Luned� 6 Settembre 2004
Universit� Cattolica del Sacro Cuore, Aula Lazzati
La responsabilit� dell�impresa e degli intellettuali nella costruzione europea

Previous page
Home page

 

Alessandro Profumo
Amministratore Delegato UniCredit, Italia
  

La riflessione che mi accingo a fare � prendendo spunto dal tema chiave di questo evento, �Il coraggio di un nuovo umanesimo� � si fonda sul ruolo svolto dalle imprese nella costruzione europea e su come esso mostri molti caratteri di analogia con quello svolto dagli intellettuali. Le competenze dell�imprenditore e dell�intellettuale finiscono poi quasi col fondersi in un modello di management � il management della conoscenza � che sta sempre pi� caratterizzando le economie del III millennio.

I. Impresa e responsabilit� nell�Europa allargata

Non possiamo considerare l�impresa in una dimensione autoreferenziale, chiusa in s� stessa: tutt'altro. L'impresa � un organismo vivente che opera attraverso l'ausilio delle persone che in essa ogni giorno lavorano, agiscono, grazie alle loro competenze, ai loro sentimenti, alle loro culture.

Un postulato che trova maggior fondamento quando discutiamo su un orizzonte sovranazionale in cui culture diverse, orientamenti storicamente determinati secondo specifiche traiettorie umane, si incrociano e si compenetrano con sempre pi� rilevante intensit�, come dimostra il recente allargamento della compagine europea.

Ma ci� che occorre � far s� che questa costruzione europea acquisisca una nuova identit� a partire dalla rete dei rapporti che esistono tra mercati e societ� civile. Se ci� non accadr�, la progressiva unione che si sta delineando sar� soltanto una fragile unit� destinata a infrangersi di fronte alle prime crisi e difficolt�.

Il problema della costruzione di una nuova identit� europea diviene un elemento essenziale anche per le culture e le modalit� di gestione delle imprese.

Culture diverse come quelle che attualmente convivono nella nuova casa europea impongono di acquisire capacit� di norma poco presenti nelle organizzazioni: capacit� di saper ascoltare, di includere anzich� di escludere, di integrare anzich� di disgregare. � questo il grande valore che viene all�impresa da questo nuovo orizzonte e noi che ci occupiamo di impresa dobbiamo essere preparati. Il compito � complesso e difficile. Una cultura comune non si inventa dal nulla ma nasce e cresce sulla base di ampie condivisioni di fondo. L�economia e la finanza sono riuscite, in questi anni, ad abbattere numerosi confini e a costruire un�unione basata, in buona misura, sulla valorizzazione delle differenti capacit�, esperienze e propensioni in un contesto che, ancor oggi, � un patchwork di lingue, culture, storie e sensibilit� estremamente diverse tra di loro.

Affinch� il cammino di crescita dell�Europa possa quindi proseguire � necessario non solo che l�Unione e tutti i suoi membri operino con coerenza verso gli obiettivi individuati ma che, al contempo, anche la societ� civile faccia la sua parte. Tutti i soggetti che la compongono debbono farsi carico, ognuno per la parte di propria competenza, di un�azione volta a sostenere e a completare l�azione pubblica. Il mondo imprenditoriale, quello economico, quello finanziario devono dunque agire nella consapevolezza che serve un�azione comune, concertata con i protagonisti del mondo istituzionale, politico, sociale e culturale.

Il nostro gruppo bancario si � gi� da tempo posto in questa prospettiva. Gi� oggi l�area dell�Europa Centro-Orientale � che noi chiamiamo New Europe � � second home market di UniCredit. Crediamo in questa regione e nel ruolo che essa pu� svolgere nella costruzione e nell�integrazione dell�Europa Allargata. In quest�area noi vogliamo continuare a crescere, garantendo il rispetto delle specificit� culturali dei paesi della regione: l�armonica integrazione non ha bisogno di processi di colonizzazione.

II. Riscoprire i valori umanistici

� necessario riscoprire i valori umanistici come fondamento non solo della costruzione europea, ma anche della nuova impresa che in tale Europa deve prepararsi ad agire e a competere.

Ci chiediamo se in questo villaggio globale sempre pi� complesso, ancora in fase di sviluppo, l�economia immateriale, chiamiamola cos�, ha bisogno di un apporto di tipo scientifico ovvero umanistico. In realt� � proprio la compresenza di questi due elementi che pu� tracciare la via. Cultura tecnologica e cultura umanistica possono e devono coesistere. Nei fatti: ai manager, cos� come ai nuovi assunti, si chiede una competenza s� specialistica, ma � prerequisito fondamentale � una capacit� del tutto personale in modo da offrire contributi originali e innovativi. Quelle che potremmo chiamare �lusinghe tecnologiche� sono un rischio che non possiamo correre: dobbiamo coltivare quindi le specializzazioni, ma senza perdere di vista i valori universali che accompagnano lo sviluppo delle civilt�. Il rischio � quello di uno �strabismo culturale�: denaro e tecnica nell�accezione negativa dei termini � avidit� e uso improprio delle tecnologie - stanno erodendo progressivamente la cultura umanistica, mettendo la scienza al servizio del potere e non della conoscenza.

C�� quindi bisogno di una cultura che superi gli individualismi e conduca verso una coscienza totalizzante: questo � il vero concetto dell�umanesimo. Quali sono gli strumenti per innescare questo processo? E� necessario mettere mano ai sentimenti, alle emozioni, che sono le radici della creativit�. Alcune aziende, a dire il vero, hanno provato ad introdurre elementi di natura sentimentale: motivazione, spirito di corpo, socializzazione aziendale, orgoglio di gruppo: intenti encomiabili, ma di breve durata. La figura del nuovo manager in questa sorta di �rinascimento aziendale� sar� quella di colui che riuscir� a togliere il velo ai sentimenti e che sia capace di rendere transitivo il rapporto tra persona e impresa, e anche se pu� sembrare paradossale, con un forte contenuto affettivo ed emotivo.

Se vogliamo fare dei passi avanti bisogna ritornare a far riflettere gli uomini dell'impresa sui valori civili e sulle responsabilit� personali.

E questo � essenziale per le nuove sfide della cosiddetta �societ� del rischio� (1) che caratterizzer� inevitabilmente l�Europa Allargata. Abbiamo dinanzi a noi tempi difficili, incerti, che sar� necessario affrontare con saggezza, equilibrio, creativit� e attenzione verso coloro che ogni giorno costruiscono il progetto della loro vita e del loro lavoro nell'impresa e nella societ�.

(1) Ulrich Beck vede l'emergere di una �societ� del rischio� in cui i tanti break naturali e sociali (i mutamenti climatici e biotecnologici, i crash finanziari, i terrorismi transnazionali) stanno mettendo in crisi idee e assetti consolidati come la fede religiosa, la divisione in classi, le istituzioni politiche e giuridiche.

Secondo il sociologo tedesco, il �rischio� � un concetto moderno. Esso presuppone delle scelte e cerca di rendere prevedibili e controllabili le conseguenze imprevedibili delle scelte compiute in nome dei progresso. L'elemento nuovo della societ� mondiale del rischio sta nel fatto che con le nostre scelte nel nome del progresso diamo luogo a problemi e pericoli globali che contraddicono radicalmente il linguaggio istituzionalizzato del controllo e le promesse di controllo (irresponsabilit� organizzata).

Il rischio che ci attende non � soltanto quello ambientale: � il rischio della fine di molte certezze, della perdita di tradizioni che non debbono essere sostituite con nuovi nazionalismi e nuovi fondamentalismi.

Esiste una crisi delle prospettive di vita a cui tutti dobbiamo cercare di dare risposta. L'impresa pu� dare il suo contributo sul fronte della responsabilit� e quindi dell'integrit� della persona e con la persona, fondando le relazioni economiche sul profondo rispetto dell'altro.

III. Un mercato trasparente e pi� civile

Il mercato ha bisogno di una forte cultura delle regole, di reti non solo economiche, ma anche sociali che consentano di far s� che l'equit�, il rispetto dei patti, la trasparenza e l'onest� ne siano a fondamento.

Senza questi valori il mercato non si sviluppa ed � illusorio pensare che esso possa contribuire alla realizzazione degli obiettivi di integrazione europea.

� per questo che uno dei compiti pi� urgenti, frutto dello sforzo comune tra imprese e societ�, � quello di costruire una rete di incentivi che promuovano comportamenti corretti, favorendo l'emergere di sempre nuove energie e incentivando realmente, senza retorica, la cultura della fiducia nella legalit�.

Di qui l'importanza per la governance di azioni sociali nell'impresa indotte dai cosiddetti codici etici e dai valori che essi rendono manifesti e che debbono implementarsi grazie alla diffusione di una cultura che ponga al suo centro l'integrit� personale e dei comportamenti.

Il mercato non si pu� sottrarre a tali regole, perch� esso non � separato dalla societ� civile, anzi ne � una componente decisiva perch� incorpora il fondamento della societ� civile stessa, ossia la propriet� privata difesa dalla legge e dal buon comportamento dei buoni cittadini.

Solo l'integrit� individuale delle persone che costituiscono l'impresa, unitamente ai cittadini virtuosi, pu� offrire una prospettiva affinch� questa societ� del rischio ritrovi una sorta di patto culturale dell'integrit� fondato sulla condivisione di taluni dei principi morali che fondano la vita civile.

Su queste fondamenta dobbiamo costruire un nuovo profilo della persona imprenditoriale e manageriale mentre procediamo nell�inarrestabile costruzione della comunit� europea.

L�Europa inizia a diventare una societ� mondializzata, con diverse culture, con diverse fedi: l'impresa pu� definirsi responsabile se riesce a far convivere valori, storie personali e collettive diverse e dare ad esse la dignit� di un coerente percorso di vita.

� questo l'orizzonte dell'ideale di un mercato pi� civile e civilizzatore.

Inoltre, alle imprese si impone un nuovo paradigma: ottenere e gestire il consenso sia all'esterno dell'azienda, ottenendo la "fiducia" degli stakeholder, sia all'interno, mediante "valori" che sappiano compattare i vari livelli organizzativi. Sebbene la combinazione di questi due componenti fondamentali possa incidere positivamente sull'accumulazione e sulla creazione della conoscenza e, di conseguenza, sul successo dell'impresa, essi non vengono rilevati dal bilancio.

L'esigenza che si pone � quella di legare la realt� interna a quella esterna all'impresa, alimentando una stabile relazione con i portatori di interessi. A tal fine occorre incrementare i flussi informativi, non solo quelli dall'impresa agli stakeholder ma anche quelli di segno opposto.

IV. Imprenditori e intellettuali: unire le due culture verso l'impresa della conoscenza

Oggi non si pu� pi� assecondare il pregiudizio secondo cui cultura e impresa non hanno nulla a che fare tra loro.

Imprenditori ed intellettuali: sono loro che potranno costituire la nuova classe dirigente. Come questo pu� accadere? Gli imprenditori stanno tornando sulla scena non solo economica ma anche quella sociale. E per sopravvivere alla competizione globale � necessario che rivalutino i propri asset immateriali: la conoscenza e la cultura.

Tutto questo senza trascurare la razionalizzazione della produzione e dei costi. � quello che chiameremo il �management della conoscenza�, che genera valore attraverso, per l�appunto, la conoscenza.

Il management della conoscenza consente di generare valore attraverso l'assunzione di decisioni a carattere imprenditoriale basate sull'utilizzo di unit� di conoscenze strutturate tramite un processo che inizia con l'individuare ci� che � importante conoscere e termina con l'impiego efficace per la generazione di valore a livello di business.

Per far ci� occorre saper gestire le modalit� di acquisizione della conoscenza: apprendimento, codifica, costruzione, elaborazione e organizzazione.

Nel nuovo capitalismo globale della conoscenza il rapporto tra intellettuali, imprenditori, dirigenti d'azienda � essenziale per evitare:

� cattiva gestione della conoscenza, cio� la conoscenza non � gestita come un asset valutabile ma come una commodity e quindi non � utilizzata con efficacia, non � preservata n� rinnovata a sostegno del vantaggio competitivo dell'impresa;

� processi decisionali irrazionali, caratterizzati da insufficiente disponibilit� di conoscenza nei punti critici del sistema. Non bisogna dimenticare che alle risorse umane viene spesso richiesta un�attivit� per la quale la loro conoscenza � insufficiente e non sono disponibili fonti vicine cui fare riferimento;

� perdita di opportunit�, ossia mancato apprendimento, perdita delle conoscenze a valore aggiunto, mancata valorizzazione delle "Iessons learned';

� scarsa proattivit� delle risorse umane, determinata da scarsi trasferimenti di conoscenza, programmi di formazione orientati solo alla esecuzione di task ripetitivi e scarsa capacit� di lavorare per eccezioni;

� scollamenti organizzativi, ossia divisioni organizzative inadeguate di attivit� e sistemi decisionali.

In questo nuovo capitalismo globale della conoscenza il rapporto tra intellettuali, imprenditori e dirigenti d'azienda � essenziale. Un fruttuoso scambio che permette di evitare una cattiva gestione della conoscenza, interrompendo processi decisionali irrazionali. Fattori che porterebbero inevitabilmente a una perdita di opportunit�, a una scarsa ricettivit� delle risorse umane, e ad un�organizzazione delle attivit� sbagliate o inadeguate.

Un corretto utilizzo delle due categorie (intellettuali e imprenditori) comporta vantaggi indubitabili: il primo � il miglioramento dell�efficienza, attraverso la semplificazione dei processi decisionali e dell�organizzazione, e l�ottimizzazione delle correlazioni tra processi e conoscenza.

� da qui che si possono gettare le basi per l�impresa che dominer� l�economia del terzo millennio. � l�economia della conoscenza, capace di imprimere alle imprese flessibilit� e innovazione, fornendo soluzioni compatibili con le modificazioni all�ambiente. Tutto questo grazie alla valorizzazione della conoscenza, sancita dal nuovo patto tra imprenditori e intellettuali.

La sfida che abbiamo di fronte � quella di inventare modalit� di integrazione tra cultura e impresa, fra intellettuali e manager, muovendo dalla lezione del rinascimento, secondo cui la mano non � mai stata seconda all�intelletto.