Luned� 6 Settembre 2004
Casa Ildefonso Schuster, Sala Panighi
Essere cristiani nella globalizzazione: cattolici e ortodossi a confronto

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Marc Stenger
Vescovo cattolico, Francia
  

Vorrei innanzitutto dire come mi sento onorato di esser stato chiamato a esprimere il mio punto di vista in questa assemblea su di una questione che interpella in maniera urgente e grave le Chiese e le religioni, la domanda che nasce dal fenomeno sociale che chiamiamo �globalizzazione� e, nell�ambiente francese, �mondializzazione�. Ci sono probabilmente delle sfumature tra i due termini. Da buon francese quale sono, utilizzer� senz�altro la parola �mondializzazione�, senza voler entrare in distinzioni troppo sottili che in ogni caso non apportano nulla di pi� alla nostra riflessione. Per noi credenti, infatti, si tratta di farci promotori e sostenitori coraggiosi di un �nuovo umanesimo� in un mondo globale in cui sussiste un continuo scontro tra i rischi che l�uomo muoia e le sue possibilit� di crescere.

I. In un mondo globale ostacoli e opportunit� per un �nuovo umanesimo�

Chi dice �mondializzazione� parla di un mondo che si unifica. Se oggi la mondializzazione � nel cuore di tanti dibattiti, � perch� essa interessa e riguarda tutti i paesi del pianeta e provoca delle ripercussioni economiche e sociali estremamente differenti, ma alle quali nessuno pu� cercare di sfuggire, tanto l�interdipendenza tra i paesi � reale e profonda.

Questo mondo � pieno di angoscianti paradossi. Chi dice mondializzazione parla in effetti di una possibilit� di avvicinamento e di pace tra gli uomini. Ma spesso le opportunit� di un vero incontro restano illusorie. Quello che � molto pi� presente � la violenza, la guerra, la negazione dell�uomo da parte dell�uomo. Allo stesso modo, la speranza di un miglioramento della condizione umana che i vertiginosi progressi delle conoscenze e delle tecniche potrebbero generare � spesso scoraggiata da fenomeni preoccupanti, che ipotecano il futuro della nostra societ�. Essi costituiscono, se non le conseguenze, quanto meno l�accompagnamento della mondializzazione. Vorrei evocarne qualcuno:

1. L�instabilit� finanziaria

Nel nostro mondo senza frontiere, una crisi finanziaria, ovunque sia iniziata, pu� propagarsi creando un polverone, frenare e perfino capovolgere evoluzioni favorevoli provocando notevoli danni economici e sociali tra gli strati pi� vulnerabili della popolazione. Lo si � visto recentemente in Giappone o in Argentina.

2. L�emarginazione

Se alcuni paesi in via di sviluppo hanno saputo approfittare delle forze della mondializzazione per accelerare la loro crescita, altri che non sono abbastanza forti per prender parte all�espansione del commercio mondiale corrono il rischio di diventare degli emarginati dell�economia planetaria. E sono proprio i paesi che hanno pi� bisogno degli scambi, degli investimenti e della crescita che la mondializzazione potrebbe portare i pi� esposti a questo pericolo.

3. La crescita delle disuguaglianze

Tra i paesi e al loro interno si approfondiscono dei contrasti considerevoli tra gli estremi, sproporzioni che squalificano i pi� deboli nel concerto delle nazioni tanto pi� adesso che anche l�informazione � divenuta universale. Sul piano nazionale, le politiche di protezione delle entrate faticano a mantenersi in carreggiata di fronte ad un�evoluzione legata alla mobilit� del capitale e alle logiche di deregulation competitiva.

Inoltre diverse forme di violenza si abbattono sulla nostra societ�. Mai, come ha detto il sociologo Jean-Claude Guillebaud, il mondo era stato tanto preda della paura. Azione politica sotto tutela economica, democrazia intaccata dal mercato, diplomazia incancrenita dalla volubilit� emotiva dei media, solidariet� abbandonata a profitto del �ciascun per s�, tutto si svolge come se le leve di comando dell�azione pubblica sfuggissero poco a poco a coloro che ne sono incaricati, mentre risorgono forme temibili d�ingiustizia, di dominazione, di iniquit�, di cinismo.

Tuttavia nella mondializzazione non c�� soltanto questo: anche le opportunit� offerte sono reali:

- l�azione combinata dell�allargamento del campo dell�economia di mercato, della comparsa delle nuove tecnologie informatiche e della comunicazione e dell�unificazione dei mercati dei beni e dei capitali, creano condizioni favorevoli allo sviluppo dell�economia mondiale, e questo anche per i pi� poveri.

- La globalizzazione degli strumenti finanziari pu� costituire un acceleratore dello sviluppo.

- Non ci sono mai state cos� tante potenzialit� intellettuali, scientifiche ed economiche per combattere i nostri atavici mali, la fame, la guerra, l�emarginazione dell�Altro e l�oppressione.

Ci troviamo quindi innanzi ad un contrasto impressionante tra le opportunit� reali che offre la mondializzazione e le temibili minacce che essa fa pesare sul divenire delle nostre societ�, cosa che spiega il profondo turbamento dell�opinione pubblica. Essa comprende bene che la questione � seria, che si tratta di un processo irreversibile, che nel processo di mondializzazione ci sono dei perdenti e che questi sono i deboli e che non si possono reindirizzare tendenze cos� possenti senza fatica e senza profonde riforme.

Nel prendere in considerazione la mondializzazione, non ci troviamo dunque di fronte ad un semplice dibattito tra ottimisti e pessimisti sull�avvenire di una societ� globale, ma di fronte a un�autentica sfida di civilt� della quale bisogna fissare chiaramente i termini. Da un dibattito a questo livello i cristiani non devono essere assenti, perch� non si tratta soltanto di controllare delle ristrutturazioni economiche o di regolare dei flussi finanziari per estenderne il beneficio al maggior numero di persone, si tratta di dire chiaramente quale uomo si voglia far nascere in un mondo cos� orientato, su quale sistema di valori se ne basi il destino. La mondializzazione non � fonte di tutti i mali. Ha permesso a paesi come la Cina, per citarne solo uno, di realizzare una certa forma di sviluppo. Essa � una culla di incontri e di innovazioni che potrebbe essere fonte di arricchimento e non di disuguaglianze. Ci� che pone dei problemi sono i moventi che guidano gli attori e che non sono necessariamente degni dell�uomo; � la volont� che anima chi detiene il potere decisionale di fronte ad evoluzioni che sono ineluttabili, ma per le quali il progetto che si ha, rispetto all�uomo, rimane un meccanismo regolatore.

II. I cristiani di fronte alla mondializzazione

Il contributo dei cristiani verte sul progetto umano che si dispiega nel contesto della mondializzazione. Non c�� mondializzazione valida se gli obiettivi del processo non si pongono oltre l�orizzonte degli interessi immediati, siano essi personali o comunitari. La posta in gioco � il bene dell�uomo e la volont�, iscritta nel cuore dell�uomo, di assicurare questo bene. Per i cristiani � quindi importante aver chiari i valori che assicurano la piena apertura dell�uomo nella sua relazione con questo universo globale che costituisce il suo nuovo ambiente di vita. E non c�� altra strada, per vivere positivamente questo nuovo tornante della storia umana costituito dalla mondializzazione, che convertirsi a quei valori costitutivi del progetto di umanit� che poggia le proprie fondamenta sulla Scrittura.

Dalla Scrittura mi piacerebbe cogliere due grandi messaggi che identificano l�uomo per ci� che egli � nel piano di Dio, creatura a sua immagine:

- il messaggio dell�accoglienza:

� nell�accoglienza, nell�apertura all�altro chiunque esso sia, che l�uomo realizza pienamente la sua umanit�, che egli piace a Dio, si manifesta come sua immagine e ce lo rivela. Una civilt� globale non pu� quindi essere che una civilt� della fraternit�.

- il messaggio della speranza:

sono i poveri e i miti che possiederanno la terra, afferma il Vangelo. Questo pu� sembrare paradossale, poich� sono proprio essi che sono stati beffati lungo tutta la storia e la mondializzazione continua a minacciarli. Siamo al centro di un mondo di calcolatori, dove non sussiste alcuna speranza. Costoro possiederanno la terra, semplicemente perch�, poveri e miti, non posseggono pi� altro che la speranza.

� di questa fraternit� e di questa speranza che siamo debitori all�umanit�, perch� la mondializzazione sia umana e non annientante per quanti non si trovano dalla parte dei forti. La sfida che i cristiani devono raccogliere � quella di offrire una risposta specifica ai grandi problemi della mondializzazione che abbiamo evocato nella prima parte di questo intervento:

1. Il pericolo di crisi permanente per le popolazioni pi� vulnerabili

2. La povert� dei pi� come rischio principale

3. L�assenza di un riferimento concreto ad un bene comune di tutta l�umanit�

� ben chiaro, prima di tutto, che per noi cristiani le risposte a questi problemi non sono risposte tecniche. I cristiani non hanno la vocazione n� la competenza per essere esperti di sistemi economici e sociali alternativi. Il loro specifico contributo si colloca a livello del cuore dell�uomo e del cambiamento di cui l�uomo � capace per realizzare con successo una strategia politica e sociale di mondializzazione migliore. Per illustrare tutto ci�, dir�

- che non si sono aspettati i cristiani per dire e ripetere che bisogna destinare lo 0,7% del prodotto interno lordo delle nazioni sviluppate alla cooperazione allo sviluppo, e che, tuttavia, non lo si fa

- che si riconosce la necessit� di diminuire le sovvenzioni all�agricoltura nei paesi ricchi perch� quelli poveri possano sviluppare un�agricoltura autonoma, e che non vi si arriva mai.

Ma per i cristiani la distanza tra le parole e le azioni non � soltanto un problema politico o tecnico. Essa si radica nel cuore dell�uomo e l�approccio alla mondializzazione comincia dalla trasformazione del cuore dell�uomo; dal modo in cui egli � capace di mettersi in relazione con l�altro, di accoglierne i bisogni, di alimentarne la speranza; dal mondo aperto e giusto che egli � capace di progettare e di realizzare. Il problema si pone in riferimento all�annuncio scritturale dell�avvento di un mondo nuovo che � definito nel Nuovo Testamento dall�espressione �Regno di Dio� e nel quale si riassume la Buona Novella. Ognuno � chiamato ad entrare nella dinamica di questo nuovo mondo e ad essere protagonista dei processi di liberazione iniziati dal Cristo. Egli ha riabilitato gli emarginati e i poveri, ha instaurato la fraternit� nel rispetto delle esigenze della giustizia. � questa cultura delle Beatitudini - che valorizza quanti sono ai margini dello sviluppo per farne degli attori a pieno titolo - che noi dobbiamo far nostra.

III. Alla fonte di una mondializzazione benefica, quel che esce dal cuore dlel�uomo

Il contributo dei cristiani nella realizzazione di una societ� globale �

1. una Buona Novella di fraternit� universale

L�annuncio della Buona Novella del regno di Dio non � un discorso su un avvenire ipotetico, ma il discernimento, in un tempo e in un luogo dati, delle concrete esigenze che si impongono all�uomo perch� egli sia fedele al progetto di umanit� di Dio. La fede ci impone quindi di denunciare senza condiscendenze i processi che creano emarginazione e povert� nella mondializzazione, quindi anche il funzionamento di un sistema economico che provoca ovunque nel mondo l�impoverimento dei pi� poveri e approfondisce drammaticamente le disuguaglianze. Il Vangelo chiama i cristiani ad essere istanza critica nel seno della societ�. Fa parte della nostra missione intervenire laddove l�uomo � schernito, sfigurato, oppresso, laddove � distrutta l�immagine di Dio che portiamo in noi.

2. Un atteggiamento che si oppone alle correnti negatrici della dignit� umana attraverso lo spiegamento di valori che siano al servizio della fraternit�

Ne citer� tre:

- la responsabilit�:

ci� riguarda ogni cristiano nella misura in cui ciascuno � implicato nei cambiamenti della mondializzazione:

a) Si tratta di vegliare a che l�uomo, la sua crescita, il suo sbocciare, siano al centro di ogni strategia

b) Si tratta di essere esemplari nella gestione dei beni di cui si dispone, perch� nessuno debba trovarsi a soffrire delle conseguenze di una gestione difettosa

c) Si tratta di promuovere e sostenere la creazione di beni globali, perch� tutti abbiano ugualmente accesso ai benefici della mondializzazione.

- la solidariet�:

La priorit� del nostro impegno deve essere la lotta contro la povert�, ma non attraverso la trasformazione dei sistemi economici. La strategia d�attacco evangelica � quella del farsi carico delle persone.

Bisogna sottolineare anche l�importanza del rispetto degli impegni presi per combattere la povert�. � un rispetto dovuto alla persona.

La solidariet� significa considerare come nostri i problemi dell�altro. Non si tratta semplicemente di lavorare per le persone, ma con le persone.

- la ricerca del bene comune:

L�uomo che dobbiamo promuovere si caratterizza come membro della famiglia umana e tutti gli uomini devono poter vivere allo stesso modo questa appartenenza. � la ragione per cui � importante, per evitare che prevalgano la legge della giungla e il diritto del pi� forte, difendere, nell�ambito della comunit� degli uomini, dei principi regolatori che siano al servizio della vita di ognuno.

Volendo riassumere quello che dev�essere lo specifico approccio dei cristiani in relazione agli interrogativi posti dalla mondializzazione, si pu� dire che questo rimette l�uomo in gioco, non l�uomo come utensile della crescita economica, ma l�uomo come attore della propria vita. La mondializzazione � un fenomeno ineluttabile. Spetta ai cristiani vegliare a che essa non si imponga all�uomo, ma l�uomo ne sia il libero beneficiario e il generoso promotore per gli altri.