Riccardo Di Segni
Rabbino Capo di Roma, Italia
Oggi � l�8 settembre, una data che a molti non dice nulla, ma che per un romano � importante. Esattamente sessanta anni fa le truppe tedesche entrarono a Roma sbaragliando una difesa tanto eroica quanto inefficace. Fu l�inizio dell�inferno per molti, soprattutto per gli ebrei. Se ora sono qui � anche perch� i miei genitori ebbero la sorte di sfuggire alle persecuzioni di gente venuta da questa terra, persone che potrebbero essere anche i padri di qualcuno che si incontra per le strade o persino qui presente. Essere ora qui, in questo momento e in questa terra, come ebreo romano, a parlare di pace assume un senso del tutto speciale. La memoria non pu� essere cancellata, il passato guida la costruzione del futuro. Potremmo iniziare questa riflessione sulla preghiera con un efficace esempio tratto dalla letteratura profetica biblica. Il tanto piccolo quanto prezioso libro del profeta Jon�, Giona, racconta all�inizio come il profeta, chiamato da D. ad una missione verso Ninive, sfugge alla chiamata con una fuga in direzione opposta. Va a Jaffo e si imbarca, scende nella stiva e si addormenta. Ma la nave viene colta da una tempesta in mare. I marinai fanno di tutto per salvare la nave, prima tecnicamente, poi con le armi della preghiera, ciascuno rivolgendosi al suo dio. Ma non serve a niente. Allora si ricordano che c�� un altro passeggero che finora non ha partecipato all�evento della preghiera collettiva, e lo vanno a chiamare con queste parole: �che stai a fare addormentato, svegliati e invoca il tuo D.� Ma Jon�, non risponde con la preghiera. I marinai cercano di individuare un responsabile, estraggono a sorte e individuano proprio Jon�, e dalle sue parole capiscono che tutto dipende da lui, dal suo tentativo di fuga. Jon� spiega che la tempesta finir� solo se verr� preso e gettato in mare. I marinai capiscono che non hanno alternative. Ma essendo persone per bene e rispettose della vita, ma pure timorose delle punizioni divine per quello che sembra proprio un sacrificio umano chiedono perd�no, questa volta al D. di Jon�, per l�atto che stanno per fare. La tempesta si calma appena Jon� � in acqua, i marinai riconoscono il potere di quel D. terribile che Jon� rappresenta e gli fanno voti di ringraziamento. Jon� � il cui nome significa colomba, e che richiama il simbolo della pace, dalla storia di No� e della fine del diluvio- fino ad ora non ha pregato; pregher� solo dall�interno delle viscere del grande pesce che l�ha divorato dopo il tuffo. Il grande apologo � probabilmente il pi� antico testimone biblico di una preghiera che oggi diremmo ecumenica, anche se non � stata programmata come tale dall�inizio. Una morale possibile, tra le tante, � che pregare � una gran bella cosa, ma serve a poco se il problema che sta alla base della crisi non � eliminato. Se c�� una responsabilit� va identificata, se c�� un torto va riparato. E forse bisogna anche identificare l�indirizzo giusto dove spedire la preghiera. Non sar� politically correct ribadirlo, ma secondo la Bibbia c�� solo un D. preposto all�ascolto della preghiera. E comunque la sua disponibilit� all�ascolto non � perenne n� infinita. Se c�� un momento adatto per la preghiera � proprio quello in cui il singolo e la collettivit� decidono di correggere le loro azioni e in base a questo impegno si rivolgono fiduciosi a D. certi che la loro preghiera verr� ascoltata. E� proprio ci� che insegna la fine del libro di Jon�, dove contro l�ostinato parere del profeta, si rivela la maest� del D. non pi� terribile ma misericordioso. Il tema di questa tavola rotonda � �la preghiera alla radice della pace�. Ho molti dubbi sulla verit� di questo titolo. La preghiera non � alla radice della pace. Pensare alla preghiera come radice della pace � un grande esercizio di speranza e di ottimismo, ma se non si mettono in chiaro alcune cose si rischia di fare solo della propaganda e persino di imporre (contro ogni intenzione pacifica) un modello religioso e culturale per nulla condiviso n� condivisibile. La preghiera � uno strumento, per chi crede assai potente, ma non ha un valore pacifico o etico automatico. Certo per il singolo orante pu� essere il mezzo efficace per arrivare alla pace interiore, per la collettivit� pu� essere strumento di concordia. Ma oltre al singolo c�� l�altro, oltre a un gruppo ce n�� un�altro, ciascuno con diversi ideali e aspirazioni. E la pace di uno non � la pace del gruppo, e la pace del gruppo non � la pace dei o tra i gruppi. La preghiera � lode, ringraziamento e richiesta; � espressione di fede, perch� presuppone qualcuno in ascolto; � strumento di comunicazione con il sacro e di comunione della collettivit� degli oranti nella storia passata presente e futura; � l�espressione di un programma singolo o comune. Ma dentro questa cornice possono esistere le aspirazioni pi� nobili quanto le peggiori, l�amore come l�egoismo, la meschinit� e l�odio, l�universalismo e il particolarismo, la richiesta di vincere alla lotteria o di vincere in guerra, la dispersione o l�eliminazione dei nemici, la fine dei malvagi o la fine del male (che fortunatamente non sono la stessa cosa) o la richiesta di fare la pace con tutti. L�entit� a cui si rivolge la preghiera pu� essere un Dio benevolo e pacifico, ma pu� essere il simbolo della guerra e dell�ordine violento dei potenti e dei prepotenti. Ci vuole ben altro che la preghiera per radicare la pace. Sono le intenzioni oneste, la volont� di dialogare e costruire. I nostri profeti insegnano che i sacrifici, in un certo senso esteriorit� del culto, diventano bestemmia se vengono fatti con mani grondanti di sangue e sofferenza umana, se nella societ� non si � fatto di tutto per stabilire la giustizia. Mettersi insieme a pregare pu� essere uno spettacolo edificante e suggestivo, ma non ha senso se non c�� un programma comune onestamente condiviso. Colui che scruta le intenzioni reali degli uomini riposte nel profondo dei lori cuori, sapr� bene distinguere le dichiarazioni dagli intenti, i fatti dalle parole, le cerimonie pompose e colorate dalla reale volont� di costruire insieme. Nel momento in cui intorno ad un tavolo si incontrano rappresentanti di fedi diverse, c�� gi� un senso di speranza. Le diversit� religiose nella storia hanno portato pi� spesso a conflitti che a situazioni di pace, se per pace si intende la condizione di armonica convivenza di diversi con pari diritti e doveri e con pari dignit�. Oggi giustamente all�interno e all�esterno delle religioni � forte la richiesta di promuovere le pulsioni e le richieste di pace che ciascuna religione porta da sempre con s�, usando la grande forza spirituale e la capacit� di coinvolgimento di ognuna per un progetto di pace comune. Per questo il solo fatto che le diversit� si incontrino e non si scontrino, si parlino e si ascoltino � un segnale importante. Soprattutto nel momento in cui altri usano il linguaggio delle armi. Ma poi sorge il problema del come continuare, dei mezzi da usare. Siccome tutti o quasi tutti pregano, nelle religioni, la preghiera per alcuni rappresenta la soluzione apparentemente pi� semplice ed efficace per far parlare insieme le diversit�. La suggestione mediatica delle grandi assemblee come questa � certo importante nella nostra civilt� di comunicazione. Ma tradiremmo tutti il messaggio biblico, che � nostra radice comune, affrontando questi eventi nella pura esteriorit� della parola, per quanto sacra voglia essere. Per finire con una citazione dal midrash lasciamo la parola ai nostri Maestri,. Nessuno meglio di loro pu� esprimere l�anelito alla pace. Sono parole di circa 16-17 secoli fa che non perdono la loro attualit�. E che in alternativa al titolo della nostra tavola rotonda ce ne propongono un altro �la pace � il chot�m, il degno sigillo della preghiera�- la pi� degna di tutte le nostre aspirazioni. �Tanto cara � la pace che il Signore benedetto l�ha data a Sion, come � detto (Salmi 122) �chiedete la pace di Gerusalemme�; tanto cara � la pace che il Signore benedetto l�ha posta in cielo, come � detto (Giobbe 25) �colui che fa la pace nelle sue altitudini�; tanto cara � la pace che il Signore benedetto l�ha data ai vicini e ai lontani, come � detto (Isaia 57) �pace, pace al lontano e al vicino�; tanto cara � la pace che il Signore benedetto non l�ha data ai malvagi, come � detto (Isaia 48) �non c�� pace, dice il Signore, per i malvagi�; tanto cara � la pace che il Signore benedetto l�ha data a Pinchas come ricompensa, come � detto (Numeri 25) �ecco Io gli d� il mio patto di pace�; tanto cara � la pace che il Signore benedetto annuncer� a Gerusalemme che saranno redenti solo con la pace, come � detto (Isaia 52) �l�araldo che annuncia la pace�; disse Rabb� Levi, tanto cara � la pace che tutte le benedizioni finiscono sono soltanto con espressioni di pace: la lettura dello Shem� finisce con la pace: �colui che stende la capanna di pace�, la preghiera principale �la Amid�- finisce con la pace , la benedizione sacerdotale finisce con � e ti ponga la pace�; tanto cara � la pace che il Signore benedetto non consola Gerusalemme altro che con la pace, come � detto (Isaia 66) �ecco Io stendo verso di lei, come un fiume, la pace�; disse Rabbi Shimon ben Chalafta: guarda quanto cara � la pace, quando il Signore benedetto volle benedire Israele non trov� come unico contenitore per tutte le benedizioni altro che la pace, come si deduce dal verso (Salmi 29) �Il Signore dar� forza al suo popolo, il Signore benedir� il suo popolo con la pace�.(Devarim Rabb� 5:14).
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