Marted� 7 Settembre 2004
Universit� Cattolica del Sacro Cuore, Aula Lazzati
Mass Media: guerra e pace

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Fritz Pleitgen
Direttore della WDR, Germania
  

Stimati signore e signori,

in epoche di pace ed in una societ� democratica e pluralistica in cui i diritti umani e civili sono ampiamente protetti e garantiti, il giornalista ha un compito relativamente semplice, bench� gravido di responsabilit�. Esso diviene immediatamente difficile e pericoloso, quando egli deve riferire in situazioni instabili, sotto regimi autoritari, nel cuore di crisi, di conflitti o della guerra.

L�umanesimo, per come intendo comprenderlo, � un�attitudine morale, spirituale, volta al fine di una civilt� comprensiva e pacificata, in cui tutte le forze buone degli uomini e dei popoli possano dispiegarsi nel rispetto e nella solidariet� reciproci.

In che modo possono contribuire a ci� i giornalisti e i mezzi di comunicazione di massa?

Ora, essi organizzano vie di comunicazione e trasportano informazioni, idee, valori, che contribuiscono a formare l�identit� di uomini e culture e la esprimono. Questo � un importante compito sociale e culturale, tanto pi� in quanto i mezzi di comunicazione di massa sono ormai diventati a livello mondiale la principale fonte di informazione e partecipazione all�interno della convivenza sociale.

Sempre pi� gli uomini trascorrono una crescente parte della loro vita nell�utilizzo di mezzi di comunicazione.

Ci� comincia gi� nell�infanzia e nella giovinezza, allorch� l�individuo si plasma, e ne influenza l�immagine del mondo e degli uomini e spesso non � pi� la realt� vissuta personalmente, ma la visione mediata, selezionata e costruita della realt� che contribuisce a determinare la coscienza pubblica e privata.

Nel contempo le istituzioni formative classiche perdono di significato: la famiglia, la scuola, la Chiesa; almeno nelle terre del benessere diminuisce la loro capacit� di influenza. Le famiglie si restringono e si disgregano. La scuola � spesso sottoposta a richieste eccessive. Alle Chiese riesce sempre pi� difficile rendersi comprensibili. I mezzi di comunicazione di massa contribuiscono a tale processo in maniera non irrilevante. La loro onnipresenza, la loro promessa ossessiva di felicit� e le loro storie spesso spensierate scuotono vecchie certezze e valori tradizionali, tra i quali naturalmente anche taluni che da lungo tempo avevano bisogno di una scossa.

La responsabilit� sociale dei media deve dimostrarsi in un�etica giornalistica e imprenditoriale. In questo impegno non c�� nessuna differenza tra media di diritto pubblico e commerciali. In ogni caso, come sappiamo, la realt� appare tutt�altra. Laddove l�informazione e la pubblica opinione devono accrescere il profitto economico, specialmente nell�ambito dei mezzi di comunicazione elettronici, concetti come imparzialit�, equilibrio, accuratezza giornalistica, ecc., ricevono contorni dilatati. Tutto ci� ha dei motivi. Tali media si orientano molto pi� fortemente alle attese e opinioni dei loro clienti. Ci� rende irrinunciabile la radio pubblica. Ne facciamo esperienza innanzi tutto in tempi di guerra e di crisi. Quando si arriva a questo punto, gli uomini si affidano pi� volentieri ai media politicamente ed economicamente indipendenti.

Il giornalismo ha bisogno di indipendenza, se vuole adempiere al suo compito. In guerra essa � sommamente minacciata. Il libero flusso delle informazioni e la verit� sono sempre la prima vittima della guerra.

L�intensificarsi delle vie di comunicazione e la rivoluzione tecnica rendono possibile una buona e rapida ricezione delle notizie come mai prima nella storia dell�umanit�. Paradossalmente, per�, ci� rende anche possibile ai governi e alle parti in guerra di restringere e opprimere l�opera di chiarificazione dei giornalisti. Si conducono guerre �pulite�, con attacchi �chirurgici�, telecomandati e apparentemente senza uomini, e non si lascia nessun giornalista nelle vicinanze delle persone colpite e nelle aree dove si trova il vero e proprio campo di battaglia. Essi vengono imbeccati in conferenze stampa al quartier generale che si distinguono appena dalla propaganda. I giornalisti in qualche modo �embedded� diventano parte della guerra dell�informazione ed appartengono all�arsenale bellico delle parti in guerra e, poich� ad essi rimangono precluse tutte le altre fonti, essi sono pi� combattenti che osservatori critici.

Ma anche dove i giornali devono essere strumentalizzati nel senso della �political correctness� per i ben pensati scopi delle organizzazioni umanitarie, ci sono pericoli in agguato. Il compito dei giornalisti � di salvaguardare il pi� possibile tutti i fatti rilevanti in una situazione data. Se essi stessi salgono sulle barricate, sulle quali devono informare, questo sguardo potrebbe deformarsi.

�Non odio nessuno�, scrisse Elias Canetti nel suo diario, �tanto meno il mio nemico�. Infatti proprio a questi egli non vuole sottomettersi. Chi a un colpo risponde con un altro colpo si assoggetta alle regole del gioco dell�avversario. (Il vero pacifista � proprio anche colui che assolutamente �si astiene da ogni iniziativa� di guerra. Egli non lotta per la pace. Egli la ha).

Gli antichi Greci raccontavano la storia di un uomo che andava in guerra con gli altri armato solo di un arco, ma senza frecce. �Con quali frecce vuoi colpire?�, gli chiesero i suoi compagni. �Non c�� problema�, disse, �prendo la freccia scagliata dal nemico�. � �Tu sei pazzo�, lo prendevano in giro. �Che vuoi fare, se nessuno ne tira una?� � �Allora anch�io non ho bisogno di alcuna freccia�.

Il giornalista non si colloca sulle barricate di questo o quel partito. La sua barricata � l�instancabile ricerca della verit�. Egli guarda e ascolta sempre anche l�altra parte. E per lo pi� ce n�� anche una terza.

Cos� facendo serve ad un interesse superiore perch� solo cos� permette agli elettori ed ai decisori politici di ottenere un quadro realistico della situazione e di decidere razionalmente.

Ma che cosa significa qui ragione? � La guerra comincia nelle teste e nei cuori degli uomini. Prima che si spari il primo colpo, essa ha preso forma nella coscienza dei politici, dei generali, dei popoli. La sua logica pervade la quotidianit�. La guerra si serve delle passioni degli uomini, delle loro diffuse paure, del loro antiquato concetto dell�onore, della loro ignoranza, della loro incapacit� di dimenticare i torti subiti, della loro scarsa prontezza a risolvere i conflitti in maniera non violenta. La guerra utilizza persino la loro religione, per occultare i propri scopi.

E le guerre moderne hanno forme molteplici: nazioni industrializzate che conducono guerre contro paesi in via di sviluppo, plutocrati che saccheggiano i pi� piccoli, dittatori che fanno guerra al proprio popolo, fondamentalisti fanatici che attaccano pragmatici proclivi al compromesso, soggetti eternamente ancorati al passato che combattono il futuro, gente senza scrupoli e dedita al guadagno breve termine che fa guerra alla antura, all�ambiente, alla creazione.

Niente di tutto questo � da addebitare ad un fato diabolico. � tutto �fatto in casa�, si basa su errori e debolezze potrebbe anche essere evitato. Infatti le guerre si comportano come il fuoco e il pi� piccolo pompiere sa come va con il fuoco. Tre sono i fattori che si devono verificare simultaneamente, affinch� scoppi un incendio: combustibile, ossigeno e scintilla. Chi vuole impedire incendi catastrofici, dovrebbe fare il possibile perch� non si accumuli molto carburante, fare di tutto perch� non scocchi alcuna scintilla, e, se l�incendio � scoppiato, non deve soffiarci sopra, ma soffocare quanto prima il fuoco.

Che cosa hanno a che fare con ci� i media? Io credo, molto.

Lo sappiamo e lo viviamo di giorno in giorno: un demagogo ben determinato allo scopo, che ha accesso ai mezzi di comunicazione di massa, pu� turbare un paese pacifico, minare le sue buone istituzioni, insellare diffidenza nei confronti dei vicini e spingerli in una spirale di violenza. Pu� accumulare molto combustibile e soffiare potentemente su ogni scintilla. I media preparare , provocare, ravvivare, prolungare i conflitti. Possono, per�, anche frenarli, raffreddarli, abbreviarli.

Una stampa libera che operi responsabilmente pu� contribuire molto allo sviluppo pacifico della comunit� nazionale e internazionale. Pu� e deve informare e illuminare, per comunicare ai cittadini un quadro della situazione prossimo alla realt�. Pu� e deve contrapporsi alle immagini del nemico, promuovendo l�incontro e il dialogo, formulando scopi e interessi comuni e tenendo aperte le alternative. Pu� e deve raccontare storie, che possono raggiungere e toccare gli uomini pi� profondamente e durevolmente delle motivazioni razionali e dei fatti politici. Pu� e deve sottoporre a esame il proprio linguaggio, per non rendere priva di credibilit�, con un vocabolario violento, la visione di un futuro buono. E sempre deve smascherare le scorciatoie ideologiche e contrapporre ad esse la vita reale. Non possono forse tutti gli avversari in un conflitto su questa terra richiamarsi l�un l�altro a quanto formulato in modo cos� disperatamente vero e cogliente dalla quattordicenne Giulietta?

[N. d. T.: Qui i versi sono riportati in inglese, dal Romeo e Giulietta di Shakespeare]:

Il tuo nome soltanto m'� nemico;

ma tu saresti tu, sempre Romeo

per me, quand'anche non fosti un Montecchi.

Che � infatti Montecchi?...

Non � una mano, n� un piede, n� un braccio,

n� una faccia, n� nessun'altra parte

che possa dirsi appartenere a un uomo

Una stampa libera e responsabile esercita l�arte del ricordo e quella dell�oblio. Essa raccoglie ed assicura esperienze dolorosa, prende in considerazione la colpa del passato, ma come ci� di cui noi siamo in debito verso il futuro, senza dare a questa colpa il diritto di sbarrare per sempre la strada verso un futuro migliore.

Una pace fondata solo sulla ragione pu� riuscire se le passioni si stancano di se stesse. Non � la ragione alla fin fine solo l�estenuarsi delle passioni, dunque nel migliore dei casi ragione con il senno di poi? I veri costruttori di pace sono poi sempre stati quelli che si sono rifiutati di soggiacere alla logica della guerra. Le religioni sono ricche di uomini ed esperienze che sono stati capaci, guardando alla grandezza ed all�amore onnicomprensivo del loro Dio, di andare al di l� della propria ombra e di interrompere i circoli viziosi. Non sono forse le comunit� religiose anche dei �media�? Portatori, cio�, di un messaggio, narratori di storie, creatori dell�indicibile? Non � anche loro compito innalzare gli uomini, invece di abbassarli, allargare il loro sguardo, invece di restringerlo, incoraggiarli alla vita, piuttosto che alla morte � o persino ai morti?

Lo so. A tutti i costruttori di pace si pone la domanda intorno alla natura aggressiva dell�uomo. Non � forse, in verit�, la guerra il �padre di tutte le cose�? La lotta e la competizione, la diffidenza e la chiusura nel territorio, la minaccia e la paura, non renderanno sempre la convivenza di uomini e popoli un vivere l�un contro l�altro?

Mi viene in mente a questo proposito una storiella che in un modo o nell�altro si potrebbe trovare nei libri di saggezza di tutte le religioni e che vorrei scrivere nel libro mastro dei collaboratori dei mezzi di comunicazione di massa:

Il maestro e il suo allievo sedevano al mattino in giardino e ascoltavano attentamente il cinguettio degli uccelli. �Non c�� motivo per il romanticismo�, disse l�allievo, poich� era un giovane moderno e aperto. �Ci� significa soltanto: Questo � il mio regno. Sparite!- Guai a voi, se vi avvicinate troppo! � Gli uccelli si comportano come gli uomini�- Il maestro prestava pazientemente ascolto. Annui anche un po�, poi socchiuse gli occhi e disse con un lieve sorriso: �Forse hai ragione, ma essi lo fanno con il canto!�