Marted� 7 Settembre 2004
Universit� Cattolica del Sacro Cuore, Cripta Aula Magna
Obiettivi sociali nell�economia globale

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Paul Poupard
Cardinale, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
  

Illustri Relatori,
Capi e Rappresentanti delle Chiese cristiane,
Comunit� ecclesiali e Religioni del mondo,
Cari Amici,

1. Sono lieto di ritrovarmi con tutti voi partecipanti al XVIII Incontro Internazionale �Uomini e Religioni�. In questa tavola rotonda siamo invitati a dialogare e a confrontarci sul complesso e decisivo ambito �Obiettivi sociali nell�economia globale�, senza perdere di vista il tema generale dell'incontro: �Religioni e culture: il coraggio di un nuovo umanesimo�.

L�argomento della nostra tavola rotonda entra a pieno titolo nella cultura come nella vita quotidiana di ciascuno, e perci� merita un continuo approfondimento ed una attenta riflessione critica a pi� voci, come stiamo facendo noi dialogando su questo aspetto fondamentale della convivenza tra i popoli, al quale sono legate importanti dinamiche sociali ed economiche, i cui riflessi si avvertono prepotentemente anche in ambito culturale.

Come � noto a tutti, stiamo assistendo a cambiamenti profondi, verificatisi a molti livelli, in seguito ai tragici avvenimenti dell�11 settembre 2001, della sanguinosa guerra in Iraq, di tutti gli episodi di violenza e di terrorismo che si susseguono a ritmo incalzante, provocando dolore e raccapriccio per ci� che credevamo ormai cancellato dalla nostra umanit�. La terribile strage avvenuta l'altro giorno in Cecenia ci ha lasciato tutti sconvolti, soprattutto per la criminale strumentalizzazione di centinaia di bambini.

Non possiamo neppure dimenticare le guerre dell�Africa, i conflitti del Medio Oriente e i focolai di violenza che ancora insanguinano l�Europa. Sono fatti che hanno innescato e continuano a determinare complessi e inarrestabili meccanismi di trasformazione a livello globale e planetario.

Ogni giorno e in diretta, attraverso le trasmissioni satellitari, viviamo in prima persona la globalizzazione del terrorismo, con la violenza destabilizzante a fare da nostra triste commensale. Si tratta di conflitti globali, non pi� circoscritti ad una regione geografica, che non si combattono solo a livello militare e territoriale, ma ormai anche, e direi soprattutto a livello mediatico, attraverso i messaggi radio, video o internet, e che toccano profondamente la sensibilit� della gente comune. Ed � proprio fra la gente, nelle nostre famiglie e nelle nostre case, dinanzi all�impressionante sequenza di immagini di morte, che emerge la paura, il timore del futuro, il senso di precariet� e di fragilit�, l�ansia alimentata dal pensiero di che cosa possa ancora succedere.

2. In questo contesto, in cui vediamo brillare poche luci e addensarsi molte ombre, � necessario non smarrire la bussola della storia e saper attentamente discernere i fenomeni, per stigmatizzare ci� che � disumano e cogliere, per valorizzarlo, quanto c'� di buono. Segni di vita e di morte sono tessuti in modo inestricabile nell�esistenza umana.

Siamo per� convinti che questo � il luogo e il tempo in cui ci troviamo a vivere e, pertanto, qui ed ora il nostro compito �, contemporaneamente, quello di imparare e di insegnare, in un esercizio continuo di dialogo e di scambio tra persone di cultura e di fedi diverse. Ci� che rimane irrinunciabile � la comune apertura alla verit� e al bene comune, nell�atteggiamento di disponibilit� a dare e a ricevere, ad accogliere e a valutare criticamente, sempre con l�intento di costruire.

3. Nell�orizzonte della globalizzazione, i fondamentali obiettivi sociali, improntati al bene comune e ad una equa distribuzione delle risorse della terra e della produzione industriale, possono certamente affermarsi senza provocare quella uniformit� che appiattisce e umilia, anzi richiedono una diversit� creativa, complementare e arricchente.

Rivisitando la storia, sempre maestra di vita, possiamo apprendere un principio fondamentale: nel dialogo sociale non va commesso l�errore di confondere gli interessi di un gruppo, di una istituzione o di una nazione, con il bene comune. Ci� esige innanzitutto rispetto per ogni persona, convinti che ogni creatura umana � una �storia sacra�. Ci � richiesto, attraverso la collaborazione tra tutte le forze coinvolte, l�impegno per individuare obiettivi economici e sociali comuni e le possibili soluzioni dei problemi.

La strada individuata, sulla quale ci troviamo concordi, � quella del dialogo, della �tavola rotonda�, per poter interagire con i rappresentanti delle diverse posizioni. Stando seduti attorno allo stesso tavolo, bella e plastica espressione di democrazia e del desiderio di condividere gli sforzi e gli esiti in pari dignit�, si possono porre domande, prospettare soluzioni possibili, valutare i traguardi raggiunti.

Insieme si pu� argomentare, discutere, dimostrare la bont� di una proposta: i progetti e le soluzioni o gli accordi raggiunti non saranno allora avvertiti come imposti, ma percepiti, sentiti come pienamente condivisi ed accolti.

In tempo di globalizzazione economica, culturale, sociale, � sempre pi� necessario il rapporto ed il coordinamento tra tutte le istituzioni, per operare a beneficio degli uomini e delle donne, chiamati a vivere in questo �villaggio globale�, come � ormai diventato il nostro mondo. I governi, le strutture sociali ed economiche, le religioni, le culture sono chiamate ad una vera e propria interdipendenza e reciprocit�, animata dalla ricerca di promuovere e servire il bene dell�uomo.

4. Se guardiamo, poi, alla la rete internazionale del commercio, dell�industria, dei trasporti, del turismo, ci accorgiamo dei forti cambiamenti gi� avvenuti e di altri tuttora in corso. In alcuni di questi settori la crisi si trasforma in situazioni molto problematiche, con conseguente instabilit� di migliaia di lavoratori che, sentendo diventare precario il posto di lavoro, perdono anche la fiducia e la speranza in un futuro positivo e sereno per loro e per le loro famiglie. Ormai non c�� avvenimento culturale, politico, economico e sociale che non abbia riscontro e riflesso anche in ogni altra parte del mondo.

Si pu� dunque parlare di una vera interdipendenza planetaria fra i Paesi, con le loro economie, le loro strutture politiche e sociali, che genera un legame totale tra i destini dei diversi popoli. Le nazioni, caratterizzate dalla loro storia, da una particolare cultura, da una specifica struttura politica, economica e sociale, sono di fronte ad una scelta ormai improrogabile: impostare con chiarezza e coraggio le loro relazioni sulla verit�, la giustizia, la solidariet� e la libert�, rifiutando il ricorso alla forza, alla violenza, alla guerra come pure a forme di discriminazione, di intimidazione e di inganno. Il che significa che la societ� globale dovr� organizzarsi in modo tale che ogni uomo possa realizzare al meglio le sue potenzialit�. Si tratta di costruire un mondo in cui ogni persona, senza pregiudizi di razza, di religione, di cultura, possa vivere una vita pienamente umana, sviluppandosi adeguatamente nel contesto globale. Diversamente, se tale sviluppo globale non dovesse raggiungere e coinvolgere tutti i popoli, non sarebbe efficace, ma estremamente negativo, perch� si priverebbe del contributo fattivo di molti e le zone di sottosviluppo sarebbero, a lungo andare, causa di squilibri per tutto il sistema e turberebbero la dinamica della crescita stessa.

L�interdipendenza tra le nazioni �, dunque, un dato oggettivo, una realt� innegabile, sulla quale � possibile, anzi necessario costruire per favorire la pacifica convivenza internazionale e una reale trasformazione socio-economica, volta a superare i persistenti e drammatici squilibri tra Paesi, aree geografiche e popolazioni.

La storia dei popoli ci insegna e ci spinge alla convinzione che un vero progresso � possibile solo attraverso l�instaurazione di una fitta rete di rapporti finalizzati al raggiungimento di traguardi collettivi, nel segno di una effettiva ed efficace solidariet�. L�indispensabile collaborazione, frutto della socialit� propria delle persone e delle differenti comunit� politiche e sociali, deve essere sostenuta e indirizzata verso obiettivi adeguati agli effettivi bisogni e alle reali disponibilit� dei singoli popoli. In tal modo, la necessit� di cooperare coinvolge direttamente la volont� dei cittadini, resi partecipi e protagonisti dello sviluppo.

5. La globalizzazione, in particolare nel campo economico-finanziario, produce un aumento della competitivit�, con il rischio di una conseguente accentuazione delle disuguaglianze. La disparit� tra ricchi e poveri si � fatta particolarmente evidente, anche nelle nazioni economicamente pi� sviluppate. Il nostro � sempre pi� un mondo in cui vivono fianco a fianco persone molto ricche, che sperperano senza ritegno ingenti risorse, e gente estremamente povera, priva persino dell�essenziale.

In una tale situazione sorgono urgenti problemi di giustizia, di equit�, di gestione delle risorse che invocano soluzioni realistiche ed accettabili e, in particolare, una cultura globale della solidariet� e della sussidiariet�.

Giovanni Paolo II ha pi� volte evidenziato tale disparit�, che contraddice la comune ed identica dignit� degli uomini e delle donne di tutto il pianeta, ed offende i diritti inalienabili e fondamentali della persona umana. Nell�ormai lontano 1967, Papa Paolo VI pubblicava l�enciclica Populorum progressio, che proprio in apertura riporta queste parole: �La questione sociale ha acquistato dimensione mondiale� (n. 3), e sollecita tutti a ripensare in maniera integrale la crescita dell�uomo e lo sviluppo dell�umanit� perch� esso sia veramente solidale. A vent�anni dalla Populorum progressio, Giovanni Paolo II, nell�enciclica Sollicitudo rei socialis del 1987, sottolinea pi� volte il fenomeno contraddittorio della frammentazione delle aree economiche e culturali � �primo, secondo, terzo e anche quarto mondo� � (cf n. 17). Il 1� maggio 1991, Giovanni Paolo II pubblicava un�altra enciclica sulla Dottrina sociale, la Centesimus annus, per ricordare, ad un secolo dalla promulgazione, l�enciclica di Leone XIII Rerum novarum, pietra miliare della dottrina sociale della Chiesa.

Il Santo Padre prende in considerazione qui lo specifico fenomeno della mondializzazione dell�economia, esprimendosi in questi termini: �Oggi � in atto la cosiddetta �mondializzazione dell�economia�, fenomeno, questo, che non va deprecato, perch� pu� creare straordinarie occasioni di maggior benessere. Sempre pi� sentito, per�, � il bisogno che a questa crescente internazionalizzazione dell�economia corrispondano validi organi internazionali di controllo e di guida, che indirizzino l�economia stessa al bene comune� (n. 58).

Si tratta di un fenomeno complesso, che richiede approfondimento e attenzione, studio e verifica su obiettivi concreti. E� necessario tener conto del fatto che il facile trasferimento delle risorse e dei sistemi di produzione, realizzato unicamente in virt� del criterio di massimo profitto e in base ad una competitivit� sfrenata, se da un lato accresce la possibilit� di lavoro e di benessere di alcune regioni, dall�altro esclude altre aree meno favorite e pu� aggravare la disoccupazione. Inoltre, l�organizzazione �globalizzata� del lavoro, approfittando dell�estrema indigenza delle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo, porta spesso a gravi situazioni di sfruttamento. Non v�� dubbio che un mercato mondiale organizzato con equilibrio e ben regolamentato pu� portare, oltre al benessere, ad un vero sviluppo globale della cultura, della democrazia, della solidariet� e della pace. Ben altri effetti derivano da un mercato selvaggio che, con il pretesto della competitivit�, prospera sfruttando senza scrupoli l�uomo e l�ambiente. Questo tipo di mercato tende ad omologare, in senso materialistico, le culture e le tradizioni vive dei popoli; sradica i valori etici e culturali fondamentali e comuni; rischia di creare un grande vuoto di valori umani.

6. E� perci� urgente che si consolidi una cultura del rispetto e della collaborazione, avente come obiettivo la tutela dei diritti umani in ogni parte del mondo. Pi� il mercato � globale, pi� necessita di essere equilibrato da una cultura globale della solidariet�, attenta alle esigenze dei pi� deboli. Fuori da questa logica di solidariet� e di difesa dei diritti fondamentali della persona, la realt� sociale e l�economia rischiano di diventare veramente disumane. Qui si gioca la sfida per la costruzione di un �nuovo umanesimo�, con tutti i suoi risvolti culturali, economici e sociali, in favore del quale sono richiesti a tutti impegno e scelte coerenti. Il discernimento che siamo chiamati ad operare, come uomini e donne di buona volont�, laici e credenti di fedi differenti, tenendo conto dell�aspetto economico e finanziario della globalizzazione, ha come oggetto primario i suoi inevitabili riflessi umani, culturali e spirituali.

Quale immagine di uomo viene in tal modo proposta, e in un certo senso anche imposta? Quale cultura viene favorita? Quale spazio viene riservato alla dimensione dell�assoluto e alla vita interiore? Corriamo il rischio reale che i complessi dinamismi, suscitati dalla internazionalizzazione dell�economia, tendano a ridurre progressivamente l�uomo ad una delle variabili del mercato, ad una merce di scambio, ad un fattore del tutto irrilevante nelle scelte decisive. La persona rischia di sentirsi, in tal modo, schiacciata da sistemi di dimensioni mondiali e senza volto, e di perdere sempre pi� la propria identit� e dignit�. A motivo di tali meccanismi, anche le culture, se non accolte e rispettate nella loro originalit� e ricchezza, ma costrette a subire le esigenze del mercato e delle mode, possono correre il pericolo di un livellamento.

Per evitare una omologazione avvilente, � necessario insistere sulla formazione critica delle coscienze, su una approfondita consapevolezza dei procedimenti in atto e delle rapide e, a volte, brutali trasformazioni, che determinano il profondo cambiamento dei paradigmi antropologici ed etici posti alla base della nostra esistenza e della nostra civilt�.

7. Cresce, allora, la consapevolezza dell�importanza insostituibile del dialogo e dell�incontro nelle fasi di programmazione economica e finanziaria su scala mondiale. Si avverte pure la necessit� e l�urgenza di recuperare la memoria storica, le radici culturali, religiose e sociali dalle quali si � nati, per riappropriarsi della propria identit� umana e culturale. Una societ� senza memoria � una societ� senza futuro, senza il coraggio necessario per progettare il domani delle giovani generazioni, e per costruire un umanesimo che rispetti ogni uomo e tutto l�uomo. Non si tratta di scegliere e di privilegiare questa o quella tradizione culturale, quanto di difendere e promuovere l�uomo e la sua dignit�, a qualunque razza, cultura, religione e condizione sociale appartenga. La Chiesa, madre e maestra, secondo la ben nota enciclica di Giovanni XXIII, ed esperta in umanit�, come la defin� Paolo VI davanti all�Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il 4 ottobre 1965, da duemila anni si impegna a creare una vera globalizzazione, cio� una vera unit� nella diversit�. Essa mira all�unit� della famiglia umana, rispetta ogni persona come immagine di Dio e le genti di tutte le culture.

Laici e credenti di fedi e culture diverse, responsabili di governo e di rappresentative sociali, insieme con tutti gli uomini e le donne di buona volont�, pienamente consapevoli della propria identit�, devono allora sentire urgentemente come proprio, personale impegno quello di affrontare, nel dialogo e nella stima reciproca, le sfide della globalizzazione per definire insieme gli obiettivi sociali da raggiungere.

8. Mi piace concludere il mio intervento rileggendo con voi un testo �vecchio� di quarant�anni, eppure ancora oggi di grande attualit�, un inno alla speranza tratto dall�enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII.

Papa Roncalli cos� scrive: �� lecito sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanit� e abbiano pure a scoprire che una fra le pi� profonde esigenze della loro comune umanit� � che tra essi e tra i rispettivi popoli regni non il timore, ma l�amore: il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice di molti beni� (n. 67).

La speranza di Giovanni XXIII � la mia, anzi, la nostra speranza e il cuore del nostro impegno per la realizzazione di un mondo nuovo, nel segno della giustizia e della pace, della verit� e della libert�, nel il cammino verso obiettivi sociali comuni che diano un'anima e un volto umano all�economia globale.

Grazie e buon lavoro a tutti!