Comunità di Sant

Le Frontiere del Dialogo:
religioni e civilt� nel nuovo secolo

Meeting Internazionale Uomini e Religioni - Barcellona 2-4 settembre 2001


 Luned� 3 Settembre 2001
Palau de la Generalitat, Auditori
Stili di vita ecocompatibili e salvezza del pianeta

Serge Latouche
Universit� di Parigi, Francia

   


Viviamo in una civilt� del rischio. Ogni giorno la lettura del giornale ci porta il suo carico di notizie riguardanti fatti o incidenti tecnologici pi� o meno gravi, alcuni strani, come il baco del millennio, altri drammatici, come l'esplosione del quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl nell'aprile 1986. La lista � infinita e cresce senza sosta. Un giorno si tratta dei polli belgi alla diossina, il giorno dopo del pollame intossicato a Hong Kong, poi le farine contaminate e la febbre suina. Seguono il problema degli OGM, quello dei pesticidi cancerogeni,, dei concimi che inquinano le falde freatiche, ecc. ecc. Al di sopra di tutto, scende l'ombra maestosa della mucca pazza, su uno sfondo di riciclaggio fraudolento. Il pericolo si avvicina, lo scorgiamo ormai in fondo al piatto!

Certamente il rischio tecnologico non � una novit�. Inventando la nave, l'uomo ha inventato il naufragio; inventando il fuoco, l'uomo si � assunto la responsabilit� di provocare incendi mortali. Tuttavia, i pericoli attuali non sono incidenti puri e semplici. Sono il risultato di azioni condotte in nome dello sviluppo economico e la conseguenza della logica dell'economia mondiale. Il possibile naufragio del pianeta non � il prezzo dell'ingegnosit� umana, ma di un'impresa che sfida qualsiasi prudenza. Ma il comportamento razionale dell'uomo moderno alla ricerca del massimo profitto, che manipola la natura senza limiti, per il maggior benessere di tutti e di ciascuno, secondo il programma utilitarista, � davvero ragionevole? Il nostro istinto, formato dalla tradizione greca, ci avverte che, a dispetto del fascino per l'avventura prometeica della modernit�, � stata sorpassata una linea bianca. La razionalit� tecnico-economica, messa in orbita dall'Occidente, ci trascina alla conquista del cosmo, dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande. Ci si ubriaca del controllo e della manipolazione del gigantesco "meccano" della creazione. Dopo essersi allontanato dalle sponde, che sembravano accessibili, della "retta via" per l'orizzonte sempre sfuggente del maggior benessere degli utilitaristi, l'uomo ha preso posto a bordo di un bolide senza pilota, senza freno, senza retromarcia, in rotta verso un futuro sempre accelerato. Piuttosto che stabilire un obiettivo, certamente modesto, ma a sua misura, si � imbarcato per il mare aperto. Allora non c'� altro obiettivo che la fuga in avanti, la corsa in se stessa. Alla fine, manipolando se stesso per affrontare questa sfida insensata, diventando "ciber" o mutante, compromette la propria identit� di uomo per abbandonarsi a un destino tecnologico che � il nome del grande salto nell'ignoto. Il controllo totale si trasforma allora nel suo contrario. Il grande manipolatore finisce per essere nient'altro che un robot manipolato. In virt� del principio di precauzione, tanto di moda in questi tempi di grandi rischi tecnologici, non sarebbe forse saggio ritrovare la saggezza, ragionevole ritornare a ci� che � ragionevole, non sarebbe forse prudente riavvicinarsi alla prudenza? Non sarebbe pi� indicato dare il benservito a quell'altro figlio della ragione che � la razionalit� tecnico-scientifico-economica, dal momento che � divenuta la fantasia?

L'anti-utilitarismo, attaccandosi alle radici dell'economia moderna e dell'economicismo, non pu� che incontrare la preoccupazione ecologista del rispetto dell'ambiente. L'eliminazione della dismisura istituita dal reinserimento dell'economia nel sociale, cio� il ritorno ad un certo incanto del mondo, non pu� che entrare in risonanza con una certa ecologia.

Tuttavia, la nostra riscoperta del politico come base del commercio sociale ci preserva dal cadere tanto nella gestione razionale della natura e dell'ambiente, quanto nel beato rispetto del mitico mondo selvaggio. Nella produzione e nella soddisfazione dei nostri bisogni materiali, secondo la vulgata economica (e utilitarista), il maggior benessere per un maggior numero sarebbe una conseguenza della concorrenza e dell'emulazione tra gli individui che cercano di massimizzare i loro interessi. Ci sarebbe un'armonia naturale di questi interessi, come se una mano invisibile avesse creato un ordine provvidenziale. Questa mano invisibile permetterebbe di eliminare i conflitti e gli antagonismi d'interessi tra i padroni e gli operai cos� come tra il Nord e il Sud. Anche se fosse davvero cos�, questa mano invisibile permetterebbe anche di eliminare i conflitti d'interesse tra uomo e natura?

Si capisce che a voler tirare troppo la corda, i liberisti minano le basi stesse del loro dogma. L'integrismo della religione del mercato urta contro un ostacolo tanto pi� difficile da negare perch� i fatti sono ostinati e ritornano nel nostro vissuto sotto forma di mucche pazze, di cambiamenti climatici e altri inquinamenti quotidiani. L'impostura economica deve dunque essere denunciata tanto nelle sue conseguenze pratiche sull'ambiente quanto nelle sue impasse teoriche.

I. L'eliminazione pratica dell'ambiente

L'ambiente, essenzialmente, si situa al di fuori della sfera degli scambi mercantili. Nessun meccanismo, quindi, si oppone naturalmente alla sua distruzione. La concorrenza e il mercato che ci fornirebbero il nostro sostentamento alle migliori condizioni hanno effetti disastrosi sulla biosfera. Jean Baptiste Lamarck (il famoso naturalista del XVIII� secolo) notava gi�: "L'uomo, con il suo egoismo troppo poco preveggente per i suoi stessi interessi, con la sua tendenza a godere di tutto ci� che � a sua disposizione, in una parola, con la sua noncuranza per l'avvenire e per i suoi simili, sembra lavorare per l'annientamento dei suoi mezzi di conservazione e per la distruzione stessa della propria specie." Non c'� niente che limiti il saccheggio delle ricchezze naturali, la cui gratuit� permette di abbassare i costi. L'ordine naturale non ha salvato il dodo delle isole Mauritius, le balene azzurre, n� gli abitanti della Terra del Fuoco. Soltanto l'incredibile fecondit� naturale dei merluzzi rischia di preservarli dalla sorte delle balene! E questo se le maree nere non si mettono di mezzo�

Il saccheggio dei fondi marini e delle risorse ittiche sembra irreversibile. Lo spreco di minerali prosegue in maniera irresponsabile. I singoli cercatori d'oro, come i garimpeiros dell'Amazzonia o le grandi societ� australiane in Nuova Guinea, non indietreggiano davanti a nulla per procurarsi l'oggetto della loro avidit�. Ora, nel nostro sistema, ogni capitalista, e anche ciascun homo oeconomicus, � una specie di cercatore d'oro. Questo sfruttamento della natura non � n� meno violento n� pericoloso quando si tratta di rifilare la nostra spazzatura e i nostri rifiuti a questa stessa natura-bidone. In via incidentale, notiamo che in Francia un terzo dei trasporti su strada, che sono gi� un incubo di per s� e una fonte di molteplici inquinamenti, � consacrato al trasporto dei rifiuti. La crisi ecologica � stata veramente generata dalla crescita economica e la ricerca dello sviluppo costituisce una minaccia per la natura e per i suoi caratteri.

Conosciamo i drammi dell'Amazzonia: incendi selvaggi, deforestazione selvaggia, esplorazioni minerarie selvagge, valorizzazione selvaggia, con la conseguenza dello sterminio degli indios, la sparizione di specie animali e vegetali, immensi danni causati agli ecosistemi. Centinaia di specie animali e vegetali scompaiono ogni anno sotto i nostri occhi mentre sei milioni di ettari di foresta amazzonica vanno in fumo per permettere ai grandi fazendeiros di allevare pi� animali, e ai piccoli di sopravvivere. A livello planetario, ogni anno spariscono tra i 12 e i 17 milioni di ettari del polmone della terra, ossia l'equivalente dell'1% del pianeta o di un terzo della Francia.

Accanto ai disastri avvenuti e irreparabili, ci sono i pericoli che ci aspettano direttamente, gli inquinamenti globali come l'effetto serra, la morte degli oceani, la radioattivit�, la coppia infernale inondazioni-siccit�, senza parlare delle biotecnologie e della ricerca genetica. Se si osserva qualche rallentamento in alcune evoluzioni, come quella del buco nello strato d'ozono, per effetto degli accordi internazionali (il protocollo di Montr�al del 1987 sui clorofuorocarburi), essi stessi frutto della crescente sensibilizzazione dell'opinione pubblica, il necessario cambiamento di rotta non � per ora all'ordine del giorno, ma � ancora lontano. I fallimenti a ripetizione della messa in opera della convenzione sul cambiamento climatico lo dimostrano bene. L'attuale mondializzazione sta completando l'opera di distruzione dell'oikos planetario. Sar� forse perch� la concorrenza esacerbata spinge i paesi del Nord a manipolare la natura in maniera incontrollata e i paesi del Sud a esaurire le risorse non rinnovabili.

Con lo smantellamento delle regolamentazioni nazionali, non c'� pi� un limite inferiore all'abbassamento dei costi e al suicida circolo vizioso. E' un vero e proprio gioco al massacro tra gli uomini e i popoli e a detrimento della natura. A gioirne sono anche dei premi Nobel. Cos�, l'impagabile Gary Becker dichiara: "Il diritto al lavoro e la protezione dell'ambiente sono diventati eccessivi nella maggior parte dei paesi sviluppati. Il libero scambio reprimer� alcuni di questi eccessi obbligando ciascuno a restare concorrenziale". Si comprendono cos� tutte le reticenze dei governi europei a controllare i pirati dei mari responsabili delle ricorrenti maree nere e il rifiuto del presidente Bush di ratificare il protocollo di Kyoto. In agricoltura, l'uso intensivo di concimi chimici, di pesticidi, l'irrigazione sistematica, il ricorso agli organismi geneticamente modificati hanno come conseguenza la distruzione dei suoli, il disseccamento e l'avvelenamento delle falde freatiche, la desertificazione, la diffusione di parassiti indesiderabili, il rischio di danni microbici. Senza parlare del fatto che la selezione delle specie pi� redditizie comporta un'inquietante riduzione delle fonti di alimentazione umana. In Francia, tre razze bovine costituiscono il 98% del patrimonio, una sola variet� di mela, la golden, rappresenta il 75% dell'offerta. "Una certezza, dunque, conclude Ren� Passet: la malattia dell'uomo pazzo si trasmette alla mucca". I paesi del Sud, presi nella morsa. del debito non hanno altra scelta che aumentare ancor pi� lo sfruttamento delle risorse naturali e dei suoli a detrimento dell'ambiente. Si tratta di comprimere tanto pi� i costi, a dispetto della ricostituzione o della preservazione degli equilibri naturali pi� elementari, quanto maggiormente l'accrescimento delle esportazioni deprime i prezzi e riduce le entrate.

Tutti i paesi senza dubbio sono presi in questa spirale infernale e suicida, ma, nel caso del Sud, essendo in gioco la sopravvivenza biologica immediata, la riproduzione degli ecosistemi � totalmente sacrificata. Per esportare alberi, la foresta tropicale scompare a grandi passi (Camerun, Indonesia, Papua Nuova Guinea), con conseguenze collegate un'erosione accelerata dei suoli (come in Nepal) e l'aggravamento delle inondazioni (come quelle del Mekong). Lungo le coste africane, le navi-officina e i pescherecci ex-sovietici, spagnoli, bretoni, giapponesi, rovinano i sistemi locali di pesca con la piroga e contribuiscono cos� a breve termine ad affamare l'Africa e a lungo termine a distruggere il suo ecosistema Non si dice abbastanza che eliminando il saccheggio dei fondali marini sulle coste dell'Africa, assicurando la sopravvivenza dei pescatori tradizionali e l'approvvigionamento di pesce, si farebbe di pi� per aiutarla che con tutto l'aiuto alimentare.

Gli affari non si preoccupano dell'ambiente, se non per sfruttare le nicchie redditizie create da legislazioni protezionistiche che la pressione dell'opinione pubblica riesce talvolta ad imporre. Gli industriali dell'ecologia, di cui Bouyghes con la SAUR o Vivendi sono dei buoni rappresentanti, non mancano di sottolineare in ogni occasione la fondamentale compatibilit� degli interessi ben compresi tra ambiente e affari.

Legittimata dalla teoria economica, la mondializzazione realizza nei fatti la pi� superba ignoranza della natura, se non per sfruttarla senza limiti.

II L�impossibile presa in considerazione teorica.

La scienza economica ha sostenuto molto ampiamente i danni provocati dalla vita economica. Incosciente ieri, ha eliminato progressivamente ma radicalmente la natura, accordandosi alla fede della modernit� nel destino dell�uomo di divenirne �il padrone e dominatore�, e convinta che essa fosse inesauribile. Forzata oggi a vederne i limiti, si rivela impotente a integrarla pienamente nel suo modo di ragionare. La fede nel progresso e nella tecnologia ha sostenuto il culto dello sviluppo negli anni �60. Gli economisti sono stati i sommi sacerdoti di questa nuova religione che ha accompagnato l�espansione economica senza precedenti dell�Occidente. Malgrado la comparsa di alcune eresie, il dogma resta sempre trionfante, se non trionfalista. Il potere di autorigenerazione della natura � stato occultato, disprezzato, distrutto a vantaggio di quello del capitale e della tecnica. La natura � stata ridotta a un serbatoio di materia inerte e a una pattumiera. La scienza economica e i suoi profeti restano nell�insieme i cantori della mondializzazione dei mercati, che aggrava ancor di pi� gli effetti deleteri dell�economia sull�ambiente. La natura � al di fuori dell�economia. Adottando il modello della meccanica classica newtoniana, l�economia esclude l�irreversibilit� del tempo. I modelli economici si svolgono in un tempo meccanico e reversibile. Ignorano l�entropia, cio� la non reversibilit� delle trasformazioni dell�energia e della materia. Essendo scomparso qualsiasi riferimento a un substrato biofisico qualunque, la produzione economica quale � concepita dalla maggioranza dei teorici neoclassici, non sembra confrontarsi con nessun limite ecologico. La conseguenza che ne deriva � uno spreco incosciente delle risorse rare disponibili, e un sotto utilizzo del flusso di energia solare abbondante. Come osserva Nicholas Georgescu Roegen, i rifiuti e l�inquinamento, bench� prodotti dall�attivit� economica, non rientrano nelle funzioni di produzione standard. Cos�, niente si oppone pi� alla realizzazione da parte della tecnica e dell�economia del programma della modernit� di possesso e sfruttamento totale dell�universo. Certo, la pressione ecologica ha obbligato gli economisti a un aggiornamento della loro disciplina, e a includere l�impatto ambientale nei loro modelli. L�economia ecologica pretende cos� di tenere in conto la natura. Solo che l�economia ecologica � lontana dal rimettere in questione la logica commerciale che � la vera fonte della negazione della natura. Il debito nei ocnfronti della natura e la sconcertante e misteriosa solidariet� delle specie, in particolare, sono ridotti a dispositivi tecnici che permettono la trasformazione dell�ambiente in quasi-merci. Ne risulta che questa economia ecologica � ampiamente mistificatrice, e lo sviluppo durevole che ne deriva � un�impostura. Come si suppone che un�unica logica governi la totalit� del reale, si crede, o si fa finta di credere che i meccanismi del mercato siano capaci di risolvere i problemi dei danni all�ambiente. Gli economisti partigiani del �tutto � mercato� quasi deplorano l�esistenza delle risorse naturali, e di beni comuni. La tendenza dominante nell�economia standard a considerare il capitale naturale come totalmente o almeno largamente sostituibile sfocia nello scaricare, de facto, il problema. L�inchiesta condotta da Carla Ravaioli presso i trentacinque maggiori economisti del pianeta, rivela la straordinaria cecit� della professione. L�esperto ignora l�ambiente e non se ne sente responsabile! Per Wilfrid Beckerman, economista avversario risoluto dell�ecologia, �il problema dell�inquinamento dell�ambiente � una semplice questione di correzione di un lieve difetto di allocazione di risorse per mezzo di canoni di inquinamento� �Il sistema dei prezzi e il progresso tecnico � assicurano gli economisti, devono cos� permettere degli avvicendamenti tra le risorse e la continuazione della crescita economica in un universo fisico tuttavia limitato�. Solo che la credenza nell�inesauribilit� delle risorse naturali su cui riposava il modello industriale di sviluppo sostenuto dagli economisti � crollata, mentre i sotto prodotti deleteri dell�attivit� economica minacciano la sopravvivenza stessa della nostra specie. Qualunque sia l�arbitrio delle valutazioni fatte nelle contabilit� ecologiche, non si pu� pi� ignorare che il massacro della natura limita seriamente i benefici dello sviluppo. In assenza di valutazione, si arriva a delle assurdit�. Come osserva Robert Repetto, �un paese potrebbe esaurire le sue risorse minerali, tagliare le sue foreste, erodere i suoi suoli, inquinare le sue falde freatiche, condurre la sua fauna selvaggia all�estinzione, senza che la scomparsa di questo capitale intacchi il suo reddito�. E� a grandi linee il caso dell�Indonesia la cui crescita annua del PIL tra il 1971 e il 1984 dovrebbe essere ridimensionata dal 7 al 4% se si tenesse conto della pi� visibile perdita del capitale naturale. Il tener conto delle esternalit� negative da parte degli economisti � una buona cosa, ma il concetto stesso indica bene che si tratta di nocumenti che sono normalmente ignorati dalla logica commerciale. La messa in opera delle riparazioni non consegue dal gioco normale delle forze economiche, occorre un intervento esterno, cio� il pi� delle volte dello Stato. In questi tempi di mondializzazione liberale, sotto l�impero del pensiero unico, i grandi di questo mondo vi sono poco favorevoli. Infine, per la maggioranza degli economisti, non essendo la natura strutturata in conformit� alle leggi del mercato, pu� e deve essere saccheggiata e distrutta per essere eventualmente riscostruita e fabbricata dall�uomo conformemente a queste leggi. Allora, l�offerta di �natura� artificiale (acqua sintetica, aria in bottiglia, semi transgenici, specie animali geneticamente modificate e alimentate in fabbrica, ecc.) sar� pagata al suo giusto prezzo e generer� profitti legittimi per i suoi produttori, e non pi� redditi abusivi per indigeni oziosi che ne erano i guardiani di fatto. Jean-Baptiste Say l�aveva gi� detto: �Le sole specie animali che sopravviveranno saranno quelle che l�industria moltiplicher�.� Gi� ora a Manhattan, nei chiassosi bar in cui vociferano i juke-box, si pu� comprare il silenzio per un dollaro, in cambio di una cassetta vergine di tre minuti. Nei crocicchi inquinati dei pi� grandi viali di Mexico, si baratta l�aria nelle maschere ad ossigeno con qualche monetina. Questo acquisto del silenzio e dell�aria, oltre all�acqua in bottiglia, la vendita di organi e l�utero in affitto illustrano la trasformazione del pianeta in un vasto supermercato. Afferrata dall�economia, la crisi dell�ambiente giunge cos� a rafforzare il produttivismo della societ� tecnicista. Quando si razionalizza l�ecologia, � necessariamente l�economia che impone la sua legge.

>

Conclusione

Di fronte alla corruzione commerciale e tecnica del politico, � pi� che mai necessario restaurare la riflessione democratica a tutti i livelli, dal locale al globale e ritornare ad una forma rinnovata della ragione ragionevole, cio� ritrovare il senso del limite. In altre parole, diventa urgente che gli uomini, ridivenuti cittadini, riprendano in mano la questione della loro sopravvivenza, dal momento che questa � sempre pi� minacciata dal gioco di meccanismi pseudo-razionali garantiti da argomenti pseudo-scientifici. L�autolimitazione necessaria non baster�, ci vorrebbe una vera rivoluzione culturale.