Aachen 2003

Previous page
Home page

Luned� 8 Settembre 2003 - Eurogress
La cura dell�AIDS in Africa

  
  

Paola Germano
Comunit� di Sant�Egidio
  

Ci troviamo, forse per la prima volta nella storia dell'umanit�, innanzi ad un pandemia di carattere globale, mondiale: mai infatti, per quanto a nostra conoscenza, un evento epidemico ha interessato contemporaneamente tutto il pianeta e per un tempo cos� lungo..E' certo anch'essa un frutto, seppure sgradito, della globalizzazione di questo nostro secolo. E' anche evidente che, nonostante il carattere planetario della pandemia, essa rappresenta oggi un problema essenzialmente africano, dal momento che il 70% dei malati e degli infetti (circa 30 milioni) risiedono in questo continente.Perch� combattere l�AIDS e le sue conseguenze?La malattia colpisce prevalentemente soggetti adulti, giovani sessualmente attivi ed in et� riproduttiva. La scomparsa o l'assottigliamento di questa particolare fascia di popolazione non potr� non tradursi in una riduzione dell�attesa di vita ed in un rallentamento della crescita demografica. Uno studio della Banca Mondiale, basato sui dati OMS, evidenzia che l�AIDS, gi� oggi, ruba 10 anni di vita ad ogni africano e nel 2010, se non s�interviene in modo efficace, ruber� un terzo della vita.Un primo motivo, dunque, per combattere l�AIDS: risparmiare vite umane, ma anche dare un futuro all�Africa. Ridurre quella terribile disparit� tra poveri e ricchi che � una vita dimezzata negli anni o una vita che finisce presto, da bambini, da giovani o al massimo da adulti.

Un secondo motivo: l�AIDS genera poverta�.e si comporta come un moltiplicatore della povert�. Miete infatti vittime principalmente tra la popolazione in et� produttiva, con evidenti riflessi macroeconomici su interi paesi. Dal punto di vista sociale il dato emergente riguarda la nascita d�una vistosa popolazione d�orfani: sino ad oggi 13 milioni di bambini hanno perso le loro madri o entrambi i genitori a causa dell�AIDS. Molti di questi giovanissimi infoltiranno le schiere dei bambini di strada.Ogni anno l�AIDS uccide maestri e insegnanti in Africa, e centinaia d�infermieri, tecnici e altro personale sanitario. Questa falcidia dei quadri professionali e tecnici rappresenta uno degli aspetti pi� disperanti del problema, dal momento che si verifica in un panorama di professionalit� assai rarefatto.

Inoltre, l'AIDS � in grado di mettere in ginocchio i fragili sistemi sanitari di molti paesi in via di sviluppo: infatti la malattia moltiplica gli accessi al sistema sanitario e la richiesta di cure per uno spettro assai ampio di malattie: non aumentano solo i ricoveri, ma anche la richiesta di farmaci, procedure di diagnosi, costi diretti e indiretti legati alla salute.

La sola prevenzione non ha funzionato.Per lunghi anni le agenzie internazionali hanno tentato di applicare modelli d�intervento basati esclusivamente sulla prevenzione, attraverso interventi orizzontali e programmi paese. Purtroppo con alterne vicende. Ma al di l� di queste considerazioni s�impone un fatto: 40 milioni di persone sono state infettate. Per ognuno di questi esseri umani il problema della prevenzione non esiste pi�. La prevenzione non pu� essere l�unica risposta, perch� se lo � questa sar� una parola di condanna per tutti quelli che sono infettati.La terapia oggi � possibile: e� uno dei paradossi dei nostri tempi e delle nostre societ� che una cura sia disponibile ma non accessibile alla stragrande maggioranza dei malati. Molto si � parlato sui problemi della sostenibilit� della cura, sui costi diretti e indiretti e via dicendo. Molta attenzione � stata dedicata al problema delle multinazionali farmaceutiche, dei brevetti, dei farmaci non patented e via dicendo. Il recente accordo del WTO apre in modo molto positivo al discorso sui farmaci. Il vero problema � un�assunzione di responsabilit� non solo e non tanto verso la singola malattia quanto verso interi sistemi sanitari e il completo spettro delle malattie. La lotta all�AIDS pu� diventare allora il banco di prova d�una globalizzazione responsabile e richiede sopratutto un approccio solistico.

Vorrei ora soffermarmi sul programma che � scaturito come risposta della Comunit� di S. Egidio a questo autentico nuovo dramma del continente africano: DREAM.Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition ??? in Mozambique

Perch� in Mozambico? Come voi tutti sapete una lunga storia lega la Comunit� di Sant�Egidio al Mozambico: dagli aiuti umanitari inviati nei primi anni �80 fino alla mediazione ufficiale tra guerriglia e governo che ha condotto all�Accordo generale di Pace firmato a Roma il 4/10/1992 dopo 27 mesi di negoziati. Oggi il Mozambico � uno dei paesi protagonisti ed esemplari della rinascita democratica nell�Africa sub-sahariana.

Credo che veramente questo successo, cos� lo chiamerei, completa quello della pace perch�, sarebbe stato un successo monco, parziale quello della pace se non ci fosse la possibilit� di salvezza da una malattia rapidamente mortale come l'AIDS e cos� diffusa; che equivale per chi � povero ad una condanna a morte. Il nome di Sant'Egidio oggi non si coniuga pi� solo con pace ma anche con salute, grazie a questo nostro impegno e lavoro comune con tanti malati.

Ma vorrei dirvi anzitutto delle difficolt� che abbiamo incontrato, a cominciare, ad esempio, dalla paura dei governi. Come in Sud Africa, per molto tempo anche in Mozambico, si � preferito sostenere che la terapia non era possibile e che l�unica forma di approccio al problema era la prevenzione. Ne consegue che agli ammalati veniva tolta ogni speranza.. E� anche cos� che � cresciuto lo stigma, la paura di parlare, il senso della condanna. Si pensi che non era nemmeno autorizzata la vendita dei farmaci antiretrovirali e che su questo la Comunit� ha dovuto impegnarsi a fondo per anni: solo nel 2002 una circolare del Ministero della salute ha liberalizzato la circolazione di alcuni antiretrovirali.

I governi africani hanno avuto paura di scoperchiare il ribollente calderone dell�AIDS ed hanno preferito coltivare l�illusoria speranza che la prevenzione di per s� fosse sufficiente allo scopo. Devo dire che in questo molta parte hanno avuto le grandi agenzie internazionali le quali hanno rivelato in quest�occasione pi� che in altre, in modo direi plastico, un nodo problematico che le attanaglia tutte senza distinzione.. Sia bene inteso che noi non siamo affatto contrari, purch� correttamente integrato dalla terapia. La quale, a ben vedere, � anch�essa un�importante componente della prevenzione. Per altro verso non possiamo tutti che costatare che la prevenzione non ha offerto alcun reale contenimento dei trend epidemici della malattia: circa 30 milioni di sieropositivi in Africa non sono poi un confortante risultato dopo almeno 10 anni di prevenzione.

Le nostre difficolt� sono dunque state situate essenzialmente su due fronti: le paure dei politici africani e l�atteggiamento paradigmatico delle grandi agenzie. Su quest�ultimo fenomeno vorrei ancora osservare che un altro elemento soggiace al rifiuto della terapia, e cio� il pregiudizio nei confronti dell�africano. Questo pregiudizio ha molte facce; secondo tale pregiudizio, ad esempio:

1. Gli africani non hanno il senso del tempo e quindi sono tendenzialmente incapaci di seguire bene la terapia. I tassi di rifiuto e di salti nelle visite o nella terapia da noi riscontrati sono tutti inferiori al 5% e sono di gran lunga migliori di quelli occidentali che si aggirano, nelle pi� ottimistiche indagini, attorno al 15%.

2. L�esecuzione del protocollo clinico sarebbe messa in discussione anche dalla tendenza dei poveri a rivendere quanto ricevuto: farmaci, alimenti, filtri per l�acqua, ecc. Posso offrire qui due risposte: la prima � che il 90% dei nostri pazienti in trattamento a 16 settimane presenta una carica virale sotto le 500 copie. Dubito che sia un effetto placebo. La seconda � che le madri che ricevono il latte artificiale, secondo il nostro protocollo, ci presentano bambini in condizioni nutrizionali del tutto accettabili se non - in una consistente serie di casi- addirittura floride! Per non parlare del fatto che riscontriamo regolarmente l�interruzione della lattazione nelle donne.

3. La terza obiezione riguarda il fatto che le nostre prestazioni sono gratuite: gli africani non percepirebbero di conseguenza l�importanza di quanto ricevono. Noi non possiamo che costatare l�ammirevole fedelt� agli appuntamenti per le visite mediche o per le analisi, che sono previste in numero assai frequente nei nostri protocolli, in condizioni ambientali che certo non assomigliano a quelle occidentali. Non � una forma di condivisione dei costi percorrere diversi chilometri a piedi per recarsi ai centri di salute? Rilevo poi il fatto che in Italia ad esempio alcune misure di grande successo nella lotta alla tubercolosi prevedevano incentivi economici sotto forma d�una piccola pensione! Analogamente noi incentiviamo gli incontri, le partecipazioni ai corsi di educazione sanitaria e le visite con la donazione di cibo.

Direi che in questi anni ci siamo scontrati con tutta una serie di forme d�afropessimismo, secondo un immaginario antropologico che non trova, alla prova dei fatti, riscontri concreti. Le madri africane tengono ai loro bambini esattamente come le loro colleghe occidentali e non fanno loro certo mancare il latte in formula o non trascurano le norme igieniche per la preparazione a cui sono state istruite. I pazienti che vedono ritornare le forze e la salute non, si sognerebbero assolutamente di rivendersi ci� che ha operato in loro quasi un miracolo.

Certo, esiste un segreto di Sant�Egidio, che poi tanto segreto non �, s� tratta semplicemente di lavorare insieme, di privilegiare i rapporti umani e i colloqui, di comunicare e trasmettere a tutta speranza. Qui direi che la mancanza d�interessi economici di chi partecipa al programma- centinaia di persone che svolgono la loro opera gratuitamente- gioca un ruolo decisivo, dentro un entusiasmo che diviene contagioso. Contagioso per la controparte istituzionale come per i pazienti. L�afropessimismo � cio� quell�idea catastrofista e rassegnata di tanti europei e occidentali per cui in Africa non si pu� fare niente, non va mai bene niente, non ci sono mai le condizioni per- quest�afropessimismo non ha ragion d�essere. Al contrario si pu� ben comprendere il pessimismo degli africani: la vita difficile in ogni dettaglio, o la mancanza di mezzi e strutture sia per gli operatori sanitari che per gli utenti, i soldi che mancano anche per le necessit� pi� elementari. Tutto aiuta ad essere pessimisti. Ed � qui, in un parteniariato ed una compagnia concreta, che non fanno mancare i mezzi e le risorse, ma certamente dentro un quadro d�amicizia serio, che diviene possibile convincere alla speranza. Noi siamo convinti che questa formula sia anche la chiave per aiutare tanti africani - pessimisti con ragione - a non fuggire dai loro paesi, pensando che cambiamenti e miglioramenti siano impossibili..

A tutte queste difficolt� abbiamo voluto rispondere con DREAM, consentitemi di enuclearne le caratteristiche:

DREAM riflette il modo di sentire di Sant�Egidio Per la Comunit� � centrale il valore della persona e di ogni vita. Il programma nasce con l�obiettivo di tornare a riunire prevenzione e terapia, nella convinzione che � necessario salvare oltre che prevenire, guadagnando per quante pi� persone possibile un nuovo tempo alla vita.

DREAM � concepito per l�eccellenza Eccellenza delle cure e della diagnostica, dell�organizzazione e dell�informatizzazione. Questo approccio ha una sua profonda efficienza. � di grande motivazione per il personale coinvolto, raccoglie il massimo di collaborazione dei pazienti, rende promotori di conoscenze nell�ambiente circostante i pazienti stessi, abbatte la dispersione e l�interruzione della terapia in atto, alza il livello qualitativo delle prestazioni offerte.

DREAM � modulato per un rapido scaling�up L�eccellenza delle prestazioni e le ridotte risorse economiche non hanno rappresentato un limite alla possibilit� di diffondere la cura a un vasto numero di persone e, in prospettiva, a tutti. Il problema principale � piuttosto nella difficolt� di implementare, in sistemi sanitari a risorse limitate come quelli africani, la complessa assistenza richiesta per l�infezione da HIV/AIDS. Occorre costruire una strada innovativa proprio in questo campo, tenendo conto dei peculiari fattori e mettendo a frutto la necessit� di strutture agili e leggere.

DREAM � un programma di sanit� pubblica, � stato concepito per diventare una componente stabile del Servizio Sanitario Mozambicano. Le sue strutture, negli ospedali, nei centri di salute e nelle maternit�, sono quelle del Servizio Sanitario Mozambicano.

Tutti i servizi sono offerti in totale regime di gratuit�. � allo studio la possibilit� di proporre meccanismi di cost-sharing basati sulle spese vive, per coprire i costi, ad esempio, dei reagenti per diagnostici.

Ma permettetemi di descrivervi, soprattutto il cambio di mentalit� che questo programma ha innescato a tutti i livelli, dal punto di vista scientifico, del governo, dei grandi organismi internazionali, ma soprattutto della gente, dei malati.

Vorrei soffermarmi sull'importanza che ha avuto la diffusione della "BUONA NOTIZIA", cos� la chiamerei, cio� che l'AIDS � una malattia curabile e che la cura � ora disponibile anche in Mozambico e quindi � potenzialmente disponibile in tutta l'Africa e in tutte le periferie del mondo.

In Mozambico quelli che sono in terapia, i loro parenti, quelli che sono venuti a conoscenza dei malati "risanati", hanno visto rinascere la speranza, il senso del futuro, la possibilit� di vivere. Il futuro non c'era pi� in Mozambico, non si poteva sperare o la speranza si trovava davanti un buco nero, quello dell'Aids. Tutto questo per noi � stato molto importante, come dicevo, DREAM riflette il modo di sentire di Sant�Egidio.,per la quale � centrale il valore della persona e d�ogni vita.

Per questo, DREAM ripropone lo stato dell�arte degli standard occidentali, utilizzando di routine la valutazione della carica virale, e introducendo l HAART, l�attuale golden standard nel trattamento dell�infezione da HIV, per tutti i pazienti che ne hanno bisogno. Per la Comunit� di Sant�Egidio le persone non sono mai semplici �emergenze�, corpi da vestire, piaghe da curare, bocche da sfamare: sono sempre persone, di piu`sono amici. Per questo ci si muove secondo quel semplice e antico segreto che raccomanda di fare agli altri ci� che vorremmo fosse fatto a noi stessi. Chi non vorrebbe per se stesso l�eccellenza? E inoltre, questo approccio, come dicevo, ha dimostrato una sua profonda efficienza. .

Abbiamo piano, piano superato tante difficolt� e direi abbiamo vinto, noi oggi abbiamo tra le mani una vittoria. Una vittoria della Comunit� per la povera gente e per noi sono le vittorie pi� belle. Oggi, e lo dico con grande soddisfazione parlare di terapia � diventato normale, lo s� legge sui giornali africani, se ne parla nei convegni scientifici sull�Aids in Africa, ne parlano le agenzie internazionali. Questo � molto importante poich� c'� stato un momento in cui si poteva parlare solo di prevenzione e formazione. Anche molte ONG hanno deciso di cominciare la cura, incoraggiati dal modello creato dalla comunit� e dal fatto che molti ostacoli sono superati. Molti ci hanno ringraziato per avere trovato una strada percorribile per tanti. Molti, hanno detto in Mozambico, se lo fa Sant�Egidio, possiamo farlo anche noi.

Noi siamo consapevoli di essere all'origine d�una strada che ora � diventata larga e percorribile da molti; abbiamo creato un modello africano che � la cosa pi� difficile da fare, questo modello africano di gestione della terapia antiretrovirale completa � frutto di scelte responsabili che via via siamo andati facendo. Questo modello e soprattutto il fatto che non � pi� un modello ma una realt�, anche piuttosto consistente, rappresenta un punto di non ritorno per tutti i disfattisti, per tutti gli scettici e per tutti gli afro-pessimisti.

In Mozambico abbiamo avuto, nel giro d�un anno e mezzo, risultati spettacolari, pazienti resuscitati, non � un termine improprio. Abbiamo gi� testato 5000 persone, abbiamo in assistenza oltre 2000 persone, di cui pi� di 1000 in terapia con antiretrovirali. Sono nati, da madri in terapia, 160 bambini, con una percentuale di sieropositivi 10 volte inferiore a quella attesa in assenza di terapia: 3,2% contro 30%. In un paese dove la mortalit� materna � intorno all�1,5%, non � morta nessuna delle madri entrate nel programma. La mortalit� infantile fra i bambini nati all�interno del programma � 3 volte inferiore a quella media del Mozambico.

Abbiamo cos�, affermato con chiarezza che la cura esiste anche per l�Africa, che � efficace, che la gente sa farla meglio che in occidente e che sta togliendo il carico d�infamia dalle spalle di tanti malati, ma soprattutto la cura � un diritto, crediamo che questo aiuter� anche la democratizzazione del paese.

Ma vorrei dire due ultime cose: ci� che abbiamo realizzato, non � l'impresa d�un eroe solitario o di superuomini ma � piuttosto il lavoro operoso di gente comune che insieme ha accettato di raccogliere questa sfida e di bandire dal proprio vocabolario la parola impossibile. D�altra parte � ci� che � avvenuto gi� per la pace in Mozambico.

Ma anche siamo convinti che le nostre braccia, le nostre risorse non sono sufficienti per arrivare a tutti.

DREAM infatti � � la sua ultima caratteristica - ha bisogno di tutti e si mette a disposizione di chi ritiene di poterlo espandere in altre situazioni di lotta all�AIDS in Africa. In questi mesi molti missionari e missionarie presenti in Mozambico e in altri paesi africani, da molti anni con una lunga storia di servizio ai pi� poveri, s� sono uniti al nostro lavoro, mettendo a disposizione i loro centri e le loro risorse. Ma soprattutto condividendo a fondo il valore e le caratteristiche irrinunciabili del nostro metodo. La centralit� della persona, l'umanit� al centro. L'eccellenza delle prestazioni sanitarie, la terapia completa, il laboratorio a livelli d�eccellenza. La comunicazione della speranza. La gratuit�.

E� un esperienza felice di collaborazione, � la possibilit� per tanti africani d�essere curati e d�avere un futuro migliore. Oggi in Mozambico DREAM � operativo gi� in 10 centri e molto presto apriranno centri DREAM anche in Malati, Guinea Bissau, Angola e Tanzania. Sconfiggere l�AIDS in Africa � davvero possibile. Ci auguriamo che venirne a conoscenza possa creare un contagio positivo tra quanti hanno la possibilit� di moltiplicare l�efficacia di questa battaglia decisiva per il futuro dell�Africa e del Pianeta. Il sostegno di molti permette di crescere meglio e pi� in fretta. E il tempo, contro l�AIDS � terribilmente decisivo.

 

 

  Copyright� 1999-2003 Comunit� di Sant'Egidio