Marted� 7 Settembre 2004
Universit� Cattolica del Sacro Cuore, Aula Magna
Longevit� di massa: problema o chance?

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Silvia Marangoni
Comunit� di Sant�Egidio
  

L�Europa dai capelli grigi

E� questo il titolo che ho scelto per questo mio breve contributo rubando l�espressione che i demografi hanno attribuito al nostro continente nel XXI secolo.

In effetti l�Europa � capofila di quel fenomeno epocale che gli studiosi chiamano �transizione demografica�, espressione coniata per indicare il senso e la direzione dell�attuale fase storica del popolamento della Terra, caratterizzata da poche nascite e da un ridotto numero di decessi.

L�allungamento della vita e il calo delle nascite sono due problemi diversi, anche se confluiscono in un unico fenomeno: l�invecchiamento della popolazione. Nel primo caso � in gioco soprattutto la sostenibilit� futura del welfare, visto il continuo aumento della spesa per pensioni e sanit�. Il secondo chiama in causa le dimensioni della forza lavoro e la stessa capacit� produttiva dei Paesi del Vecchio Continente. Problemi formidabili e certo inediti ma come l�Europa politica si appresta ad affrontarli?

Purtroppo nell�Europa economicismo e monetarismo hanno prevalso sulla politica e soprattutto sulla politica sociale. Il rigore dei cosiddetti �parametri di convergenza� � un�ossessione con la conseguenza che si vanno facendo sempre pi� consistenti i dubbi e le apprensioni circa la capacit� del modello sociale europeo, cio� del welfare pi� avanzato del mondo, di reggere la sfida della globalizzazione, mantenendo l�attuale livello di solidariet� sociale.

Tutti i paesi europei perseguono uno stesso obiettivo: contenere le componenti ritenute �superflue� o �eccessive� della solidariet�. In breve si dice: �se non si cambia si rischia di accedere in un futuro pi� o meno vicino la miccia di insensati conflitti generazionali�. Che il pericolo sia reale lo dice una tendenza culturale che va prendendo piede e che identifica l�invecchiamento come un potente fattore regressivo. L�esuberanza di societ� pi� giovani e dinamiche contrapposta alla decrepitezza di un�Europa vecchia ed introversa. Il messaggio che passa � che i vecchi tolgono e non restituiscono, sono un nuovo ceto parassita che, con egoismo sociale, frena ogni prospettiva di sviluppo.

Si affacciano ipotesi perverse che rimettono in discussione i livelli di sopravvivenza finora raggiunti.

Vorrei ricordare il crescente consenso che guadagna soprattutto nell� Europa del Nord, il discorso sull�eutanasia: � una spia di una societ� che siccome non sa cosa fare della vecchiaia inclina verso pericolose scorciatoie.

Come poi non collegare a tutto questo il silenzioso �olocausto degli anziani� che si � consumato in Europa durante la torrida estate 2003.

Questa dunque � l�Europa che c��: quella del mercato e della moneta unica. Quella che a Davos solo lo scorso 23 gennaio interrogandosi sugli scenari futuri ha lanciato un messaggio di totale pessimismo e un allarme catastrofico dimostrando ancora una volta l�incapacit� di elaborare una visione complessiva.

Dall�Europa che c�� all�Europa che manca

Si tratta di fare l�Europa che ancora manca: quella della solidariet�, dei diritti, della lotta alla disuguaglianza e all�esclusione, quella dal volto umano e dalle porte aperte. Un�Europa che non rinunci, per paura, per vittimismo, per egoismo a giocarsi nel futuro anche con l�orgoglio dei suoi capelli grigi che dicono quanto l�Unione sia un polo di prosperit� e di civilt�. L�Europa si trova per prima a fronteggiare nel mondo il problema dell�invecchiamento, un fenomeno sconosciuto in passato, inedito per l�intera umanit� che nel corso di questo secolo ne sar� complessivamente interessata. Una sfida allora da non perdere con la storia e con il �futuro�. In effetti a ben guardare non esiste migliore assicurazione sulla vita che occuparsi degli anziani di oggi. Occuparsene per farli vivere bene e per provare a dire che questa, che � forse l�unica risorsa naturale in crescita del continente, � una chance, un�opportunit� da cogliere, non una catastrofe.

Qui a Milano, in questi giorni, nelle conversazioni, nell�incontro, nel dibattito comune attorno ai temi cruciali del nostro presente, stiamo realizzando il laboratorio di un nuovo umanesimo che ha molto da suggerire e da dire all�Europa cos� disincantata e spesso tentata dall�introversione.

Anche per quanto riguarda l�invecchiamento e soprattutto il nostro modo di considerare la vecchiaia ci sono delle sfide da affrontare e da vincere. Sentiamo la necessit� di fondare un nuovo pensiero sociale capace di una visione complessiva, non corporativa, non utilitaristica, n� economicista.

La vita che ci � regalata � un talento da spendere per s� e per gli altri. Su quali frontiere allora giocare le opportunit� offerte dalla vecchiaia? Vorrei tratteggiarne alcune.

Una politica dalle porte aperte.

Nel 2025, in Europa, saremo appena 580 milioni senza contare la Russia, due in meno rispetto agli attuali 582. E ci� mentre tutte le altre aree del mondo, compresi gli Stati Uniti, continueranno la loro espansione. Secondo l�ONU se i paesi Europei vorranno combattere questa tendenza dovranno contare sulla Immigrazione sostitutiva. Eppure l�apporto degli immigrati � una possibilit� che suscita titubanze, timori e tantissime discussioni. Certamente � legittimo domandarsi che impatto avrebbe nel tessuto sociale dei vari paesi un�immissione cos� ingente senza gradualit� e soprattutto senza lungimiranti e credibili politiche di integrazione. Pur tuttavia nella UE, com�� noto si mantiene una politica dalle porte chiuse nonostante i dati demografici incoraggino ad una pi� decisa apertura. Pensiamo solo alla decisione dell�Italia di rinviare di due anni il libero ingresso per lavoro di cittadini dell�est europeo che dal 1 maggio sono a tutti gli effetti comunitari.

Insomma l�immigrazione � per l�Europa una convenienza e una necessit�.

Nelle strade delle nostre citt� � sempre pi� frequente vedere anziani accompagnati da immigrati (o meglio immigrate). Ed in effetti quella tra anziani e immigrati � un�alleanza strategica per disegnare una convivenza diversa, meno solitaria per i primi pi� ricca di futuro per i secondi. E� l�avamposto di un modello sostenibile: accoglienza, dialogo, rispetto, superamento dei pregiudizi, disegnano un mondo, un�Europa diversa. Si tratta di una strada dettata da umana saggezza, talvolta dal semplice buon senso che si � dimostrata con il tempo ragionevole e attraente per i pi�. Penso all�iniziativa �Ho bisogno di te� realizzata dalla Comunit� di Sant�Egidio che ha saputo tradurre in modo conveniente per tutti un problema sentito da tante famiglie italiane e ha originato la pi� grande regolarizzazione di stranieri degli ultimi decenni (750.000). Ma direi di pi�. Nel lavoro di cura prestato da una persona sola e sradicata a un�altra forse ancora pi� isolata e smarrita insieme alla professionalit�, ai diritti e ai doveri, entrano in gioco simpatia, intimit�, dipendenza reciproca: sentimenti che appartengono alla sfera dell�affettivit� e che creano nel tempo un�azione di grande impatto culturale. Se fino a qualche anno fa in effetti gli stessi anziani erano assai diffidenti verso i lavoratori stranieri oggi questo problema appare ampiamente superato. Nella maggior parte dei casi risulta che il rapporto di convivenza tra anziano e assistente immigrata si � trasformato in affetto reciproco poggiando sui comuni sentimenti di nostalgia e solitudine e sulle reciproche proiezioni familiari: l�anziano diventa una sostituzione dei genitori lontani e la badante una specie di figlia, meno amata ma molto pi� presente dei figli veri. Questo rapporto facilita e innesca mediazioni. Ed � gi� la realizzazione di una societ� inedita.

Il valore delle relazioni: dalla famiglia alle reti sociali.

Nel 1950 solo il 3% della popolazione europea viveva per conto proprio. Entro il 2020 le famiglie composte di un solo membro costituiranno il 40% delle famiglie. Un continente di �single�. Ma forse diremmo meglio un continente di gente isolata, perch� almeno la met� di queste persone � anziana, spesso molto anziana. E� un dato inquietante se lo sommiamo alla crescita epidemiologica delle morti in solitudine soprattutto nei grandi contesti urbani. Cominciano a proliferare studi sul tema che ci dicono che probabilit� abbiamo di incorrere in una morte del genere col crescere della nostra et� ma anche che citt� stiamo costruendo.

In tutte le democrazie liberali dell�Occidente si assiste ad una fragilizzazione della famiglia, ad un declino delle comunit� che porta a nuove concentrazioni di povert� e di disagio sociale. Le persone quando sono pi� fragili si ritrovano prive di sostegno, di familiari, di amici, di vicini di casa la cui presenza in passato rappresentava spesso l�ancora di salvezza. Proprio le condizioni dei vecchi nelle nostre citt� ci dimostrano il livello di corrosione a cui � giunta la nostra socialit�. Ma ad essere corroso � anche il senso pi� profondo che noi attribuiamo alla vita stessa e alla dignit� di ogni essere umano. Quella che noi chiamiamo �civilt�� non sopravvive con la forza o con la ricchezza o con il potere, quanto piuttosto con il modo in cui saremo in grado di rispondere alla debolezza. Ci� che rende grande una cultura � la compassione che essa mostra nei confronti dei pi� vulnerabili. La costruzione di un nuovo umanesimo passa necessariamente allora per questa strada e gli atti che noi compiamo e le decisioni che prendiamo fanno una differenza: per la nostra famiglia, per i nostri amici e conoscenti, per noi stessi, per il nostro senso di una vita ben vissuta. Per questo � essenziale recuperare le relazioni � quelle familiari, amicali, di comunit� � che ci danno forza quando affrontiamo le incertezze di un futuro aperto. Questo ci consente di vedere noi stessi nel corso di un viaggio iniziato da coloro che sono venuti prima di noi e di cui condividiamo le storie, e, continuato da coloro che verranno dopo di noi, delle cui speranze siamo i guardiani, un viaggio verso una destinazione remota ma di cui possiamo disegnare una visione: la societ� giusta, umana che siamo chiamati a creare insieme. Qui appare assai lungimirante la scelta della Comunit� di fondare legami di familiarit� e di prossimit� al di l� dei vincoli di sangue. Questo � stato in effetti il segreto del servizio agli anziani, ormai pi� che trentennale, della Comunit� di Sant�Egidio agli anziani. Una vera e propria alleanza tra generazioni diverse nella quale si � sviluppata la grammatica e la sintassi della reciprocit�, dove ci si � aiutati l�un l�altro senza calcolo dei vantaggi, dove l�aiutare aiutandosi � stato il modo per resistere all�imbarbarimento e alla solitudine che sono i prodotti sempre pi� frequenti delle nostre citt�. E su questa frontiera ancora si sta muovendo per arrivare a fronteggiare l�isolamento, la solitudine, la povert� crescente di tanti anziani. Penso al progetto sperimentale avviato in questa estate 2004 per rispondere e prospettare una soluzione percorribile al problema delle morti da calicola. L�attivazione delle reti naturali, il mantenimento e la sollecitazione delle relazioni, la creazione di alleanze originali che premino la �visibilit�� a detrimento della privacy, si rivelano strategiche in una logica di ripartizione delle responsabilit� e di mutuo aiuto. Per un nuovo umanesimo � quanto mai importante diffondere una cultura dell�accudimento, le cui pratiche sono tutte da inventare, che alleni all�attenzione all�altro e sia l�architettura di una nuova coabitazione e di una ritrovata ecologia tra le generazioni.

Anche nuovi anziani per un�Europa nuova.

Se difendere i vecchi � una premessa che riguarda tutti, essere vecchi e vivere una buona vecchiaia coinvolge direttamente gli anziani contemporanei. L�invecchiamento della popolazione � un mutamento strutturale e in quanto tale � il cambiamento pi� rivoluzionario del nostro tempo. C�� cos� una vecchiaia ancora da scoprire perch� si tratta di un�et� della vita che mai prima d�ora l�uomo aveva vissuto. E� una dimensione che non fa parte del modello culturale e antropologico al quale ci atteniamo. In realt� i vecchi di oggi sono molto diversi da quelli di ieri. Di qui la necessit� che l�Europa si attrezzi per affrontare la realt� dell�invecchiamento della popolazione, attraverso una riconversione culturale che parta da una radicale revisione dello stereotipo dominante dell�anziano, visto quasi sempre, come un protagonista negativo o, nel migliore dei casi, come una persona per ragioni anagrafiche ai margini della societ�. Anche qui credo che la vita delle nostre comunit� di Sant�Egidio abbia dato e stia dando un contributo decisivo in tante citt� europee. Nel 1973 , La Comunit� di Sant�Egidio era un�esperienza prevalentemente giovanile e ancora solo romana. Per quei giovani, l�abbandono e la solitudine degli anziani apparvero come una ferita da sanare. Nasceva un�amicizia tra generazioni che si � andata rafforzando e moltiplicando in questi 30 anni, in Europa e via via anche negli altri continenti. In questo modo la comunit� raccoglieva la sfida umana e culturale di ricollocare gli anziani a pieno titolo nella famiglia umana, dove tutte le generazioni hanno un posto e un ruolo. Questa alleanza tra giovani ed anziani ha liberato insospettate energie di amicizia, di solidariet�...in una parola straordinarie energie d�amore. E� nato Viva gli anziani!, che vede gli anziani protagonisti in prima persona di iniziative come la campagna contro l�istituzionalizzazione degli anziani, o a sostegno di programmi di adozione a distanza o del progetto di lotta all�AIDS e molte altre. Trent�anni insieme hanno prodotto una proposta umana e culturale in un mondo in cui l�aspettativa di vita � pi� lunga ma in cui il senso della vita � spesso negato a chi � in l� negli anni, a chi vive troppo. Gli anziani ci mostrano che non si � mai troppo vecchi o troppo deboli per fare qualcosa per gli altri, affermano che la longevit� � una benedizione, non una minaccia.

Una societ� anziana, allora, ancor prima che di difetti � depositaria di Virt�. La tolleranza, la moderazione, l�umilt�, l�interdipendenza, la gratuit�, la memoria non sono polverosi reperti nel museo di un�antica moralit�. Parole come �sacrificio�, abnegazione, obbligo, saggezza, dovere, hanno fatto della vita di tanti anziani una vita ben vissuta. Sono questi gli elementi che danno continuit� e dignit� alla nostra vita. Sono un�ampia parte di quella che la maggior parte di noi chiama �felicit��. In questo senso i nostri vecchi con il loro impegno, che � soprattutto volont� di vivere, sono come pionieri e si sono assunti con fiducia una grande responsabilit�. Sulla frontiera degli anni creano una nuova immagine di vecchiaia pi� libera, pi� gioiosa, che non fugge il dolore e non si nasconde davanti alla sofferenza, che non teme la dipendenza che resiste muovendosi verso il futuro senza temerlo ma volendolo modellare per s� e per le generazioni future.

Gli anziani sono ci� che saremo. La vecchiaia � scritta nel futuro di ciascuno di noi. Possiamo scrivere, insieme, un modo nuovo per avere meno paura della debolezza del corpo e della vita. Un modo nuovo, ma che � gi� cominciato, di essere vecchi e di dilatare la vita. Un modo che ha molto da dire sul nuovo umanesimo.