Marted� 7 Settembre 2004
Hotel Marriott, Sala C
Il dialogo tra le religioni in un mondo in guerra

Previous page
Home page

 

Mar Gregorios Yohanna Ibrahim
Metropolita di Aleppo, Chiesa siro ortodossa
  

L�argomento che oggi affrontiamo non � semplice. Infatti il dialogo religioso, in un mondo che vive diversi tipi di conflitti, non trova una grande speranza nell�animo di coloro che dialogano, in special modo quando il conflitto � complesso, le guerre tra i popoli e le nazioni occupano un ampio spazio nella riflessione dell�uomo ovunque egli sia. I termini stessi che utilizziamo, li sentiamo ripetere frequentemente dai mezzi di comunicazione di massa, e sono ad esempio: scontro di civilt�, scontro delle culture, scontri etnici, scontro tra le religioni, scontri confessionali, lotte tra stati e nazioni. Tutto questo fa s� che viviamo in un mondo in cui si lanciano frecce pungenti contro l�esistenza stessa dell�uomo. Le conferenze che si tengono qui e altrove in ogni angolo del mondo, grazie agli sforzi generosi dei sostenitori della pace e dei diritti dell�uomo, esprimono la volont� di indirizzare gli sguardi del mondo verso i denominatori comuni che uniscono gente di diverse civilt� nonostante le loro differenze. Questi denominatori comuni sono molto pi� numerosi delle cose che ci separano, che separano l�uomo dal suo fratello. Le missioni celesti evocate dalle religioni monoteistiche invitano tutti a una pace duratura giusta e globale.

Nonostante ci� constatiamo che ci sono dei conflitti quotidiani da una parte o dall�altra che creano una divisione tra i credenti nel Dio unico. Io vengo da una zona calda del mondo, dal Medio Oriente, ricco di culture, etnie, lingue, religioni e confessioni. Questa regione si vanta del fatto che le tre religioni monoteistiche sono nate in essa, l� sono cresciute, si sono sviluppate e diffuse in ogni parte del mondo. Ma per oltre mezzo secolo questa regione ha vissuto dei conflitti. Quando ero alla scuola elementare, ho aperto gli occhi e ho cominciato a sentir parlare della causa palestinese, ma non sapevo niente di questa causa. Poi quando sono cresciuto ho saputo che c�era un conflitto in questa terra e che c�era chi si dichiarava proprietario di essa, mentre altri che pretendevano altre cose.

La questione della terra � rimasta una delle cause della distruzione della civilt� costruita con le mani dell�uomo in quella regione del mondo. I diritti dell�uomo sono stati violati mille volte, e gli abitanti della regione hanno avuto centinaia di migliaia di martiri. Le caratteristiche di questa terra sono state cambiate pi� di una volta, e la minaccia ogni volta � stata padrona della situazione. Il terrorismo � la strada che cambia la forma della verit�, e ancora oggi viviamo le conseguenze negative di questa causa, che hanno influito negativamente sui giovani ancor pi� che su gli adulti. La causa Palestinese costituiva infatti una materia di base nella vita educativa dell�uomo: nei programmi scolastici della scuola elementare, secondaria e universitaria si dedicava ampio spazio per questa storia che non � ancora finita. Cos� pure possiamo ricordare ci� che � successo in Algeria, paese di un milione di martiri, e in Libano dove le basi della morale continuano ad essere instabili, e dove le fondamenta dell�unit� nazionale, della convivenza e della concordia fraterna fra i seguaci delle religioni e delle diverse confessioni sono esposti al pericolo; dopo 17 anni di guerra il Libano continua a pagare un prezzo alto a causa dei conflitti che sono penetrati nella mentalit� della societ�.

Tutti noi conosciamo gli effetti negativi della guerra tra Iran e Iraq. Infatti la confessione non ha unito e la religione non ha unificato, ma al contrario il fratello ha fatto una guerra al fratello in nome della religione e della confessione. E nella guerra dell�Iraq con il Kuwait la religione, la confessione e l�etnia non hanno unito i combattenti, ma li hanno separati e hanno creato un profondo abisso fra due paesi vicini e fra un popolo che appartiene a una unica etnia. Oggi il mondo intero vede quel che sta succedendo in Iraq: atti di rapimento continui, atti di uccisione senza distinzione, aggressioni contro le donne, furti, rapine di tutto ci� che � caro e prezioso, e quindi atti che allontanano l�uomo dal pensiero, dallo spirito di dono e di servizio, atti che fanno s� che le bocche si chiudano di fronte al dialogo tra uomini di religione e di confessioni diverse. Tale dialogo potrebbe mettere fine alle divisioni e allontanare ci� che nasce dal diavolo, per permettere il ristabilimento della giustizia nella societ� e il consolidamento della pace.

Nell�anno 2003 il Consiglio Pontificio per la Promozione dell�Unit� dei Cristiani e il Consiglio Mondiale delle Chiese hanno chiesto ai vescovi di Aleppo di preparare una preghiera che venisse letta durante la settimana di Preghiera per l�Unit� dei Cristiani (8-25 gennaio dell�anno 2004). Il comitato episcopale, di cui faccio parte, e che � stato testimone di tutti gli avvenimenti della regione dal 1948 fino ad oggi ha ritenuto che la pace � lo slogan pi� importante e che essa � la cosa di cui abbiamo pi� bisogno nella nostra vita, e quindi abbiamo scelto per titolo di questa preghiera la parola di cristo:l �vi do la mia pace� (Gv 14:23-.30).

Noi, eredi di una civilt� che ha ricevuto molto dalle altre civilt� e che ad esse ha dato tanto, riteniamo che la pace � la voce pi� importante nell�elenco delle priorit� delle nostre richieste. Quindi riteniamo che non ci possa essere giustizia, amore, fratellanza, unit�, convivenza se non c�� la pace. Noi riteniamo che la pace sia fondamento di ogni cosa, cos� abbiamo imparato dal Vangelo, dalle lettere degli Apostoli e cos� ripetiamo nelle nostre preghiere e nei nostri riti. Infatti nella festa del Natale e della Risurrezione la cosa sulla quale insistiamo di pi� nelle nostre preghiere � la pace. Ad esempio nella festa di Natale diciamo: �Tu che sei la sicurezza illimitata, la pace totale, l�amore sempre esemplare, Tu che hai creato l�uomo rendendolo immortale, Tu che con la venuta del Tuo unico figlio hai colmato la terra di pace, rendici degni di dare la pace l�uno all�altro con il santo bacio della pace�.

E nella festa della Resurrezione diciamo: �Tu che sei la pace, che con la tua morte hai riconciliato la gente del cielo e con il tuo sacrificio la gente della terra, Tu redentore che hai salvato i popoli con la Tua croce, Tu, l�amore che con la Tua resurrezione hai unito chi era separato, dai la calma e la pace al mondo nel giorno della Tua resurrezione, e dacci la tua pace, il Tuo amore e la Tua benevolenza�.

La comunit� di Sant�Egidio fin dal 1986 e sulle orme dell�uomo della pace, l�uomo che invita alla concordia tra le Chiese, i popoli, le nazioni e gli Stati, il papa Giovanni Paolo II, organizza questi incontri ogni anno senza mai stancarsi e riunisce illustri capi religiosi da tutto il mondo per affermare che la pace � la cosa pi� importante per il mondo intero e per uomini di tutte le religioni delle diverse civilt�, culture e etnie, perch� la pace � il vero ponte che unisce nonostante le diversit�, che costituiscono una ricchezza per l�umanit�.

Quest�anno, all�inizio del terzo millennio, constatiamo che l�allarme del pericolo suona di nuovo e ci rendiamo conto che qualcosa di diverso sembra agitarsi in modo sempre pi� evidente in diverse parti del mondo. Constatiamo anche che in nome della religione vengono sfruttati gli insegnamenti religiosi non in favore dell�umanit� e del suo bene, ma per seminare discordia fra i credenti. La religione non � responsabile di tutto ci�.

Insieme alla comunit� di sant�Egidio facciamo appello alla coscienza mondiale e a tutti gli uomini di buona volont� affinch� facciano del dialogo il punto di incontro principale fra tutti i figli della stessa umanit�. La nostra speranza � grande e abbiamo fiducia che coloro che invitano alla pace in ogni parte del mondo trionferanno e che il diritto prevarr� ovunque e che la giustizia costituir� la base dei rapporti fra i credenti di tutte le religioni.