Luned� 6 Settembre 2004
Hotel Marriott, Sala Washington 1
Migrazioni: domanda di un nuovo umanesimo

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Daniela Pompei
Comunit� di Sant�Egidio
  

Le immagini dell�immigrazione riproposte pi� frequentemente, soprattutto nelle ultime settimane, ci mostrano i volti stremati e impauriti di uomini, di donne, di bambini che approdano lungo le nostre coste, dopo viaggi pericolosissimi affrontati nella speranza di trovare in Europa accoglienza e protezione.

Non tutti riescono a raggiungere la meta: molti, nessuno sa quanti, non riescono nemmeno a raggiungere le coste nordafricane perch� soccombono nella lunga traversata del deserto. Altri trovano la morte in quella striscia di mare che divide l�Africa dall�Europa: negli ultimi tre anni ben 941 sono state le vittime di questo esodo drammatico verso le frontiere italiane. Sono uomini e donne in fuga dalla fame, dalla guerra, dalle tante malattie per le quali nel sud del mondo ancora si muore, da situazioni di povert� e di sofferenza inaudite, da condizioni ambientali e climatiche invivibili, da catastrofi naturali; tutti mali a cui le societ� del progresso e del benessere non hanno saputo o voluto mettere riparo. Sono uomini e donne disperati tanto da rischiare di mettere a repentaglio la loro stessa vita pur di arrivare alle soglie della salvezza che l�Europa per loro rappresenta.

Lasciamo parlare i protagonisti, con le parole con cui hanno narrato questo viaggio quando sono stati incontrati ed accolti, dalla Comunit� di Sant�Egidio nella �Casa del Rifugio�, la Tenda di Abramo, inaugurata a Roma quest�anno.

Mohamed, padre del Mali e madre liberiana, trascorre parte della sua infanzia nel Mali fino a quando durante la guerra civile vengono uccisi il padre e uno zio. Cos� nel 2002 si trasferisce in Liberia ma viene fatto prigioniero dai ribelli e portato in un campo di addestramento, da cui riesce a fuggire.

Cos� descrive il viaggio che lo ha portato in Italia : �Con i contrabbandieri ho attraversato il territorio tra Guinea, Liberia e Costa d�Avorio, sono arrivato a Mau in Costa d�Avorio, quindi ci siamo spinti fino in Burkina Faso, poi a Ouagadougu e da l� sono tornato in Mali. Ormai non avevo un posto dove vivere, ovunque c�era violenza e la mia vita era in pericolo. Dal Mali ho cercato di andare in Algeria, con un passaggio dagli unici amici che mi erano rimasti, i Tuareg, che avevo conosciuto quando ero andato a studiare in Mali e cos� sono arrivato a Tammarasset in Algeria. Da Tamarassset ho passato il deserto del Sahara. E� stato un viaggio terribile. Abbiamo fatto dei pezzi a piedi e pezzi in macchina. Il viaggio � stato un incubo. Nel nostro gruppo siamo partiti in 35 e siamo arrivati in 32. Alcuni si sono persi nel deserto perch� non ce la facevano pi� a camminare, neppure io so come � successo, perch� quando cammini hai la testa coperta, la luce e� abbagliante, non vedi pi� niente, guardi in basso e pensi solo a resistere. Non so nemmeno dove gli altri si sono fermati, se uno si ferma � morto. Mentre camminavo ho visto tanti cadaveri sulla strada molte sono donne che muoiono perch� non c�� la fanno.

Sopravvivere dipende anche da quale paese vieni, la gente che viene dalla zona costiera dell�Africa � molto in difficolt� nella strada del deserto, io sono rimasto vivo perch� avevo gia vissuto nel deserto con i tuareg.

Quando cammini pensi solo ad andare avanti, non ti puoi fermare perch� se ti fermi muori. Pi� vai avanti e pi� senti che non ce la fai, non vedi niente intorno, allora cominci a toglierti tutto quello che hai e che ti pesa, la borsa, i vestiti, le scarpe, si arriva a buttare anche l�acqua. Superato finalmente il deserto sono arrivato in Libia , a Tripoli. A Tripoli sono rimasto pi� di un anno. Volevo chiedere asilo politico in Libia ma non era possibile, noi africani in Libia siamo trattati molto male�.

Questa � una delle tante storie di chi � riuscito a sopravvivere ma tanti altri sono morti e ricordarli � un modo di non restare indifferenti a questa silenziosa strage. Tra il 1990 ed il 10 agosto 2004 il numero complessivo delle vittime di questi drammatici viaggi verso l�Italia � di 1812; pi� della met� sono morti negli ultimi tre anni. In realt� gli sbarchi, parlo sempre dell�Italia, negli ultimi anni sono diminuiti del 70% (da 49.999 nel 1999 a 14.331 nel 2003) ma il numero dei morti � aumentato perch� la traversata avviene in condizioni sempre pi� pericolose nel tentativo di sfuggire ai controlli.

Chi riesce ad arrivare � veramente un sopravvissuto che cerca protezione e rifugio. Eppure molto difficilmente questi stranieri vengono riconosciuti rifugiati: l�attuale accezione di rifugiato che fa riferimento alla Convenzione di Ginevra del 1951 andrebbe ridefinita ammettendo lo status di rifugiati anche a quell�enorme numero di persone che fugge per esempio dalle guerre civili e dalle catastrofi naturali. Per l�opinione pubblica, a volte anche per le istituzioni questi stranieri sono semplicemente clandestini, come si preferisce definirli, cio� persone che non rispettano le regole dell�immigrazione dei nostri paesi e non uomini e donne che interrogano la nostra intelligenza e i nostri sentimenti: forse bisognerebbe almeno usare il termine pi� appropriato di profughi.

Di fronte a quei volti stremati non ci si pu� difendere nemmeno invocando l�insostenibilit� di un�accoglienza senza limiti, perch� non si tratta di un�invasione anzi, il numero di stranieri che attraversa le nostre frontiere negli ultimi anni � in costante diminuzione. Viceversa oramai � coscienza condivisa che le nostre societ� europee hanno bisogno della presenza degli stranieri. Le quote stabilite per regolamentare gli ingressi in Italia sono del tutto insufficienti rispetto alle richieste del mercato del lavoro. Ma la vecchia Europa non ha solo bisogno degli stranieri per via dell�invecchiamento della popolazione e per le esigenze dell�economia. Gli stranieri guardano all�Europa come al loro futuro non solo perch� rappresenta la possibilit� di progredire economicamente ma perch� apprezzano i valori della societ� occidentale: la pace, la democrazia, la convivenza civile, i diritti umani, la cultura. Perch� allora averne paura? La maggior parte degli stranieri che frequentano le scuole di lingua della Comunit� di Sant�Egidio in Europa dimostrano un grande desiderio di integrazione sia perch� un numero crescente chiede di imparare la lingua del paese ospitante, senza bisogno che gli venga imposto, sia perch� apprezzano la cultura e i valori delle democrazie europee.. Lo spiega bene Ben, nigeriano di 20 anni, in Italia dall�et� di due anni quando dice: � vorrei diventare cittadino italiano, non perch� voglio un pezzo di carta ma perch� tutto ci� che conosco l�ho imparato in Italia, i miei ricordi, le gioie, i dolori li ho vissuti qui. Ho tantissimi amici italiani e mi sento come loro: questo � il paese dove voglio vivere qui c�� la pace e il rispetto dei diritti di tutti�.

L�acquisto della cittadinanza � un passaggio molto importante sul cammino dell�integrazione. Molti paesi di antica tradizione migratoria hanno da tempo valorizzato il principio dello ius soli, cio� l�acquisizione della cittadinanza in base al luogo di nascita, come per esempio negli Stati Uniti e in Canada dove tale principio � applicato senza limitazioni. Questa politica di integrazione si � rivelata lungimirante perch� ha permesso a generazioni di immigrati di sentirsi a pieno titolo cittadini e di contribuire allo sviluppo e alla crescita economica di quei paesi.

In Italia questo principio non � riconosciuto: i figli degli immigrati che nascono in Italia non ottengono automaticamente la cittadinanza: la possono ottenere solo dopo i 18 anni. Anche per gli adulti che vivono da molti anni nel nostro paese l�acquisizione della cittadinanza � molto difficile: 10 anni di residenza rispetto ai tre che sono necessari negli Stati Uniti. Eppure pi� di un milione di stranieri vivono in Italia da pi� di 6 anni: poco meno della met� degli immigrati regolari presenti. Circa 400.000 sono i minori stranieri di cui pi� della met� nati in Italia. Si sentono italiani e qui vogliono restare.

La Comunit� di Sant�Egidio, per rispondere a questa domanda di integrazione, si � fatta promotrice di una proposta di legge di modifica dell�attuale legislazione sulla cittadinanza, ora in discussione alla Camera dei Deputati. In essa si prevede la possibilit� di acquisizione della cittadinanza alla nascita per quei minori nati in Italia da almeno un genitore regolarmente presente in Italia da pi� di 2 anni. Si propone inoltre di concederla anche ai minorenni stranieri, non nati ma presenti almeno da 6 anni. Gli adulti potrebbero invece ottenere la cittadinanza dopo sei anni di permanenza regolare.

Queste proposte, qualora venissero accettate potrebbero aprire una strada nuova per tutta l�Europa. Facilitare il senso di appartenenza � sicuramente un modo per evitare i conflitti che nascono dai meccanismi di esclusione. Gli stranieri non rappresentano una minaccia ma, sulla via della integrazione, sono una chance per il nostro continente: ammirano le nostre societ� pi� dei nostri figli e sono in grado di apprezzare la bellezza e la libert� della democrazia dei nostri paesi.

Non bisogna credere nell�impossibilit� da parte degli stranieri di condividere i valori europei fino a parlare di scontro di civilt�. Lo dimostrano le posizioni prese dai musulmani d�Italia e di Francia di fronte alla nuova ondata di terrorismo. I musulmani italiani in un documento di alcuni giorni fa chiedono esplicitamente di essere considerati cittadini rispettando le leggi e condividendo i valori comuni.

L�immigrazione chiede all�Europa di non ripiegarsi nella paura ma di riscoprire i valori dell�accoglienza, della solidariet�, della democrazia e di avere il coraggio di costruire una nuova umanit� europea anche con quegli uomini e quelle donne che gi� vivono e condividono le nostre stesse speranze di un modo migliore.