiliare di Livorno) non si nascondono che sulla pena
capitale, anche all'interno della comunit� cristiana, c'� ancora
chi, pi� o meno esplicitamente, si dichiara possibilista. A
questi, i vescovi toscani ricordano che �il cristiano, per quanto
offeso possa sentirsi, non potr� mai invocare l'uccisione per chi
ha ucciso�. Potr� invece �desiderare e anche chiedere alla
pubblica autorit� una giusta pena per chi si rende colpevole di
un reato, ma tale pena, proprio per essere giusta, non dovr� mai
violare i diritti essenziali del reo, il quale resta comunque una
persona umana che in ogni caso ha diritto alla sopravvivenza,
magari nella speranza di un futuro umanamente accettabile, forse
anche in grado di risarcire almeno in parte il male compiuto�.
La pena di morte,
si legge ancora nel documento, ha solo un �carattere vendicativo�,
�� l'unica pena irreversibile e non appare in nessun modo
giustificabile�, �non � un deterrente�, anzi: �Alcuni studi
comparativi rilevano che tale pena sembra costituire un
incitamento all'omicidio, in quanto lo Stato omicida pu�
costituire una giustificazione psicologica dell'omicidio privato�.
Ma i vescovi toscani vanno anche oltre affermando che �la pena di
morte non � di per s� una pena: � pena invece il periodo
angoscioso in cui il presunto reo attende l'esecuzione e spesso
anche la macabra sceneggiatura che lo caratterizza; poche altre
realt� sono altrettanto disumane e disumanizzanti per chi le
subisce come per chi vi assiste�.
Infine,
in sintonia con il "mea culpa" del Papa, i vescovi
toscani ammettono che �nei secoli scorsi la Chiesa si � spesso
trovata a esercitare un potere temporale, lasciandosi anche
coinvolgere in una logica sociale e giuridica talvolta
contrastante con la lettera e con lo spirito del Vangelo: di
questo il Santo Padre ha solennemente chiesto perdono nel corso
dell'attuale Giubileo e noi vescovi della Toscana vogliamo
associarci a questa richiesta di perdono, nella speranza che il
prossimo millennio possa vedere nuovi traguardi per una sempre pi�
autentica convivenza umana�.
In
a strongly worded document against the death penalty, Tuscan
bishops label as "unacceptable, both on the moral as well as
the juridical plain" arguments in favor of capital punishment.
On
Nov. 30, 1786, the Grand Duchy of Tuscany abolished the death
penalty. Two centuries later, the region's leaders decided to turn
the anniversary into a "Festival of Tuscany."
The
19 signatories of the present document -- 18 bishops, plus the
abbot of Monte Oliveto Maggiore -- noted that there are Christians
who declare themselves in favor of the death penalty. "A
Christian," the bishops wrote, "no matter how offended
he might be, can never ask for the death of someone who has killed."
Instead,
the aggrieved party can "desire, and also request the public
authorities for a just punishment of the one responsible for an
offense; however, in order that it be truly just, such punishment
must never violate the essential rights of the offender, who
continues to be a human person and who, in any case, has the right
to survive, with the hope of a humanly acceptable future in which
he is able to repair, at least in part, the evil committed."
The
death penalty has a "vengeful character," is the "only
irreversible punishment, and in no way seems justifiable,"
the document states. "It is not an element of dissuasion,"
it adds; on the contrary, "some comparative studies reveal
that such punishment seems to be an incitement to murder, insofar
as a murderous state can justify a private murder."
The
Tuscan bishops go further, saying, "The death penalty is not
in itself a punishment: Instead, what is a punishment is the
anguished time in which the alleged offender awaits execution and
also the often macabre mise-en-sc�ne that characterizes it; few
other realities are so inhuman and dehumanizing both for the one
suffering them as well as those present when they happen."
The
Catechism of the Catholic Church, in No. 2267, states: "The
traditional teaching of the Church does not exclude recourse to
the death penalty, if this is the only possible way of effectively
defending human lives against the unjust aggressor. ... Today, in
fact, ... the cases in which the execution of the offender is an
absolute necessity 'are very rare, if not practically
non-existent.'" The last phrase is taken from John Paul II's
encyclical Evangelium Vitae, No. 56.
The
Tuscan bishops acknowledge that "in past centuries the Church
was often found exercising temporal power, allowing itself to be
involved in a social and juridical logic that at times was
contrary to the letter and spirit of the Gospel."
"Because
of this," their document concludes, "in the course of
the Jubilee, the Holy Father has solemnly asked for forgiveness,
and we, the bishops of Tuscany, wish to associate ourselves with
this petition for pardon, in the hope that the next millennium
will witness new objectives for increasingly authentic human
coexistence."
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