Comunità di Sant

Le Frontiere del Dialogo:
religioni e civilt� nel nuovo secolo

Meeting Internazionale Uomini e Religioni - Barcellona 2-4 settembre 2001


 Luned� 3 Settembre 2001
Gran Teatre del Liceu, Sal� dels Miralls
Islam e Cristianesimo, il dialogo continua

Teny Pirri-Simonian
Consiglio Ecumenico delle Chiese, Svizzera

   


Dimmi chi � il tuo vicino e ti dir� chi sei

Sono cresciuta con questo proverbio, ma sono arrivata a comprendere il suo reale valore solo dopo aver iniziato il mio lavoro nei corsi per adulti sulla vita nel pluralismo religioso e culturale. Esso raggiunge l'essenza del dialogo, che � l'anima delle relazioni tra le civilt�, o, pi� in particolare, tra le religioni.

Il dialogo richiede pi� di una persona. Esso chiama all'associazione, ad accettarsi gli uni gli altri come pari, facendo programmi e lavorando insieme.

Nel mondo di oggi il dialogo deve diventare uno stile di vita. I movimenti popolari, la rivoluzione nella tecnologia dell'informazione e l'economia globale hanno reso i paesi e le nazioni interdipendenti. Nessun uomo � un'isola, nessun paese � un'isola, nessuna comunit� � un'isola. Nessuna comunit� in un paese, sia essa ospite o ospitante, pu� vivere chiusa in se stessa, alla ricerca di identit�, autorit� e legittimazione attraverso se stessa.

Come processo, il dialogo richiama memorie, memorie di discorsi e memorie di esperienze che hanno suscitato emozioni. Il dialogo, dunque, richiede il potere sanante delle memorie, della sensibilit� a comprendere ci� in cui crede l'altro e del rispetto delle differenze. Questa � la base sulla quale ho sviluppato i miei pensieri ed il lavoro di educatore alle relazioni cristiano - musulmane, e che vorrei condividere con voi oggi.

Le relazioni cristiano - musulmane sono tornate indietro di molto nel Medio Oriente, in Europa e altrove. Naturalmente la storia di queste relazioni comprende una serie di conquiste, ma sono altres� caratterizzate da colloquio e cooperazione.

Nei primi secoli di civilt� islamica, gli scienziati ed i filosofi islamici e cristiani hanno riflettuto insieme su questioni di interesse comune. Fra parentesi, giacch� oggi ci incontriamo qui, non possiamo ignorare i contributi del filosofo spagnolo musulmano, Abu'I-Walid Ibn Rush (Averro�), al pensiero latino del XII secolo. Questa riflessione comune continua oggi. In questo contesto vorrei solo accennare i contributi forniti dagli studiosi arabi cristiani all'inizio del XX secolo al nazionalismo arabo nel Medio Oriente, e la sostanza del pensiero sviluppato dai pensatori riformisti occidentali e musulmani su modernizzazione, sviluppo e laicismo. Questi studiosi non hanno discusso esplicitamente la religione, ma hanno condiviso idee riguardanti temi come la rivelazione e la ragione. Sebbene essi abbiano fatto riferimento ciascuno agli scritti dell'altro e abbiano imparato gli uni dagli altri, comunque non si sono impegnati attivamente nel dialogo.

Come cristiani, possiamo rintracciare la decisione cosciente, seppure ancora timida, di iniziare un dialogo con i musulmani nelle iniziative prese dal Vaticano II e dal Consiglio Mondiale delle Chiese (WCC): la decisione del Vaticano II nel 1963 di rispettare i musulmani e i popoli di altre fedi e le conseguenti attivit� organizzate all'interno della Chiesa Cattolica Romana; le decisioni del WCC (Consiglio Mondiale delle Chiese), prima a Broumana, Libano nel 1966, di impegnare i musulmani nel dialogo, poi, nel 1971 di dare luogo al Dipartimento del Dialogo con le altre fedi ed ideologie esistenti e, infine, nel 1979 di tracciare le linee guida per questo dialogo. Fino allora, i due organismi cristiani avevano organizzato incontri regolari per dialogare su questioni che sfidavano entrambe le religioni e che fornivano spiegazioni sul dogma e la legge religiosa. Nonostante i loro numerosi incontri, le raccomandazioni fatte e i progetti persino iniziati o sponsorizzati, essi non hanno evitato i conflitti. Le forze che conducono al conflitto in situazioni specifiche rimangono pi� forti della conoscenza promossa attraverso il dialogo. Uno dei problemi basilari qui � la mancanza di coinvolgimento dei movimenti popolari o delle masse non organizzate della popolazione nel processo di dialogo.

Mentre � data importanza al ruolo dell'educazione nei colloqui cristiano - musulmani, questo ruolo � definito con troppa difficolt�. Non � sufficiente istruire i futuri capi religiosi, insegnanti di educazione religiosa, a ripassare i testi di religione e a seguire i media. Certo, queste sono componenti importanti del dialogo; e ci aiutano a raggiungere la tolleranza, la riconciliazione e ad accettare l'altro o l'altra cos� come �. Questo difficile obiettivo ignora per� la grande massa di persone (in particolare coloro i quali non sono sensibili alle differenze religiose e culturali) e pu� condurre le parti in conflitto ad abusare della religione per i propri interessi. Un rapido sguardo ai conflitti inter-religiosi nello scorso decennio parla da solo.

Per quanto riguarda le relazioni cristiano - musulmane, ed altre situazioni inter-religiose e interculturali, potremmo ora concentrarci e lavorare con le persone per accertarci che si siano appropriate dei risultati dei dialoghi sponsorizzati. Essere in dialogo significa non essere settari. Essere in dialogo significa capire l'altro. Questo � il messaggio basilare che potrebbe stillare dagli incontri formali alla gente. Seguendo la profonda pedagogia dell'educatore di adulti brasiliano, Paolo Freire, potremmo cercare di far riflettere ed agire la gente secondo la realt� da trasformare attraverso l'istruzione dialogica e che propone problemi.

Questo approccio � rivoluzionario poich� sfida le nozioni esclusiviste di identit� e solleva la questione delle fonti legittime dell'autorit�. Questo approccio � implicito nel Cristianesimo e nell'Islam, i quali entrambi sostengono la solidariet� della comunit�, l'amore e la tolleranza tra vicini.

Qualcuno potrebbe trovare difficile tale approccio. Gli uomini e le donne, per�, non vivono isolati; essi interagiscono costantemente. Attraverso la costruzione dell'istruzione e della consapevolezza, essi potrebbero arrivare a vedere la propria realt� non appena ammettessero i propri pregiudizi sui propri vicini (pregiudizi che potrebbero nascere da segni e simboli o dall'uso del linguaggio e dei codici di abbigliamento), e diventerebbero sensibili ai credo religiosi di ciascun altro e alle particolarit� culturali. Questo processo educativo fornirebbe loro inoltre la capacit� e gli strumenti con i quali costruire associazioni.

Per concludere, vorrei descrivervi un programma di studi che ho scritto con il Dr. Reinhild Traitler, direttore del programma dell'Accademia Protestante a Zurigo Boldern. Il programma di studi � il frutto dei nostri rispettivi lavori educativi (Boldern e il WCC, Consiglio Mondiale delle Chiese) e del nostro lavoro comune attivando gruppi di studio in diversi incontri di donne. Il programma di studi � stato esaminato sotto la protezione del Progetto Europeo per l'Insegnamento Inter-religioso. In sostanza, � un corso per addestrare gli istruttori a determinare un impatto sulle associazioni, organizzazioni di carit� e organizzazioni governative e non governative lavorando al livello della societ� locale. Il programma di studi include cinque moduli. Ciascun modulo ha luogo in un'istituzione in un paese nel quale i temi del corso e i problemi correlati sono ancora rilevanti. Ad esempio, il tema "Storia e Memorie" si terr� a Barcellona in cooperazione con il Centro Interreligioso di Barcellona, il Dipartimento Comunale di Assistenza agli Individui e Gruppi Religiosi e l'Universit� di Barcellona.

Noi speriamo che questo metodo educativo possa essere il completamento del colloquio secolare tra musulmani e cristiani e del dialogo decennale tra cristiani ed istituzioni islamiche. Noi speriamo inoltre che possa creare un mondo in cui le persone semplici abbiano lo spazio di raccontare le proprie storie gli uni agli altri. Cos�, esse potrebbero riconoscere i propri vicini come esseri umani, non differenti da s� e che questi, perci�, meritano rispetto. Noi speriamo che questo offra loro l'opportunit� di scoprire il valore dell'associazione e di difendere la risoluzione del conflitto, la trasformazione e, quindi, un nuovo modo di vivere insieme.

Infine, in tutta umilt� potremmo ammettere che anche sbagliare fa parte dell'educazione al dialogo. L'educazione al vivere inter-religioso ed interculturale potrebbe anche prevedere uno spazio per gli errori.