Comunità di S.Egidio


 

28/06/2001

Gi� in atto un importante progetto della Cooperazione italiana e della Comunit� di Sant�Egidio
A Maputo si ripensa il sistema sanitario
�Attenzione ai poveri� Tra le difficolt� anche l�atteggiamento di alcuni leader politici del Continente

 

MAPUTO. Provare a invertire la rotta della sanit� in Mozambico partendo dalla piaga Aids: un po' come prendere il toro per le corna. E� quanto si propone un progetto (limitato sotto il profilo economico ma ambizioso negli intenti) varato di recente della Cooperazione italiana: decollato nel dicembre 2000 con un impegno pari a 2,5 miliardi, intende contribuire alla riorganizzazione del sistema sanitario del Paese puntando, in prima battuta, a interventi per la cura e l�assistenza ai colpiti da HIV. Nel progetto sono coinvolti come esperti anche tre medici romani, membri della Comunit� di Sant�Egidio: Leonardo Palombi, 46 anni, docente associato di Epidemiologia all�Universit� di Tor Vergata (Roma), Leonardo Emberti, 38 anni ed Ersilia Bonomo, entrambi ricercatori nella medesima disciplina. �L�Aids sta letteralmente falciando le giovani generazioni africane, le forze fresche del continente - attacca Palombi -: nel Sub-Sahara 25 milioni di persone sono affette dal morbo; in Mozambico siamo a quota un milione e 250 mila su un totale di circa 18. Dalla societ� civile, in questi anni, ci � giunto ripetutamente l�appello: fate qualcosa�.

Ma l�Aids non � forse una malattia �dimoda�, mentre in Africa si muore spesso di morbillo, di malaria o di colera? E lottare contro la �peste del Duemila� non significa dover impegnare risorse eccessive per un Paese che ancora necessita di strutture basilari per arginare le patologie pi� comuni? Le obiezioni non colgono di sorpresa i tre, essendo state ripetutamente oggetto di discussione nei tre anni di �incubazione� del progetto.

�Due dati devono indurre a pensare. Primo: con le nuove terapie l�Aids pu� essere �gestito� come una forma patologica cronica, che offre al malato chanches di vita tutto sommato discrete e non pi� come una condanna a morte pressoch� immediata. Prima del 1996 in Italia - ad esempio - morivano 4500 malati l�anno di Aids, nel 2000 la cifra � crollata a 200 casi. Aumenta s� il numero dei sieropositivi, ma i decessi si sono ridotti vistosamente. Secondo fatto: le tecniche di prevenzione, peraltro assolutamente importante, in Africa si sono rivelate solo parzialmente efficaci per motivi sia culturali che economici�.

Non bastano certo gli appelli �Joga seguro� sui taxi collettivi o sulle magliette a cambiare in breve costumi sedimentati.

Che fare, allora? �La domanda diventa un�altra: perch� solo il 5% dei malati di Aids nel mondo (tanti sono gli affetti dal virus in Europa, Usa e Giappone) possono disporre di cure?

La nostra scommessa � questa: offrire anche al Mozambico le risorse per combattere il morbo e, insieme, provare a ridisegnare il modello sanitario con un�attenzione sempre pi� marcata alle esigenze della popolazione povera, che ancora non accede ai servizi dello Stato�. Per contenere i costi, l�idea � di utilizzare medicinali con gli stessi principi attivi dei pi� noti preparati anti-AIds, sulla scorta di quanto gi� realizzato su vasta scala da Brasile e India. �Del resto - interviene Emberti - anche le grandi multinazionali farmaceutiche si vanno rendendo conto della posta in gioco: di recente, ad esempio, hanno concesso a un Paese povero quale il Senegal uno sconto del 95% su un prodotto anti-Aids�.

Da pochi mesi il progetto � partito (� previsto un anno di impegno, con la speranza di un�eventuale prosecuzione), ma non � stato facile vincere certe resistenze. Influenzata da prese di posizione quali quelle del potente presidente sudafricano Mbeki (�L�Aids? Un�invenzione dei bianchi�), la classe politica locale a lungo ha diminuito la portata del problema. In Mozambico ora - rotti definivamente gli inugi -l�obiettivo � una ristrutturazione minimale dei tre principali laboratori del Paese nelle citt� di Maputo (sud), Beira (centro) e Nampula (nord), specie per quanto concerne le analisi del sangue. Si prevede, inoltre, un processo di formazione del personale e il rimodernamento dei macchinari. A questo si aggiungeranno migliorie nei reparti di maternit�, con l�introduzione di una adeguata profilassi per i neonati (oggi nascono circa 25mila bimbi sieropositivi su un totale di 800mila all�anno), un�operazione che, dato il relativamente basso costo (5 dollari a bambino), ha buone possibilit� di essere condotta in modo sistematico. �Il progetto-Aids - puntualizza Alberto Bertolan, pediatra con lunga esperienza africana, referente della Cooperazione italiana in Monzambico per l�area sanitaria - si inserisce in un quadro pi� ampio di interventi condotti dall�Italia per potenziare il sistema sanitario di base, in un Paese segnato dall�estrema povert�, alta mortalit� infantile, presenza di gravidanze precocissime: tutti fattori che determinano una serie di emergenze delle quali l�Aids rappresenta solo la punta dell�iceberg�.

�Uno dei risultati che ci si prefigge � di ordine culturale - commenta Ersilia Bonomo - e consiste nella lotta al pregiudizio, diffuso nella popolazione quanto, spesso, tra gli stessi operatori sanitari, secondo il quale il malato di Aids � irrimediabilmente compromesso e non degno di cure�.

Certo, un progetto del genere, in un Paese che pu� contare su soli 400 medici e 17mila addetti al Ministero della sanit� (segretarie e ausiliari compresi) a fronte di una popolazione di 18 milioni di persone, rappresenta una sfida a dir poco ambiziosa. �La speranza - sottolinea Palombi - � che interventi quali il nostro contribuiscano a cambiare gli indirizzi di politica sociale. Oggi il Mozambico, che deve sottostare ai dettami del Club di Parigi dal quale ha ottenuto il parziale condono del suo debito, spende circa 2 dollari l�anno pro-capite nel campo della sanit�. Ma se i governi non puntano su scuola e salute l�Africa rester� sempre al palo�.

Gerolamo Fazzini