Domenica 5 Settembre 2004
Teatro degli Arcimboldi
Assemblea d�Inaugurazione

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Camillo Ruini
Cardinale, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
  

1. In un mondo sempre pi� interdipendente, nuovi assetti si stanno rapidamente configurando: cambiano i rapporti reciproci tra le nazioni, le aree geografiche, le culture e le civilt�, si spostano i centri di gravit� economici e politici. Sembra cos� avviata a finire l�epoca del chiaro predominio dei popoli dell�Europa e dell�America del Nord, che dura da quando si pu� parlare in concreto di un�unica storia mondiale, e non soltanto di diversi �mondi�, tra loro sostanzialmente separati. Pur con tutte le loro differenze, e con tutti i fenomeni di scristianizzazione da tempo in atto, quei popoli condividono una comune matrice religiosa e culturale cristiana: perci� il ridimensionamento del loro predominio pu� facilmente � anche se sbrigativamente, trascurando ad esempio l�ampia presenza cristiana in altri continenti, in particolare in America Latina � essere interpretato come un declino, o comunque una diminuzione, del ruolo storico del cristianesimo.

La terribile scossa dell�11 settembre 2001 pu� essere letta anche in questo senso, ma certamente indica anzitutto una nuova difficolt�, e direi una nuova dimensione, del grande problema della costruzione della pace nel mondo. Si tratta, in prima battuta, di sconfiggere il terrorismo internazionale, contrastando le sue tragiche manifestazioni con coraggio ed energia, ma anche, e pi� radicalmente, di affrontare le cause che lo generano, sia culturali e morali sia economiche e politiche. Resta dunque pienamente attuale la grande sfida della �questione sociale� a livello mondiale, che fece scrivere a Paolo VI nella Populorum progressio: �Lo sviluppo � il nuovo nome della pace�. Ma proprio l�emergere di grandi nazioni e civilt� dalle condizioni di sottosviluppo e la loro volont� e capacit� di essere sulla scena mondiale attori non pi� subalterni pongono in termini nuovi l�esigenza che il valore e la necessit� della pace siano percepiti e condivisi a livello mondiale, al di l� delle differenze di religioni e di culture.

Per le stesse ragioni cresce l�urgenza di passare dall�etica alla politica, ossia di tradurre in termini politicamente efficaci l�istanza etica della pace, in particolare rinnovando e rafforzando, rendendo pi� autorevoli e praticamente efficaci le strutture e le istituzioni che possono assicurare un giusto ordine mondiale, come anzitutto le Nazioni Unite. Si tratta cio� di percorrere un cammino storico, come tale non astratto ma aderente alla realt�, nel quale si fanno man mano i passi concretamente possibili e che proprio cos� pu� portare a risultati oggi apparentemente utopici.

2. Un fenomeno che caratterizza questi ultimi decenni � d�altronde la crescita del ruolo storico e culturale delle religioni, in particolare delle grandi religioni: esse acquistano maggiore influenza nella vita delle persone e delle popolazioni e pertanto anche sul piano pubblico. Proprio per questo aumentano le loro responsabilit� di promuovere un�etica e una cultura dell�amore, della solidariet� e della riconciliazione, che sono la base su cui la pace pu� edificarsi e consolidarsi: come ha detto Giovanni Paolo II il 24 gennaio 2002 ad Assisi, �In nome di Dio ogni religione porti sulla terra Giustizia e Pace, Perdono e Vita, Amore!�.

Questa � anche la via attraverso la quale il significato pubblico delle religioni pu� ulteriormente legittimarsi, superando i sospetti e i timori � storicamente non del tutto immotivati � che esse siano invece cause di conflitti e ostacoli allo sviluppo della libert�. La condizione fondamentale affinch� simili rischi siano evitati � che le religioni stesse, tutte le religioni, accolgano senza riserve la libert� religiosa e la promuovano in concreto: cos� esse contribuiranno all�affermazione anche delle altre libert�, che hanno con la libert� di religione un legame profondo.

A sua volta, per�, la libert� religiosa deve essere fondata e legittimata non, come spesso � avvenuto, attraverso il relativismo e il misconoscimento dell�identit� propria delle singole religioni, bens� in virt� della dignit� che appartiene intrinsecamente ad ogni persona e dell�indole stessa della verit�, che non pu� essere accolta autenticamente se non nella libert�. Pertanto, come la solidariet�, cos� anche la libert� religiosa � un valore che va �dilatato� e praticato a livello mondiale, se vogliamo costruire su solide fondamenta la pace e la concordia tra i popoli.

3. Nel concreto della nostra situazione storica, �il coraggio di un nuovo umanesimo�, evocato nel titolo di questo Incontro Internazionale, rappresenta effettivamente la premessa indispensabile per tali positivi sviluppi. �Nuovo� deve essere questo umanesimo non solo perch� planetario e dialogico, ma anche perch� � chiamato a rispondere a una in certa misura nuova �questione antropologica�, che � sorta in questi decenni e che ha un�importanza concreta sicuramente paragonabile a quella della �questione sociale� di dimensione planetaria.

La novit� dell�attuale questione antropologica consiste principalmente nel fatto che, a differenza dal passato, essa tende non soltanto a interpretare l�uomo, ma soprattutto a trasformarlo, non limitatamente ai rapporti sociali ed economici ma assai pi� direttamente, e radicalmente, nella nostra stessa realt� biologica e psichica, mediante l�applicazione al soggetto umano degli sviluppi delle scienze e delle tecnologie.

Si fa strada cos� una concezione puramente naturalistica o materialistica, che sopprime ogni vera differenza qualitativa tra noi e il resto della natura, privando di plausibilit� e fondamento quel ruolo centrale e quella dignit� specifica del soggetto umano che costituiscono il nucleo generatore dell�autentico umanesimo, con tutte le sue implicazioni a livello etico, sociale, economico, giuridico, politico, che non per caso vengono spesso rimesse in questione nell�attuale congiuntura storica.

La riduzione dell�uomo alla natura, avvenendo per lo pi� sulla base di un integrale scientismo e naturalismo, non lascia a Dio alcuno spazio reale e pertanto confligge con le stesse religioni in modo assai diretto, privandole del loro significato e fondamento originario.

La risposta a questa radicale �questione antropologica� non pu� consistere nella semplice riproposizione delle motivazioni classiche dell�umanesimo, o limitarsi a criticare �dall�esterno� le interpretazioni e le applicazioni degli sviluppi scientifici e tecnologici, sottolineando le loro conseguenze negative o pericolose. I cambiamenti rapidi e profondi che caratterizzano la nostra epoca non possono � e non devono � infatti essere arrestati o neutralizzati: possono per� essere orientati in senso favorevole all�uomo e alla sua intrinseca dignit�, stando e operando dentro di essi sulla base dell�amore e del rispetto per l�uomo stesso. Nella misura in cui sapranno alimentare e sostenere questo sforzo, le religioni saranno fedeli alla loro missione originaria e ritroveranno nell�attuale contesto storico quel ruolo di promozione dell�uomo, della sua intelligenza e della sua libert�, che sembravano aver perduto negli ultimi secoli, a seguito dell�infausta contrapposizione tra primato dell�uomo e primato di Dio.

4. Come credente in Cristo non posso terminare questa riflessione senza ricordare che nel cammino verso la pace e nella costruzione di un nuovo umanesimo la fede cristiana si trova coinvolta in virt� del suo stesso evento generatore � Ges� Cristo e il suo Vangelo � che � un messaggio vivente di amore senza frontiere, fino all�amore dei nemici.

Questo messaggio non ha soltanto a che fare con l�etica, ma con la realt� dell�uomo e pi� ampiamente con la realt� originaria, da cui tutto viene e che decide del significato di tutto: il Dio che � amore (cfr 1Gv 4,8. 16).

Nelle vicende storiche dei cristiani la fedelt� a questo messaggio � stata spesso oscurata, e non sar� mai senza ombre, perch� il grano cresce insieme con la zizzania fino alla fine della storia (cfr Mt 13,24-30. 36-43). Rimane vero per� che sulla conformit� a questo messaggio avr� luogo il nostro ultimo giudizio (cfr Mt 25,31-46).