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Gianfranco Ravasi
Prefetto della Biblioteca Ambrosiana, Italia
Il monoteismo � il volto religioso pi� esplicito dell�attuale umanit�. Stando ai dati dell�International Bulletin of Missionary Research nel 2003, su una popolazione mondiale stimata in 6.278.519.000, i cristiani di tutte le denominazioni sarebbero 2.076.629.999, i musulmani 1.265.230.000 e gli ebrei 14.789.000. Pi� di met� del genere umano, perci�, si riconoscerebbe nei tre monoteismi classici abramitici. A questo dato fenomenologico omogeneo si dovrebbe poi aggregare la galassia di tipologie religiose sbrigativamente catalogate o come politeiste e come alternative, in realt� ben pi� �unitarie� di quanto appaia. Ad esempio, il brahmanesimo si �ncora a una matrice divina unitaria, pur nel suo sviluppo esteriore cultico plurale, come l��a-seit�� buddhica rivela un carattere monadico. Nella stessa antichit� semitica e greco-romana la molteplicit� delle divinit�, che a livello popolare e culturale era �oggettiva�, spesso si rivelava a livello teorico un modo simbolico per rappresentare la pluralit� delle qualit� della divinit�. Si pu�, perci�, parlare spesso di un politeismo relativo, linguistico e immaginifico pi� che di un politeismo metafisico e assoluto. Tolleranza e �neopoliteismo� Certo � che in epoca recente si � assistito a una duplice contestazione del monoteismo. La prima risale gi� al Settecento illuminista e, sotto la parvenza di contrastare l�intolleranza integralistica delle fedi, si � poi orientata verso la deriva relativistica. Esemplare, anche se il tenore del testo � ben pi� lieve e ha finalit� teoriche meno radicali, potrebbe essere il poema drammatico Nathan il saggio pubblicato nel 1779 dallo scrittore tedesco Ephraim Gotthold Lessing (1729-1781). In quel testo si recuperava un antico spunto narrativo orientale, penetrato anche in una novella del Decamerone di Boccaccio, secondo il quale un re amando, riamato, in modo identico i suoi tre figli, voleva che nessuno dei tre, anche il primogenito, fosse l�unico ed esclusivo erede. Aveva, cos�, deciso di approntare altri due anelli d�oro identici, modellati su quello ufficiale della successione. Come � evidente, ciascuno dei figli avr� tra le mani l�anello ereditario, di per s� valido, anche se uno solo � quello autentico in senso stretto. Facile � intuire, da un lato, la funzione simbolica positiva della parabola, ossia l�esaltazione del rispetto per tutti e tre i monoteismi e, quindi, il tema della tolleranza che, tra l�altro, Lessing sosteneva in polemica col rigido e integralista pastore protestante amburghese Goetze. D�altro lato, si pu� anche obiettare che per questa via si procede verso il relativismo, essendo impossibile identificare l�unico anello genuino e, quindi, definire - pur nelle affinit� - una verit� �oggettiva�. Positivo rimane, comunque, il fatto che si riconosca che alla radice del monoteismo c�� l�amore supremo di Dio per tutti suoi fedeli e che questi ultimi lo ricambino con un amore limpido e sincero, pur nella diversit� delle loro identit�. L�altra contestazione � opposta al monoteismo da quello che potrebbe essere chiamato il �neopoliteismo�. Esso non �, certo, la celebrazione di un pantheon multiplo di d�i alla maniera dell�Olimpo greco, ipotizzando un recupero di mitologie nazionali o culturali specifiche, sul modello - in verit� ironico - di quanto � stato fatto dal maggior romanziere finlandese contemporaneo Arto Paasilinna nel suo Il figlio del dio del tuono (1984; tr, it. Iperborea, Milano 1998), che attinge al Kalevala finnico. Si tratta piuttosto di una prospettiva filosofico-simbolica (formulata, ad esempio, con una sua originalit� �cristologica� in Italia dal filosofo Salvatore Natoli) secondo la quale la variet� delle concezioni religiose, simile a un arcobaleno armonico di prospettive, genera alla fine il rispetto della pluralit� e risulta quasi come un vaccino contro ogni tendenza fondamentalistica e contro ogni monoteismo coartante ed esclusivo. E� evidente, per�, che anche in questo caso � in agguato l�estenuazione dell�assoluto della verit� per un pi� confortevole accordo al minimo denominatore comune della molteplicit�. Il rischio insito al politeismo � sempre quello �babelico� della dispersione dissolutiva. Unit� e pluralit� del monoteismo A questo punto dobbiamo ritornare al cuore del monoteismo come sorgente di uguaglianza. Ma sono necessarie alcune puntualizzazioni. La prima � di indole �teologica� in senso stretto ed � capitale nella visione religiosa della realt� monoteistica. La sua radice �, infatti, legata a una rivelazione divina, a un ingresso in dialogo e in azione di Dio stesso che rompe il suo isolamento trascendente per incontrare l�umanit�. Egli non � un�oscura entit� indefinibile n� una vaga galassia divina, bens� una persona che comunica e si comunica. Il monoteismo �, perci�, un atto di svelamento personale di quel Dio che dichiara attraverso Isaia e Paolo: �Io mi sono fatto trovare anche da quelli che non mi cercavano, mi sono manifestato anche a quelli che non mi invocavano� (Romani 10, 20). Affermava il filosofo ebreo Emmanuel L�vinas (1905-1995) in un intervento raccolto nel suo volume collettaneo La difficile libert� (Jaca Book, Milano 2004): �Il monoteismo non � un�aritmetica del divino. E� piuttosto il dono, forse soprannaturale, di vedere l�uomo simile all�uomo sotto la diversit� delle tradizioni storiche che ognuno porta avanti: � una scuola di xenofilia e di antirazzismo�. La considerazione del pensatore francese coglie un secondo elemento rilevante. L�unico Dio significa l�unico uomo, ossia la radicale uguaglianza delle creature uscite dalle mani dell�unico Creatore. Non ci sono �figli di un dio minore�, l� dove unico � il Signore di tutti, amoroso verso tutti i suoi figli. Significative sono le parole di Paolo al discepolo Timoteo: �Dio nostro salvatore vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verit�, perch� uno solo � Dio� (1 Timoteo 2, 3-5). Il monoteismo �, perci�, strutturalmente compaginato col tema dell�uguaglianza umana e, come suggeriva ulteriormente L�vinas, �obbliga l�altro a entrare nel discorso che lo unisce a me�, essendo comune il tessuto umano che ci unisce, che ci affratella e che ci rende anche tutti indigenti sia di Dio sia dell�altro. C��, per�, una terza considerazione. Gi� la tradizione giudaica affermava che Dio, a differenza di quanto accade col conio monetario, ci ha �coniato� tutti con lo stesso stampo (l�umanit�, l��adamicit�� comune, l�identica dignit�) ma ci ha anche fatti tutti diversi. E� significativo che Paolo, dopo aver esaltato in quel passo �l�unico Dio�, introduca lo specifico cristiano: �uno solo � il mediatore fra Dio e gli uomini, l�uomo Ges� Cristo�. E ancora all�Apostolo, sia pure da lui declinata secondo un�applicazione cristologico-ecclesiastica, che dobbiamo un�immagine che potremmo adottare per raffigurare simbolicamente l�aspetto plurale del monoteismo, quella somatica: �Il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo" (1 Corinzi 12, 12). La �lingua sacra� comune Unit� e pluralit� sono due poli necessari che devono essere in interazione e in contrappunto e non in dialettica e opposizione. Se viene meno questo equilibrio, si precipita o nell�esclusivismo integralistico o nell�anarchia relativistica. L�unico Dio che ha creato l�unica umanit� assicura l�uguaglianza; il Dio infinito che crea la ricchezza sempre nuova degli uomini e della donne tutela la variegata bellezza della diversit�. Come diceva Gandhi, �la verit� � come il diamante: � una, ma ha molte facce�. La stessa teologia dovrebbe ritrovare la comunione nell�unico Dio e Salvatore, pur procedendo su percorsi diversificati, in attesa che �Dio sia tutto in tutti� (1 Corinzi 15, 28). Capitale � allora il dialogo, il �duetto� in cui l�armonia pu� nascere tra voci di timbro diverso, nella certezza che noi siamo onde dell�unico mare umano che � accolto nell�Oceano divino, come cantava il grande poeta mistico Gialal ed-Din Rumi (1207-1273). L�unico Signore ci sveler� alla fine questa armonia nascosta che la creaturalit� fragile e peccatrice dell�uomo incrina e offusca. Ce lo ricorda anche il Corano in un passo suggestivo: �Se Iddio avesse voluto, avrebbe fatto di voi una comunit� unica, ma non ha fatto questo per provarvi in quello che vi ha dato. Gareggiate, dunque, nelle opere buone perch� a Dio tutti tornerete e allora egli vi informer� di quelle cose per le quali ora siete in discordia� (5, 48). In attesa di quel giorno supremo, dobbiamo ritrovare la �lingua sacra� del dialogo e della comunione, che abbiamo perduto col politeismo babelico. E� ci� che suggerisce rabb� Pincas in uno dei famosi Racconti dei Chassidim raccolti nel 1950 dal filosofo Martin Buber (1878-1965): �Prima della costruzione della torre di Babele tutti i popoli avevano una lingua sacra in comune, in pi� ciascuno aveva il proprio linguaggio� Ci� che Dio fece quando li pun�, fu di togliere loro la lingua santa�. Da un lato, c�� un �linguaggio proprio�, specifico di ogni comunit� religiosa, ma d�altro lato, c�� quel �linguaggio sacro� che � la lingua materna dei tre monoteismi, quella insegnata dal Dio padre comune.
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