Aachen 2003

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Luned� 8 Settembre 2003 - Eurogress
Laici e credenti: un�agenda per il nuovo secolo

  
  

Claude Dagens
Vescovo cattolico, Francia
  

I - Il dialogo come sfida

Il titolo e l�obiettivo proposti per la nostra tavola rotonda mi sembrano presupporre un atto preliminare se non di fede, almeno di fiducia reciproca. Ma la formulazione di questo titolo richiede importanti precisazioni e anche delle rettifiche, se si vogliono evitare gravi malintesi.

L�atto o l�a priori di fiducia reciproca fa parte del carisma essenziale della Comunit� di sant�Egidio: pi� il nostro mondo diviene duro e pericoloso, pi� le religioni sono sospettate di portare in loro la violenza e la guerra, pi� il nome stesso di Dio rischia di essere invocato per giustificare le cause della propria parte, come � avvenuto nel caso della guerra in Iraq, pi� diviene urgente sviluppare la forza del dialogo anche in mezzo a opposizioni e differenze legittime. Gli uomini e le donne che si rifanno alle religioni debbono poter incontrare gli uomini e le donne che non si rifanno ad alcuna religione. Ma si percepisce bene come anche questo a priori sia esso stesso una sfida: � necessario anche che n� da un lato n� dall�altro vi sia alcun consenso al sospetto, alla paura o al progetto di strumentalizzare il dialogo, di servirsene per la propria causa. C�� qui una vera esperienza spirituale che comincia dal rispetto e che pu� arrivare fino alla rinuncia di s�. Ne siamo capaci? Lo volgliamo veramente?

Ma, affinch� �laici e credenti� si incontrino veramente, bisogna anche intendersi sull�identit� che si attribuisce loro. E� qui che la formulazione del titolo mi sembra molto ambigua perch� esso contrappone o mette l�uno davanti all�altro un termine che si riferisce a tradizioni culturali e politiche (laici) e un termine che fa riferimento a tradizioni religiose (credenti).

Certamente questo titolo ha un0origine italiana, ma noi non siamo pi� al tempo in cui dei credenti cattolici come Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schumann rischiavano di essere sospettati dai loro avversari delle correnti �laiche� di voler costruire un�Europa �vaticana�. Anche se ci si pu� ancora interrogare e preoccupare per l�attuale esclusione di Dio e dell�eredit� cristiana nel preambolo della nuova Costituzione europea, constatando che questa esclusione va molto oltre la semplice critica politica.

Ma questo stesso titolo �laici e credenti� come potr� essere tradotto e compreso in tedesco, dato che in quella lingua il termine �laici� non indica altro che i membri delle Chiese che non sono ministri ordinati?

Quanto ad un francese come me, ci sono dei motivi di preoccupazione. Si vorrebbe tornare agli inizi della Terza Repubblica, quando il progetto laico di Jules Ferry si affermava come una religione in sostituzione, che si opponeva ad un cattolicesimo anch�esso molto impegnato politicamente? E si dimenticheranno tutti i pensatori della filosofia personalista che, partendo da Emmanuel Mounier e arrivando a Guy Coq, hanno saputo mostrare che tra la tradizione democratica e laica e i valori viventi del Vangelo vi sono delle consonanze profonde?

In breve, non vorrei che i termini del titolo risveglino in noi dei demoni che mi sembravano definitivamente addormentati. La trappola che ci minaccia sempre � quella di immaginare e di praticare tra noi dei rapporti di forza esclusivi, con dei tempi per affrontarsi e dei tempi per allearsi in maniera pi� o meno interessata. Che cessino questi rapporti di forza! Che arrivi l�ora dei confronti aperti, realisti, in cui si giunge poco a poco alla fiducia assoluta, o al meno ad una reale conoscenza reciproca.

Mi piace molto Albert Camus e ammiro come lui quel vecchio maestro laico di Algeri che � stato il suo insegnante e che ha svelato il suo talento, sin dalla sua infanzia. Quell�anziano gli scrisse nel 1959, al momento in cui Camus aveva appena adattato per il teatro i Demoni di Dostoievski, confidandogli il suo stato d�animo davanti alle religioni: �Io credo d�aver rispettato, lungo tutta la mia carriera, quel che vi � di pi� sacro nel bambino: il diritto di cercare la sua verit�. Io vi ho tutti amati e credo aver fatto tutto il mio possibile per non manifestare le mie idee e pesare cos� sulla vostra giovane intelligenza. Quando si presentava il problema di Dio, io dicevo che alcuni vi credevano e altri no. E che, nella pienezza dei suoi diritti, ognuno faceva quel che voleva...� E il post scriptum della stessa lettera spiega questa affermazione: �Io mi ricordo della visita che hai fatto, con i tuoi compagni che facevano la prima comunione come te, nella vostra classe. Tu eri visibilmente contento e fiero dell�abito che indossavi e della festa che stavi celebrando. Sinceramente sono stato contento della vostra gioia, ritenendo che se voi facevate la comunione era perch� vi piaceva. Allora... ) Albert Camus, Le premier homme, Paris 1994, pp. 330-331=

Io non mi faccio illusioni. So che, pi� di quaranta anni dopo Albert Camus, noi non partecipiamo pi� di quella cultura in cui simili riconoscimenti reciproci sarebbero stati facili. Noi veniamo dopo formidabili rotture di tradizioni e di trasmissioni, che si sono realizzate negli anni 65-75, almeno in Europa Occidentale.

Il dialogo tra �laici e credenti� � diventato una sfida che bisogna assumere in condizioni del tutto nuove, sia per coloro che mettono la loro fiducia nelle risorse della ragione umana (traduciamo: �laici�), sia per coloro che la mettono nelle risorse della fede in Dio (i �credenti�).

Quali sono queste nuove condizioni? E, di fronte ad esse, quali sono le esigenze ele responsabilit� di un dialogo reale tra noi?

II � La fede, la ragione e le religioni: una situazione di contrasto

Per dare la misura di queste nuove condizioni del dialogo, io vorrei prendere in considerazione il paesaggio culturale e religioso che � il nostro in Europa e specialmente in Francia, con i suoi rilievi, ma soprattutto con le sue rotture e le sue imperfezioni, di cui soffrono sia i laici che i credenti.

Il paesaggio che si delinea in questo inizio di XXI secolo, � particolarmente in movimento, imprevedibile, incomparabile a quello che esisteva prima del crollo del sistema comunista, minato dalle sue stesse menzogne, e prima dell�apertura, certo liberatrice, del muro di Berlino. E tutto questo era 14 anni fa, nel novembre 1989. Da allora, quanti cambiamenti accelerati, inattesi, dalle profonde conseguenze!

1. L�erosione della fede, e specialmente della fede cristiana, � una evidenza nella maggior parte dei nostri Paesi europei, anche se tale erosione � ineguale. Alcuni evocano, dall�esterno, una agonia del cristianesimo. E molti, dall�interno della fede, soffrono vedendo le loro ragioni per credere guardate con sospetto o messe sotto accusa.

Alcuni giovani che io incontro, ai quali do il sacramento della confermazione fanno questa esperienza. Quando si dicono credenti, vengono presi in giro. Si considera la loro fede come un arcaismo o come un fenomeno irrazionale. Come se il razionalismo moderno fosse l�orizzonte ultimo dell�intelligenza!

Ma, per essere onesti, bisogna anche constatare che la seduzione dell�irrazionale � oggi molto diffusa, e talvolta presso le stesse persone che si servono degli strumenti di calcolo e di manipolazione della ragione scientifica. L�esoterismo e la magia fioriscono pubblicamente. Il sacro pagano � di ritorno, sotto forme dolci o dure, e talvolta nettamente settarie e violente. E� il totalitarismo della ragione che � cos� messo in questione. In modo che dei credenti si stimano a buon titolo pi� rispettosi dei diritti di una ragione aperta.

2. Quanto alle religioni, esse debbono far fronte a contrapposizioni anche pi� forti. Da una parte molti dei nostri contemporanei sono portati a sospettare che esse siano portatrici di violenze e di guerre, in particolare le religioni monoteiste. Ma d�altra parte, e talvolta presso le stesse persone, si percepisce che l�esperienza religiosa affascina e che si vorrebbe servirsene per delle cause diverse, che vanno dalla integrazione sociale alla memoria culturale. Dio sa � se posso dire cos�- a qual punto io apprezzo il lavoro di R�gis Debray per reintrodurre la conoscenza delle religioni nel campo dell�educazione. Ma constato anche che alcuni si servono del suo famoso rapporto su �Il fatto religioso nella scuola laica� per ridurre le religioni ad un fenomeno storico venerabile ma definitivamente superato. E, per altre ragioni, ci si pu� stupire che la costituzione di un organismo rappresentativo per il culto musulmano in Francia sia stato promossa e accompagnata dal ministro dell�Interno della nostra Repubblica laica. Come se le religioni debbano provare anzitutto la loro rispettabilit� politica e sociale!

3. Questi contrasti flagranti obbligano ad uno sforzo di riflessione e, anzitutto, mi sembra, di realismo.

Dovrebbe essere chiaro, anzitutto, che i praticanti della ragione e i praticanti della fede non rappresentano pi� due blocchi contrapposti, condannati ad una guerra permanente. Come vescovo che ha l�incarico di accompagnare in Francia il �Service Incroyance-Foi� (Servizio noncredenza-fede), posso attestare che quell�epoca � passata. E, se ci sono dialogo e confronto tra credenti e non-credenti, essi nascono da persone che sono desiderose di questo dialogo e non da organizzazioni che brandiscono le loro bandiere per difendere delle posizioni prestabilite.

In realt� e in profondit�, � all�interno stesso delle persone, a partire dalle tradizioni di razionalit� o di fede a cui esse si rifanno, che � oggi possibile fare un esame di coscienza. Gi� nel suo bel libro del 1968 su �Fede cristiana ieri e oggi� Joseph Ratzinger evocava questo approfondimento interiore del dialogo: i credenti sanno bene che il dubbio � presente all�interno della loro fede e, viceversa, accade a non credenti di interrogarsi sulle ragioni della loro non credenza.

Al di l� o al di qua dei nostri pronostici riguardo al futuro della fede, e di tutti i processi fatti alla ragione, sta apparendo un fenomeno relativamente nuovo, per chi accetti di guardare al di l� delle apparenze, come ha fatto il papa nella sua enciclica Fides et ratio nel 1998: la ragione e la fede si sviluppano o sono minacciate insieme. Vi � tra di loro una solidariet� profonda: �E� illusorio pensare che la fede, dinanzi a una ragione debole, abbia maggior incisivit�; essa, al contrario, cade nel grave pericolo di essere ridotta a mito o superstizione. Alla stessa stregua, una ragione che non abbia dinanzi una fede adulta non � provocata a puntare lo sguardo sulla novit� e radicalit� dell'essere� (Fides et Ratio, n. 48).

Saremo capaci, pur restando fedeli alle differenti tradizioni da cui siamo costituiti, di prendere sul serio la posta in gioco radicale dei nostri incontri, che toccano le ragioni stesse di quel che noi siamo?

III � Le lotte che dobbiamo sostenere

[Guardiamo ora] alle ragioni di quel che noi siamo e alle lotte che dobbiamo sostenere, di cui alcune sono comuni ed altre debbono restare specificatamente nostre, secondo le nostre convinzioni di laici o di credenti.

1. Una lotta comune per l�umanit� dell�uomo.

Gi� nel 1979, nella sua prima enciclica Redemptor hominis, il papa Giovanni Paolo II constatava che l�uomo moderno � minacciato dai suoi stessi prodotti quando essi non sono governati. Questo avvertimento non ha assolutamente perso valore. Al contrario: il semplice realismo obbliga a riconoscere che lo sviluppo tecnologico, non solo in campo nucleare, ma soprattutto in quello delle scienze biomediche, ha la tendenza a sfuggire al discernimento morale, soprattutto quando gli argomenti di utilit� e rendimento economico guidano i prodotti degli uomini.

E� il principio stesso di umanit� allora che � posto in causa in nome di un utilitarismo che si dice razionale, ma che alla fine � selvaggio, come ha mostrato recentemente il giornalista Jean-Claude Guillebaud in un libro convincente. Si assiste effettivamente a un insieme di derive che portano quasi tutte alla negazione dell�essere umano, con il suo carattere unico. Le tecniche di conquista o le leggi di un mercato senza controlli trattano l�essere umano come una pedina o un oggetto manipolabile senza condizioni.

E� la grammatica elementare dell�esperienza umana che � perci� messa subdolamente in questione. E soprattutto non si creda che si tratta di questioni teoriche che non interesserebbero che i filosofi, o i sapienti, o l�elite di chi comanda nel mondo! Queste questioni radicali sono fatte proprie, sino all�angoscia da molti giovani, simili a quelli che io ho incontrato prima di dare loro il sacramento della confermazione. Sono questioni di vita o di morte, come quella che ascolto o che indovino spesso: �Perch� vivere? E perch� non darsi la morte? E perch� dare la vita piuttosto che non darla? E perch� amare la vita, anche quando � difficile? E come discernere il bene dal male? Dove trovare dei punti d�appoggio che permettano di andare avanti nell�esistenza e di assumersi delle responsabilit�?

Noi saremmo degli ipocriti se facessimo finta di credere che queste domande non riguardano che alcuni giovani in stato di incertezza. Sono delle domande comuni, che rappresentano un appello indirizzato alla coscienza di tutti. Su questo terreno dell�educazione morale, non si pu� rinviare ciascuno alla sua solitudine, raccomandando di essere se stesso e di vivere la propria particolarit�. Vi �, sia nella tradizione laica come in quella cristiana, una scelta di universalismo alla quale non possiamo rinunciare. Non si tratta di fare un fronte comune contro l�immoralit�. Si tratta di difendere l�umanit� di ogni essere umano, dando ad ognuno delle regioni per credere nella propria dignit�.

2. La nostra responsabilit� specifica di cattolici.

Nella lotta per affermare e per difendere l�umanit� dell�uomo, noi, credenti, membri della Chiesa cattolica, ci teniamo a essere noi stessi in mezzo agli altri e ad essere riconosciuti per quel che siamo.

Essere riconosciuti per quel che siamo non vuol dire essere ridotti ad una forza politica o sociale, alla quale ci si potrebbe opporre o alleare. Noi non siamo il partito di Dio davanti a partiti che si dicono senza Dio. Noi siamo la Chiesa, �segno e mezzo dell�unione intima con Dio e dell�unit� di tutto il genere umano�, come ha chiaramente affermato il Concilio Vaticano II (Lumen Gentium, n.1)

Ci� ci obbliga �e si tratta di una vera lotta- a non lasciarci manipolare da coloro che ci vorrebbero considerare come gli eredi di tradizioni venerabili, ma superate. Noi vogliamo manifestare la verit� attuale della fede cristiana, che non si misura soltanto a partire da statistiche, soprattutto quando mettono in rilievo il continuo abbassamento della pratica detta religiosa. Questa vitalit� religiosa deve essere misurata alla sorgente. Riconosciamo che c�� molto da liberare e da purificare in noi, credenti in Cristo, per lasciare sgorgare questa sorgente e averne veramente sete. Riconosciamo anche che, in questo campo dell�attesa di Dio, altre genti venute da lontano, spesso poveri o stranieri o giovani, sono i nostri maestri, perch� essi hanno sete della fonte di verit� e di vita, in mezzo alle menzogne e alle crudelt� di questo mondo.

Veniamo trattati talvolta come dei sopravvissuti di una specie in via di estinzione. E� nostro compito manifestare quale rinascita opera in noi il dono di Dio, la fede nel Cristo, Lui che viene a �cercare e salvare quel che era perduto� (Lc. 19,10). E� compito della Chiesa tutta intera, sulla scala delle nostre nazioni ma anche nel quadro delle nostre parrocchie, di verificare di pi� che essa sia al servizio davvero della societ�, pur restando se stessa. �Sale della terra e luce del mondo� (Matteo 5, 15-16): queste parole di Ges� non sono delle formule vuote. Esse assumono senso quando vediamo alcune delle nostre comunit� permettere a stranieri di essere riconosciuti nella loro vera dignit� umana. E anche quando la liturgia della Chiesa fa comprendere, attraverso i segni, che il cielo di Dio non � chiuso e che la morte pu� essere riconosciuta come un passaggio, sempre duro, ma sempre aperto, grazie alla Pasqua di Cristo.

Questa testimonianza pu� sembrare che riguardi quel che vi � di pi� intimo nei nostri cuori. E tuttavia essa si presenta anche sulla piazza pubblica, soprattutto in certe ore e davanti a certe morti che fanno parte della nostra storia comune.

Come vescovo di Angouleme, qualche anno fa, ho dovuto presiedere alle esequie di un ex presidente della repubblica, nel suo comune di origine. Molte persone si sono interessate quel giorno a quel che accadeva dietro le quinte o ai margini di quella morte. Molte poche persone hanno notato che Fran�ois Mitterand aveva scelto di essere sepolto vicino ai suoi familiari, a Jarnac. La messa delle esequie, che lui aveva desiderato, aveva luogo nella chiesa in cui era stato battezzato. E l�unica volta in cui l�avevo incontrato, noi non avevamo parlato d�altro che del suo battesimo, perch� il suo certificato di battesimo era esposto a due passi dal luogo in cui ci trovavamo.

Il pi� grande ricordo che conservo di quella celebrazione � quello della Parola di Dio che avevo scelto con la famiglia del defunto. Era il dialogo dell�apostolo Tommaso con Ges�, durante la cena dell�addio: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?" (Gv. 14, 5). Il che mostra che anche agli apostoli poteva accadere, come accade a ciascuno di noi, di dire: �io non so� e di attendere un segno da Dio. E poi l�altra lettura, la prima, che era anch�essa dell�apostolo Giovanni, quando evoca con forza fiammeggiante la vittoria dell�Amore di Dio, dato che �qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio � pi� grande del nostro cuore� (1Gv. 3, 20).

Dio � pi� grande del nostro cuore o delle nostre azioni di uomini fragili e deboli! Non ho l�intenzione di battezzare contro voglia coloro che non intendono riconoscere questo orizzonte! Ma attesto che per noi, credenti, l�amicizia, le esigenze, le critiche dei �laici�, di tutti coloro che credono al lavoro della ragione e della coscienza, ci obbligano a essere ancora pi� radicalmente credenti che si abbandonano a Dio e rinunciano a strumentalizzarlo. Tanto meglio allora se il dialogo tra noi scava in noi, in ciascuno di noi, il desiderio di �fare la verit�� e di viverne. Non c�� pi� allora nessuna tattica di dialogo, dato che si tratta della nostra comune umanit�, nella sua profondit�.

 

 

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