Agostino Giovagnoli
Comunit� di Sant�Egidio
1. Dall�Europa non un modello ma un�esperienza. Nell�agenda del nuovo secolo, insieme ad altri, un punto appare prioritario: evitare quello che il grande islamologo Louis Massignon, gi� nel lontano 1952 � e cio� ben prima che ne parlasse Shmuel Huntington - chiamava �il clash delle culture� . E� un obiettivo gi� presente nei precedenti incontri della Comunit� di S. Egidio e questa volta richiamato in modo speciale dal tema generale di questo meeting: �Tra guerra e pace. Religioni e culture si incontrano�. Possono credenti e non credenti collaborare insieme per questo obiettivo? C� � un apporto specifico che pu� venire dal dialogo tra credenti e non credenti per allontanare lo scontro fra culture e religioni? Parlando qui ad Aachen, nel cuore dell�Europa e davanti a tante memorie della sua storia, viene in mente anzitutto la lunga esperienza europea di rapporti, difficili e complessi, sia tra cristiani di diverse confessioni sia tra credenti e non credenti. Dopo sanguinose guerre di religione che si sono svolte all�inizio dell�et� moderna, in Europa lo Stato ha iniziato a ritirarsi dalle dispute religiose, a separarsi dalle Chiese e ad affermare la propria incompetenza davanti al problema della verit�. Gradualmente, i credenti hanno assistito al tramonto del mondo della cristianit�, sperimentando in modo sempre pi� pacifico la realt� del pluralismo e la convivenza con l�alterit� . Hanno imparato, cio�, a vivere il rapporto con l�altro, identificato, soprattutto, prima, con il cristiano di un�altra confessione e, poi, con il non credente, mentre l�incontro con credenti di altre religioni � rimasto, in Europa, legato soprattutto alla presenza di minoranze ebraiche. Questa esperienza ha seguito strade diverse nei vari paesi europei. In Francia, in Italia e in altri paesi europei, prevalentemente cattolici, si � sviluppata intorno al tema della �laicit��, che nelle sue espressioni ultime e pi� mature indica una separazione non ostile n� conflittuale tra Stato e Chiesa, sfera religiosa e sfera profana . Il �vocabolario della laicit��, invece, non ha un esatto corrispettivo nella lingua inglese o tedesca, ma alcuni risultati sono comuni, in forme diverse, a tutti i paesi europei. Attraverso percorsi differenti, infatti, tanti europei, credenti e non credenti, sono giunti ad un importante traguardo: il rifiuto della violenza per affermare la propria fede. Nel tempo, tale conquista, si � incontrata con apporti preziosi, come quelli provenienti dalla cultura liberale o dal socialismo umanista, da cui viene il presidente Mario Soares. Nelle sue espressioni pi� elevate, il principio della �laicit�� ha espresso non l�antagonismo ma la conciliazione tra fede e ragione, raccogliendo e fondendo le istanze pi� profonde dell�una e dell�altra . Tale esperienza ha ancora qualcosa da dire al mondo del XXI secolo? E pu� essere �esportata� anche fuori dall�Europa? Si deve riconoscere che, finora, i tentativi di introdurre in situazioni non europee rincipi europei e nordamericani come quello della separazione tra Chiesa e Stato o della tolleranza religiosa hanno incontrato molte difficolt�. Anche oggi, raramente, tali principi vengono accettati subito e senza riserve e ci� provoca, spesso, impazienza in chi cerca di trasmetterli. Ma tale impazienza non � giustificata. In questo campo, prima di giungere a risultati apprezzabili, l�esperienza europea � stata lunga, tormentata e persino sanguinosa. Sono vicende in gran parte superate, che per� � utile ricordare mentre viviamo il rischio di essere poco tolleranti quando, contraddittoriamente, pretendiamo non di proporre ma di imporre la tolleranza. E�, talvolta, anche il caso di quanti parlano di �reciprocit�� e pretendono parit� di trattamento tra gli immigrati musulmani in Europa e i cristiani in terra dell�Islam: poich� poi tale reciprocit� non si realizza facilmente, molti abbandonano i loro bei propositi di tolleranza, mostrando cos� di averne appreso solo superficialmente la lezione . Ma, indubbiamente, occorre riconoscere che ci sono anche problemi di fondo che rendono difficile �esportare� questa esperienza europea fuori dell�Europa . Diversamente da quanto comunemente si crede, le maggiori difficolt� non derivano tanto dalla struttura interna dei vari universi religiosi, da specifici principi teologici o da particolari regole morali, quanto dalla diversit� dei contesti storici e culturali in cui si sviluppano conflitti religiosi o, pi� spesso, conflitti di altra natura che per� utilizzano l�elemento religioso. Pesa, in particolare, un�esperienza dell�alterit� che per secoli � stata in Europa tutta interna a una certa omogeneit� culturale e religiosa: si tratta di un �modello� che ha conosciuto poco, la problematica della convivenza multiculturale e multireligiosa . Oggi, inoltre, anche in Europa sembrano addensarsi nuove nubi. Qui, nota Ren� Remond, i credenti lamentano non solo indifferenza ma anche �disprezzo� verso il cristianesimo e le sue espressioni . Per i non credenti, invece, sarebbero in corso tentativi di imporre specifici punti di vista religiosi sul terreno politico o legislativo: la richiesta di inserire un richiamo al cristianesimo nella Convenzione europea � oggetto di molte critiche. Sembrerebbe, insomma, che anche in Europa si stia tornando, se non ai grandi scontri del passato, a forme di incomprensione, attrito e diffidenza tra credenti e non credenti. Ma sarebbe pericoloso se gli europei dimenticassero o addirittura abbandonassero del tutto l�esperienza dei secoli passati. Sono, infatti, presenti nel mondo contemporaneo tendenze verso l��estremismo�� ma si tratta di un�espressione schematica e generica � religioso o irreligioso che alimentano conflitti a volte molto acuti e pericolosi. Tali conflitti, almeno in teoria, potrebbero trovare una soluzione separando religione e politica e, pi� in generale, la forza della fede dai metodi della violenza: qualsiasi terrorismo, ad esempio, troverebbe nei principi della �laicit�� o della tolleranza barriere insuperabile. Dall�Europa viene in questo senso un messaggio positivo � che si affianca ad altri nel campo dei diritti umani come l�abolizione della pena di morte -, ma che spesso gli europei non sono in grado di comunicare per una scarsa capacit� di confrontarsi con culture e situazioni diverse. In questa linea, credo che credenti e non credenti, forti di un dialogo ormai secolare, possono collaborare per costruire nel mondo nuove situazioni di coabitazione multireligiosa. 2. La questione della verit�. C�� oggi un problema che torna ad imporsi con forza: la fede di milioni e milioni di persone in una verit� assoluta e universale. Nella cultura europea, la questione della verit� ha vissuto una parabola declinante. Tale questione � sembrata sempre pi� improponibile, perch� �lo sguardo sull�aldil� ci � impedito�, come scrive Goethe nel Faust. Pi� recentemente, il problema � parso definitivamente superato sotto l�influenza di una cultura scientifica sempre pi� complessa e mentre si affermava il cosiddetto �pensiero debole�. Oggi, agli occhi di molti, sembra una questione che suscita solo problemi irresolubili o conflitti insanabili. Molti non credenti e molti credenti, ad esempio, inclinano a ritenere che il dialogo interreligioso sia impraticabile se, prima, non si accantona l�idea di una verit� assoluta e universale. Su questa base, viene spesso proposta una tolleranza legata al riconoscimento del pari valore tra diverse verit� o all�indifferenza verso il problema della verit�. Le cose, per�, non sono cos� semplici. Milioni di credenti, di diverse religioni, hanno fede in una verit� assoluta e universale . Per loro � impossibile sopprimere la questione della verit� e, anzi, molti sentono oggi il problema in modo pi� acuto rispetto a ieri. Di fatto, porre la condizione di azzerare la questione prima di incamminarsi sulla via del dialogo, significa rinunciare a coinvolgerli nella costruzione di forme pacifiche di convivenza, proprio quando tale convivenza � imposta in modo sempre pi� frequente dai processi di globalizzazione. La �questione della verit��, anche se divide, non pu� essere evitata . Ma riconoscere la rilevanza di questo problema significa necessariamente accettare lo scontro delle idee e il conflitto tra le persone o tra i popoli? A me pare che proprio qui emerga tutta l�importanza dell�esperienza storica europea. Sia pure in relazione ad altri tempi e ad altre situazioni, tale esperienza mostra che la presenza di credenti che hanno fede in una verit� assoluta e universale non impone necessariamente la guerra di religione. In Europa, una convivenza pacifica con l�altro � stata possibile anche in presenza di un contesto religioso fortemente legato all�idea di verit�. E� possibile raggiungere risultati analoghi attraverso altre strade? Va ricordato, anzitutto, come disse mons. Rossano all�incontro interreligioso organizzato dalla Comunit� di S. Egidio a Bari, nel 1990, che i credenti, scavando in profondit� nel proprio patrimonio religioso, possono sempre trovare forti ragioni per dialogare con altri, per rispettarli e persino per amarli: per costruire, insomma, forme pacifiche di coabitazione multireligiosa. Ci� vale anche � e in modo speciale � per i credenti delle grandi religioni monoteiste, oggi sotto accusa perch� portatori di una visione che comporterebbe inevitabilmente esclusione e sopraffazione dell�altro: il monoteismo sarebbe, al fondo, inconciliabile con la tolleranza. Secondo alcuni, si dovrebbe rinunciare all�idea di un Dio vero e unico, per risalire ad un orizzonte politeista, di �interscambiabilit� degli dei� per promuovere forme pacifiche di relazioni interculturali. Anche in Europa abbiamo ascoltato, negli ultimi anni, molti elogi del politeismo. Ma la storia insegna che il politeismo non garantisce la pace e, in ogni caso, all�interno del monoteismo si trovano elementi decisivi per costruire una pacifica convivenza multireligiosa. Ren� Girard, ad esempio, individua nel monoteismo l�inizio di una radicale separazione tra divinit� e vittima, culto a Dio e sacrificio umano, religione e violenza . Qualche giorno fa, a proposito della spirale di odio che alimenta il conflitto in Medio Oriente, il card. Martini ha ricordato le pagine della Bibbia che parlano del legame tra idolatria e violenza: sono gli idoli, che si sostituiscono all�unico verso Dio, a rendere gli uomini schiavi e ad armare la loro mano . Secondo i Padri della Chiesa, il cristianesimo ha aperto inedite possibilit� di pace ad un mondo in perenne conflitto perch� influenzato dai culti pagani falsi e idolatri. Anche l�esperienza della Chiesa cattolica nel secolo scorso appare, in questo senso, illuminante . La difficile via cattolica verso la �laicit�� � passata, ad esempio, attraverso una lunga meditazione della parabola evangelica della zizzania. Un nemico, dice la parabola, ha piantato la zizzania, ma quando i servitori chiesero: �vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?�, il padrone del campo rispose: �no, perch� non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano�. Senza mettere sullo stesso piano la pianta buona e quella cattiva, il testo manifesta la pazienza di Dio che interviene per fermare l�impazienza degli uomini, non tanto per proteggere la pianta cattiva, quanto per non sradicare quella buona. In questa luce, la �laicit�� o la tolleranza possono essere viste come la risposta dell�uomo alla pazienza divina, il suo s� al rifiuto della violenza da parte di Dio. �Laico� o tollerante �, infatti, il credente che si interroga sulla volont� di Dio senza identificarla sempre e comunque con la propria e, in certo senso, ci� vale anche per il non credente, anch�egli tentato di attribuire non solo ai propri principi ma anche ai propri progetti un valore assoluto e universale. Secondo alcuni, la via del dialogo � alternativa a quella della missione: chi crede nella verit� l�annuncia al mondo e non la cerca da altri. Ma l�urgenza con cui i credenti sono chiamati ad evangelizzare e i tempi lunghi della salvezza operata da Dio fanno parte dello stesso disegno e concorrono allo stesso fine. Indubbiamente, esiste una �patologia della religione [che �] la malattia pi� pericolosa dello spirito umano� e che la ragione � chiamata a contrastare, come afferma il card. Ratzinger . Ma tale patologia non si identifica con la fede nella verit�: si trova, piuttosto, in scelte ed atteggiamenti imputabili agli uomini, credenti o non credenti. 3. All�inizio del XXI secolo. Fa riflettere in questo senso il deciso impegno di un credente, Giovanni Paolo II, a favore della pace. Egli si � battuto a fondo non solo per impedire la guerra in Iraq, ma anche per evitare che la reazione occidentale contro il terrorismo assumesse l�aspetto di una guerra di religione tra cristianit� e Islam. Il forte coinvolgimento personale del papa configurerebbe, secondo qualcuno, un intervento occasionale e contingente, che impegnerebbe solo limitatamente la Chiesa cattolica, senza modificarne la dottrina generale sulla guerra e sulla pace. Molti cristiani, per�, soprattutto europei, anche di confessioni diverse da quella cattolica si sono associati alle posizioni del papa, facendo cos� emergere con forza, in Occidente e nel mondo, un modo di vivere il cristianesimo che si distingue da quello praticato da una parte della societ� nordamericana. �La guerra in Iraq � nota Andrea Riccardi � ha proposto con grande evidenza il problema di due cristianesimi, quello della tradizione, tendenzialmente contrario al conflitto, e quello neoprotestante, favorevole alla guerra in Iraq� . All�inizio del XXI secolo, le relazioni tra religione e politica hanno assunto una dimensione planetaria, intorno a ci� che la pubblicista corrente chiama l��impero americano�, facendo riferimento al ruolo speciale occupato attualmente dagli Stati Uniti sulla scena mondiale. Esiste una religione dell�impero? Molti se lo sono chiesti, facendo riferimento al presidente Bush, di cui � nota l�esperienza religiosa di �rebirth�, di �rinato�, e a molti neoconservatives, che occupano posti di responsabilit� nell�amministrazione americana. Sul gruppo dirigente che � alla guida degli Stati Uniti pesa, infatti, l�influenza di un clima fondamentalista diffuso in taluni ambienti protestanti nordamericani. Le differenze tra neoprotestantesimo nord-americano e cristianesimo storico europeo appaiono rilevanti nell�orizzonte del XXI secolo. I non credenti possono non riconoscersi nelle motivazioni di Giovanni Paolo II, che non coincidono con la loro visione della �laicit�� o della tolleranza. Ma, sotto il profilo storico, le sue posizioni accolgono alcune delle istanze pi� profonde che scaturiscono dall�esperienza storica europea in questo campo. In un mondo sempre pi� complesso e mentre le identit� diventano sempre pi� incerte, si preferiscono le semplificazioni e si respingono i dubbi. Ma proprio in questa situazione, credenti e non credenti sono chiamati a cercare una �terza via� tra secolarismo e fondamentalismo, tra le certezze di chi esclude l�interrogativo religioso dal proprio orizzonte e le sicurezze di chi esclude gli interrogativi della storia dalla propria fede. Attraverso il dialogo, credenti e non credenti possono disarmare la propria mano e invitare altri ad unirsi al loro cammino
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