Aachen 2003

Previous page
Home page

Luned� 8 Settembre 2003 - Eurogress
Autocritica delle religioni

  
  

Alain Cordier
Presidente di Bayard Presse, Francia
  

L�autocritica pu� essere una forma di seduzione, quando si tratti di accentrare su di s� ogni relazione. Pu� essere un tentativo di �recuperare� a proprio profitto qualsiasi avventura umana, attraverso la scappatoia di adattamenti o compromessi successivi. Pu� vantare i meriti del dubbio fino al punto di tacere ogni convincimento, in una sorta di tolleranza-indifferenza. Simili concezioni (dell�autocritica) condurrebbero alla paralisi. In realt�, parlare di percorso autocritico significa � geniale paradosso dell�alterit� � lasciare che l�interrogativo su di s� ci scentri da noi stessi. Accettare l�autocritica, avere questa audacia, o ancor meglio rivendicarla come un momento ed un gesto di fede, significa scoprire che non si pu� ridurre tutto alla sola preoccupazione di perseverare nell�essere, alla sola ricerca di un corpus definitivo che plachi la nostra inquietudine. In realt� si tratta di rivelare la vita attraverso lo choc dell�alterit�, la grazia dell�alba dell�incontro e l�emozione della poesia dello sguardo.

Rivendicare il percorso autocritico significa dunque accogliere la vita come nascita, ponendo in discussione l�essere, mettendo in subbuglio la quiete dell�essere. Rivendicare l�autocritica significa dunque parlare proprio di in-quietudine etica, di apertura all�altro dall�essere, questo altro che viene, che chiama, che pro-voca al punto di destabilizzarmi, di in-quietare la mia perseveranza ad essere. Si tratta di un�alterit� ricevuta, accolta, proveniente da fuori, antecedente persino alla mia capacit� di sapere e di scegliere, non di un�alterit� vissuta nella paura o come necessit� sopportata in quanto male minore. Una simile autocritica nasce nelle lande misteriose e silenziose dell�intimo, laddove si avverte in s� l�impossibilit� di sottrarsi al Bene. S�, certamente essere-nel-mondo, ma essere-nel-mondo perch� essere-per-l�altro. La tolleranza non � indifferenza, ma apertura a ci� che viene ad in-quietare il mio essere. La tolleranza � ricezione di una pro-vocazione a pensare e ad amare. Un discepolo, nel significato in cui il Cristo impiega questa parola (in greco mathatas) � qualcuno che ha fame di imparare, che � scavato dalla sete e dall�attesa.

Criticare significa giudicare (� il greco krinein). Noi percepiamo quindi nell�autocritica un senso di Giudizio, il ritornare-su, la revisione di vita, il dovere di sedersi, la messa in discussione di fatti e gesti, il discernimento delle reni e dei cuori, ma anche il dono, il perdono, il pentimento, la conversione e la redenzione. Il considerando del Giudizio � la qualit� dello sguardo che si �posa su� e del movimento che questo suscita in noi. Cosa fa il Samaritano nel vangelo di Luca? �Lo vide e ne ebbe compassione�. (Lc. 10, 33). Egli vede, certo. Tutti oggi possono vedere, dal momento che la potenza dei media proietta una luce assai cruda. Ma il Samaritano non si limita a vedere, egli si commuove. La commozione esprime un tremito dell�essere, uno squilibrio, una sorpresa nella quiete, un�in-quietudine, un richiamo, un�aspirazione, un desiderio. Questa commozione porta il Samaritano a sviare il proprio passo per andare verso l�altro che gli si presenta. Egli cambia il proprio percorso, seppur preventivato da lunga data e preparato con cura, modifica il tempo del proprio tragitto, seppur cos� ben programmato. Giungiamo cos� al cuore del nostro impegno. Qual �? Lo si trova l�, precisamente nel Giudizio finale: �ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi� (Mt. 25, 35-36). Questo testo, in cui tutto � strettamente collegato, si radica in Isaia 58, 6-7: �Non � piuttosto questo il digiuno che voglio: ... vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?�.

Cos�, il percorso autocritico � la scoperta che �il sorgere dell�umano nell�essere � un riconoscimento della santit� come fonte e misura di ogni valore� (Levinas), senza lasciar mai il prossimo alla sua solitudine, alla sua morte, alla solitudine della sua morte. Manifestare nell�autocritica questa audacia della santit�, porre cos� in alto le esigenze della nostra umanit�, significa in realt� abbassare ogni superbia, comprendere che l�elezione proviene dalla k�nosis. Significa comprendere l�Incarnazione del Verbo come l�Infinito in relazione al finito, al punto da mescolarvisi senza peraltro compromettervisi. Suprema prossimit� senza fusione � presenza intima nella distanza assoluta � cui siamo chiamati nell�esigente dialettica di ogni dialogo.

Venir meno del sapore (lett. sotterramento) del sale e visibilit� della luce, lievito di un Dire nella pasta di un Detto e di una cultura, cos� sorge l�urgenza dell�ermeneutica. La realt� del mondo evidenzia seriamente che per la trasmissione della Parola sono necessarie delle mediazioni. La Legge data attraverso Mos� venne data due volte. La prima volta, la Legge venne scritta di pugno da Dio stesso. Il popolo non la ricevette affatto. La seconda volta, la Legge fu dettata da Dio ma scritta da mani d�uomo. Che meraviglioso spazio di libert� e d�amore aperto da Dio � questa necessaria mediazione umana della Parola divina. Solo le mediazioni della lettura comunitaria, della teologia, dell�esegesi, dell�ermeneutica, della filosofia, per citarne solo alcune, preservano le religioni dalle ignobili derive dell�integralismo e dall�orrore delle violenze perpetrate in nome di Dio.

Ricordiamo l�inquietudine del Papa Paolo VI di fronte al crescente allontanamento tra il Vangelo e la Cultura. Al Concilio, il giovane vescovo ausiliare di Cracovia, Mons. Wojtyla, difendeva il principio �euristico� piuttosto che il metodo �ecclesiastico�. Scopriamo cos� la tensione che esiste, fino al rischio della destabilizzazione del lettore, tra la chiusura di un testo, risultante dal telos della trasmissione, e l�apertura di un testo, che rende possibile tale trasmissione � sacralit� e solidit� del testo, ma anche eclatante novit� che ogni lettura porta alla luce ed al cuore. La Chiesa preoccupata dell�intelligenza della Fede (Fides et Ratio) inscrive la propria storia nello svolgimento culturale. Le nostre societ� laiche prenderanno tanto pi� pienamente coscienza della dimensione religiosa dell�uomo, individuale e collettiva, quanto pi� la Chiesa sapr� attraversare le successive crisi della modernit� trovando �le parole adatte� senza perdere il coraggio di dire ci� che ha da dire, e di dirlo chiamando ad accrescersi ancora ci� che � bello e buono, piuttosto che respingendo. Paul Ricoeur scriveva nel 1947: �uno dei segni pi� inquietanti del nostro tempo sta nel fatto di vedere alcuni dei migliori cristiani colpiti per primi da quella malattia che denunciano brillantemente negli altri e che � l�impotenza creativa�. � poco dire che questo rimprovero sferza ancora le nostre orecchie. � poco dire che c�� urgenza di dare senso alla vita, lasciando venire alla luce la Speranza cristiana con il coraggio e la libert� dei Figli di Dio.

Torniamo, allora, ancora una volta al Samaritano. Il suo atto non � istantaneo, si inscrive nella durata. �Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all�albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ci� che spenderai in pi�, te lo rifonder� al mio ritorno� (Lc. 10, 35). L�azione prosegue �il giorno seguente�. Il Samaritano si assicura che il testimone sia raccolto dall�albergatore. Non si esenta, mai. Si preoccupa di tutto sino alla fine. �Rifonder��, se i due denari d�argento si dimostrassero insufficienti. Cos�, percepire nel percorso autocritico il disarmo di s� come fonte dell�umano e l�urgenza dell�ermeneutica come afflato di ogni incontro, significa anche tenere in debito conto la densit� del tempo e cercare nell�accadere della nostra storia la rivelazione del mistero.

Si tratta di inscrivere l�autocritica nella temporalit� e nell�attesa, perch� �l�elemento sorpresa � inerente all�incontro con Cristo. Il Signore � colui che sta sempre per �passare�, nel duplice significato di invitare il discepolo alla Pasqua e di esprimere la propria libert� sovrana, che nessuno pu� mettere a dimora� (Bruno Chenu in Disciples d�Emma�s). Il tempo, in-quietudine dell�essere, in realt� fa percepire l�Infinito. Accoglierlo cos� autorizza a trascendere l�in-quietudine del futuro in attesa dell�altrui Avvenimento e della sorpresa di Dio, che ci colgono al risveglio e (all�uscita) dalla nostra quiete. Questa sorpresa di Dio � tale che �procediamo la maggior parte del tempo ad una rilettura: �il Cristo era l� ed io non lo sapevo�� (Bruno Chenu, idem). Autocritica quindi, rilettura delle nostre vite alla luce della Rivelazione: �quando mai ti abbiamo veduto?� (Mt. 25, 37). Rilettura che, nella sua temporalit�, assume la forma profonda del Pentimento, della purificazione della memoria, del Grande Perdono Giubilare. �Voler essere ebrei ai nostri giorni significa, prima ancora che credere a Mos� ed ai profeti, rivendicare il diritto di giudicare la storia, cio� rivendicare la collocazione di una coscienza che si pone incondizionatamente� (Levinas, in Franz Rosenzweig: une pens�e juive moderne). �Esercizio ermeneutico necessario come non mai� (M�moire et r�conciliation, Commissione teologica internazionale), per pentirsi di ci� che � stato fatto in nome di Dio contro l�uomo, e quindi contro Dio, da alcuni figli e figlie della Chiesa, in grado, ahim�, di conoscere la natura della loro colpa nel momento stesso in questa veniva commessa. Risveglio delle coscienze necessario come non mai di fronte ai nuovi poteri dell�uomo.

Abbiamo cercato il percorso autocritico nell�in-quietudine etica, nell�esigenza ermeneutica e nella ricezione del tempo come segno dato dell�Infinito gi� visibile nelle nostre vite. Questa meditazione ci porta in realt� a comprendere che la teleologia dell�autocritica si rivela sempre possibile nella Redenzione, nella Stella della Redenzione, per riprendere la lettura di Rosenzweig. � anche questa Stella che guida la nostra avventura, la nostra umanit�. �La sola filosofia di cui ci si possa ancora assumere la responsabilit� di fronte alla disperazione, sarebbe il tentativo di considerare tutte le cose cos� come si presenterebbero dal punto di vista della Redenzione� (Theodor W. Adorno, in Minima moralia, r�flexions sur la vie mutil�e, Payot, 1991). Il percorso autocritico conduce cos� alla sola Speranza possibile, che � la potenza della vita redentrice pi� forte di ogni morte. A condizione, senza dubbio, di comprendere che la Trascendenza � possibile solo attraverso la non-certezza, che la Fede � risveglio per rischiare tutto, nella verit� che rende liberi, l�amore.

 

 

  Copyright� 1999-2003 Comunit� di Sant'Egidio