Luned� 6 Settembre 2004
Hotel Marriott, Sala Washington 1
Bioetica e nuovo umanesimo

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Dionigi Tettamanzi
Cardinale, Arcivescovo di Milano
  

Della bioetica non presentiamo una riflessione generale, ma una riflessione il pi� possibile mirata al tema �Religioni e culture: il coraggio di un nuovo umanesimo�.

Procediamo, di proposito, per semplici spunti cos� da agevolare la successiva discussione.

1. Che ci sia un rapporto tra la bioetica e l�umanesimo, ossia una visione dell�uomo capace di interpretarlo e di impegnarlo nell�azione, � un dato riconosciuto da tutti: un dato ovvio. Anzi immediatamente avvertiamo che si tratta di un rapporto singolarmente profondo e decisivo, perch� dell�uomo riguarda non un qualsiasi valore, ma un valore fondamentale � anzi fondante - quale � la sua vita, che, in un certo senso, � il suo stesso essere (essere vivente).

2. L�approccio alle pi� diverse questioni concernenti la vita umana � quelle antiche e di sempre e quelle nuove (legate all�inarrestabile e sorprendente sviluppo scientifico-tecnico) � che ci interessa in questa sede � quello etico: non � certo l�unico, ma tra i tanti � un approccio legittimo e necessario dal momento che il �senso etico� appartiene essenzialmente e in modo irrinunciabile all�uomo. E� l�approccio proprio della cosiddetta �bioetica� (bios e ethos: etica della vita): questa riguarda il comportamento dell�uomo nei confronti della vita, propria e altrui, sotto il profilo del bene e del male, del giusto e dell�ingiusto, del lecito e dell�illecito.

Ma quello etico rimanda a un approccio pi� radicale: quello propriamente antropologico, che riguarda la �verit��, ossia la �realt�� dell�essere stesso dell�uomo. Solo affrontando la domanda pi� elementare e nel contempo la pi� complessa che l�uomo pu� porsi, ossia �che cosa � l�uomo�?, meglio �chi � l�uomo�?, � possibile dare risposta alla domanda sulla bont� o meno dell�agire dell�uomo nei riguardi della vita. Non c�� etica senza antropologia! Cos� come non c�� antropologia senza etica!

3. Ora il panorama antropologico ci si presenta come segnato da un vasto e accentuato pluralismo: le visioni dell�uomo sono molte, sono diverse, talvolta cos� diverse da risultare contraddittorie. E� allora inevitabile che al pluralismo antropologico faccia seguito il pluralismo etico. Per questo preferisco parlare non tanto di �bioetica� al singolare, quanto invece di �bioetiche� al plurale.

Questo stesso pluralismo racchiude una forte sollecitazione: proprio perch� riguarda l�uomo - l�uomo nella questione fondamentale e fondante della sua vita � il pluralismo chiede a tutti coloro che hanno a cuore le sorti, meglio ancora �la sorte� (e dunque il senso e il destino) dell�uomo come tale � e quindi a tutti i veri amanti dell�umanesimo � di incontrarsi, di confrontarsi, di dialogare tra loro sui pi� diversi problemi della bioetica.

Ritroviamo qui, con un�urgenza particolarmente forte, la necessit� del dialogo. Ovviamente un dialogo destinato a far s� che la conoscenza reciproca possa condurre ad una convergenza, anzi ad una condivisione pi� o meno ampia, come premessa per una prassi sempre pi� comune e condivisa. E questo anche perch� i problemi bioetica � e alcuni di essi in particolare � assumono sempre pi� una rilevanza che tocca l�intera famiglia umana: sono problemi planetari!

4. Si pone cos� il problema di come operare il dialogo. Non sembri cosa secondaria ricordare che la prima condizione � quella di superare decisamente facili e diffusi pregiudizi, come quelli di chi, in termini generali, ritiene inutile o addirittura impossibile il dialogo, e quelli di chi, in termini pi� specifici, pensa di possedere in esclusiva la verit� e, conseguentemente, di non aver bisogno dell�aiuto degli altri per ulteriori passi verso la verit�, verso la sua comprensione pi� piena e la sua traduzione pi� adeguata negli atteggiamenti e nei comportamenti della vita.

Una volta sgombrato il campo � della mente e non meno del cuore � da preconcetti e pregiudizi, il dialogo sui problemi della bioetica pu� e deve svilupparsi alla luce e con la forza della ragione umana, uno dei talenti pi� preziosi che il Creatore ha seminato nell�uomo. Volutamente ho fatto cenno alla dimensione �religiosa� della ragione, per ricordare che le religioni, se custodiscono e vivono la loro autenticit�, non solo non disprezzano ma in positivo esaltano il valore, l�importanza, la necessit� della ragione come talento ricevuto da Dio e sollecitano, pertanto, l�impegno responsabile dei credenti a �trafficarlo�.

Mi sia lecito qui citare un passo di una lettera enciclica di Giovanni Paolo II dedicata al tema della vita: �La questione della vita e della sua difesa e promozione non � prerogativa dei soli cristiani. Anche se dalla fede riceve forza e luce straordinarie, essa appartiene ad ogni coscienza umana che aspira alla verit� ed � attenta e pensosa per le sorti dell�umanit�. Nella vita c�� sicuramente un valore sacro e religioso, ma in nessun modo esso interpella solo i credenti: si tratta, infatti, di un valore che ogni essere umano pu� cogliere anche alla luce della ragione e che perci� riguarda necessariamente tutti� (Evangelium vitae, n. 101).

Ma insieme al ruolo della ragione umana dobbiamo ricordare anche il ruolo delle religioni: queste, con il loro patrimonio di fede e di verit�, di costumi, culture e tradizioni storiche, di sensibilit� umana ed etica, hanno un ruolo proprio e dunque hanno la possibilit� e la responsabilit� di portare un contributo specifico e originale per affrontare e risolvere i pi� diversi problemi della bioetica. Infatti, la dimensione religiosa della vita non � qualcosa di estrinseco e di indebito � di puramente sovrapposto e di forzatamente imposto � all�uomo in quanto uomo: � una sua dimensione intrinseca, dal momento che l�uomo nella verit� intera del suo essere � relazionato non soltanto con se stesso, con gli altri e con il mondo, ma anche e radicalmente all�Assoluto, al Trascendente, a Dio.

In questo senso si danno degli aspetti tipici del ruolo delle religioni nell�ambito della bioetica. Possiamo, tra gli altri, accennarne due. Il primo � il riferimento alla coscienza morale, come luogo dei giudizi e delle scelte etiche della persona. Le religioni introducono nel discorso della coscienza la prospettiva di una responsabilit� propriamente religiosa: l�uomo nella sua massima interiorit� � solus cum Deo, � solo con Dio! In questa singolarissima solitudine, che non � vuoto ma ineffabile pienezza, sta tutto il mysterium fascinosum et tremendum della coscienza morale di ciascuno nella sua unicit� e irripetibilit�.

Il secondo aspetto riguarda il carattere di assolutezza proprio dell�imperativo etico categorico di fare il bene e di evitare il male. Si tratta di un�assolutezza che, nella visione religiosa, � interpretata come una partecipazione all�assolutezza di Dio e di quell�ordine morale che in lui si fonda. E questo vale per tutti, nessun escluso: �Essere il padrone del mondo o l�ultimo �miserabile� sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle esigenze morali siamo tutti assolutamente uguale� (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, n. 96).

5. Possiamo procedere nella nostra considerazione del rapporto tra bioetica e nuovo umanesimo soffermandoci ora su di una linea culturale largamente diffusa nella storia dell�umanit� e che si � venuta precisando sempre pi� in riferimento all�uomo nella sua specifica dignit�, intrinseca e inalienabile, di persona umana e, conseguentemente, nel suo valore normativo per l�agire dell�uomo stesso.

In una sua lucida pagina, Romano Guardini ha scritto che �l�uomo � involabile non gi� perch� vive e ha quindi �diritto alla vita�. Un simile diritto l�avrebbe anche l�animale, perch� anch�esso vive� Ma la vita dell�uomo non pu� essere violata perch� l�uomo � persona. Persona non � un che di natura psicologica, ma esistenziale. Nel suo fondamento non dipende da et�, condizioni fisico-psichiche o doti naturali, ma dall�anima spirituale che � in ogni uomo� (Il diritto alla vita prima della nascita, Vicenza 1985, pp, 19-20).

Non � certo possibile qui presentare l�intero e ricchissimo contenuto di una antropologia personalistica. Mi limito a rilevare come una simile antropologia pu� essere conosciuta dalla retta ragione umana (recta ratio) e insieme dalla stessa esperienza umana concreta e pu� essere raggiunta nel suo nucleo centrale � onnicomprensivo ed esaustivo � quando l�uomo � riconosciuto idealmente e trattato praticamente come uomo: l�uomo in quanto uomo, nel suo esserci come soggetto vivente nel tempo e nello spazio e nella sua totalit� unificata, inscindibilmente corporeo-psichico-spirituale (corpore et anima unus, come si � espresso il Concilio).

E� del tutto decisiva, per i pi� svariati problemi di bioetica, accogliere e condividere l�antropologia personalistica nel nucleo centrale detto: potremmo dire l�uomo �spogliato� da tanti, troppi �aggettivi� che vogliono �qualificarlo� e che inevitabilmente finiscono per �discriminarlo� in base all�et� (se all�inizio o al termine della vita) o/e alle condizioni (se di salute o di malattia, di perfezione o meno). E dunque l�uomo �nudo� nulla come questa �nudit�� riesce a dire la straordinaria e meravigliosa �ricchezza� che ogni persona �� in se stessa, e dunque la sua dignit� assoluta e inviolabile e i suoi diritti nativi e inalienabili.

Sta qui il fondamento, e dunque anche il criterio, della giustizia: tribuere cuique suum, dare a ciascuno il suo, dove �il suo pi� suo� che ogni persona ritrova in se stessa � la sua dignit�, sono i suoi diritti. Sta qui la ragione pi� forte dell�esclusione di qualsiasi forma di discriminazione tra gli esseri umani: tutti e ciascuno, al di l� di tutte le possibilit� diversit�, sono persone!

Sotto il profilo etico, peraltro gi� in parte anticipato nelle riflessioni ora svolte, l�essere persona significa essere sempre e solo �fine in se stesso� e mai mezzo o strumento o cosa per altro da s�. Ci� � dovuto non semplicemente alla �natura umana� che l�uomo ha in comune e partecipa insieme con tutti gli altri miliardi di esseri umani, bens� al suo essere propriamente persona �unica e irrepetibile� (cfr. Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptor hominis, 13). E� per questa unicit� irrepetibile � che la fede ci dice essere l�oggetto singolare dell�amore creativo e redentivo di Dio � che non pu� mai dirsi lecito sacrificare neppure un solo essere umano (per quanto piccola o precaria sia la sua costituzione fisica o segnato il suo destino di esistenza terrena) anche al fine di salvare la vita o recuperare la salute di numerosi altri esseri umani. E non � forse la stessa sensibilit� moderna a porre un accento tutto particolare sulla singolarit� di ciascun soggetto che lo costituisce come dotato di una interiorit� autonoma? C�� da augurarsi che una simile sensibilit� aiuti a recuperare e a rivalorizzare la persona come dato imprescindibile e come criterio necessario per la riflessione etica!

6. Desidererei ora sostare, sia pure brevemente, su due elementi costituivi e strutturali della persona umana, che hanno una ricaduta fondamentale sui problemi della bioetica. Sempre per accenni rapidissimi, ricordo, anzi tutto, l�unitotalit� della persona umana. L�uomo � un essere dalle molteplici dimensioni o valenze, come quella corporea, psichica, spirituale. E� carne e cuore e anima. E� istintivit�, sentimento e spiritualit�. Ma queste dimensioni o valenze dell�essere uomo si incontrano, si compenetrano, si unificano in una inscindibile realt�, che si qualifica come unitotalit�. E� in questa linea che va letta e affrontata una tematica generale che attraversa i pi� vari problemi di bioetica, quale � il corpo umano. Questo � �umano� proprio perch� non � riconducile tutto e solo alla sua dimensione biologica e fisica, ma si propone come �segno� e �luogo� dell�intera realt� dell�uomo: in tal senso si pu� � e si deve dire � che l�uomo non semplicemente �ha� il suo corpo, ma pi� adeguatamente �� il suo corpo: esso rivela (come segno) e realizza (luogo) l�uomo nella sua realt� totale e specifica, in particolare nella sua relazionalit�, ossia nel suo essere �con� gli altri e �per� gli altri.

Siamo cos� all�altro elemento al quale � assolutamente necessario riferirsi nei problemi della bioetica. La persona umana � un �io� aperto al �tu�, � una �relazione vivente� con gli altri. Questo dice non soltanto quale � il logos (il senso e il fine) della persona: la �comunione� con gli altri e la �donazione� di s� agli altri; ma anche e specificamente, sotto il profilo etico, la responsabilit� di ciascuna persona nei riguardi degli altri: In forza della sua relazionalit� la persona � posta di fronte al dilemma, al dramma di riconoscere o meno l�altro uomo come uomo, come persona. Il �tu� interpella il mio �io�, e so che, perch� l�altro possa essere, non basta che io consenta a una vita umana la pura sussistenza biologica: occorre una relazione di accoglienza, di solidariet�, di amore.

E cos� alla riflessione bioetica non basta sapere quando inzia una nuova vita individuale e quando finisce, come una malattia esordisce e se � possibile o meno che la guarigione sopravvenga, quali siano i benefici e quali i rischi di un intervento chirurgico. Tutti elementi necessari e da valutare �in scienza e coscienza�, per usare un�antica e classica espressione medica. C�� un elemento ancora pi� necessario. C�� una priorit� da assicurare: prioritaria � la conversione del nostro atteggiamento nei confronti della vita umana. Occorre allora chiederci quanto siamo disposti a riconoscere e a servire la vita in ogni sua espressione e ad accogliere la vita umana nascente, sofferente e morente, come vorremmo fosse accolta la nostra, prendendoci cura di essa. E� nel cuore dell�uomo che emerge il grande dilemma morale: scegliere la vita o la morte!

Intravediamo qui l�essenziale dimensione sociale di ogni problema umano e quindi di bioetica, come pure la finalit� irrinunciabile del bene comune e l�esigenza di una qualche normativa comunitaria.

7. Vogliamo, per giungere a qualche conclusione, riprendere il tema del XVIII incontro internazionale e interreligioso, espresso nello slogan �Il coraggio di un nuovo umanesimo� e soffermarci in modo specifico sul coraggio. S�, la bioetica, essa stessa, ha bisogno oggi di un grande coraggio, per essere fedele alla propria identit�, per essere capace di custodire e onorare la propria nobilt�, per perseguire la sua fondamentale finalit� di servizio alla vita umana.

Il coraggio � necessario di fronte alla paura. E il campo della vita umana � oggi particolarmente minacciato da numerose e gravi paure. Si pensi anche solo alla duplice paura: quella di esiti pericolosi e negativi per la vita umana � dei singoli e delle comunit� - ai quali possono giungere le ricerche scientifiche e le loro applicazioni tecnologiche. Sin dove lo sviluppo come tale della scienza e della tecnica � anche autentico �progresso� umano e umanizzante? E l�altra paura, che spesso sfocia in tristissima e inquietante realt�, � quella di un uso della scienza e della tecnica non a favore, ma contro l�uomo, i suoi valori fondamentali e le sue esigenze sacrosante.

Ma la paura va affrontata con lucida razionalit� e insieme con azione consapevole e determinata. In questo senso non si deve affatto avere paura della ricerca scientifica in se stessa. Il comando primordiale che all�uomo Dio ha dato � quello di �dominare la terra�, e il primo dominio sulla realt� consiste precisamente nell�incontrare la realt�, nello scandagliarla, nell�indagarla, nel conoscerla e nel conoscerla il pi� possibile in totalit�. Non siamo, dunque, contro la scienza, ma siamo per la scienza. Certo, per una scienza non fine a se stessa o per interessi che non siano il vero servizio all�uomo.

Ecco qui un altro motivo per il coraggio della bioetica oggi. Non c�� dubbio che una tentazione particolarmente forte, anzi una situazione sempre pi� vasta e capillare in atto � il nuovo �potere� sulla vita derivato dal crescente e inedito sviluppo delle biotecnologie. E� un potere ulteriormente rafforzato da diversi interessi, tra i quali quello economico. Il coraggio � allora necessario perch� non venga meno la sapienza, ossia un �sapere� sulla vita che orienti e controlli al servizio dell�uomo le enormi potenzialit� acquisite dalla ricerca scientifica e dalla tecnologia. Solo con questa coraggiosa sapienza � possibile non far coincidere sempre e in ogni caso � come non poche volte reclama il cosiddetto scientismo tecnologico � ci� che � tecnicamente possibile e ci� che � moralmente ammissibile! Grazie a questa sapienza si fa pi� umana la domanda etica della persona: non riguarda solo il �fare� biotecnologico e medico, ma riguarda anche e soprattutto il senso, il logos dell��agire� sulla vita dell�uomo.

Il coraggio � necessario, ancora, per rispettare e promuovere la problematica della bioetica nella sua essenziale dimensione sociale. La bioetica deve garantire il bene di ciascuna persona, e insieme il bene comune, il bene cio� di tutti. E� una dimensione, questa, che assume un orizzonte sempre pi� ampio, propriamente mondiale. E� noto, infatti, che il fenomeno della globalizzazione investe � come peraltro, in un certo senso, da sempre � la scienza e la tecnica nell�ambito della vita. In questa linea l�istanza etica non pu� non accompagnare il processo di globalizzazione: lo deve accompagnare, aiutandolo a realizzarsi nella logica della �solidariet��, e dunque contrastando gli esiti negativi di una inaccettabile crescita del divario tra popoli ricchi e popoli poveri, anche sotto il profilo delle conoscenze mediche e ancor pi� delle loro applicazioni.

Emerge cos� un altro motivo per il coraggio della bioetica oggi: quello di richiamare e di sollecitare una democrazia matura: una democrazia cio� che si fonda e si sviluppa sull�uguaglianza e sulla partecipazione di tutti e di ciascuno, a partire dalla comune e condivisa dignit� personale e dei diritti e dei doveri correlati. La democrazia � tanto pi� riuscita quanto pi� ha la forza di eliminare o comunque di attenuare le discriminazioni e le emarginazioni: e questo vale in primis nell�ambito della vita umana. Di qui l�attenzione, non marginale ma al contrario preferenziale, che i Paesi veramente democratici devono riservare all�uomo la cui vita � pi� minacciata e umiliata a motivo della sua minuziosit� o della sua fragilit�.

La bioetica dei pi� piccoli e dei pi� deboli non � la pi� piccola e debole bioetica! Voglio qui ricordare che, nel solco della tradizione cristiana, le parole di Ges� riportate nel vangelo di Matteo hanno costituito per molti � credenti e non credenti � un formidabile richiamo in ogni tempo della storia: �In verit� vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli pi� piccoli, l�avete fatto a me� (Matteo 25, 40).

Sinora ho richiamato alcuni elementi fondamentali per una bioetica rispettosa e promotrice della dignit� personale e dunque del vero e del bene di �tutto� l�uomo, di �ogni� uomo, di �tutti� gli uomini. Cos� facendo ho tracciato la strada della pace. Se la pace, per la quale noi tutti sentiamo il bisogno di pregare e di operare nelle nostre scelte e gesti quotidiani, � il frutto della giustizia, della verit�, della libert� e della solidariet� � per richiamare i quattro pilastri indicati da Giovanni XXIII nell�Enciclica Pacem in terris � dobbiamo logicamente concludere che il rispetto e la promozione della vita umana sono componenti essenziali e indispensabili della pace.

�Non pu� avere solide basi una societ� che � mentre afferma valori quali la dignit� della persona, la giustizia e la pace � si contraddice radicalmente accettando o tollerando le pi� diverse forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed emarginata. Sol il rispetto della vita pu� fondare e garantire i beni pi� preziosi della societ�, come la democrazia e la pace� (Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium vitae, n. 101).