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IMMIGRAZIONE: FAMIGLIA SIRIANA; CONSO, DISONORE PER ITALIA

(ANSA) - ROMA, 13 DIC - ''La vicenda della famiglia siriana bloccata per quattro giorni all'aeroporto di Malpensa nel silenzio generale e' un reato, un delitto gravissimo e un disonore per l'Italia''.

Cosi' Giovanni Conso, presidente emerito della Corte Costituzionale, ha aperto il convegno ''Mai piu' violazioni, mai piu' impunita''', organizzato dal comitato per la promozione e la protezione dei diritti umani.

''E' uno scandalo - ha continuato - che dal 23 novembre la famiglia Muhammad Sa'id al-Sakhri sia stata fermata fino al 28 novembre senza che nessuno ne abbia saputo niente''.

Conso ha riferito che l'uomo, un ingegnere siriano e la moglie, accompagnati da quattro figli di 11, 8, 6 e 2 anni, si erano trasferiti in Iraq da 11 anni, perche' l'uomo era stato condannato a morte in patria. Con la paura della guerra, ha continuato Conso, avevano scelto di trasferirsi ancora una volta e di vivere in Marocco. Dovendo transitare in un Paese europeo ''disgraziatamente hanno scelto un aeroporto italiano''.  ''Dopo quattro giorni di fermo - ha sottolineato Conso - non sono stati rispediti in Iraq, ma in Siria: i responsabili sono complici di un'esecuzioni e condannabili per concorso in omicidio''.

   E ancora Conso, con estrema indignazione, racconta dell'impossibilita' per il fratello della donna, che dall'Inghilterra, dove vive, si e' precipitato a Milano, di parlare anche solo un minuto con i familiari; dell'inutile tentativo dell'uomo di spiegare che era solo in transito; del silenzio di tutta la stampa; della giustificazione dei responsabili, che si sono schermiti dietro la frase: ''lui non ci ha chiesto il diritto di asilo''; infine, dell'inefficienza del difensore d'ufficio. ''Perche' - ha spiegato Conso - sarebbe bastato chiedere una sospensiva alla Corte di Strasburgo che, in queste circostanze, interviene tempestivamente a bloccare il procedimento in atto''. 

Secondo Conso fa riflettere che un uomo che cercava tutela in Iraq, abbia trovato la lesione di tutti i diritti umani, quelli dei rifugiati, delle donne, dei bambini, proprio in Italia. Il nostro Paese ha concesso a questa famiglia una scorta della nostra polizia fino all'autorita' locale siriana.

''Attualmente - ha concluso Conso - sappiamo solo che l'uomo e' finito in prigione, probabilmente e' stato torturato, speriamo che non sia stato giustiziato, della moglie e dei bambini, nell'era della tecnologia, non riusciamo a sapere nulla''.


14 dic 2002

Rispediti in Siria verso la pena di morte grazie alla Bossi-Fini

di Maura Gualco & Maristella Iervasi

Li hanno fatti salire sull�aereo per Damasco con la forza, dopo averli trattenuti per cinque giorni a Malpensa, senza ascoltare o verificare in qualche modo il loro disperato grido di dolore, la loro terribile storia di perseguitati politici tale da essere costretti a fugggire dalla Siria ed andare in esilio in Iraq. 

Ma l�Italia di B. li ha rispediti in patria violando le pi� banali convenzioni internazionali sui diritti umani. Parlava solo arabo la famiglia Muhammad Sa�id Al-Sahri - padre, madre e quattro bambini piccoli di cui uno bisognoso di cure -, la polizia di frontiera dello scalo milanese, pur non capendo la loro lingua, le avrebbe negato anche il pi� basilare dei diritti, quello di esprimersi attraverso un interprete. E li ha rimpatriati immediatamente, in quanto clandestini. Come prevede la legge della destra, la Bossi-Fini. 

Quattro giorni �prigionieri� in aeroporto nel silenzio pi� totale. Senza che nessuno pensasse di allertare l�ufficio del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) presente a Malpensa. E negando �per motivi di sicurezza� anche l��incontro� con Murhaf Labididi, fratello della moglie del capofamiglia condannato a morte in Siria, che si era precipitato in Italia da Londra in loro soccorso. �� uno scandalo, un disonore per l�Italia - ha detto Giovanni Conso, presidente del Cir e presidente emerito della Corte Costituzionale -. 

La vicenda della famiglia siriana bloccata per cinque giorni a Malpensa nel silenzio generale � un reato. Un delitto gravissimo. Non sono stati rispediti in Iraq, ma in Siria - sottolinea Conso -: i responsabili sono complici di un�esecuzione e condannabili per concorso in omicidio�. 

Gi�. Un esilio lungo vent�anni in Iraq per essere rimpatriati in Siria. Amnesty International, il Cir e Medici senza frontiere hanno denunciato il caso al Viminale e al ministro degli Esteri. Non una risposta � arrivata finora dalle nostre istituzioni. Mentre Murhaf con la voce roca di pianto da Londra dice: �Non so pi� niente di loro ma sono sicuro che sono in prigione. Tutti, anche i bambini. Tutta la nostra famiglia, come anche quella del marito di mia sorella - spiega -, � accusata di far parte dell�opposizione al regime di Bashare el Assad. Da qui la sentenza di morte�. 

Muhammad, 44 anni, ingegnere ed ex oppositore politico del governo di Damasco � arrivato con la sua famiglia a Malpensa il 23 novembre scorso, proveniente da Baghdad (via Amman), dove la coppia - con i loro quattro bimbi, un maschietto e tre femminucce di et� compresa tra i 2 e gli 11 anni - ha presentato richiesta d�asilo, sottolinea Amnesty International, che denuncia: �le autorit� italiane hanno respinto la richiesta in modo del tutto sommario� e il 28 novembre li hanno imbarcati con la forza sull�aereo per Damasco. Ora si teme che si possano trovare in stato di detenzione in uno dei centri d�interrogatorio dei servizi segreti, nella capitale siriana, �dove la tortura � praticata regolarmente�. 

Diversa la versione della polizia di frontiera dello scalo milanese, che si difende cos�: la famiglia siriana non ci ha chiesto il diritto d�asilo. Eppure Murhaf racconta che dopo il divieto di incontrare i familiari ha contattato un avvocato: �Sono andato al Tribunale di Milano per cercare un difensore. Era il mattino del 28 novembre scorso. Ho trovato un legale d�ufficio, Antonella Bisgan, le ho esposto il caso e mi ha dato un appuntamento per l�indomani alle 16, assicurandomi che avrebbe chiamato l�aeroporto. Ma quando ha telefonato i miei nipotini, mia sorella e mio cognato erano gi� stati rimpatriati�.

Giovanni Conso, con estrema indignazione, ieri ha aperto il convegno �Mai pi� violazioni, mai pi� impunit� - organizzato dal comitato per la promozione e la protezione dei diritti umani -, denunciando l�inutile tentativo di Muhammad Sa�id Al-Sahri di spiegare la sua posizione e quella della sua famiglia. E ha colpito duro, anche contro l�inefficienza del difesore d�ufficio. �Sarebbe bastato chiedere una sospensiva alla Corte di Strasburgo che, in queste circostanze, interviene tempestivamente a bloccare il procedimento in atto�. 

Secondo il presidente emerito della Corte Costituzionale, fa riflettere che un uomo che aveva trovato tutela in Iraq, abbia visto lesi tutti i diritti umani, quelli dei rifugiati, delle donne, dei bambini, proprio in Italia. �Il nostro Paese - ha concluso - ha concesso a questa famiglia una scorta della nostra polizia fino all�autorit� locale siriana. Attualmente sappiamo solo che l�uomo � finito in prigione, probabilmente � stato torturato. Speriamo soltanto che non sia stato giustiziato. Della moglie e dei bambini, nell�era della tecnologia, non riusciamo a sapere nulla�.

L�ultima volta che Murhaf ha sentito sua sorella erano circa le cinque del pomeriggio del 28 novembre. Da allora, � calato il silenzio. �Ho chiesto notizie ad una mia zia in Siria. Ma mia sorella e la sua famiglia � come se fossero scomparsi. Nel nulla�.