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IRAN: PENA DI MORTE, PROMESSA CLEMENZA SE DONATI ORGANI

COMPLESSA CASISTICA SU MANI E PIEDI AMPUTATI

(di Alberto Zanconato)

TEHERAN, - La legge islamica potrebbe mostrare clemenza per i condannati a morte che decidono di donare un organo a scopo di trapianto. L'annuncio, fatto dalla Corte suprema iraniana, ha gia' scatenato una ridda di ipotesi che coinvolgono anche l'uso degli arti amputati ai ladri.

''Se il condannato alla pena capitale acconsente ad una donazione che puo' salvare una vita, la sentenza puo' essere commutata in un certo periodo di reclusione'', ha detto un giudice della massima istanza giudiziaria, citato dalla stampa di Teheran. O quanto meno, egli potra' chiedere, nel caso la condanna venga comunque eseguita, una certa somma di denaro da lasciare alla sua famiglia.

La proposta rispecchia la politica messa in atto negli ultimi anni dal governo per favorire la donazione degli organi. Ormai da tempo in Iran si effettuano trapianti di reni, e negli ultimi anni anche quelli di cuore. La televisione trasmette regolarmente notizie di donazioni e storie umane dirette ad incoraggiare le donazioni. Sebbene la legge che regola la materia risalga soltanto a tre anni fa, fin dai tempi in cui era presidente della Repubblica Akbar Hashemi Rafsanjani - in carica fino al 1997 - il governo da lui guidato aveva autorizzato ed incoraggiato i trapianti di rene, pagando un 'premio' di 10milioni di rial (al cambio attuale poco piu' di mille euro) a chi avesse accettato di privarsi di uno di questi organi.

La decisione e' stata a lungo contrastata dagli esponenti religiosi piu' tradizionali, secondo i quali l'Islam vieta lo smembramento del corpo dopo la morte. Della stessa opinione rimane ancora oggi il grande ayatollah Ali Montazeri, gia' successore designato dell'Imam Khomeini alla guida della Repubblica islamica, poi caduto in disgrazia.

Ma la nuova normativa riguardante i condannati ha fatto sorgere una serie di dubbi sulla sua applicazione in rapporto alla tradizione musulmana. L'hojatoleslam Ali Asghar Baghani, consulente della Corte suprema, in una intervista pubblicata dal quotidiano Etemad si e' dilungato in una complessa casistica riguardante anche l'uso che si potra' fare delle mani e dei piedi amputati ai ladri recidivi o a volte a coloro che sono dichiarati 'Moharebeh', vale a dire 'nemici di Dio'.

Il religioso ha per esempio sottolineato che, una volta separati dal corpo del condannato, mani e piedi non appartengono piu' a lui, ma allo Stato, che puo' quindi decidere di usarli per trapianti senza chiedergli il permesso. Lo stesso ladro, ha puntualizzato l'hojatoleslam, non potra' usufruire di un trapianto per riavere le estremita'. Della questione, ha detto Baghani, ha discusso il Dipartimento per le ricerche dell'apparato giudiziario.

Il discorso pero' cambia quando ad essere tagliate sono lequattro dita della mano  destra, il primo stadio dell'amputazione per i ladri recidivi, poiche' si procede con la separazione di mani e piedi solo se il reato continua ad essere ripetuto. Il condannato sara' autorizzato ad avere reimpiantate le dita, e in tal caso, ha tenuto a puntualizzare l'esperto, esse ''non potranno essergli tagliate un'altra volta''.