Aachen 2003

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Marted� 9 Settembre 2003 - Technologiezentrum am Europaplatz
Quale eredit� dei martiri per il XXI secolo

  
  

Longin
Arcivescovo ortodosso, Patriarcato di Mosca
  

�Oggi la Chiesa Russa si rallegra come una madre poich� celebra i suoi nuovi martiri e confessori: i vescovi e i sacerdoti, gli imperatori martiri, devoti principi e principesse, uomini e donne meritevoli di rispetto e tutti i cristiani ortodossi, che nei giorni della scellerata persecuzione hanno sacrificato la loro vita per Cristo e con il loro sangue hanno testimoniato la verit�. Per mezzo del loro aiuto, o Signore longanime, preserva la nostra terra nell�Ortodossia fino alla fine dei tempi!�(Tropario, 4. Tono)

Con queste parole la nostra Chiesa Russa Ortodossa celebra ogni anno, nel corso di una festivit� alla fine di gennaio, la schiera dei nuovi martiri e degli confessori di Russia, che nei lunghi anni della dittatura comunista hanno difeso con la loro vita per aver professato la fede cristiana. In questo modo la nostra Chiesa, sicuramente pi� di altre, ha sviluppato un rapporto molto particolare nei confronti del martirio, poich�, per quasi tutto il 20. secolo alla Russia � toccato in sorte essere uno Stato di martiri. Non lo furono solo quei circa mille canonizzati solennemente nel corso del giubileo del 2000, in occasione dei Concilio dei Vescovi, ma anche quelle migliaia di persone sconosciute e non ricordate, che nel silenzio hanno sofferto in vari modi, sono stati umiliati, hanno subito maltrattamenti nel campi di concentramento e sono stati crudelmente uccisi - e il cui nome � conosciuto solo da Dio.

Certo, anche in altri tempi ed in altri paesi vi furono martiri, anzi ve ne furono sempre nella storia della Chiesa, e vi fu anche qualcuno il cui martirio fu causato da altri cristiani, ma dai tempi delle persecuzioni dell� Impero Romano e dell�Impero Persiano dei Sassanidi non ve ne furono sicuramente una persecuzione paragonabile a quella russa del ventesimo secolo, che fu portata avanti con sistematicit� per quasi sette decenni, n� vi fu una rinascita della Chiesa paragonabile a quella che ora conosciamo e stiamo vivendo con l�inizio del XXI secolo.

I martiri dei primi secoli del Cristianesimo occupano ancora oggi un posto d�onore nel nostro calendario cristiano; ogni giorno dell�anno � dedicato tra l�altro alla loro memoria ed essi guidano la schiera dei Santi di cui facciamo memoria. I nomi dei pi� noti fra loro sono familiari ad ogni cristiano ortodosso; in loro onore, anche ai nostri giorni vengono consacrate chiese; la loro vita viene letta volentieri; li invochiamo nei momenti di difficolt�; chiamiamo con i loro nomi i nostri bambini, ora, da pi� di 2000 anni- come il Santo Georgios il Vittorioso, Panteleimon L�Altruista, Demetrios il portatore di pace, Theodoros il Condottiero degli Eserciti, le grandi martiri Katarina e Christina, Barbara e Paraskeve....Tutti loro e molti altri con essi sono vivi nelle nostre Chiese, e ci hanno regalato - come recita l�inno della festa dei santi Gurias, Samon e Habib (15 novembre) �un muro invalicabile�.

Anche i martiri del secolo passato sono scolpiti saldamente nella memoria della nostra Chiesa: i vescovi Vladimir di Kiev, Veniamin di Pietrogrado, Petr (Poljanskij) di Kruticy, Serafin (Cicagov) Faddej di Tver�, l�arciprete Ioann di Carskoe Selo, gli imperatori martiri, lo Zar Nicola e la sua famiglia, la Granduchessa e Priora Elisaveta Fedorovna e Suor Varvara, per ricordare solo alcuni nomi.

Essi ci pongono la domanda di cosa fare della loro eredit�, poich�, seppure � giusto e importante conservarne la memoria liturgica, ci� non pu� rimanere l�unica cosa che ci lega ad essi. Piuttosto � importante gestire nel modo giusto il testamento spirituale che ci hanno lasciato, far fruttare i nostri talenti e non nasconderli per una falsa paura.

Ma cosa ci insegnano, quindi, i martiri di tutti i tempi e in particolare quelli del 20. secolo? Qual�� la loro eredit� spirituale a noi affidata?

Tenter� di esprimere qui alcuni pensieri che non devono essere intesi come un esposizione ben articolata, sistematica e completa ma come riflessioni espresse durante una ricerca, volte a stimolare ulteriori meditazioni in merito. Per prima cosa vorrei porre delle questioni circa le cause pi� profonde di quanto avvenuto, per poi riflettere su quali insegnamenti per il nostro futuro immediato ne possiamo trarre.

Come Vescovo della Chiesa Russa Ortodossa comincer� soprattutto dai martiri della mia terra e della mia Chiesa, pur pensando che mutatis mutandis queste riflessioni possano riguardare anche altre terre e Chiese.

Per prima cosa mi sembra importante rilevare il contesto in cui � iniziato il periodo dei nuovi martiri nella Russia del 20. secolo: la Chiesa Russa intorno al 1900 era un istituzione autonoma, che dal punto di vista materiale disponeva di molte risorse, godeva della protezione dello stato e delle leggi. Si trattava di una Chiesa che era radicata in vari ambiti della societ� e dello stato e, seppure in questi vedesse- come dimostrano in qualche modo le relazioni scritte dai vescovi alla Commissione Preconciliare del 1905- una serie di suoi limiti, tuttavia non applicava la necessaria energia per farvi fronte. Infatti, nonostante l�insoddisfazione nei confronti di alcuni singoli aspetti, ci si sentiva al sicuro e certamente orgogliosi della �Santa Russia�, rifugio dell�ortodossia. Si era convinti che questa terra, in tutti i suoi strati sociali fosse penetrata dalla fede.

Gli avvenimenti dell�anno 1917 e degli anni successivi provano in modo drammatico quanto poco fosse fondata questa sicurezza. Nel giro di pochissimo tempo le processioni religiose non riempirono pi� le strade, che venivano invece invase da manifestazioni atee e dimostrazioni blasfeme, le masse contadine non si mettevano pi� in fila dietro i gonfaloni della Chiesa cantando inni, ma seguivano il vessillo rosso con le note dell��Internazionale� sulle labbra... Venne l�ora della verit�, dei confessori, dei martiri...Allora si pales� che cos�era puro e vero, chi seguiva Cristo nel proprio cuore- e chi precedentemente era stato legato solo all�esibizione di segni esteriori della Chiesa di Stato.

Invece di celebrare la liturgia in splendide cattedrali, rivestiti di costose vesti, vescovi, sacerdoti e diaconi si riunivano segretamente nei campi di lavoro, forniti solo ci� che era strettamente necessario per celebrare la liturgia; furono effettuate consacrazioni nella clandestinit�, sotto la costante minaccia dei servizi segreti sovietici (NKWD); istituzioni ecclesiastiche, quando la loro esistenza era possibile, anzich� in residenze simili a palazzi dovevano operare nei retrobottega, e utilizzando risorse private; invece che in potenti monasteri fortificati protetti da mura, la vita monastica veniva condotta in clandestinit� sempre in attesa dell�arresto e della deportazione nei GULAG; al posto dei ricchi e dei potenti, che nella Russia imperiale pretendevano posti d�onore nelle chiese, vi erano le �Babuschi�, le nonne, per le quali non vi sono abbastanza parole di elogio, che mantenevano saldamente la loro vita cristiana; esse furono anche le insegnanti che, al posto di maestri ben stipendiati dell�insegnamento di religione obbligatorio nelle scuole, attraverso il loro personale impegno, consegnarono la fede nelle mani delle future generazioni...

Con gratitudine verso Dio possiamo dire che la Chiesa, in tutti i suoi livelli, dal vescovato al clero, dai monaci alle suore fino ai numerosissimi uomini e donne di ogni ceto sociale vi fu chi guadagn� realmente la corona del martirio. Dobbiamo per� anche dire che allo stesso modo nella Chiesa non furono poche le persone, di ogni provenienza, che rinnegarono la loro fede, che tradirono Cristo e la sua Chiesa...

Qui si dimostr�, quanto delicata, quanto vulnerabile fosse una Chiesa che si era cos� comodamente integrata in un sistema in cui essa era un�istituzione che lo Stato proteggeva ma in cui aveva anche diritto di intervento, per molti aspetti simile ad una specie di ministero per il culto e per le questioni ecclesiastiche. Ora, poich� era venuta a mancare questa sicurezza e questa protezione, manc� per molti il motivo per rimanere ulteriormente nella Chiesa; oramai, poich� la dichiarazione di fede richiedeva, in particolar modo per gli ortodossi coraggio personale, impegno e inoltre la prontezza alla professione di fede e persino al martirio, molti non videro pi� alcun motivo per rimanere nella Chiesa, poich� evidentemente essa, spesso anche se non sempre, aveva trascurato, nel periodo precedente alla rivoluzione del 1917, di rendere chiare e comprensibili le sue verit� religiose e spirituali. Chi prima del 1917, per interesse o per opportunismo, aveva seguito la Chiesa, che sembrava cos� saldamente ancorata nella struttura della societ�, senza per� farsi delle domande sui veri valori del Cristianesimo, ora sotto il dominio bolscevico dell�ateismo di Stato, per gli stessi motivi prendeva le distanze dalla Chiesa.

Lasciatemi giungere ora alla seconda parte delle mie riflessioni: oggi in Russia vediamo e facciamo esperienza di una rinascita della fede; abbiamo sperimentato negli scorsi decenni e assistiamo ancora oggi a come migliaia di chiese vengano restaurate, in parte ricostruite, vediamo che conventi e istituti religiosi vengono riaperti e che decine di migliaia di uomini sono battezzati. Sperimentiamo anche qui in Germania - e come Vescovo della Diaspora non voglio far passare questo sotto silenzio- un risveglio delle nostre comunit� russo-ortodosse e siamo testimoni del fatto che gli uomini vengano in chiesa e cercando e trovando in quel luogo la loro casa spirituale.

Tutto questo possiamo dunque accogliere con gratitudine e possiamo rallegrarcene.

Ma questo non ci deve condurre ad un falso trionfalismo, non pu� farci dimenticare gli insegnamenti dei martiri, la loro eredit� spirituale, ma sta a noi ricordare;

� Non � in ultima analisi il numero dei membri registrati di una comunit� a costituire il criterio di un�efficace missione della Chiesa. Al contrario, come molti di loro in realt� sanno, e cio� che �per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perch� come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, cos� anche noi possiamo camminare in una vita nuova� (Rm 6,4), essi sanno che questo legame con Cristo � pi� importante di qualsiasi altra cosa al mondo e nella loro vita e sono pronti, all�occorrenza anche a diventare confessori e martiri.

� Non � in ultima analisi il numero, n� la sontuosa decorazione delle case di Dio che erigiamo sulla terra Suo in onore che costituiscono il criterio di un�efficace missione della Chiesa poich� con troppa facilit�, come ci ha dimostrato l�esperienza della Chiesa russa nello scorso secolo, queste possono essere disturtte, disonorate e usate in modo improprio; la Chiesa vivr� solo se gli stessi credenti, pronti all�occorrenza a diventare confessori e martiri, costituiscono il vero tempio dello Spirito Santo.

� Non � uno determinata posizione accordata alla Chiesa all�interno della societ�, non sono i suoi privilegi, il posto d�onore che occupa o i suoi buoni rapporti verso il potere Statale che in ultima analisi costituiscono il criterio per un�efficace missione della Chiesa, poich� solo se la Chiesa riesce a non rendersi volenteroso aiuto dell�autorit� statale ma, anche nei suoi confronti, rimane la vera voce del Vangelo e la voce della verit�, che �in modo opportuno ed in modo inopportuno� svolge il suo compito nella societ� annunciando il messaggio eterno di Dio e non legandosi alle convenzioni sociali del tempo, essendo pronta, all�occorrenza a generare confessori e martiri.

� Non � in ultima analisi una struttura della Chiesa che offre garanzie dal punto di vista finanziario ed organizzativo con molteplici impegni in ambito caritatevole, pubblicistico educativo e altro- per quanto quseti siano necessari - che costituiscono il segno distintivo di un�efficace missione della Chiesa, ma il fatto che in essa � si annuncia la morte di Cristo e si proclama la sua resurrezione� che noi tutti �che abbiamo partecipato ad un unico pane e calice, siamo uniti alla comunit� dell�unico Spirito Santo� (Anaphora del Santo Basileios), sapendo bene che �non siamo di questo mondo e che perci� il mondo ci odia� (Gv, 15, 19 cfr. �Se foste del mondo, il mondo amerebbe ci� che � suo; poich� invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia.�) ma che per� siamo �mandati nel mondo� (Gv 17, 14-18) per annunciare ad esso la preghiera della pace- e siamo pronti, all�occorrenza, a diventare confessori e martiri..

Se la fiamma della confessione non rifulge pi� nel mondo, se noi nascondiamo questa fiamma nella chiesa, nelle Lampade custodite dalle nostre istituzioni, che crediamo cos� sicure, cosicch� la sua luce � ancora troppo debole da poter essere riconosciuta, allora ci vorr� poco affinch� le forze che lottano contro le Chiese, contro la fede, contro Dio ci sottoporranno di nuovo alla prova del martirio. Una Chiesa che pensa di poter proteggersi da queste prove attraverso la ricchezza, attraverso strutture definite, attraverso una perfetta organizzazione senza riflettere sull�essenza della sua missione, soccomber�.

Una Chiesa che invece rifulge della forza della sua fede, della purezza della sua testimonianza e dell�annuncio della Buona Novella, contro questa �le porte degli inferi non prevarranno� (Mt 16, 18) --- poich� � fondata sulla roccia di Cristo.

Una Chiesa di questo tipo prover� sempre la verit� della frase:�Sanguis martyrum- semen christianorum!�

 

 

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