Comunità di Sant

Le Frontiere del Dialogo:
religioni e civilt� nel nuovo secolo

Meeting Internazionale Uomini e Religioni - Barcellona 2-4 settembre 2001


 Luned� 3 Settembre 2001
Gran Teatre del Liceu, Sal� dels Miralls
Islam e Cristianesimo, il dialogo continua

Paul Youssef Matar
Arcivescovo di Beirut dei Maroniti, Libano

   


Circa 40 anni fa una viva presa di coscienza fece comprendere che il genere umano si muove di giorno in giorno pi� rapidamente verso l�unit�, poich� i progressi tecnici e scientifici rendono le comunicazioni pi� facili tra gli uomini, i popoli, le culture. Dal suo punto di vista la Chiesa cattolica esamina il proprio compito, il ruolo di legame e riconciliazione che essa deve assumersi nella promozione di questa unit� e ha dovuto interrogarsi per la prima volta nella sua storia, nel Concilio Vaticano II, sui valori spirituali, morali e culturali delle altre religioni, chiamate ad entrare in questa prospettiva di mondializzazione, ma anche memori di essere tutte minacciate dall�invasione di un ateismo militante.

Nella sua prima enciclica (Ecclesiam Suam), Paolo VI invitava tutti i credenti non cristiani al dialogo e ripeteva questo appello nei suoi viaggi a Bombay e negli incontri personali con i capi spirituali dell�India.

Giovanni Paolo II riprende a sua volta questo messaggio che amplia, arricchisce e diffonde di persona nei quattro angoli della terra. Nei suoi peripli l�accompagna una attenzione vigilante e acuta per la Terra Santa, per le lacerazioni dei Figli di Abramo e per le sofferenze che essi vivono da mezzo secolo ad oggi. La storia sar� debitrice a Giovanni Paolo II del fatto di aver preso in pugno, accelerato, con energia inaspettata, il progresso del tempo verso il futuro della riconciliazione universale dove portano le sue aspirazioni evangeliche. L�incontro interreligioso che ha organizzato ad Assisi sara� il segno di una anticipazione profetica di questo progetto. I musulmani vi hanno partecipato con entusiasmo. Essi non dimenticheranno i suoi gesti di accoglienza, di sostegno, i suoi consigli, la sua presenza nei loro paesi arabi: in Maghreb, Egitto, Palestina, Libano e il suo ingresso nella moschea dei Omayyadi in Siria.

Questi interventi generosi e puri avranno senza dubbio fatto progredire il dialogo e migliorare le relazioni Islamo-cristiane in questo senso e nello spirito ecumenico. Ma ostacoli politico-religiosi continuano ad emergere. La loro gravit� varia a seconda del paese, dal Sudan all�Indonesia, ... arrivando persino all�uso delle armi. Cos� vengono ricordati e rinnovati gli odiosi conflitti che sono durati pi� di un millennio tra musulmani e cristiani. Il rapporto islamo-cristiano ne era uscito compromesso in Africa, in Medio oriente, in Asia. Tutti gli spazi comuni sono stati modificati. Se la sede di Roma � rimasta storicamente in terra cristiana, la seconda Roma, Costantinopoli, citt� del trionfo cristiano, ha avuto un� altra sorte nel 1453. Le tre altre sedi apostoliche, Gerusalemme, Antiochia, Alessandria vennero prese fin dalle prime invasioni islamiche.

Il quadro tracciato dei tempi passati e� troppo nero.

Sarebbe ingiusto non notare in questo quadro i legami pacifici, di tolleranza e i momenti luminosi: Damasco. Bagdad, Cordova, Salerno, ....

Non sono che alcuni resti di un passato oscuro che giustamente si invoca per darsi coraggio e fiducia e sperare una possibile riconciliazione interreligiosa, in particolare Islamo-cristiana, che contribuisca a promuovere l�unit� del mondo moderno e a proteggerlo dal militarismo ateo e dissacrante.

La Chiesa � pronta e attiva. L�Islam pure, nel suo complesso. Lo si vede dai fatti: dalle reti di amicizia, dagli incontri ufficiali di capi religiosi, dalle riviste d�informazione specializzate, dai colloqui che si moltiplicano tra Cristiani e Musulmani.

Il bilancio che si puo� ricavare fino ad ora � ancora modesto, sotto l�aspetto teologico. Non ci si deve stupire che la tradizione religiosa non sia in alcun modo negoziabile da una parte e dall�altra. (Notiamo che la porta che conduce a quello che la Chiesa chiama l�evoluzione teologica � nell�Islam di difficile accesso sin dal X secolo).

Il dialogo sul piano teologico sembra quindi praticamente stazionario, salvo qualche tentativo di intellettuali universitari franco-tiratori, o sotto la forma di monologhi che i partecipanti ascoltano con attenzione e rispetto � a meno che un lapsus critico non susciti reazioni di rettifica.

Ma ci sono per fortuna ad altri livelli dei progressi reali positivi e sono numerosi, quando gli scambi riguardano valori religiosi comuni come la professione dell�unicit� divina, le Sacre Scritture, i profeti, ecc, oppure i rapporti umani, in particolare la dignit� dell�uomo, la giustizia, la tolleranza, l�accoglienza dell�altro.

Nella dichiarazione sui rapporti tra la chiesa e le religioni non cristiane (Nostra Aetate) il Concilio Vaticano II riprende, guardando con stima i musulmani, quello che li avvicina al cristianesimo. Non si fa alcun commento sulla rappresentazione che essi hanno di Dio, n� li si invita a dialogare su questo tema delicato della fede; la dichiarazione si mantiene ad un altro livello immediatamente pi� accessibile, esprimendosi in questi termini:

�Se nel corso dei secoli numerosi dissensi e inimicizie si sono manifestati tra cristiani e musulmani, il Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a sforzarsi sinceramente verso la comprensione reciproca come pure a proteggere e a promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libert��.

Questa esortazione discreta e densa � senza dubbio, nella situazione di oggi, la via pi� saggia da seguire; se applicata essa porterebbe a quel futuro di pace e di comprensione reciproca al quale il popolo dei credenti aspira dal profondo della propria anima e della propria coscienza.

E� gi� in questo clima di speranza che vive contro i venti e le maree la maggior parte degli abitanti misti dei paesi arabi, in particolare quelli del Libano, questo paese eccezionale che per natura, per il contributo culturale e per le sue confessioni forma un areopago per un dialogo permanente.

Centro di accoglienza aperto sul Mediterraneo del Sud e del Nord, sulle ricchezze spirituali e materiali dell�Europa, cittadella di rifugio dei transfughi, dei proscritti, di ospiti o invasori, il Libano costruisce una personalit� complessa, strana, a partire da questo cumulo di entit� culturali e confessionali che si articolano su due concezioni fondamentali e totalizzanti, quella cristiana e quella musulmana, con le loro molteplici varianti.

Questa densit� di differenze etniche e religiose ha destinato il Libano ad essere un campo di sperimentazione e un laboratorio di sintesi. L�avventura era fin dall�inizio tanto pericolosa quanto promettente; gli elementi presenti potevano in qualsiasi istante provocare le peggiori esplosioni o portare alle migliori sintesi.

La forza e la fierezza di questo paese sono quelle di avere mantenuto, a dispetto di tutte le prove subite, una solidariet� di base che i libanesi avevano fondato, fin dall�avvio dell�indipendenza nel 1943, su un�idea generosa, quella del Patto. Questa parola prestigiosa, che appartiene al vocabolario pi� sacro delle Scritture giudeo-islamo-cristiane, significa al tempo stesso contratto, fiducia e persino legame, laccio alle mani e ai piedi, quasi a saldarli l� uno all� altro. Musulmani e cristiani si sono cos� trovati trasportati, costretti da questa logica di patto a liberarsi da qualsiasi vincolo identitario che rinnegherebbe quello della loro libanesit� acquisita, della loro libert� e uguaglianza, mentre lo spirito e le porte si aprivano a ci� che di meglio vi � in Oriente ed Occidente.

A questo livello il dialogo Islamo-cristiano supera tutte le forme di scambio, di incontro, di dialogo o di colloquio, che esso integra in questo atto di volont� ferma e precisa: quello di vivere insieme liberi, uguali, aperti e democratici.

Questa � la singolarit� esemplare che fa l�orgoglio del Libano nella storia, questa � anche la ragione per cui il Santo Padre ha detto del Libano che era pi� di un paese, che era un messaggio di dialogo e di civilt� sia per l�Oriente che per l�Occidente. L�importanza dell�esperienza umana e culturale di questo paese lo rende influente, positivamente o negativamente, sull�avvenire del dialogo islamo-cristiano nel mondo intero e in particolare nei tre continenti, Asia, Europa, Africa all�incrocio dei quali esso si trova. Se noi potessimo vedere qui come la sorte stessa dell�umanit� e il suo sviluppo politico dipendano dal ravvicinamento spirituale e culturale tra musulmani e cristiani a partire dalla soglia di questo nuovo millennio! I credenti di entrambe le religioni costituiscono pi� o meno la met� dell�umanit�. Essi sono spesso chiamati in numerose regioni del mondo a costituire delle societ� comuni, a costruire insieme degli Stati o a promuovere su grande scala una collaborazione economica o sociale. Ma per riuscire a vincere queste grandi sfide, musulmani e cristiani devono conoscersi maggiormente, al di l� dei pregiudizi ereditati dal passato, devono purificare rispettivamente la loro memoria facendo assegnamento sull�educazione aperta delle nuove generazioni. Occorre in futuro consacrarsi al servizio dell�uomo in qualsiasi essere umano, chiunque egli sia e qualsiasi sia la sua appartenenza.

Musulmani e cristiani sono oggi invitati ad abbandonare definitivamente qualsiasi velleit� di ritorno alle guerre di espansione o all�idea di escludere altri dalla comunione umana o da ogni insieme consociativo. Non si chiede loro di rinunciare alla dimensione missionaria delle loro religioni, ma di accettare ciascuno la missionariet� dell�altro, cio� di provocare tra di loro una cooperazione universale, di servire i valori comuni che possono edificare una societ� internazionale solidale. Ne va del loro interesse comune, dell�interesse stesso dell�intero genere umano.

Possa questo colloquio essere il segno e il motore di una rinnovata speranza che il dialogo sostituisca qualsiasi altra forma di rapporto tra le culture e le religioni del mondo. Che noi, cristiani e musulmani, possiamo portare insieme le nostre responsabilit� nel riavvicinamento di tutti i nostri fedeli. Il futuro luminoso dell�umanit� passa dai nostri dialoghi continui, rafforzati e riusciti. E perch� non dirlo, i credenti facendo il bene non sono soli, il cielo li colma, ci colma, di ogni benedizione.