NO alla Pena di Morte
Campagna Internazionale -  Moratoria 2000

pdm_s.gif (3224 byte)





Almeno sedici condannati sono stati messi a morte negli Stati Uniti dal 1977 ad oggi nonostante l'esistenza di ''prove evidenti della loro innocenza'', afferma un rapporto pubblicato da un gruppo contro la pena di morte. Quattro di queste esecuzioni sono avvenute in Texas mentre George Bush era governatore, afferma lo studio del 'Centro Don Chisciotte' di Hyattsville (Maryland). Intitolato ''Ragionevoli Dubbi'', frutto di cinque mesi di ricerche negli archivi di tribunali e nei rapporti di polizia, lo studio affferma che ''in ciascuno dei 16 casi di condanna a morte per omicidio esistevano prove evidenti che l'imputato era stato condannato per un crimine che non aveva commesso''. Il rapporto afferma che ''il primo passo necessario e' una moratoria nazionale delle esecuzioni che stabilisca tempo e risorse per procedere a valutazioni indipendenti sulla applicazione della pena di morte da parte dello stato o delle autorita' federali''. Inoltre viene chiesto un accesso piu' facile ai test DNA nei casi dove e' possibile effettuare questo tipo di esami. Lo studio sostiene che difensori incompetenti, irregolarita' da parte dell'accusa, discriminazione razziale hanno ''reso ingiusta'' la applicazione della pena di morte negli Stati Uniti. ''La eliminazione di prove che potrebbero discolpare l'imputato e' pratica comune nei tribunali - afferma la ricerca - le confessioni sono ottenute spesso con la forza, la minaccia e perfino la tortura''. Nove dei sedici casi esaminati dal centro riguardavano condannati neri, tutte le vittime (tranne un caso) erano bianche. ''Affermare che possiamo continuare con questo sistema senza una moratoria, mentre si cercano di capire le cause di questa beffa della giustizia, e' irresponsabile'', ha affermato Ronald Tabak, presidente di un altro gruppo contrario alla pena di morte.