Comunità di Sant

Le Frontiere del Dialogo:
religioni e civilt� nel nuovo secolo

Meeting Internazionale Uomini e Religioni - Barcellona 2-4 settembre 2001


 Luned� 3 Settembre 2001
Sal� del Palau Centelles-Solferino
L�Europa tra fede e secolarizzazione

Teodor Baconsky
Ambasciatore, Romania

   


Signore e Signori,

Onorato pubblico,

Vorrei ringraziare gli amici della Comunit� di Sant�Egidio ed i partner catalani di questa riunione internazionale �Uomini e religioni� per l�invito che mi hanno gentilmente rivolto. Sono molto lieto di trovarmi qui a Barcellona in un grande Paese europeo che, dopo aver conosciuto tempo fa il conflitto tra le religioni, diventa oggi il prestigioso palcoscenico della loro riconciliazione. La nostra sezione ha come titolo L�Europa tra fede e secolarizzazione. Prover� quindi, facendo assegnamento sulla Vostra indulgenza, di intrattenervi con questo argomento, concentrando l�attenzione sul suo ripercuotersi in Romania.

All�inizio del ventunesimo secolo, le differenze tra l�Europa orientale e quella occidentale non si manifestano soltanto su piano economico, militare, legislativo ed istituzionale. Anzi, penso che anche il fenomeno della secolarizzazione rivesta forme peculiari e venga diversamente percepito nelle due grandi regioni del nostro continente. Se nelle societ� occidentali la secolarizzazione agisce ora dall�interno delle comunit� cristiane, nell�Europa orientale essa � ancora sentita dal di fuori. Credo quindi che valga la pena di abbozzare un quadro comparativo in questo senso.

Nell�occidente la secolarizzazione ha debuttato ai tempi dell�Investitura, ha continuato con lo spogliamento del patrimonio ecclesiastico da parte dei protestanti, si � prolungata nell�esistenzialismo antropocentrico dell�Illuminismo e ha culminato con il nichilismo filosofico del Ventesimo secolo. Penso che, dopo quasi ottocento anni, questo complesso processo storico abbia raggiunto la maturit� e sia gi� entrato nella fase del declino. Dopo il consumo di innumerevoli eccessi e la correzione di molti slittamenti, esso ha impregnato praticamente tutti i campi della vita sociale, cos� che non pu� pi� essere n� criticato n� difeso da posizioni moralmente neutre. La secolarizzazione delle societ� occidentali ha perso in gran parte la componente anticlericale cos� palese durante il Settecento e l�Ottocento. Essa non si propone pi� di confiscare beni, non prepara pi� rivoluzioni, non compila pi� utopie. Oggigiorno possiamo parlare di secolarizzazione come di uno stile di vita (lifestyle) dominante, i cui vantaggi sono convalidati dall�adesione di una maggioranza confortevole, mentre gli svantaggi vengono compensati da soluzioni pacificamente negoziate. Numerosi cristiani fanno parte di questa maggioranza sia come cittadini, che nella condizione di membri di un laicato che esige per s� ed a cui viene accordato una sostanziale autonomia. Il clero e l�episcopato delle Chiese occidentali si sono adattate a questo nuovo paesaggio storico. La gerarchia lavora insieme ai laici, riconosce a questi la qualit� adulta e tenta di riformulare gli imperativi della tradizione in chiave delle realt� contemporanee. Si direbbe che nell�Occidente del Ventunesimo secolo la secolarizzazione illustra l�ultimo paradosso di un cristianesimo come �religione dell�esodo dalla religione�.

Non accade la stessa cosa nell�altra parte del nostro continente. Anche se il comunismo sia stato un�ideologia moderna, il suo carattere inumano spiega parimenti lo scacco del progetto e la persistenza di molti elementi premoderni nelle societ� dell�Europa orientale. E� vero che le �lite intellettuali e professionali corrispondono alle mentalit� occidentali persino quando esaltano il nazionalismo. Ma i contadini poveri, i proletari disagiati, i piccoli proprietari incerti del loro reddito o anche i grandi proprietari provenienti dalla nomenclatura comunista considerano che la modernit� ed implicitamente la secolarizzazione sono delle realt� negative nel loro intrinseco. Insomma la gente comune � ancora estranea alla schizofrenia del pensiero moderno, che separa la fede dalla cultura e tende a trasformare la religione in un avvenimento intimo. Per loro essere cristiani significa essere praticanti, ricevere l�insegnamento della Chiesa ad litteram e considerare che il mondo si trovi sotto il dominio del peccato. Ovviamente, troppo pochi incarnano il modello del cristiano esemplare. Ma per quanto incoerenti, essi rimangono fedeli ai modelli di vita tradizionale. Ecco perch� dal loro punto di vista le influenze occidentali appaiono come dei miraggi inadeguati all�attuale basso standard economico, o addirittura come trappole in cui i costumi ereditati ritrovano una fine brutale. Evidentemente le persone che la pensano cos� non sono n� migliori n� peggiori dei loro concittadini che hanno un pensiero postmoderno. Sarebbe ingiusto giudicarli con la misura di un evoluzionismo rudimentale e considerarli, alla maniera degli antropologi del Settecento, come dei �primitivi� innocenti o ripugnanti. In fondo il tipo umano a cui faccio riferimento non � scomparso del tutto neanche nell�Europa occidentale, solo che ivi egli � minoritario, mentre nella regione dell�Europa centrale ha intanto la supremazia statistica. Nessuno potr� trasformare gli europei della rispettiva categoria in burocrati con laptop che trascorrono il tempo della loro vita tra un aereo e l�altro, indossano abiti firmati Armani e trasmettono ordini concisi tramite il cellulare. Anche se qualcuno nutrisse una tale ambizione, il raggiungimento di un simile obbiettivo sarebbe possibile fra parecchi decenni. Il problema non � quindi quello di bruciare le tappe, forzando la gente ad assimilare la novit� in un ritmo molto celere, e neanche quello di alienarli, obbligandoli di assumere un�identit� artificiale. Ci� che importa � di non costruire la futura Europa senza queste persone, ma insieme a loro. Ecco la prospettiva in cui possiamo valutare il significato della relazione attuale tra fede e secolarizzazione nell�Europa del nuovo millennio. All�Est, questa relazione non si potr� costruire che in base al dialogo tra la Chiesa e le istituzioni della democrazia. Il mio intervento prende l�avvio dalle precedenti considerazioni e spera di potervi dire qualcosa sul come vanno le cose in Romania che, dopo la Polonia, � il maggiore Paese postcomunista candidato all�integrazione nell�Unione Europea.

Chiunque conosca la difficile storia delle relazioni tra la Chiesa e la democrazia in Occidente potr� capire perch� le Chiese ortodosse definiscano cos� lentamente i rapporti con le democrazie postcomuniste. Dopo i lunghi secoli di dominio ottomano, asburgico o zarista, i popoli ortodossi dell�Europa sudorientale si sono simultaneamente emancipati sia su piano confessionale che politico. Soprattutto dopo il 1918 l�indipendenza dai vecchi imperi e la costruzione dello Stato si sono sincronizzati con la dichiarazione dell�autocefalia delle Chiese rispetto al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Queste circostanze hanno stimolato il ritorno all�antica tradizione di cooperazione tra Stato e Chiesa, che il Bisanzio aveva istituito almeno a livello teorico. Le Chiese ortodosse di Russia, Grecia, Bulgaria e Romania sono entrate nell�epoca moderna sulle spalle degli omonimi Stati. Ecco perch� nell�Europa sudorientale tra le due guerre mondiali l�antica complicit� tra il braccio secolare e il potere spirituale si � attuata �organicamente� persino quando, o soprattutto quando i rudimenti della democrazia sono stati sterminati dalla furia devastatrice delle varie dittature monarchiche o militari. Nel periodo comunista gli osservatori hanno constatato con sorpresa che al di l� dell�accanimento ideologico del sistema contro la fede, il patto tra il nazionalismo e l�ortodossia si perpetuava sotto forme tanto discrete quanto tenaci. In ciascuno dei Paesi ortodossi il comunismo ha portato ad una specie di razzismo etnocentrico. Su questo sfondo, strumentalizzato tramite la propaganda e con l�alterazione programmatica della storiografia ufficiale, la Chiesa ha funzionato sia come alleato dello stato di fatto che come veicolo della guerra fredda. E� normale che una tale eredit� collochi in una scomoda posizione le Chiese ortodosse postcomuniste. Da un lato le Chiese si sono abituate ad essere le alleate dello Stato nel grande discorso messianico sul destino delle nazioni. D�altra parte lo Stato si � assuefatto ad una Chiesa obbediente che sa ripagare l�assistenza finanziaria e la protezione politica con la legittimazione tacita e ossequente del potere instaurato.

Nell�ultimo decennio la societ� romena ha dibattuto in modo ossessivo il tema del cambiamento. Abbiamo discusso in vari modi sulle ragioni, sul ritmo migliore e le finalit� di questa svolta storica nella quale la maggior parte di noi non sperava pi�. Solo che il cambiamento propriamente detto si � dimostrato molto pi� complicato del suo teorizzare. Dobbiamo ammettere che soltanto adesso, quando possiamo guardare indietro, comprendiamo che cosa e chi deve cambiare. Anche se l�Occidente si dimostra impaziente o deluso, deve capire - cos� come l�abbiamo anche noi capito a nostre spese - che la modifica di un�eredit� di lunghi secoli e lo smembramento della struttura mentale congegnata dal comunismo hanno bisogno di tempo, di risorse umane fresche, di una volont� politica autenticamente democratica, nonch� di plasmare altri strumenti culturali. Queste condizioni hanno gi� cominciato a delinearsi. Ma molte delle grandi decisioni non sono state ancora adottate. Di grandi decisioni abbiamo bisogno non solo nella politica estera e nella riforma dell�economia, ma anche nel campo delle relazioni tra la Chiesa e lo Stato. Per� nessuno dei partner potrebbe vantarsi di aver fatto tutti i compiti, anche se il desiderio di ciascuno di essere promosso nella classe successiva sembra abbastanza vivo.

La Chiesa Ortodossa ha vissuto la rottura dal comunismo da una posizione ambivalente. Da una parte si � liberata da una lunga cattivit� babilonese, segnata da persecuzioni, abusi, promesse non rispettate e armistizi fragili. Dall�altra parte ha risentito la mancanza di quel regime, alla pari di quelli che continuano a percepire, nella propria immaginazione, la presenza di un membro amputato. Per questa ragione, la Chiesa ha incoraggiato la democrazia, in quanto questa si opponeva al comunismo, ma non si � affrettata a contribuire al suo consolidamento, perch� la democrazia aveva come contrappeso la secolarizzazione. Ci� che la Chiesa non � riuscita a fare � appunto l�ambizione di evangelizzare la nuova societ� romena. Non � stata in grado di assimilare le nuove tecnologie e di lavorare per il disegno delle nuove istituzioni. Non � arrivata ad includere nella sua agenda tutti i problemi di una societ� che si alza dalle rovine, cos� come non ha capito che per cristianizzare la democrazia, si deve agire dall�interno delle sue convenzioni.

In queste circostanze, anche se gli ambienti ecclesiastici si sono conformati tendenzialmente alla realt� postcomunista, esse hanno fatto figura �conservatrice�, divenendo in certo qual modo il baluardo con cui la societ� civile si scontra ogni volta che tenta di imporre le nuove regole del gioco. La Chiesa, o almeno una parte significativa di essa, si � ripiegata nella versione mitica del passato, ha demonizzato la globalizzazione, ha ricuperato la retorica del messianismo nazionale, preferendo allearsi con la moltitudine silenziosa di quelli che temono il futuro, sono angosciati per il posto di lavoro in seguito alle privatizzazioni e sembrano rimpiangere l�egualitarismo comunista. Una tale strategia sembra essere giustificata dal punto di vista pastorale, in quanto i nostalgici che compongono la rispettiva massa sono nello stesso tempo persone vulnerabili, desiderose di assistenza immediata. Purtroppo quest�atteggiamento ha avuto delle conseguenze piuttosto negative. Per primo, tale atteggiamento ha incoraggiato l�ascesa dei partiti nazionalisti-estremisti che la Chiesa tollera con il pretesto della non ingerenza nella vita politica. Poi, ha creato alle persone semplici la convinzione che le polemiche possono sostituire le soluzioni e che il ristagno ha delle virt�. In fine il fatto che la Chiesa non ha definito la propria posizione rispetto alla democrazia ha avuto come conseguenze l�antagonizzarsi della societ� civile e la divisione ineguale della giovane generazione tra un nucleo di fanatici passatisti e una maggioranza indifferente al cristianesimo. A breve scadenza ha vinto la vocazione ortodossa della fuga dal mondo e del rifugiarsi nel passato. La maggior parte dei romeni di oltre 45 anni va alla messa, mentre la Chiesa supera abbondantemente nei sondaggi la scarsa popolarit� delle istituzioni politiche. Ma a medio e lungo termine, la vittoria del Vangelo sul computer si potr� dimostrare ingannevole perch�, da qualunque punto guardassimo i fatti, � chiaro che la prosperit�, la libert� e l�integrazione europea non verranno garantite dalle vecchiette di Kiev che, di recente, calpestavano il ritratto di Papa Giovanni Paolo II, ma dai giovani esperti di informatica, tormentati momentaneamente dal pensiero dell�emigrazione. Fino a quando le nuove generazioni sentiranno un discorso che sostiene che la Borsa � la sede del Diavolo, che la televisione � un mezzo di perdizione, che gli stranieri vogliono farci del male e che l�Occidente � un lupanare, esse non ritroveranno la via verso l�altare e neanche la gioia di vivere la propria fede in mezzo alla gente, senza trucchi vetusti e frustrazioni da emarginato.

Non vorrei suggerire che la situazione attuale sia chiusa in modo irreversibile, cos� come non vorrei che si creda che la Chiesa ortodossa sbagli quando accusa la trivialit� dei �valori� rumorosamente palesati da tanti giovani privi di alternativa. Ma il fatto che questi giovani preferiscano la discoteca alla messa non dev�essere rimproverato loro. Fortunatamente la realt� � molto pi� complessa e contiene gi� i semi di un�evoluzione promettente. La Chiesa Ortodossa russa, ad esempio, ha celebrato l�ingresso nel terzo millennio cristiano con l�adozione, nel mese di agosto 2000, di una nuova dottrina sociale. Si tratta di un documento destinato a chiarire, per la prima volta, le norme che devono ispirare la condotta di ciascun cristiano dei nostri giorni, quando si manifesta nella sua qualit� di professionista, di politico, di cittadino, di funzionario pubblico, di elettore, di militante laico, di genitore, o semplicemente in quella di essere umano morale responsabile. Con la ratifica del detto testo il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa russa ha riconosciuto che l�uomo contemporaneo � il soggetto di molteplici impegni ed ha insistito sulla necessit� che la Chiesa diventi veramente autonoma nei confronti dello Stato. Da una parte assistiamo alla rivoluzione di velluto di un cristianesimo orientale che sembra finalmente desideroso di assumere la propria storia cos� com�� e non come dovrebbe o potrebbe essere. D�altra parte, possiamo salutare qui anche il passo avanti sulla via dell�ecumenismo in quanto d�ora in poi i cattolici, gli ortodossi e i protestanti potranno incontrarsi pi� spesso - e con risultati pi� fecondi - sul terreno comune della dottrina sociale. Con questo sincronizzarsi la pi� grande Chiesa ortodossa ha dimostrato che al di l� dei problemi dogmatici - rimasti a carico delle commissioni miste di dialogo teologico - i cristiani del ventunesimo secolo potranno lavorare insieme per il bene comune del mondo in cui sono nati.

Personalmente vorrei esprimere la speranza che l�esempio della chiesa Ortodossa russa venisse seguito da tutti i Paesi a maggioranza ortodossa tra cui anche la Romania. Un�importante casa editrice romena associata al Centro Aletti di Roma prepara quest�autunno la traduzione della dottrina sociale russa nell�ambito di un�antologia di testi similari prodotti nello spazio cattolico. Io stesso - insieme alla Fondazione Boltzmann e al Collegio La Nuova Europa di Bucarest - tento di organizzare nel novembre 2001 un colloquio internazionale dedicato alla democrazia dei valori, dove le possibilit� di concordare l�ora dell�ortodossia romena con l�ora esatta del mondo contemporaneo saranno valutati dalla prospettiva delle comunicazioni sociali. Conviene inoltre menzionare l�iniziativa dell�Arcivescovo Bartolomeo Anania di Cluj che - insieme agli universitari della �capitale� della Transilvania - hanno recentemente gettato le fondamenta di una commissione di bioetica. Merita di essere ricordata nel contesto anche l�intento della Chiesa ortodossa romena di inviare un rappresentante permanente presso gli organismi europei di Bruxelles, dopo che il Patriarcato ecumenico e la Chiesa ortodossa bulgara lo hanno gi� fatto. Nel contempo il Ministero romeno degli Affari Esteri desidera collaborare pi� intensamente con la Chiesa ortodossa nel campo dell�integrazione europea.

Ovviamente gli esempi citati sono per ora isolati. Ma non penso che rimangano senza l�eco prevista, soprattutto se le attuali tendenze andranno amplificate e potranno interagire ragionevolmente. Vorrei sperare che il rilancio graduale dell�economia, i progressi dei negoziati per l�adesione all�Unione Europea, il proseguimento del dialogo ecumenico e la solidariet� concreta tra i cristiani del nostro continente saranno in grado di scrivere insieme lo spartito di una musica completamente nuova. Sono convinto che la futura Europa unita avr� l�intelligenza di calmare le tensioni tra la fede e la secolarizzazione, in quanto il radicalizzarsi di ciascuno dei due termini rischia di demolire la grande costruzione politica in cui ci impegniamo tutti. Se la democrazia non diventer� un feticcio, e il legame liberamente espresso tra uomo e Dio non sar� pi� considerata un delitto, la nostra vita comune acquister�, forse, il senso che la storia finora si � ostinata a negarci.

Signore e Signori,

Ho iniziato la mia prolusione parlando delle differenze tra gli europei occidentali e quelli dell�area orientale. I giorni scorsi, uno studente romeno che sta preparando a Losanna una tesi sulla geopolitica dell�ortodossia, mi ha spedito via e-mail la fotografia in bianco e nero di una contadina svizzera degli anni cinquanta. La giovane donna, che indossava abiti popolari, saliva un pendio alpino, recando sulle spalle il lettuccio di legno di un bambino. Alla fine della sua missiva �retro�, il mio amico mi chiedeva, pensando forse alle contadine romene dei villaggi di montagna : �Siamo forse cos� diversi ?� Mi sia consentito di affermare che la risposta a questa domanda � negativa e, in fine, di ringraziare per l�attenzione che mi avete accordato.