NO alla Pena di Morte
Campagna Internazionale 

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- 25/07/2001

Stati Uniti - Il Boia e il Professore alleati contro il patibolo

di GOFFREDO BUCCINI

NEW YORK - Il Boia e il Professore non si conoscono. Hanno attraversato da punti lontani la linea d'ombra nascosta nel loro destino. Il Boia si chiama Donald Cabana e tirava la leva del cianuro nella camera a gas della prigione di Parchman, Mississippi. Lo fece l'ultima volta il 6 luglio '87: il condannato era un ragazzo nero che nel braccio della morte gli era diventato amico, Connie Evans. "Mentre lo legavo, Connie mi sussurr�: da cristiano a cristiano, ti voglio bene", rivela lui, che da allora s'� dimesso e s'� fatto apostolo dell'abolizionismo. Il Professore si chiama James Liebman, insegna diritto alla Columbia University. L'anno scorso ha concluso per il Senato un lungo rapporto sulla pena capitale in America. Ha esaminato 4.578 appelli tra il '73 e il '95 e ha scoperto che, in primo grado, "sette casi su dieci sono macchiati da errori" e che, anche dopo gli appelli, "una volta su sette viene giustiziato un innocente".Ma sa che � inutile parlare al cuore della nazione come prova a fare il Boia pentito. Sa che � meglio rivolgersi al suo portafoglio. Perci� dice: "Il sistema � costosissimo, fallimentare: se questa fosse una fabbrica di frigoriferi, l'avrebbero gi� chiusa". Ci sono due modi in America per provare a chiudere la fabbrica: guardare alla vita come valore in s� o contare i dollari che occorrono per stroncarla. Non � difficile capire quale sia, per adesso, l'unica via percorribile. Cos�, mentre la linea d'ombra del Boia sta nel rimorso notturno ("Ho ancora gli incubi, mi sono chiesto a lungo cosa Dio si aspettasse da me"), quella del Professore sta in una necessaria mistificazione quotidiana: fingersi un manager che deve ristrutturare il ciclo produttivo, mentre avrebbe soltanto voglia di far saltare la catena di montaggio su cui ancora oggi quasi in quattromila aspettano l'iniezione letale. "Se lei mi fa una domanda personale, io sono assolutamente contrario alla pena di morte. Ma non ho scritto un'opera morale e devo rivolgermi al 63 per cento di americani che ancora la sostengono", dice Liebman nel suo ufficio alla Scuola di legge dell'universit�. Ha un lampo d'ironia nera dietro le lenti da miope, mentre mormora: "Per ogni cento processi da pena capitale si arriva "solo" a cinque esecuzioni. Tutto il resto si perde negli appelli e negli errori. Lo sperpero di soldi � enorme. Non era questa la patria del profitto?". E' sommerso dalle carte con cui sta aggiornando per l'autunno le 146 pagine del rapporto dell'anno scorso, "Un sistema malato". E ci anticipa: "I nuovi risultati sono anche pi� sconfortanti".

Alla fine di otto anni di ricerca su 28 Stati che danno abitualmente lavoro ai becchini, Liebman ha scritto: "Gli errori sono cos� tanti da rendere necessari tre esami giudiziari per individuarli, il che lascia spazio a seri dubbi sulla possibilit� che siano tutti individuati. La credibilit� del meccanismo � minata". Passato il primo appello, ancora 40 errori ogni 100 casi vengono scoperti dalle corti federali. Gli altri restano chiusi nelle bare, e nessuno sa quanti siano, perch� in molti Stati (in testa Texas e Virginia, che da soli mettono assieme il 46 per cento delle esecuzioni) il fascicolo delle prove viene semplicemente distrutto dopo la morte del condannato. Chiama "errori", Liebman, con eufemismo da tecnico del diritto, gli "avvocati incompetenti, che non cercano prove a favore dell'imputato", i "poliziotti e pubblici ministeri che scoprono le prove ma le nascondono alla giuria", i pregiudizi di razza, le discriminazioni di censo.

Considerando poi che la revisione del processo in America non � la regola, e viene ottenuta solo da chi � in grado di pagarsi una difesa degna di questo nome, i dati del rapporto sono ancora pi� agghiaccianti.

Ma il nocciolo del messaggio del professore resta un altro: la camera della morte � un cattivo business. "Gli alti tassi di errore e i tempi necessari per rimediare implicano altissimi costi per i contribuenti".

Non per piet� ma per denaro, dunque. Messa cos�, forse, funziona: soprattutto a questo rapporto s'� ispirata Sandra O'Connor, la giudice della Corte suprema che di recente ha puntato l'indice contro il sistema. E ad esso si legano le proposte di legge al Congresso sugli standard minimi di difesa e i test del Dna.

William Keeler, cardinale di Baltimora, ha qualche speranza: "Il consenso alla pena capitale si fonda sull'etica calvinista derivata da una certa visione dell'Antico Testamento. Ma noi cattolici stiamo trovando ora punti in comune con molti leader religiosi ebrei che rileggendo le Scritture si battono contro il patibolo". E' vero per� che i presupposti "laici" alla base di questo consenso non sono cambiati. "Questa resta una societ� violenta. E quando, dagli anni Sessanta in poi, sono dilagate droga e criminalit�, i cittadini spaventati hanno chiesto una risposta violenta", dice Mario Cuomo, l'ex governatore di New York che si bruci� la rielezione nel '94 pur di non cedere alla demagogia della forca: "L'America � un bullo di sedici anni che ha scoperto di avere pi� muscoli di tutti gli altri. E purtroppo non c'� stata differenza tra noi democratici e i repubblicani, tra Clinton e Reagan o Bush". E' la lunga cronaca di un messaggio di morte.

Joseph Fiorenza, il presidente dei vescovi americani, � persuaso che ci sia un legame tra "la cultura delle esecuzioni che trasmettiamo ai ragazzi e le sparatorie nelle scuole, dalla Columbine in poi". Tutto si tiene, dalle armi facili fino all'eroe della letteratura di cassetta, che solo qui potrebbe essere un cannibale seriale come Hannibal Lecter.

La diocesi di Fiorenza � a Houston, nel Texas di George Bush. Qui il nuovo governatore, Rick Perry, ha messo il veto su una legge che voleva vietare le esecuzioni dei ritardati mentali. "Ma qualche anno fa il Congresso di Austin non avrebbe neppure proposto una legge del genere. E' un segno", sostiene il vescovo. Dal '94 a oggi il consenso alla pena capitale � sceso di quasi venti punti, ma Cuomo attribuisce il calo a ragioni estranee alle crisi di coscienza: "La gente ride dei federali, non si fida del governo. Il Dna svela molti sbagli. Ma ne serve uno catastrofico per scuotere tutti: succeder� la prima volta che dimostreremo che un innocente � stato giustiziato".

Tuttavia, finch� la questione verr� posta in termini di giustizia e non di diritti umani, il fardello continuer� a pesare anche sulle spalle delle famiglie delle vittime, al bivio iniquo tra perdono e vendetta.

Due mesi fa, a Sonoma, California, si sono incontrati due padri: Bud Welch, che ha perso sua figlia Julie, 26 anni, nella strage di Oklahoma City, e Marc Klaas, a cui un maniaco in libert� sulla parola, Richard Davids, ha violentato e ucciso la figlia Polly, 12 anni. Bud ha scelto la riconciliazione, s'� battuto invano per strappare alla morte il bombarolo di Oklahoma, Tim McVeigh, e ora s'incontra ogni settimana con suo padre, Bill: "Siamo diventati amici, � un sollievo reciproco".

Marc, nella sua casa di Sausalito, ha costruito un museo alla memoria di Polly, e vive aspettando l'esecuzione di Davids: "Voglio che l'ultima cosa che veda, morendo, siano i miei occhi, come i suoi occhi sono l'ultima cosa che ha visto la mia bambina". A Bud ha detto: "Tu hai sofferto pi� per la sorte di McVeigh che per quella di tua figlia".

Welch gli ha risposto: "Vinci il rancore, e onorerai meglio il ricordo di Polly". Pi� della met� degli americani pensa che, abolendo la pena di morte, gli assassini prima o poi tornerebbero in libert�. Dice Marc Klaas: "Persino un demonio come Charlie Manson � andato pi� volte in valutazione davanti al parole board (la commissione che pu� concedere la scarcerazione anticipata, ndr ): succederebbe anche a chi ha ucciso Polly, meglio ammazzarlo subito". Molti Stati per� stanno modificando le leggi per rendere l'accesso al parole board sempre pi� difficile.

Anche questo � un passo verso la chiusura delle camere della morte: la certezza della pena in carcere. Nessuno, nemmeno Bud Welch, pu� biasimare Marc Klaas e tante altre vittime come lui. Ma per ricordare cosa si legga negli occhi d'un uomo in agonia bisogna tornare da Donald Cabana, il nostro Boia pentito, che sui propri incubi ha scritto nel '96 un libro sconvolgente, "Morte a mezzanotte". Anche Donald ha una figlia, Michelle: "Lei aveva 17 anni, quando ho diretto l'esecuzione di Connie Evans. Mi diceva: non capisco perch� devi uccidere un essere umano, pap�, ma Dio non ti abbandoner�, sa che sei una brava persona".

E' per Michelle, oltre che per Connie, che Cabana gira adesso le universit� predicando contro il patibolo. E cos� contiene anche qualche riga d'amore questa pagina dell'America che forse sta cambiando pi� per soldi che per piet�. Forse un giorno il Boia e il Professore si troveranno, e non sar� pi� importante scoprire chi dei due avesse ragione: quel giorno sar� festa, perch� l'ultima fabbrica di cadaveri dell'Occidente, infine, sar� stata chiusa.