Luned� 6 Settembre 2004
Universit� Cattolica del Sacro Cuore, Aula Magna
Laici e credenti in dialogo

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Vincenzo Paglia
Vescovo cattolico, Italia
  

Non � mai mancato nei nostri incontri un momento di confronto pi� specifico tra laici e credenti. E lo sanno bene alcuni dei presenti a questa tavola rotonda che potremmo qualificare come i veterani di questo confronto. Abbiamo sempre preferito parlare di laici piuttosto che di non credenti, anche perch�, per fare solo un esempio, Arrigo Levi ha voluto sottolineare, fin dall�inizio, che lui � credente sebbene in un altro modo ad esempio da me, ed anche Mario Soares non ha mai voluto presentarci con quella specificazione. Insomma l�atmosfera non solo umana ma anche culturale nella quale noi continuiamo a muoverci in questi incontri � ben lontana dal clima che permetteva affermazioni come quella del noto medico-filosofo francese del Settecento, Julien de la Mettrie: �L�universo non sar� mai felice, a meno che non sia ateo�. Questa affermazione nasceva da una antropologia materialista che giungeva a far dire a questo medico-filosofo: �i sordi, gli imbecilli, i malati di mente, non meritano di appartenere a una classe particolare�, ossia non meritano di beneficiare dello statuto di uomo. Erano gli albori di quel pensiero che avrebbe poi condotto ad una concezione materialista dell�uomo. Il clima qui � ben diverso e ci permette di rispettare, anzi di apprezzare, la diversit� perch� la sentiamo come una ricchezza, come la opportunit� per percorrere insieme le nuove frontiere che si aprono davanti a noi. La differenza non ci spaventa e non viviamo nell�ossessione di eliminarla. Certo cerchiamo di sottolineare quel che ci unisce, ma non in modo ingenuo e acritico. Se Arrigo � continuo a citarlo perch� mi ha costretto a scrivere almeno due libri � arriva a dire che noi siamo ormai quasi completamente d�accordo non nasconde le diversit� che pure ci sono.

Lui comunque continua a domandarsi � e a ragione � cos�� la fede e, dopo non poche analisi, rivendica che anche lui � credente, seppure in un altro modo. Per parte mia continuo a domandarmi cos�� la laicit� e arrivo a dire che anch�io sono laico, distinguendomi tuttavia da una laicit� fondamentalista. Volendo riprendere la nota affermazione di Benedetto Croce secondo il quale �Non possiamo non dirci cristiani�, noi cristiani potremmo rovesciarla e dichiarare: �Perch� n

on possiamo non dirci laici�. Non � un gioco per confondere i due concetti. Penso per� che mentre cerchiamo di chiarirli si arricchiscono di senso ed aiutano ad allontanarci dal rischio di cadere in un pericoloso estremismo sia della fede che della ragione. Chi � dunque il laico? Molti sono stati i dibattiti su questo tema, e non solo in ambito francese. In questi ultimi tempi sia la nota questione relativa ai simboli religiosi nei luoghi pubblici sia la lunga vertenza sulle radici cristiane nell�ambito della redazione della Costituzione europea hanno portato molti a interrogarsi sul senso della laicit�. Molte possono esserne le definizioni. Ma, inserendomi nella interpretazione che la Corte Costituzionale ha dato della Costituzione Italiana circa la �laicit�� dello Stato, a me pare molto significativo sostenere che il laico non � colui che rifiuta, o peggio che deride il sacro, semmai � colui che lo discute, che lo interroga, che si mette di fronte al senso del mistero che anche il sacro porta con s�. Ed � laico anche ogni credente che non � superstizioso, che non � fanatico, che non � arrogante, che non � chiuso alla ricerca di una verit� sempre pi� chiara e piena. E� laico altres� ogni non credente che non assolutizza e non idolatra il proprio relativo punto di vista e la propria ricerca. Il laico non credente sa invece riconoscere la profonda analogia che lo lega alla domanda del credente e alla sua continua ricerca del vero e del bene. Su ambedue, insomma, sia sul laico che sul credente, incombe la soglia del mistero, come riconosceva Norberto Bobbio. E il mistero chiede ad ambedue l�umilt� di riconoscere il proprio limite e di aprirsi all�altro. La laicit� perci� non � una ideologia, � una sensibilit�. Non si identifica a priori con nessun credo preciso, con alcuna filosofia, ma � attitudine critica ad articolare il proprio credo filosofico o religioso secondo regole e principi logici che non possono essere condizionati da nessuna fede, perch� in tal caso si cadrebbe in un torbido pasticcio, sempre oscurantista. Ecco perch� la cultura, se � tale, � sempre laica, non importa se proposta da un credente o da un ateo. Laicit� perci� significa tolleranza, e in certo modo anche dubbio rivolto pure alle proprie certezze, demistificazione di tutti gli idoli, anche dei propri. Laicit� � capacit� di credere fortemente in alcuni valori, sapendo che ne esistono altri, pure essi rispettabili. In questo senso la laicit� � utile sia alla fede che alla ragione, ad ambedue infatti impedisce di cadere in un due pericoloso estremismo.

Fatta questa premessa, entro un po� pi� direttamente nel tema della tavola rotonda: Laici e credenti: per un nuovo umanesimo. Molte sono le riflessioni che questo tema suscita. Ma vorrei fermarmi su quel versante che tocca il valore stesso dell�uomo che viene messo in discussione dalle nuove frontiere della bioetica, dell�ecologia e dell�informatica. Si tratta di tre rivoluzioni contemporanee che interpellano tutti, laici e credenti, anche perch� in qualche modo fanno gi� sistema tra loro. E se non sono governate, se non sono cio� guidate con lungimiranza e sapienza, portano alla distruzione dell�umanit� stessa dell�uomo. E� infatti messa in gioco la dignit� dell�uomo. La letteratura in materia � ormai abbondante. Basti pensare ad autori come Jurgen Habermas che scrive, I rischi di una genetica liberale; a Paul Virilio il quale, dopo aver pubblicato La bomba informatica, si scaglia contro il fondamentalismo tecnoscientifico, L�incidente del futuro. Tutti conosciamo Jeremy Rifkin lo studioso che si occupa dell�innovazione scientifica e tecnologica, il quale nel volume Il secolo biotech avverte: �La rivoluzione della biotecnologia ci obbligher� a riconsiderare molto attentamente i nostri valori pi� profondi e ci costringer� a porci di nuovo seriamente la domanda fondamentale sul significato e sullo scopo dell�esistenza�Tutti gli aspetti della nostra realt� individuale e di quella parte della vita che dividiamo con gli altri saranno toccati e seriamente modificati nel secolo della biotecnologia�( 370).

Sono solo alcuni cenni dai quali emerge che l�orizzonte delle sfide poste all�inizio di questo nuovo millennio coinvolge sempre pi� le dimensioni della libert�, dei diritti dell�uomo, della coscienza, insomma la centralit� stessa dell�uomo. E� una singolare parabola del pensiero moderno che ha voluto porre al centro del mondo l�uomo con la pretesa di cacciare Dio dalla scena. Il grande teologo De Lubac, accennando a questo processo, scriveva un volume dal significativo titolo Il dramma dell�umanesimo ateo. Nel testo si mostrava che un umanesimo senza Dio avrebbe portato all�eliminazione stessa dell�uomo. Salvatore Natoli, un filosofo italiano dei nostri giorni, un non credente che cerca per� un incontro con i credenti, critica l�ateismo che potremmo chiamare fondamentalista. In un piccolo scritto dal titolo Il cristianesimo di un non credente scrive: �L�uomo moderno ha cercato di conquistare l�infinito in termini positivi, ha perseguito la propria autoaffermazione contro Dio per prenderne il posto. Per l�uomo moderno il farsi Dio (da parte dell�uomo) ha coinciso con lo sforzo di espandere la propria potenza fino a pervenire a un assoluto delirio di onnipotenza�(64). L�esito di questa esaltazione da onnipotenza - continua Natoli - porta l�uomo �ad aspettative che non pu� soddisfare e l�accresciuta potenza non lo scioglie affatto dalla sua costitutiva finitezza, ma gliela rende solo insopportabile. Nel tentativo di �prendere il posto di Dio�, l�uomo si scopre un Dio mancato. La modernit�, specie nei suoi esiti estremi, si � tormentata da una tracotante negazione di Dio e un bisogno di salvezza senza Dio. Ma gli uomini moderni non riescono pi� a credere. Non resta loro che la disperazione. E, allora, sono �orfani di Dio�. L�esito non poteva essere pi� fallimentare�. Cos� Natoli che mostra l�esito della parabola dell�uomo moderno tra onnipotenza e nichilismo con la scienza unica regina.

Gi� Martin Heidegger metteva in guardia dal pericolo dalla dittatura della scienza e della tecnica. Di qui il suo grido: �Ormai solo un Dio ci pu� salvare!� Non si riferiva al Dio della fede, ma ad un oltre, potremmo dire al mistero. Comprendeva infatti che affidare il destino dell�uomo alla ragione scientifico-tecnologica e quindi alla calcolabilit�, alla misurabilit� e in definitiva alla manipolabilit�, significava ridurre l�uomo a un oggetto. Ed � il processo messo in atto in questo tempo. Jean-Claude Guillebaud, in un libro coraggioso, Le principe d�humanit�, denuncia che da una ventina d�anni a questa parte si sta distruggendo a poco a poco quell�idea di uomo acquisita da secoli e che faceva dire a Kant che l�uomo non pu� mai essere un mezzo, ma solo e sempre un fine (lo diceva nel 1785 all�inizio della industrializzazione che condannava uomini, donne e bambini ad essere strumenti di lavoro). Questa idea kantiana - profondamente laica � nasceva all�interno della tradizione giudaico-cristiana, come dimostra bene Shmuel Trigano nel volume Le monoth�isme est un humanisme (2000). Questo stretto rapporto tra monoteismo e umanesimo Arrigo Levi lo sosteneva gi� nella sua tesi di laurea. Credenti e laici sono accomunati da questa convinzione: la vittoria del fondamentalismo scientifico porta al naufragio dell�uomo. Lo stesso Norberto Bobbio, poco tempo prima di morire, affermava che lo scontro nel futuro sarebbe avvenuto tra fede e scienza e non tra fede e ragione. �La Scienza, � la sola religione dell�avvenire� scrive Francois Raspail. E� in questo orizzonte che abitano i grandi contrasti dei giorni nostri.

A dire il vero, il problema non � la scienza che di per s� � neutra, ma negli uomini che dispongono del potere scientifico, i quali possono manipolare gli esseri umani sino a renderli oggetti e strumenti nelle loro mani. Rifkin giunge a dire, riferendosi alla ingegneria genetica, che �colui che controller� i geni controller� il XXI secolo�. Anche qui le riflessioni potrebbero continuare a lungo; dovrebbe per� metterci sull�avviso il fatto che i primi esperimenti genetici sull�uomo siano iniziati nei campi di sterminio nazisti quando uomini e donne erano divenuti appunto materiale di sperimentazione. Il problema, come si vede, va diretto verso la concezione stessa dell�uomo e della intangibile dignit� della persona umana, anzi del senso stesso della vita e della morte.

Gi� solo questi superficiali e brevissimi cenni fanno comprendere quanto siano delicate le sfide che ci sono poste dalle nuove frontiere di una scienza sganciata da un orizzonte etico e religioso. La fede e la ragione sono chiamate a mostrare tutta la ricchezza della loro riflessione sull�uomo e sulla sua dignit�. Le religioni nel XXI secolo, al di l� di ogni aspettativa, hanno un ruolo chiave nell�epoca della globalizzazione. Ma debbono scendere nel profondo della loro sapienza per coglierne la ricchezza. Jonathan Swift, causticamente afferma che abbiamo �religione quanto basta per odiarci l�un l�altro, ma non abbastanza per amarci�. Le religioni possono essere fonte di discordia ma anche fonte di soluzione dei conflitti. E possono farlo suscitando e praticando un nuovo umanesimo, quello dell�incontro e del rispetto delle differenze basandosi sulla ineliminabile dignit� della persona umana.

Ma credo che anche anche della ragione abbiamo bisogno che sia piena e integra. la nuova societ� globalizzata hanno un nuovo ruolo, possono favorire o rallentare i conflitti e l�orgoglio.

La stessa etica, intesa come analisi dei comportamenti, non basta pi�. Il materialismo positivista e scientista rischia di distruggere in radice il mondo. L'etica, sostiene con originalit� Ferry, � sostenibile unicamente se la si coniuga con la dimensione del sacro. Un�etica puramente razionale � troppo ristretta e non ha la forza di liberare l'uomo dall'essere un semplice meccanismo della natura. Sento, tuttavia, l�eco delle parole di Guardini: l�etica spiega, spinge, sostiene, giudica, esalta, colpevolizza, ma non salva. Ferry, ovviamente, non esce dalla prospettiva della soggettivit�, sebbene voglia sottrarsi dall'asfissia del non senso e del ripiegamento egoistico. E rivendica una vera e propria "spiritualit� laica", che egli scorge sulla via di una "trascendenza immanente", l'unica che, sempre all'interno di un umanesimo religioso ma ateo, pu� far uscire l�umanit� dal vuoto. Non basta perci� il semplice umanesimo che vede la realizzazione della pienezza nell'autenticit� e nella rigorosa osservanza dell'imperativo morale: "la volont� di realizzare una perfetta immanenza a s� � destinata a fallire. Per una ragione di fondo: l'esigenza di autonomia, cos� cara all'umanesimo moderno, non sopprime la nozione di sacrificio, n� quella di trascendenza. Semplicemente, ed � questo che bisogna capire, implica una umanizzazione della trascendenza e, quindi, non lo sradicamento, ma piuttosto uno spostamento delle figure tradizionali del sacro". Si passerebbe perci� da una trascendenza "verticale" ad una trascendenza "orizzontale"; il sacro scende dal monte alla valle e apre un varco verso una "religione dell'Altro". Lo sforzo del filosofo francese si concentra nell�interpretazione dell'umanesimo moderno nel suo versante spiritualista, ove l'amore � il valore pi� chiaro e pi� forte.

In un certo senso possiamo dire che non sono due campi separati. Un nuovo umanesimo deve raccogliere questa sfida. E non pochi umanisti, anche non credenti, mostrano i limiti di un�etica semplicemente immanente, ossia che non fa i conti con il mistero, con un oltre di cui non siamo padroni e che dobbiamo sentire con umilt�.

L�uomo pu� essere fabbricato? E non stiamo fabbricando esseri viventi? E� l�antico mito di Pigmalione, re di Cipro, il quale voleva dare la vita ad una statua di donna ce lui aveva scolpito, e di cui si era innamorato. Fece del tutto perch� quella statua prendesse vita, ma la materia non prendeva vita. Dovette rivolgersi ad Afrodite la dea protettrice di Cipro perch� ella desse la vita a quella statua. E fu accontentato. Senza gli dei � impossibile dare la vita, dicevano gli antichi greci. Potremmo dire che il mito di Pigmalione � una lezione antimaterialista. C�� comunque oggi il rischio di abbattere la frontiera tra la macchina e la vita, tra la scienza e la vita. C�� il problema del prevalere della tecnica che rischia di trasformare l�uomo in strumento e non in fine. E� quel che accade quando la tecnica strumentalizza l�uomo (lo fa a pezzi) magari per guarirlo meglio. C�� in gioco l�uomo e la sua dignit�. Cosa � l�uomo?

Hans Jonas, tra i primi si � posto il problema di un�etica per la civilt� tecnologica. Di fronte all�incombente pericolo di distruzione dell�ambiente e quindi dell�umanit�, � un dovere primario riproporre la domanda sulla responsabilit� collettiva per prevenire il pericolo del collasso ambientale e della distruzione stessa dell�umanit�. E� anzi assolutamente necessario tornarvi a riflettere e a riproporlo in ogni modo, facendo magari emergere anche la paura del disastro generale per smuovere almeno la cattiva coscienza che rode l�edonismo della moderna cultura del godimento e dell�uomo tecnologico come �macchina desiderante�. Questo �carpe diem�, che ripropone il benessere individuale come legge suprema di comportamento, � un andazzo antico. Jonas legava il principio di responsabilit� ai comportamenti eco-solidali.

L'irreversibile erosione delle forme religiose tradizionali (l�autore si riferisce soprattutto al crollo del cristianesimo come religione dogmatica che fonda la morale su di un'autorit� esterna all'uomo) rende, a suo avviso, strutturale la crisi etica contemporanea; n� lo tranquillizza la definitiva sconfitta della religione "nemica" della modernit�. Si affretta, invece, ad aggiungere che se si vuol evitare il rischio di cadere nel baratro del nulla, non basta un semplice �ritorno all�etica�. E� necessario che essa sia irrobustirla con i tratti della religiosit�: "La morale � utile e anche necessaria: ma rimane nell'ordine negativo del divieto. Se le etiche laiche, anche le pi� sofisticate e pi� perfette, dovessero costituire l'ultimo orizzonte della nostra esistenza, ci mancherebbe ancora qualche cosa, per la verit� l'essenziale. E questo qualche cosa, naturalmente, ci � rivelato nel modo pi� chiaro dall'esperienza di quei valori che i comunitaristi chiamano "carnali" o "sostanziali". A cominciare dal pi� alto: l'amore (sia degli individui sia delle comunit� di appartenenza)". Parafrasando la nota frase di Heidegger, di fronte al prevalere assoluto della cultura tecnologica, si potrebbe allora dire: �Solo l�amore ci salver�!� La necessit� di proporre una morale che aiuti ad uscire dalle secche di un individualismo esasperato � la via che deve vedere laici e credenti uniti per salvare la vita.