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Religioni e culture
tra conflitto e dialogo

Incontro Internazionale
Uomini e Religioni
Palermo 1-3 settembre 2002

Comunit� di Sant'Egidio

Arcidiocesi di Palermo

   

Marted� 3 Settembre 2002 - Cinema ABC, Piazza Politeama
Il Concilio Vaticano II: quale dialogo con gli altri

Lluis Martinez Sistach
Arcivescovo cattolico, Spagna
  



1.- Importanza ed attualit� del Concilio Vaticano II


Nel prossimo mese di ottobre ricorrer� il quarantesimo anniversario della celebrazione del Concilio Vaticano II. Credo che sia una coincidenza tutta speciale il fatto che i responsabili della Comunit� di S. Egidio, organizzatori di questo Incontro Internazionale per la Pace, dedichino una tavola rotonda a questo grande avvenimento ecclesiale con l'obiettivo specifico del dialogo, cosa che fu una delle caratteristiche di quel Sinodo ecumenico.

Siamo tutti consapevoli dell'importanza capitale che ha rivestito l'iniziativa di Papa Giovanni XXIII di convocare un Concilio Ecumenico. Esso ha significato moltissimo per la Chiesa e per il nostro mondo contemporaneo. Il messaggio finale del Sinodo straordinario dei Vescovi del 1985, lo afferma con chiarezza: "Abbiamo condiviso unanimemente, in azione di grazia, la convinzione che il Concilio Vaticano II � un dono di Dio alla Chiesa e al mondo. In piena adesione al Concilio, noi scorgiamo in esso una fonte offerta dallo Spirito Santo alla Chiesa per oggi e per domani." .

Il Concilio non � storia passata. � vivo ed ha ancora futuro davanti a s�. La ricchezza dei documenti conciliari aiuta a dare risposta alle nuove sfide che oggi il mondo presenta. E sono convinto che la Chiesa di oggi trova nel Concilio quella luce e quella forza che Cristo ha promesso ai suoi in ogni epoca della storia.

Per ci� che riguarda il dialogo con i poveri, gode di grande attualit� la "Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo" (Gaudium et Spes), che, nonostante i segni del nostro tempo siano in parte diversi da quelli che c'erano al tempo del Concilio, ci obbliga - secondo lo stesso spirito pastorale conciliare - ad una riflessione teologica nuova e pi� approfondita, che interpreti gli attuali segni dei tempi alla luce del Vangelo .

A quattro lustri dall'inizio del Concilio si sente ancora il bisogno di una sua pi� profonda accoglienza. E questa accoglienza esige quattro passi successivi: conoscere il Concilio pi� ampiamente e pi� in profondit�, assimilarlo interiormente, affermarlo con amore e portarlo alla vita .


2.- Il dialogo con il mondo, fine e caratteristica del Concilio


Nei Messaggi del Concilio all'umanit� del 28 ottobre 1965, i vescovi si riferiscono all' "interrogazione di tutti coloro che guardano verso il Concilio e domandano [ai vescovi l� riuniti] con ansiet�: non avete voi una parola da dirci?... a noi governanti?... a noi, intellettuali, lavoratori, artisti?... a noi donne? a noi giovani, a noi malati, a noi poveri?" . E i vescovi affermano negli stessi Messaggi che queste voci non rimangono senza risposta nei documenti conciliari, specialmente nella costituzione pastorale Gaudium et spes, che fu promulgata tra gli applausi entusiasti dell'assemblea conciliare.

Questa costituzione pastorale rappresenta una assoluta novit� nella storia dei concili ecumenici. Per la prima volta il documento conciliare si dirige "non ai soli figli della chiesa n� solamente a tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma a tutti indistintamente gli uomini" . Questo dialogo con il mondo non era previsto negli schemi della tappa preparatoria del Concilio. A cambiare atteggiamento influ� il radiomessaggio di Giovanni XXIII dell'11 settembre del 1962, in cui il Papa propone una distinzione fondamentale tra "la Chiesa [�] nella sua struttura interiore - vitalit� ad intra" e "riguardata nei rapporti della sua vitalit� ad extra, cio� la Chiesa di fronte alle esigenze e ai bisogni dei popoli" . Il Papa enumera questi bisogni affermando: "Questi problemi di acutissima gravit� stanno da sempre sul cuore della Chiesa. Perci� essa li ha fatti oggetto di studio attento, e il Concilio Ecumenico potr� offrire, con chiaro linguaggio, soluzioni che son postulate dalla dignit� dell'uomo e dalla sua vocazione cristiana." .

Il Concilio ha rappresentato una svolta importante nell'atteggiamento della Chiesa, non tanto per quanto concerne i contenuti dottrinali, quanto piuttosto per quello che riguarda la prospettiva a partire dalla quale la Chiesa affronta i problemi sociali. Come scrisse Congar, nelle sue cronache della seconda sessione, con Giovanni XXIII si passa "da una Chiesa per s� ad una Chiesa per gli uomini; e questo non come frutto di una dottrina formale, ma come frutto di un istinto o ispirazione, di uno stile proprio" .

Nel discorso di apertura del Concilio, Giovanni XXIII afferm� con chiarezza quale doveva essere il tema centrale dello stesso: "la custodia e l'insegnamento in forma pi� efficace del sacro deposito della dottrina cristiana". Ma subito dopo aggiunse che nella forma di proporre la dottrina, "altra cosa � il deposito stesso della fede, vale a dire le verit� contenute nella nostra dottrina, e altra cosa � la forma con cui quelle vengono enunciate". Con questo veniva riaffermato l'orientamento pastorale del Concilio e la sua intenzione di entrare in dialogo con il mondo. Ci� che anima e d� coesione a tutti i documenti conciliari � lo spirito di riconciliazione con la modernit�, la nuova posizione della Chiesa rispetto alla societ� moderna. Il Concilio offre un'ecclesiologia con nuovi accenti, che � la base per una nuova comprensione dei rapporti tra Chiesa e societ�: e tra questi occupa un posto privilegiato non solo ci� che la Chiesa deve dire circa i problemi sociali, ma soprattutto il come e da dove lo dice.

Non c'� dubbio che l'ecclesiologia costituisce l'asse portante di tutto il Concilio. Essa pone le basi per una nuova comprensione della presenza della Chiesa nella societ� che ispirer� tutta la dottrina sociale postconciliare. Il dialogo con il mondo che il Concilio ha propugnato, infatti, affronta la questione di come la Chiesa giustifica e legittima il suo intervento sulle questioni sociali. Carrier sintetizza questo discorso chiedendosi quale sia la peculiarit� della dottrina sociale della Chiesa e rispondendo che il dialogo della Chiesa con il mondo si sviluppa tenendo conto di due considerazioni: la coscienza costante che ha di dover evangelizzare tutti i popoli e la necessit� di rispondere ai cambiamenti della societ� .

Il Vaticano II fu, anzitutto, un avvenimento storico: il passaggio da una forma di concepire la Chiesa, con un proprio atteggiamento nei confronti della societ� ed un suo ruolo in essa, ad un'altra forma di essere pi� vicina al fenomeno irreversibile della modernit� .

� evidente che il Concilio Vaticano II ha segnato l'inizio di un nuovo dialogo tra la fede cristiana ed il mondo moderno. La Chiesa, infatti, ha offerto un dialogo rispettoso con tutti i cristiani e con tutti gli uomini di buona volont�. Come ha affermato il Concilio ed hanno spiegato Paolo VI e Giovanni Paolo II, la Chiesa non pretende di dare una risposta immediata a tutti i problemi complessi della societ� moderna. Oltre a proclamare la dottrina con autorit�, la Chiesa si pone in un atteggiamento di ricerca e di riflessione con tutti quelli che portano nel loro cuore il futuro dell'umanit� . La Gaudium et spes mostra come la Chiesa accetti di buon grado di stabilire questo rapporti con il mondo di oggi in termini di dialogo e di aiuto vicendevole.

Il Concilio si colloca interamente in una prospettiva pastorale, e ci� significa che � attento ai bisogni spirituali e alle situazioni concrete degli uomini e delle donne del nostro tempo. Il Vaticano II ha arricchito la dottrina sociale della Chiesa ampliando e potenziando il modo di affrontare i problemi della societ�. E questo in vista della visione teologica della societ� attuale, della chiamata al dialogo con il mondo moderno, della cooperazione ecumenica, del ruolo dei laici, della missione universale della Chiesa e dell'incontro con la cultura. L'introduzione del documento conciliare offre una descrizione suggestiva e realista dell'attuale condizione umana. Questo discernimento analitico costituisce un avvicinamento tipico del Concilio, che consiste essenzialmente nello "scrutare i segni dei tempi ed interpretarli alla luce del Vangelo" .


3.- I poveri e la povert� nel Concilio


Avendo adottato un simile atteggiamento � logico che il Concilio spenda parole per i poveri. Essi furono molto presenti nei lavori conciliari. Gi� nell'apertura della seconda sessione, il 29 settembre 1963, Paolo VI disse nel suo discorso: "Ad alcune categorie di persone guarda la Chiesa dalla finestra del Concilio, spalancata sul mondo, con particolare interesse: guarda ai poveri, ai bisognosi, agli afflitti, agli affamati, ai sofferenti, ai carcerati, cio� guarda a tutta l'umanit� che soffre e che piange: essa le appartiene, per diritto evangelico".

Nei documenti conciliari mentre si afferma che la Chiesa circonda di amore quanti sono afflitti da infermit� umana, anzi nei poveri e nei sofferenti riconosce l'immagine del suo fondatore povero e sofferente, si premura di sollevarne la miseria, e in loro intende servire Cristo , nel contempo chiede loro "di essere uniti in modo speciale a Cristo e ricorda che il Signore venne ad evangelizzare i poveri come medico della carne e dello spirito .

Nel Messaggio finale del Concilio a tutti coloro che soffrono, i vescovi affermano: "A voi tutti che sentite pi� pesantemente il gravame della Croce, voi che siete poveri e abbandonati, voi che piangete, voi che siete perseguitati per la giustizia � riprendete coraggio: voi siete i preferiti del regno di Dio, il regno della speranza, della felicit� e della vita; voi siete i fratelli del Cristo sofferente; e con lui, se volete, voi salvate il mondo"! E, inspirandosi alla dottrina sociale del Concilio, verr� in seguito esplicitata l'espressione della "opzione o amore preferenziale per i poveri", che, come afferma Giovanni Paolo II, � "una forma speciale di primato nell'esercizio della carit� cristiana, testimoniata da tutta la tradizione della Chiesa" .

Il Concilio affronta anche il tema della povert� nel mondo, le sue cause e le vie ed i mezzi per estirparla. Negli anni dei lavori conciliari la povert� era, ed � ancora, una realt� disgraziatamente clamorosa. La costituzione pastorale comincia con queste parole, che costituiscono il filo conduttore di tutto il documento conciliare: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi � di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore" . Perci� si afferma di seguito che "il Concilio [�] non pu� dare dimostrazione pi� eloquente della solidariet�, del rispetto e dell'amore di esso nei riguardi dell'intera famiglia umana, dentro la quale � inserito, che instaurando con questa un dialogo sui vari problemi sopra accennati, arrecando la luce che viene dal Vangelo" . Il fulcro di tutto il contenuto di questo documento conciliare � l'uomo nella sua unit� e totalit�, corpo e anima, cuore e coscienza, intelligenza e volont�.

Il documento conciliare comincia constatando che "mai il genere umano ebbe a disposizione tante ricchezze, possibilit� e potenza economica, e tuttavia una grande parte degli uomini � ancora tormentata dalla fame e dalla miseria, e intere moltitudini sono ancora totalmente analfabete" .

Lo sviluppo della vita economica potrebbe attenuare le disparit� sociali, troppo spesso essa si tramuta in causa della loro esasperazione o in alcuni luoghi perfino del regresso delle condizioni sociali dei deboli e del disprezzo dei poveri. Il lusso si accompagna alla miseria .

� vero altres� che l'80% dell'umanit� dispone solo del 20% dei beni della terra. Giovanni Paolo II ha fatto questa denuncia sociale: "Il nostro mondo comincia il nuovo millennio carico delle contraddizioni di una crescita economica, culturale, tecnologica, che offre a pochi fortunati grandi possibilit�, lasciando milioni e milioni di persone non solo ai margini del progresso, ma alle prese con condizioni di vita ben al di sotto del minimo dovuto alla dignit� umana." .

Proprio per questo il Concilio afferma che molti esigono insistentemente quei beni di cui si considerano privati dall'ingiustizia o da una distribuzione non paritaria. Ugualmente, i popoli affamati interpellano i pi� opulenti e i paesi in via di sviluppo vogliono partecipare dei benefici della civilt� moderna, non solo in campo politico, ma anche in quello economico.

Giunto a questo punto, che la Chiesa deve interpretare come un segno dei tempi alla luce del Vangelo, il Concilio ricorda questa verit� di fondo: "Credenti e non credenti sono quasi concordi nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all'uomo, come a suo centro e a suo vertice" . E dedica tutto il 1� capitolo della Gaudium et spes a presentare la dignit� della persona umana. Di ogni persona umana, e perci� anche dei poveri, e culmina con queste parole profonde: "In realt� solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. [�] Cristo [�] proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione" . Ci� che il Concilio afferma che nei suoi documenti � diretto a tutti, uomini e donne, bisogna considerarlo diretto anche ai poveri, sebbene, come vedremo, abbia per questi parole specifiche di autentica ed efficace speranza, in quanto, affrontando il problema della povert� nel mondo, offre alcuni principi per eliminarla alla radice.

La Chiesa non solo comunica all'uomo la vita divina, ma anche diffonde la sua luce con ripercussione, in qualche modo, su tutto il mondo, soprattutto per il fatto che risana ed eleva la dignit� della persona umana, consolida la compagine della societ� umana, e immette nel lavoro quotidiano degli uomini un pi� profondo senso e significato .

La missione propria che Cristo ha affidato alla sua chiesa non � di ordine politico, economico e sociale: il fine, infatti, che le ha prefisso � di ordine religioso. Eppure proprio da questa missione religiosa scaturiscono dei compiti, della luce e delle forze, che possono contribuire a costruire e a consolidare la comunit� degli uomini secondo la legge divina .


4.- Le parole di speranza del Concilio per i poveri


Le parole conciliari che pi� direttamente si riferiscono alla povert� esistente nel mondo si trovano nel 3� capitolo della Gaudium et spes, che tratta della vita economico-sociale. In questo capitolo si raccoglie e si sistematizza la dottrina dei Pontefici precedenti, a partire da Leone XIII, ed in particolare dell'enciclica Mater et Magistra di Giovanni XXIII. Convergono due linee differenti: l'ottimismo, tipico di tutto il Concilio, che qui si concretizza nel progresso economico e sociale, di cui trae beneficio un'importante parte dell'umanit�; e la voce di tanti vescovi del terzo mondo che denunciano il deterioramento economico e sociale dei loro paesi. Dal confronto con queste due esperienze sorge il messaggio centrale: lo sviluppo � irrinunciabile, ma deve avvenire per tutti, senza eccezione .

Questo principio, che orienta tutto il contenuto del capitolo, non � altro che una applicazione concreta di ci� che si esplicita fin dalle prime righe: "Anche nella vita economico-sociale sono da onorare e da promuovere la dignit� e l'integrale vocazione della persona umana come pure il bene dell'intera societ�. L'uomo infatti � l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale" .

Il Concilio contrappone il progresso tecnico ed economico allo spirito economicista che ha generato i conseguenti squilibri. "Simili squilibri economici e sociali - afferma il documento conciliare - si avvertono tra l'agricoltura, l'industria e il settore dei servizi, come pure tra le diverse regioni di una stessa nazione. Una opposizione che pu� mettere in pericolo la pace del mondo intero si fa ogni giorno pi� grave tra le nazioni economicamente pi� progredite e le altre" . La crescente presa di coscienza di questa ingiustizia richiede - dice lo stesso documento - "molte riforme nelle strutture della vita economico-sociale e in tutti un mutamento nella mentalit� e nelle abitudini di vita" . Per questo, il Concilio pretende di rendere pi� forti i principi della giustizia e della equit� che fanno parte della dottrina sociale della Chiesa nel rispetto delle circostanze attuali e vuole anche dare alcuni orientamenti relativi, soprattutto, alle esigenze del progresso economico .

Il documento conciliare, mentre invita a favorire il progresso tecnico e lo spirito di innovazione, si affretta ad indicare come questo processo deve essere orientato: "il fine ultimo e fondamentale di tale sviluppo non consiste nel solo aumento dei beni produttivi n� nella sola ricerca del profitto o del predominio economico, bens� nel servizio dell'uomo, dell'uomo integralmente considerato, tenendo cio� conto delle sue necessit� di ordine materiale e delle sue esigenze per la vita intellettuale, morale, spirituale e religiosa; diciamo di ciascun uomo, e di ciascun gruppo umano, di qualsiasi razza o zona del mondo" .

Proprio per questo il Concilio afferma che "lo sviluppo economico deve rimanere sotto il controllo dell'uomo" e bisogna intenderlo in quanto "sottomesso alla ragione" e "reso partecipe a tutti gli uomini". In questo modo si esclude che sia alla merc� di interessi particolari, siano essi di gruppo o di nazioni, e si chiede una collaborazione coordinata e organica di tutte le persone e organizzazioni della societ� .

Questa partecipazione � un dovere che interpella le persone e le risorse di cui le persone dispongono. E cos� il documento conciliare segnala che "nelle regioni economicamente meno progredite, dove si impone l'impiego di tutte le risorse ivi esistenti, danneggiano gravemente il bene comune coloro che tengono inutilizzate le proprie ricchezze o coloro che - salvo il diritto personale di migrazione - privano la propria comunit� dei mezzi materiali e spirituali di cui essa ha bisogno" . Preoccupa l'uso che viene fatto di questi beni, dato il carattere sociale della propriet�. I latifondi abbandonati a se stessi sono causa di povert� e di miseria.

Trattando il problema dello sviluppo economico, il Concilio non usa il termine "pianificazione", ma presuppone un intervento dei poteri pubblici. Il testo conciliare esclude gli estremi, affermando che "lo sviluppo economico non pu� essere abbandonato n� al solo svolgersi quasi meccanico dell'attivit� economica dei singoli n� alla sola decisione della pubblica autorit�." .

Perch� questo progresso economico sia pi� giusto ed equo, e perci�, in altre parole, etico, si richiede che si compiano tutti gli sforzi possibili al fine di eliminare, il pi� celermente possibile, le enormi disuguaglianze economiche che esistono oggi e che frequentemente crescono unite alla discriminazione individuale e sociale .

E si prosegue analizzando un'altra delle conseguenze del progresso, ossia la mobilit� delle persone. L'immigrazione � un fenomeno attuale che cresce sempre di pi�, soprattutto in Europa Occidentale. Il Concilio sottolinea alcune esigenze, che, rivendicate dagli immigranti, sono di grande attualit�. In primo luogo, chiede che si "elimini accuratamente ogni discriminazione nelle condizioni di rimunerazione o di lavoro nei confronti di quei lavoratori che, provenendo da altre nazioni o regioni, concorrono con il loro lavoro allo sviluppo economico di un popolo o di una zona diversa dalla originaria" . In secondo luogo, ribadisce che "tutti, e specialmente i poteri pubblici, devono accoglierli come persone, e non semplicemente come puri strumenti di produzione, e devono aiutarli perch� possano accogliere presso di s� le loro famiglie e procurarsi un alloggio decoroso nonch� favorire la loro integrazione nella vita sociale del popolo o della regione che li accoglie" . Ed in terzo luogo si stabilisce un principio che, applicato correttamente, eviterebbe i problemi e le difficolt� che l'emigrazione comporta, nel momento in cui si deve abbandonare il proprio paese, la famiglia, la cultura: "Si creino per�, quanto pi� possibile, occasioni di lavoro nelle proprie zone" . Anzich� costringere le persone ad emigrare � preferibile che emigrino i capitali, per creare lavoro nei paesi sottosviluppati.

Sono anche parole ricche di speranza per i poveri quelle che si riferiscono all'uso dei beni materiali. Il Concilio afferma con decisione questo grande principio, autenticamente rivoluzionario ed innovatore: "Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene, all'uso di tutti gli uomini e popoli, cos� che i beni creati devono secondo un equo criterio essere partecipati a tutti, avendo come guida la giustizia e compagna la carit�" . � il destino universale dei beni. Per P. Lebret questo � il principio ed il fondamento di tutto il capitolo 3� della costituzione pastorale: lo sviluppo economico, come concetto dinamico, non ha altro obiettivo che mettere l'umanit� in cammino affinch� questo principio diventi realt� .

Come si pu� garantire che questo destino universale dei beni diventi effettivo? Il Concilio risponde, in primo luogo, parlando dell'attenzione che deve essere riservata ai poveri. Questa attenzione include un dovere per alcuni ed un diritto per altri. Si afferma che "gli uomini hanno l'obbligo di aiutare i poveri, e non soltanto con il loro superfluo" . Si noti che in questo testo si fa un passo in avanti pi� esigente nell'adempimento di questo dovere umano e cristiano. I padri della Chiesa dissero di "dare il superfluo", la scolastica si limit� al "dare del superfluo", mentre il Concilio afferma che non si deve aiutare i poveri soltanto con il superfluo" .

Il testo conciliare stabilisce anche che "colui che si trova in estrema necessit� ha diritto di procurarsi il necessario dalle ricchezze altrui" . Questo diritto ha una lunga tradizione , sebbene alcuni manifestino dubbi circa la sua operativit� nelle circostanze attuali, con la realizzazione della giustizia sociale delegata ai pubblici poteri . In ogni caso, non mancano ragioni per sostenere l'applicabilit� di questo principio.

In un altro passaggio il Concilio parla degli obblighi inerenti agli investimenti. Qui non si tratta di aiutare trasferendo una parte della ricchezza posseduta, ma di fare attenzione alle ripercussioni dell'uso di questa ricchezza sugli altri. Si stabilisce, infatti, questo principio sociale: "Gli investimenti devono contribuire ad assicurare possibilit� di lavoro e reddito sufficiente tanto alla popolazione attiva di oggi quanto a quella futura" .

Dopo aver giustificato la propriet� privata ovvero un certo dominio sui beni materiali, il Concilio afferma con estrema precisione la funzione o indole sociale della propriet�, aggiungendo ci� che deve considerarsi come suo fondamento: "La propriet� privata stessa ha per sua natura anche una funzione sociale che si fonda sulla legge della comune destinazione dei beni" .

Infine, il documento conciliare affronta la problematica dei latifondi rurali, mediocremente coltivati o tenuti in riserva per speculazioni senza essere coltivati. Di fronte a questa situazione vigente specialmente nei paesi del terzo mondo, si constata la realt� di contadini senza terra, scarsit� di prodotti alimentari, la situazione subumana di braccianti ed affittuari . Per il Concilio si impongono riforme, che per� non vanno limitate alla tradizionale ridistribuzione delle terre, soluzione che, del resto, non � certo da escludere. Si propone di accrescere i redditi, migliorare le condizioni di lavoro, aumentare la sicurezza dell'impiego e favorire l'iniziativa personale nelle attivit�, e tutto questo all'interno di un piano che integri altre misure complementari, come i servizi, l'educazione, le cooperative, eccetera .

Il Concilio chiede che i cristiani, con un autentico spirito ecumenico, cooperino nella costruzione di un ordine internazionale pi� giusto e fraterno, dal momento che la maggior parte del mondo soffre ancora la povert� e la miseria . L'azione caritativa oggi pu� e deve abbracciare assolutamente tutti gli uomini e tutte quante le necessit�, per consolarli con premurosa cura e sollevarli porgendo aiuto . Si sottolinea nel decreto conciliare sull'ecumenismo la collaborazione di tutti i cristiani nel campo sociale. Questa cooperazione, oltre a rendere pi� efficace il compito sociale, "esprime vivamente quella unione che gi� vige tra di loro, e fa risplendere in una luce pi� piena il volto di Cristo servo" . L'iniziativa interreligiosa che stiamo celebrando, organizzata dalla Comunit� di Sant'Egidio, contribuisce a realizzare quanto richiede il Concilio ed il lavoro che si realizza per risolvere pacificamente i conflitti tra i popoli va nella medesima direzione. Il Concilio � tagliente quando afferma che "la corsa agli armamenti � una delle piaghe pi� gravi dell'umanit� e danneggia in modo intollerabile i poveri" .


A conclusione, dall'omelia di Paolo VI nella solenne chiusura del Concilio, l'8 dicembre del 1965 possiamo estrarre alcune valutazioni che il Papa fa sul lavoro conciliare compiuto. I bisogni umani conosciuti e meditati, nuovamente assorbirono tutta l'attenzione dell'assemblea sinodale. Nel formulare un giudizio sull'uomo, il Concilio si � preoccupato pi� del suo aspetto glorioso che di quello sfortunato, rivolgendosi all'uomo con messaggi di speranza e parole di fiducia. La Chiesa ha iniziato un dialogo con gli uomini del nostro tempo e, pur mantenendo sempre la sua autorit� e la sua forza, ha scelto di parlare nella forma piana ed amichevole che � propria dell'amore pastorale. Ha voluto essere ascoltata e compresa da tutti gli uomini. Ed ogni ricchezza conciliare ha quest'unica finalit�: servire l'uomo in tutte le sue debolezze, in tutti i suoi bisogni. La Chiesa si � dichiarata, in qualche modo, serva dell'umanit�. In questo modo il Concilio si riduce al suo definitivo significato religioso, l'unico che lo comprende e lo definisce pienamente. Esso costituisce un invito veemente ed amichevole a tutto il genere umano ad incontrare quel Dio "dal quale - come afferma Sant'Agostino - allontanarsi � cadere, verso cui voltarsi � risorgere, nel quale rimanere � aver sicurezza [�] dal quale uscire � morire, al quale avviarsi � tornare a vivere, nel quale abitare � vivere" .