Luned� 6 Settembre 2004
Universit� Cattolica del Sacro Cuore, Aula Vito
La civilt� della convivenza

Previous page
Home page

 

Ghassan Tueni
Presidente de "les Editions Dar An-Nahar", Libano
  

Monsignori, Eccellenze,

Signori e Signore,

comincio questo intervento con una duplice confessione: sono intimidito dal mio ruolo di moderatore, davanti a personalit� religiose e accademiche cos� importanti.

Ma anche ossessionato da tutto ci� che sconvolge la regione da dove vengo, teatro di drammi storici che scoraggiano ogni ricerca di una civilt� della coesistenza, quando il sangue � versato in luoghi di culto nel nome di un Dio che � lo stesso che i fedeli pregavano.

E tuttavia, non occorrerebbe, come ci raccomanda l�Arcivescovo di Milano Sua Eminenza il Cardinale Tettamanzi, incontrarci per scambiare: �il contributo di saggezza spirituale delle nostre tradizioni religiose e culturali (�) affinch� nell�umanit� possa prevalere non la pretesa dell�egemonia (�) ma la ricerca sincera di cammini della pace e del dialogo.�

Dal momento che rappresento una specie rara di cristiani, forse in via d�estinzione, i Cristiani Arabi, mi permetter�, a guisa di prologo al dibattito, di presentare il nostro caso come arringa contro la disperazione. In termini in cui l�amarezza giustificher� l�ingenuit�.

Prima di tutto, penso che la ricerca di una civilt� della coesistenza � possibile solo con un�ONU riformata, senza follia n� peccati d�impero.

Un�ONU in cui i paesi minoritari non avranno pi� la frustrazione di sentirsi oggetto di dissensi o di spartizione, ma soggetti attivi in una concertazione universale.

Un dialogo che dovrebbe diventare allora planetario, e in cui la preoccupazione dei partners non sarebbe pi� di respingersi reciprocamente, di autodistruggersi volendo distrugger l�altro. Cos� si disegnerebbe una geografia intercontinentale riequilibrata � senza ritorno, tuttavia, all�equilibrio del terrore � suscettibile di sostituirsi alla globalizzazione oggi selvaggia.

Del resto questa globalizzazione dovrebbe trasfigurarsi, trascendere i suoi limiti per arricchirsi del patrimonio delle identit� religiose, etniche o nazionali, piuttosto che maltrattarle. Deve aspirare a divenire motore di una fenomenologia dell�unit� umana, vettore di una sintesi in cui ciascuno vede nell�altro uno specchio di se stesso.

In questa geografia il ruolo dell�Europa � evidentemente di primo piano. Prima di tutto perch� essa stessa � ora edificata come comunit� plurale, poi perch� attraverso il Mediterraneo ha ereditato scambi antichi con due altri continenti sulle rive di questo stesso mare, l�Africa e l�Asia, dove tutto sembra accadere nella tragedia.

In pi�, alla sua popolazione musulmana, nei Balcani e nell�Europa dell�Est, si aggiunge la popolazione di origine magrebina, egiziana, iraniana, siro-libanese e turca, poi quando la Turchia stessa sar� in Europa, il suo apporto culturale, oltre all�apporto religioso, riannoder� un�eredit� ancora pi� ricca dell�eredit� orientalista importata soprattutto nel XVIII secolo, ma ben prima, dalle Crociate.

Dato che l�Europa e il Mediterraneo sono sopravvissuti alla sindrome delle guerre e delle paci di una volta, dato che soprattutto sono sopravvissuti alle delusioni dei loro imperi coloniali, che tuttavia hanno lasciato le impronte di tradizioni culturali oggi preziose, � proprio dall�Europa e dal Mediterraneo che deve partire l�impresa estrema per stabilire una Pace che guarir� il mondo dalla frattura tra l�Occidente e i diversi mondi orientali che non cessano di moltiplicarsi.

Le due rive devono unirsi, ma � dalla cosiddetta riva Sud � e perch� non dal Libano, in particolare? ci ritorneremo � che deve emergere il dialogo cos� ricercato dall�Unione Europea. Malgrado e soprattutto a causa della rapina del Medio Oriente da parte dell�America che aveva preceduto la sua cultura della violenza, ahim� veicolata dai progressi ineguagliabili.

Questo dialogo, in cui il religioso avr� il suo posto preponderante, potrebbe benissimo ispirarsi all�amore della Gerusalemme, civitas dei, un amore condiviso da tutti, ma non divisibile.

La nostra fede ci ha insegnato che in principio era il Verbo.

Ma non � tale, ai nostri occhi e nei nostri cuori, la verit� esistenziale storica, quindi concreta. Per noi, cristiani d�Oriente: IN PRINCIPIO ERA GERUSALEMME.

Signori, Signore,

�Il mio sguardo si volge verso l�Orientale Lumendiceva Giovanni Paolo II nel 1995 in una lettera apostolica. L�Oriental Lumen, che risplende da Gerusalemme, la citt� in cui il Verbo di Dio, fatto uomo per la nostra salvezza� mor� e resuscit�. Ora � a Gerusalemme, pi� che in ogni altro posto, che L�ESISTENZA STESSA dei Cristiani d�Oriente diventa pi� precaria. Nel Libano siamo ossessionati da una emigrazione che ci minaccia. Un�ossessione che � stata accentuata dall�esodo molto recente dei Cristiani iracheni. Ma ci siamo chiesti perch� l�emigrazione dei nostri fratelli di Gerusalemme � la pi� numerosa, la pi� drammatica?

Ci siamo chiesti, con intelligenza e senza passione, qual � la nostra parte di responsabilit� cristiana di fronte al rischio di veder scomparire la Chiesa di Gerusalemme, Corpo di Cristo nella Civitas Dei terrestre? Se questa Chiesa dovesse diventare un semplice ricordo, una citt� di pietre e non di uomini, che torneremo a visitare come pellegrini� neanche, al massimo da turisti, la nostra appartenenza all�Oriental Lumen rester� la stessa?

Con il pretesto dell�antisemitismo rinascente, non soddisfatti d�aver presentato al mondo la lotta per Gerusalemme come un conflitto tra ebrei e musulmani, i Sionisti e i loro alleati d�America � neo-conservatori, Cristiani � Sionisti e altre variet� di sub-protestanti � rimettono in questione, ogni giorno di pi� e in tutti i modi, i Vangeli e perfino la nascita di Ges� a Betlemme, che � gi� una citt� fantasma, niente di pi�.

E� venuto il momento di ammettere, infine, che il pi� grande pericolo che ci minaccia non � lo spettro fantomatico di un Islam terrorista che Israele agita continuamente, ma la strategia storica del sionismo che non nasconde pi� la sua determinazione a distruggere il Santo Sepolcro e la Moschea della Cupola per �ricostruire il Tempio� che sar� presagio della venuta del �Messia�.

Signore, Signori,

eviter� di andare oltre nella Questione palestinese. Si colloca al di l� del nostro argomento.

Mi accontenter� di qualche riflessione ispirata dal problema dei Cristiani d�Oriente e della loro sorte, che mi permetto di sottoporre alla vostra considerazione. In filigrana, lo indovinerete, si profila il caso del Libano, immagine speculare di questa questione. Arrivo alla mia conclusione. Se il Libano ha potuto sopravvivere a un quarto di secolo di guerre dette civili, ma che furono soprattutto le � guerre degli altri � con l�interposizione dei Libanesi� Se il Libano ha potuto sopravvivere e salvare un minimo di democrazia, � perch� le sue componenti religiose hanno mantenuto il dialogo con una determinazione feroce, anche nei peggiori momenti di crisi e di sconforto.

Ma oggi il Libano � da reinventare. La sua esperienza ci dimostra quanto segue :

1. Non ci sar� coesistenza islamo-cristiana se la presenza fisica e a dimensione politica intera, � soppressa nel Sud del Mediterraneo.

2. I Cristiani d�Oriente, invece di automarginalizzarsi, e di scegliere l�esodo, devono invece guadagnare la loro credibilit� di fronte al Nord, cio� di fronte all�Europa e all�America, spiegando l�Islam all�Occidente e non viceversa.

3. Non bisogna pensare a priori di � far fronte � all�invasione dell�Islam. Al contrario bisogna, dall�interno delle culture coesistenziali, creare dialoghi multidimensionali, e partecipare attivamente, nell�amicizia e nella fiducia, alla rinascita e alla modernizzazione dell�Islam.

4. I cristiani devono investire nel rinnovamento che intraprende l�Islam, e ispirargli la ricerca di un progresso socioculturale che pu� essere solo comune. Un di pi� di cristianesimo deve avvicinarci all�Islam e allontanarcene.

5. Coltivando l�Islam autentico, invocando i suoi filosofi dell�apertura, i pensatori delle epoche gloriose e del rinascimento, i musulmani si trovano maggiormente in un consenso nazionale, ovvero universale che li aiuter� a ripensarsi, quindi a liberarsi dal fondamentalismo dei richiami alla violenza diventati quindi inutili e sempre pi� omicidi. Poich� � l�Islam, pi� che i Cristiani, che diventa ostaggio del proprio estremismo.

6. Bisogna incoraggiare le societ� multireligiose, ma rinegoziando ogni giorno un � contratto sociale � - se occorre nuovo, dinamico e creativo, con l�arricchimento della cultura delle comunit� e una conoscenza sempre pi� approfondita della religione dell�altro. L�Islam autentico deve capire che solo una pace con i Cristiani gli permetter� di modernizzarsi senza complessi, di liberarsi della paura degli altri. Ci si �terrorizza� da s� quando si ha paura di subire violenza.

7. Infine, bisogna che i musulmani e i cristiani si liberino dalle ideologie caduche e cerchino insieme la democrazia laica in uno spazio meta-ideologico. L�ideale meta-ideologico di una �civilizzazione della coesistenza� pu� essere trovato solo con il dialogo quotidiano, lontano dalle retoriche sapienti, ma valorizzando, nella vita comune, tutte le ricchezze dello spirito cristiano e delle tradizioni musulmane in uno stesso e perpetuo lavoro. Lontano dai dibattiti che allontanano le parti presenti e le rinchiudono in un inevitabile intestardirsi, � un dialogo funzione di apertura totale che deve guidarci nella ricerca di sintesi, con una dialettica liberata dagli imperativi preliminari.

Signore, signori,

I Cristiani d�Oriente devono liberarsi dalla loro pesante eredit� di Dhimmi e dall�handicap della loro pretesa dipendenza dalla solidariet� transnazionale del mondo Cristiano, un vecchio mito ereditato dalle Crociate e ringiovanito dagli accordi internazionali detti delle Capitolazioni. Dico proprio handicap perch� si � provato che la solidariet� dei Cristiani di paesi stranieri � tributaria degli interessi nazionali soprattutto economici delle potenze straniere. A questa conclusione giungono raggiunge, d�altra parte, le interpretazioni non romantiche dell�avventura crociata da Pierre l�Eremita in poi. Non c�� bisogno di essere marxista per osare insistere sui fattori economici che hanno spinto i Signori Cristiani dell�Europa del Medio Evo a intraprendere spedizioni � oh quanto pericolose ! � che sfociarono nel sacco di Costantinopoli e nella conquista di Antiochia. Non era ancora stato scoperto il petrolio, che avrebbe ulteriormente sigillato certe alleanze franche con principi arabi, gli antenati � chiss�? � dei Sauditi e degli altri Emiri del Golfo e dell�Iraq.

In conclusione, dei sette pilastri della saggezza che vi ho presentato, mi permetto di proporre questa frase dell�attualit� pi� scottante : i Cristiani d�Oriente devono diventare il ponte o meglio ancora il motore d�una comunione tra l�Occidente cristiano e il mondo dell�Islam. I cristiani devono far cessare la guerra delle riserve mentali; bisogna guarire dall�aritmetica costituzionale, rinunciare a compiacersi nel ruolo di vittime che piangono per tuffarsi nella gioia della creazione. La loro religione li chiama a questo.

Che mi sia permesso, come preghiera, di recitare qualche riga di Sant�Agostino, detto il punico, quindi di diretta discendenza libanese:

� Ama e fa quello che vuoi. Se tu taci, taci per amore, se tu parli, parla per amore, se tu correggi, correggi per amore, abbi in fondo al cuore la radice dell�amore ; da questa radice, non pu� uscire che del bene�.

Grazie.