Comunità di Sant

Le Frontiere del Dialogo:
religioni e civilt� nel nuovo secolo

Meeting Internazionale Uomini e Religioni - Barcellona 2-4 settembre 2001


 Luned� 3 Settembre 2001
Palau de la Generalitat, Sal� de Sant Jordi
Globalizzazione: Laici e credenti a confronto

Vincenzo Paglia
Vescovo cattolico, Italia

   


E� ormai tradizione che, negli incontri �Uomini e Religioni�, non manchi un momento di confronto tra laici e credenti. E, penso, con qualche originalit�. I primi tentativi di dialogo in genere si fanno risalire agli anni Cinquanta, quando cristiani e marxisti si incontravano per cercare un contatto sul baratro che divideva il mondo in due. Ma era un confronto pi� tra due �religioni� che tra due culture. Il mondo pi� propriamente laico, di fatto, sfuggiva a questo bipolarismo, anche perch� non era caratterizzato da quel messianismo che segnava, invece, sia il cristianesimo che il marxismo. Il Concilio Vaticano II e Paolo VI, oltre al dialogo con le confessioni cristiane e le altre grandi religioni mondiali, aprirono la Chiesa all�incontro con la modernit�. E trovarono nel mondo laico una sponda attenta. E questa volta non si trattava pi� di un incontro tra due Chiese, ma tra due tradizioni culturali che si ritrovarono, potremmo dire, nella comune radice ebraico-cristiana.

Fermandomi all�interno di questi nostri incontri, posso dire che la Comunit� di Sant�Egidio li ha vissuti sotto quell�ispirazione, semplice e profonda, indicata da Giovanni XXIII: cercare anzitutto quel che unisce e mettere da parte quel che divide. Questo, prima ancora che un esame dei contenuti, ha significato uno stile di vita, un metodo di rapportarsi che, appunto, senza sopprimere le differenze fa evitare per� lo scontro. In un tale orizzonte, la discordia non significa inimicizia, la differenza non equivale a disastro, e l�altro non � pi� il nemico da sconfiggere e abbattere. Al contrario, il dialogo ha significato un�opportunit� per accomunare laici e credenti nella comune battaglia per la pace, per la giustizia, per la difesa dell�uomo e la costruzione di un mondo nuovo. Dire ancora una volta queste cose qui a Barcellona significa ricollegarsi al catalano Raimondo Lullo il quale, vari secoli fa, percorreva questa stessa via quando scrisse �Il libro del gentile e dei tre savi�. E� un dialogo sereno tra un ateo e un ebreo, un cristiano e musulmano sotto la guida di Madonna Intelligenza. I tre savi, si chiedono perdono se c�� stato qualcosa di irriguardoso nel loro dire verso la fede dell�altro, ma non annullano le rispettive differenze.

Chi ha seguito l�itinerario di questi incontri ha potuto constatare che si sono toccate corde profonde, direi spirituali, e non si sono fermati nelle secche di una politica di corto respiro. Fin dall�inizio � parso necessario andare al fondo delle nostre ragioni e del nostro impegno. Ricordo, ad esempio, l�incontro avvenuto qualche anno fa proprio qui a Barcellona, tra Felipe Goncales e il sottoscritto. Nel lungo dibattito, � stata chiara la rinuncia a tutti i fondamentalismi, religiosi e laici. Gonzales cit� le frase di Machado: �Dios nos libre de un dios existente�. E si auspicava una concordia tra laici e credenti su un comune denominatore etico per affrontare i gravi problemi che il mondo contemporaneo si trova a dover vivere.

C�� da dire che questa frontiera si � allargata. L�amico Jean Daniel potrebbe parlarci a lungo sul dibattito in Francia attorno alla �laicit��. Cito solo la presa di posizione del primo ministro francese, Lionel Jospin, sulla Carta Europea, quando non voleva si parlasse di �eredit� religiosa dell�Europa�. Fu immediata la reazione di studiosi come Ricoeur, Delumeau, Girad, Juliard�, e poi Ren� Remond. Quest�ultimo, nel volume �Le christianisme en accusation�, giunge a parlare di una �cultura del disprezzo� nei confronti del cattolicesimo, anche se non manca da parte sua di accusare atteggiamenti inadeguati di un certo cattolicesimo di fronte alla modernit�. Ma in Francia, come in Italia, c�� anche un interessante dibattito tutto interno al mondo laico, come quello tra il Luc Ferry e De Sponville, ambedue non credenti. Per loro la posta in gioco non � la scelta tra trascendenza e immanenza, bens� tra materialismo e spiritualit�.

In Italia, se da una parte il dibattito si � fatto molto vivace, dall�altra rischia di bloccarsi nelle maglie della politica, perdendo cos� l�orizzonte �religioso� o �spirituale� che gli � proprio. In taluni casi il dibattito si � ristretto all�ambito politico chiedendosi se i credenti debbono o no mettere da parte la loro fede per essere davvero democratici. Ci si richiama, impropriamente, alla nota frase di Bonhoeffer: �Etsi Deus non daretur�, �Come se Dio non ci fosse�. In altri casi, come nella polemica seguita al G8 di Genova, ci si incaglia sul rapporto tra Chiesa ed Occidente, �accusando� la prima di antioccidentalismo per alcuni rilievi critici fatti verso una globalizzazione selvaggia che non tenesse conto anche dei poveri e della salvaguardia dell�ambiente. Altro respiro, invece, presentano posizioni pi� attente alla dimensione etica o culturale del cattolicesimo, come quella di chi lo delinea come la forma culturale pi� alta di una religione universale (Perniola). Si giunge a dire, parafrasando Benedetto Croce: �perch� non posso non dirmi cattolico�; ma di un cattolicesimo inteso come �una fede senza dogma� o �senza ortodossia�. Aggiungendo che, in una �et� della credulit�� com�� la nostra, il cattolicesimo � una forma solida di sentire e, quindi, opportunamente da custodire.

Ma quel che a mio avviso � sempre pi� urgente far emergere in tali dibattiti � la categoria della spiritualit� o, se volete, dell�oltre, dell�altro, del mistero. Se per un verso, infatti, si sostiene la necessit� di una morale, di un�etica dei comportamenti, e sono in tanti ad augurarselo, dall�altra se ne vede anche l�insufficienza se ci si pone di fronte alle questioni sollevate dalla nuova situazione del mondo che vertono sul senso stesso dell�uomo e dell�esistenza. Riprendendo il pensiero del noto filosofo ebreo, Habraham Heschel, potremmo dire che la crisi contemporanea non � dovuta anzitutto a conflitti economici, ma ad una paralisi spirituale. E cita Isaia: �Gli inviati di pace piangano amaramente�I patti sono rotti, i testimoni disprezzati, non c�� rispetto per l�uomo� (33,8).

E� singolare che anche tra i laici si inizia a parlare esplicitamente di �fede laica�, di �religiosit� laica� da recuperare. Norberto Bobbio, un noto filosofo laico italiano, non solo supera la vecchia controversia che opponeva la religione allo stato, ma giunge a sostenere la necessit� della �religione� per la stessa democrazia: �A meno che non esista un�altra forza capace di toccare le motivazioni interiori all�azione, bisogna accettare l�idea della necessit� della religione�. E coglie nella dimensione del mistero il punto di congiunzione tra fede laica e fede religiosa: �Se fede laica vuol dire fede nell�uomo, mi domando se questa non sia altrettanto soggetta al dubbio quanto quella religiosa. Allora non resta che il senso, che pu� anche essere angoscioso, ma � l�ultimo termine cui giunge la nostra ragione, del mistero. Non � forse questo senso del mistero che unisce profondamente e indissolubilmente gli uomini della fede laica e quelli della fede religiosa?�

Queste affermazioni fanno eco alle parole Heschel sul mistero: �Il mistero non � il risultato di un bisogno: � un fatto. L�ondata di mistero non � un pensiero della nostra mente ma una presenza potentissima al di l� della mente�. �L�etica non basta pi� - afferma Claudio Napoleoni, un laico italiano recentemente scomparso - quando amare l�altro significa trovare in lui il segno del mistero o, se si vuole, del divino. Diversamente l�etica non � pi� nulla, si trasforma di volta in volta in politica o in diritto, perdendo la sua cifra caritativa�.

La globalizzazione ci interpella, si legge nel titolo di questa tavola rotonda. C�� da intendersi, perch� oggi tutto � globale: televisione, commercio, governo, comunicazione, e cos� via. Per certi versi non � un fenomeno cos� nuovo. E� vero che il canadese Marshall Mc Luhan ha parlato qualche decennio fa del mondo contemporaneo come un �villaggio globale�, ma Diodoro Siculo, uno scrittore del tempo di Cesare, parlava gi� di �un mondo divenuto come una sola citt��. E Plinio il Giovane, nel panegirico a Traiano, notava che il commercio, in quell�epoca felice, aveva ormai cos� largo campo che i prodotti nati in un luogo erano accessibili a tutti come se fossero nati presso tutti.

Si tratta quindi di capire il senso odierno di questo termine. Certo � un termine non del tutto innocente: per alcuni � sinonimo progresso, per altri il contrario. Jean Baudrillard, ad esempio, distingue tra globalizzazione e universalit�, riferendo la prima alla tecnica, al mercato, al turismo, all�informazione, e la seconda ai valori, alle libert�, ai diritti degli uomini, alla democrazia. E sostiene che la globalizzazione appare irreversibile, non cos� invece l�universalit�. Al di l� di tali interpretazioni, non c�� dubbio che ci troviamo di fronte a sfide epocali. Certamente il liberismo � tra esse, ma a mio avviso sono ancor pi� profonde quelle relative alle libert�, ai diritti dell�uomo, alla coscienza, all�ambiente, insomma alla centralit� o meno dell�uomo nella cultura contemporanea. C�� chi parla di post-umanit�, di una cultura in cui l�uomo � solo oggetto della tecnica e della sperimentazione; una fase ben diversa da quella dell�umanesimo ateo, per dirla con De Lubac, ove era la centralit� dell�uomo a scacciare Dio. Oggi, l�uomo a non sembra accupare pi� la centralit� della scena.

La �modernit��, con la quale la Chiesa ha ricercato l�incontro, � cambiata: l�ottimismo scientifico, la certezza del progresso, l�idea di una generale liberazione dell�umanit� attraverso le ideologie totalizzanti hanno prodotto un mondo dove i problemi non sono affatto risolti. Le grandi crisi politiche (pensiamo solo alla questione israelo-palestinese e a quella balcanica) mostrano una incredibile fragilit� del mondo. Insomma, il �moderno�, il �post-cristianesimo�, non appare essere il migliore dei mondi. Se poi si guarda al passato, anche solo al Novecento, chi pu� dirsi senza peccato? Quale istituzione, religiosa o laica, pu� dirsi innocente?

Ai credenti e ai laici � chiesto un sussulto. Si potrebbe riprendere l�esortazione evangelica: �Duc in altum!�, �prendete il largo!� E� urgente inventare nuove �vie di senso�, interrogarsi sulle prospettive della salvezza, combattendo superstizioni e idolatrie, sincretismi ingannatori e fondamentalismi devastanti, praticare la vita interiore e difendere la pace. In forma sintetica, mi permetterei di dire che i credenti debbono essere pi� credenti, tornando alle radici della loro fede; e i laici debbono essere pi� laici, recuperando dalle radici della loro cultura la forza dell�utopia e del sogno sul mondo. Questo processo di approfondimento, questo ritorno alle proprie sorgenti spirituali � indispensabile per affrontare i nuovi scenari aperti dalla �globalizzazione�.

Le Chiese conoscono bene quanto sia facile tradire il Vangelo. Giovanni Paolo II, con sapiente intuizione, ha chiesto perdono per i tradimenti avvenuti nel corso della storia. Il senso era anche quello di rimettere la Chiesa sul nastro di partenza, perch� sapesse trarre dal Vangelo quella energia di misericordia e di fraternit� che non � stata ancora manifestata. Questo ritornare nel profondo della propria fede, che mette in questione la propria stessa esistenza, � ci� che per il credente significa la santit�, ossia essere pi� credenti. P.Men, un prete russo ucciso barbaramente nel �90, affermava che pur essendo passati duemila anni siamo ancora all�abc del Vangelo.

Per i laici non so bene cosa voglia dire scendere nel profondo della loro tradizione, o anche cosa possa significare, ad esempio, chiedere perdono. Ma anche loro debbono chiedersi come essere pi� laici. Riprendo quanto l�amico Jean Daniel si chiedeva qualche tempo addietro: come essere santi laici? Oppure, si pu� essere santi senza Dio? Era lo stesso interrogativo di Camus: �Si pu� essere santi senza Dio?� E lo scrittore aggiungeva: �E� il solo problema concreto che oggi io conosca�.

Davanti al nuovo millennio, davanti alla globalizzazione, il dialogo laici-credenti deve ruotare attorno ad interrogativi come questi appenna accennati. Credo sia questa la via per prenderci sul serio tra noi e per evitare la banalizzazione e l�autoreferenzialit�. Per ambedue � facile restare chiusi nei propri recinti, religiosi o laici. Al contrario, bisogna praticare quella che Paul Ricoeur chiamava la �ospitalit� delle convinzioni�. Ne guadagneremo tutti. Se si scende al fondo delle proprie fedi, o delle proprie convinzioni, � pi� facile incontrarsi. Ed � qui che si coglie quell�energia che muove i santi e gli spiriti alti. Il vescovo Pietro Rossano, nell�incontro di Varsavia, diceva: �Riteniamo di poter affermare che la santit� salver� il mondo. Perch� soltanto essa � capace di muovere liberamente gli uomini a servire Dio e i fratelli�. Laici e credenti debbono avere un sussulto spirituale, e si ritroveranno di fronte alle antiche e ingenue domande di sempre: possiamo sperare di costruire un mondo senza violenza, senza miseria, senza egoismo? Ma questa volta non soli, bens� assieme e con nuova energia.

E� la �via amoris�, la via dell�amore, della solidariet� e dell�uguaglianza. Il Vangelo richiama i credenti a globalizzare l�amore. E� una via che non passa lontano, ad esempio, dalla difesa dei Diritti dell�uomo, che Jean Daniel ha immaginato come una sorta di religione dei non credenti. Questa frontiera, se accostata ai dieci comandamenti e al discorso della montagna, si lega non poco alla rivelazione ebraico-cristiana. Ci troveremo assieme e pi� forti per affrontare le sfide della globalizzazione. Cari amici, il mondo non � in crisi perch� siamo in profondo disaccordo, ma forse perch� siamo debolmente d�accordo.