Aachen 2003

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Luned� 8 Settembre 2003 - Eurogress
Acqua: crisi ambientali e sviluppo umano

  
  

Leonardo Palombi
Comunit� di Sant�Egidio
  

Vorrei, in questa tavola rotonda cos� densa di significati per la pace e per le religioni, provare a disegnare insieme a tutti voi i contorni di quella che a me appare una sfida, e per di pi� sfida decisiva non solo per lo sviluppo ma per il destino stesso del genere umano. Sono infatti convinto che stiamo vivendo, intorno all�acqua e all�ambiente, un momento decisivo ed epocale, in cui le nostre scelte determineranno una nuova prospettiva di rinascita o, al contrario, prepareranno un decadimento di dimensioni drammatiche. Consentitemi, anche alla luce di quanto sinora autorevolmente esposto da coloro che mi hanno preceduto, di supportare questa mia tesi, provando a disegnare lo scenario ed il bivio a cui siamo giunti. Ogni problema richiede e insieme offre una chance di cambiamento da raccogliere per ridisegnare il nostro destino, prima che siano le necessit� a governarlo, magari nelle pi� spiacevoli circostanze.

1. Attorno all�acqua si avvita la crisi dell�intero modello di sviluppo che abbiamo sinora adottato. Il nostro mondo � figlio di due epocali fenomeni: la transizione demografica e una espansione individuale dei consumi che non conosce precedenti nella storia dell�umanit�. L�alba del 12 ottobre sorger� su un mondo popolato da 6 miliardi di esseri umani. Molti hanno dichiarato le proprie preoccupazioni per un mondo cos� affollato, ma davvero non si comprende come si possa rifiutare la chance di questa transizione ai popoli poveri, anche considerando che tale fenomeno demografico rappresenta in s� una conquista. Esso segna infatti il passaggio da un quadro caratterizzato da una alta mortalit� ed una alta natalit� con attesa di vita molto ridotta ad un altro in cui il nuovo equilibrio tra nascite e decessi � invece segnato da una bassa natalit� e bassa mortalit� ed una superiore attesa di vita. Sappiamo che i fattori alla base di questa transizione, in primis miglioramenti nutrizionali e aumento della alfabetizzazione ed educazione, conducono a societ� in s� pi� stabili e rappresentano in qualche modo una sintesi dello sviluppo umano. D�altro canto si calcola che nel corso del �900 l�espansione dei consumi sia stata pari ad un fattore 24, almeno tale sembra essere, a parit� di unit� monetaria utilizzata, l�entit� di incremento di produzioni e scambi commerciali nel corso del secolo. Tuttavia il prodotto delle due curve di crescita, quella di popolazione e quella dei consumi, ha un costo in termini idrici che si va rivelando intollerabile. E� un costo che non tutti pagano allo stesso modo: mentre nei paesi industrializzati ciascun abitante pu� consumare dai 200 ai 400 litri al giorno, un terzo dell�umanit� vive in aree colpite da �stress idrico� e per dissetarsi spende ogni giorno buona parte delle proprie energie. Le persone a cui � negato l�accesso a fonti sicure di acqua potabile sono oggi 1 miliardo e 200 milioni e almeno il doppio quelle costrette a vivere in condizioni igienico-sanitarie inadeguate. Si stima che nel 2025 saranno quasi 3 miliardi gli individui sprovvisti di accesso sicuro. L�utilizzo di acqua non sicura � associato alla diffusione di 20 maggiori patologie evitabili e rappresenta, nel suo micidiale mix con la malnutrizione, una delle maggiori cause di morte e di malattia nel mondo. La sola diarrea rappresenta il terzo singolo fattore, dopo l�AIDS e le affezioni respiratorie, responsabile di decessi precoci. Esiste tuttavia un aspetto comune del problema: il debito idrico. Le falde dei principali paesi cerealicoli perdono ogni anno a causa della captazione troppo intensa 180 miliardi di metri cubi d�acqua, circa il doppio della portata annua del Nilo. In India il ritmo di estrazione dalle falde � pari al doppio della capacit� di ricarico determinata dalle piogge. In molte regioni della Cina, la falda acquifera scende di circa 1,5 metri l�anno. La quantit� di terreni utilizzabili a fini irrigui si riduce ovunque.

2. Vorrei aggiungere che l�acqua diviene anche il nodo di un modello energetico: la scelta di continuare a privilegiare l�utilizzo dei combustibili fossili, al di l� delle diatribe sulle ricorrenze cicliche temporali dell�accumularsi di anidride carbonica, un effetto mi sembra lo abbia indiscutibilmente prodotto: la destabilizzazione del clima del nostro pianeta. Questa instabilit� � sotto gli occhi di tutti, manifestata dall�aumento impressionante non solo delle temperature medie stagionali e da imponenti fenomeni di tropicalizzazione, quanto piuttosto dal marcato ed universale incremento di eventi violenti: uragani e alluvioni, siccit� prolungate, forti alterazioni dei cicli stagionali. C�� un prezzo, in termini idrici, che tutti paghiamo per tale instabilit�, ma va anche detto, ancora una volta, che il prezzo pi� alto lo pagano i poveri: le crisi ambientali di alluvioni e siccit� ravvicinate che hanno caratterizzato alcuni paesi dell�Africa australe e centrale, come Mozambico e Malawi, ad esempio, hanno indotto carestie di drammatica portata con una insicurezza alimentare per decine di milioni di individui o con distruzioni estese e difficilmente rimediabili. Solo a titolo di esempio, le alluvioni di 2 anni fa hanno distrutto in Mozambico centinaia di migliaia di abitazioni e centinaia di povere scuole in un�area del paese grande quanto la Svizzera. I cambiamenti climatici stanno gi� avendo un impatto sulle nostre disponibilit� idriche e possiamo solo prevedere un peggioramento, allo stato dei fatti.

3. Molto altro ci sarebbe da dire sui termini del problema. Mi sembra che chi mi ha preceduto lo abbia fatto in modo egregio. Acqua: poca, inquinata, sempre pi� cara, sempre meno disponibile. Cosa possiamo fare? O meglio: cosa dobbiamo cambiare? Qualcuno coglie una stringente equazione tra crescita delle popolazioni e consumo di acqua, e si augura che sia ancora possibile invertire gli attuali trend. A me sembra che questa strada sia difficilmente percorribile. C�� tutta una storia demografica che ci insegna che � lo sviluppo, e non il suo contrario, a favorire il declino dei tassi di natalit� e a modellare popolazioni pi� stabili. Dobbiamo invece riflettere- a me pare- su una profonda modifica del modello dei consumi, assegnando alle risorse idriche il loro adeguato ruolo in una classifica dei valori e dei costi. Al tempo stesso questo modello dei consumi � ormai diffuso a livello globale. Come potremo impedire di adottarlo alle classi emergenti in paesi come la Cina, o l�India o in America Latina se non saremo capaci di modificare i nostri comportamenti? Autoveicoli, elettrodomestici, abiti e cibi �costano� acqua. La dieta occidentale costa, a causa dell�elevato consumo di carne, circa 800 kg di cereali all�anno. In India il consumo � 4 volte inferiore e di altrettanto lo sar� quello idrico. Siamo stati sinora salvati da una crisi di pi� drammatiche proporzioni dalla forzata astinenza dai consumi di tanta parte dell�umanit�. Potremo ancora chiedere loro di risparmiare per noi, popoli ricchi del nord e dell�occidente? Mi sembrerebbe non equo e non giusto, oltre che impossibile. Una prima risposta potrebbe dunque nascere dalla scelta delle civilt� opulente di autolimitare i propri consumi. Questo sarebbe un segnale molto importante. A me pare infatti che la crisi idrica e quella ambientale aiutino tutti noi a rafforzare la consapevolezza del fatto che il mondo � la nostra casa comune, al di l� degli angusti confini nazionali o domestici o individuali. Una casa di cui prenderci cura, a cominciare dal nostro angolo. Ma poi, oltre il nostro angolo, ci interessa che il Fiume Giallo, culla della civilt� in Cina, sia spesso in secca per molti mesi l�anno. E non ci pu� essere estranea la drammatica riduzione della superficie del lago Ciad. E ci preoccupa che il Texas perda ogni anno l�1% delle sue superfici irrigue. Non possiamo pi� nasconderci che il nostro spreco idrico e lo spensierato consumismo di oggi preparino i conflitti per l�acqua di domani. Ma risparmiare non basta: � una segnale, � una presa di coscienza, � un gesto di interesse. Occorre investire in una rinnovata attitudine a proteggere l�ambiente. I mezzi non mancano, le tecnologie sono vicine o addirittura disponibili. Penso ad esempio al fatto che i metodi di microirrigazione, utili anche per colture di prodotti di massa come la canna da zucchero, il mais e il cotone, consentono risparmi dell�ordine del 30-70% aumentando nel contempo la resa del 20-90%. Eppure sono adottati solo per l�1% delle terre irrigate del pianeta. Ecco qualcosa che possiamo cambiare! Ma non solo nelle nostre campagne. Circa il 70% del consumo idrico � attribuibile oggi all�irrigazione. Io credo che investire nel trasferimento di cultura, tecnologie e risorse nei paesi in via di sviluppo, ad esempio nell�agricoltura, sia una scelta prioritaria. Si pensi anche a questo semplice dato: i processi di inurbamento sono anch�essi in fase di forte espansione in gran parte del pianeta. Tradizionalmente in ambienti a risorse idriche limitate, sono sempre le citt� a vincere, a discapito delle campagne, conquistando il privilegio delle acque. Ma l�inurbamento selvaggio � in s� un fatto catastrofico. Le nostre citt� hanno sempre avuto un rapporto storicamente armonico con le campagne, fatto di scambi e di osmosi. Dobbiamo ripensare un modello di sviluppo per il sud, fornendo al tempo stesso tutti i mezzi perch� questa relazione citt�-campagna sia adeguatamente riequilibrata. E qui, l�agricoltura- e dunque l�acqua- gioca un ruolo chiave.

4. �Tra guerra e pace religioni e culture si incontrano� � il titolo di questo nostro meeting . L�ambiente potrebbe essere un fertile terreno di incontro: culture e religioni possono, incontrandosi, provare a disegnare il mondo di domani. E l�ambiente di domani. Possono dare alle politiche nazionali ed internazionali quello slancio e quella prospettiva che sembra essersi spenta. Il nostro non � un mondo e un tempo per ragionieri: occorre avere il coraggio di sognare e di preparare mutamenti profondi perch� tutti possano sopravvivere. Si � molto parlato del diritto all�acqua come uno dei diritti inalienabili della persona. Come far si che lo divenga nei fatti? A me sembra che sia importante provare ad immaginare un percorso di sviluppo per i paesi poveri. Alcune difficolt� vanno forse superate con un salto, combinando insieme un mix di solidariet�, cultura e ricerca di tecnologie appropriate. Penso ad esempio alle energie rinnovabili, in particolar modo a quella solare e all�idrogeno, cos� intimamente connesse al problema dell�acqua e delle crisi ambientali. La radiazione solare che investe il pianeta � pari a 18.000 volte quella spesa da tutto il genere umano in un anno. La produzione di idrogeno per via solare non appare cos� lontana- pur considerando gli attuali limiti tecnologici riguardanti lo stoccaggio ed il contenimento di questo gas. Esso darebbe l�energia che ci manca per accedere ad una immensa fonte idrica: il mare, che costituisce il 98% dell�acqua del pianeta. Le tecniche di dissalazione per osmosi inversa hanno visto una importante riduzione dei costi tanto da risultare quasi competitive con quelle tradizionali. Non � impossibile sognare un futuro diverso per un�Africa che in molte sue regioni si va desertificando, dopo essere stata quasi del tutto deforestata. Non � impossibile sognare un�agricoltura ecologica e una ecologica disponibilit� idrica per quel continente. Ma il sogno va coniugato e contestualizzato nella campagna africana, fra le sue popolazioni, nei suoi villaggi. Processi educativi, trasferimenti di risorse e tecnologie, aperture dei mercati, investimenti a lungo termine debbono viaggiare insieme. E� questa mobilitazione e questo sogno forse, il miracolo di cambiamento richiesto alle religioni ed alle culture. E� certo questo il respiro che possiamo dare a tante politiche dal fiato corto.

 

 

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