Luned� 6 Settembre 2004
Universit� Cattolica del Sacro Cuore, Aula Magna
Memoria del male, coraggio del perdono

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Rita Borsellino
Testimone, Italia
  

Mi � toccato oggi un compito particolarmente difficile: parlare di memoria del male e di perdono in uno dei momenti pi� bui della storia dell�uomo.

E� un argomento che ho gi� affrontato altre volte e ne sente tutto il peso e la responsabilit�. Io che ho vissuto un�esperienza dolorosissima provocata dalla ferocia dell�uomo mi ritrovo oggi attonita davanti alle immagini che la televisione ci rimanda in continuazione. Sento i suoni laceranti delle esplosioni, avverto il puzzo del fumo e dell�esplosivo, mi feriscono le urla di dolore e di paura, vedo il terrore e lo stupore davanti a tutto ci� che accade, ma tutto questo oggi � pi� terribile, pi� atroce.

Sono di bambini i corpi coperti di sangue, sono di bambini gli occhi spalancati davanti al dolore e alla morte, � di bambini lo stupore davanti all�odio incomprensibile. L�orco delle favole si � materializzato e l� ha catturati e sono rimasti in sua balia senza difesa, senza speranza. E quel che � ancora peggio l�orco ha perfino sembianze di donna. Nulla, nessun rifugio, nessuna speranza, nessuna salvezza.

Guardo gli occhi ignari e ridenti della mia nipotina e sento dentro di me lo strazio di madre, di nonna, di donna. Memoria del male: rivive il dolore, il senso di impotenza davanti allo strazio di via D�Amelio, davanti al corpo crocifisso di Paolo sull�asfalto, ai corpi smembrati e irriconoscibili dei ragazzi della sua scorta, a una ciocca bionda dei capelli ricci di Emanuela Loi, la ragazza poliziotto esile e bella che aveva il compito di proteggere con il suo corpo il giudice Paolo Borsellino, condannato a morte dalla mafia.

E tutto si mescola nella mente si accavalla, si sovrappone, rivive ogni giorno, sempre da allora, da dodici anni e oggi pi� che mai. Mi era gi� toccato di parlare di perdono anche all�indomani dell�attacco alle torri gemelle dell�11 settembre. Ancora una volta davanti a tanta violenza e tanto dolore avevo pensato come quel 19 luglio che oltre non si sarebbe potuto andare, che si era toccato il fondo dell�abbisso. Ancora una volta non � stato cos�. E rivive e si sovrappone a queste immagini tutto il dolore del mondo provocato dall�odio dell�uomo verso altri uomini. E sono sempre i pi� deboli, i pi� piccoli, a pagare le conseguenze pi� grandi, pi� assolute. Immagini ormai storiche impresse negli occhi, nella mente, nel cuore. L�olocausto e il bimbo ebreo con la stella cucita sul petto che alza le manine davanti all�odio cieco di un soldato che punta l�arma contro di lui, e il mucchio di scarpe in un capanno di Auswitch � tutto ci� che resta.

La bimba che corre con i corpo nudo e piagato nell�orrore senza fine del Vietnam. Gli occhi sgranati e spenti di un volto di bambino con le mosche appiccicate sopra, in un corpicino scheletrico con un ventre gonfio di fame.

Bambini soldato con in mano armi pi� grandi di loro, addestrati ad un gioco di morte che distrugge prima di tutto la loro stessa vita. La strage degli innocenti che i tanti Erode del mondo continuano a perpetrare per proteggere i loro sporchi privilegi, costi quel che costi.

E ancora bambini vittime di faide mafiose, uccisi perch� non possano dire ci� che hanno visto, come il pastorello di Corleone ucciso con una iniezione di veleno dal medico, capomafia del paese.

O Giuseppe, rapito per dissuadere il padre, mafioso pentito, dal parlare e poi torturato ucciso e sciolto nell�acido per estrema offesa. E tanti, tanti giusti uccisi perch� si opponevano ai soprusi, alle violenze, ai crimini di mafioso privi di ogni principio morale e attenti solo al proprio arricchimento e al proprio potere, talvolta con il consenso tacito o esplicito di chi avrebbe dovuto contrastarli. E ora come parlare di perdono? E soprattutto cosa vuol dire perdono? Ho dovuto misurarmi con questa domanda terribile subito dopo la morte di Paolo. Mentre mi aggiravo tra le macerie della mia casa e dei miei affetti, un giornalista impietoso mi chiese: lei perdona gli assassini di suo fratello? Mi turb� profondamente quella domanda, mi obblig� a riflettere. Era difficile per me in quel momento anche soltanto prendere coscienza di ci� che stavo vivendo.

Mi interrogai sui miei sentimenti e ringraziai Dio di non provare odio nei confronti di chi tanto male mi aveva fatto. Pensavo che il fatto di non conoscere il volto di quelle persone fosse la causa di ci�.

E quando l�anno successivo fu catturato Tot� Riina, il capo dei capi, e potei vederne le immagini trasmesse dai telegiornali, ancora una volta mi interrogai senza sapermi dare risposta. Fu mia madre, che a 85 anni aveva visto morire il figlio amatissimo e aveva vissuto l�esperienza terribile dell�esplosione che sussurr� alle mie spalle: che pena mi fa quell�uomo, illuminando i primi passi di quello che sarebbe stato il cammino difficile e bellissimo del perdono. Bisogna mettere insieme la testa e il cuore, bisogna essere capaci di vedere in chi ti ha fatto del male l�uomo, l�uomo con le sue colpe, i suoi errori, ma uomo da conoscere, da capire e alla fine da amare.

Lo faceva Paolo quando si trovava a interrogare uomini che si erano macchiati di delitti anche gravi, talvolta suoi ex compagni di gioco nel quartiere povero e degradato dove eravamo cresciuti. Noi in una condizione di privilegio perch� i figli del farmacista, loro figli di pescatori o di povera gente. Quando, si chiedeva Paolo, avevano preso una strada sbagliata e nessuno se ne era accorto. Mia madre aveva capito e provava pena per un uomo che si era abbrutito tanto di rischiare di spegnere la scintilla divina che come ogni uomo aveva dentro. Perdonare allora non significa far finta che non sia successo nulla. Nessuna pu� chiedere questo. Significa volere fortemente giustizia, non vendetta. Far s� che chi ha sbagliato prenda coscienza del male fatto e sentirsi disposti ad accompagnare in questo difficile percorso chi ti ha fatto del male.

Operare in modo che non si ricreino le condizioni per cui altri possano scegliere di intraprendere strade sbagliate. Accompagnar chi per condizioni sociali, economiche, familiari, pu� pi� facilmente incorrere nella tentazione riscegliere scorciatoie pericolose.

Condividere insomma un cammino comune con la consapevolezza che ognuna ha qualcosa da dare e da ricevere.

Dice il Papa Giovanni Paolo II � Non c�� pace senza giustizia, non c�� giustizia senza perdono� ma � pur vero che non pu� esserci perdono senza giustizia.

E da l� che bisogna partire, dalla giustizia, dal bisogno di giustizia della vittima che deve trovare pace dentro di s� per potere costruire pace attorno a s�.

Pace da vivere, da donare, da condividere.

Pace e perdono, i soli capaci di interrompere quei circuiti di odio e di vendetta che provocano solo altro odio in una spirale di violenza e di abbrutimento senza fine che trascina tutto e tutti facendo perdere il senso pi� elementare della vita e del rispetto dell�altro in quanto �uguale a te� nel suo essere uomo anche e soprattutto se diverso per colore, per cultura, per tradizioni, per religione, per provenienza.